Interferoni




Gli interferoni (IFN) sono una famiglia di proteine prodotte sia da cellule del sistema immunitario (globuli bianchi) sia da cellule tissutali in risposta alla presenza di agenti esterni come virus, batteri, parassiti ma anche di cellule tumorali. Gli interferoni appartengono alla vasta classe di glicoproteine note come citochine.


La loro funzione specifica è quella di:



  • inibire la replicazione di virus all'interno delle cellule infette;[1]

  • impedire la diffusione virale ad altre cellule;

  • rafforzare l'attività delle cellule preposte alle difese immunitarie, come i linfociti T e i macrofagi;

  • inibire la crescita di alcune cellule tumorali.




Indice






  • 1 Meccanismi d'azione degli interferoni


    • 1.1 Proteina chinasi R


    • 1.2 RNAsi L


    • 1.3 Interferon-stimulated genes (ISGs)




  • 2 Scoperta


  • 3 Caratteristiche


  • 4 Anticorpi anti-interferone


  • 5 Patologie


    • 5.1 Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada


    • 5.2 Gammopatia monoclonale




  • 6 Terapia


    • 6.1 Contraccettivi orali


    • 6.2 Terapia oncologica


    • 6.3 Terapia immunosopressiva


    • 6.4 Terapia antiretrovirale (HAART)


    • 6.5 Igiene orale


    • 6.6 Pazienti pediatrici


    • 6.7 Gravidanza e allattamento


    • 6.8 Attività che richiedono attenzione e coordinamento costante


    • 6.9 Ipersensibilità


    • 6.10 Alcool benzilico


    • 6.11 Albumina umana


    • 6.12 Conservazione




  • 7 Note


  • 8 Voci correlate


  • 9 Altri progetti


  • 10 Collegamenti esterni





Meccanismi d'azione degli interferoni |


Gli interferoni, legandosi alla membrana cellulare per mezzo di specifici recettori, stimolano la produzione nella cellula di alcuni enzimi antivirali:



Proteina chinasi R |


La proteina chinasi R (PKR)[2], inibisce la moltiplicazione del materiale genetico virale e, di conseguenza, la moltiplicazione del virus, provocando così l'arresto o l'attenuazione dell'infezione. Il processo di inibizione si svolge mediante la fosforilazione di una proteina conosciuta come elF-2, in risposta a una nuova infezione virale; la proteina così fosforilata, forma un complesso inattivante con un'altra proteina chiamata elF2B, che riduce la sintesi proteica all'interno della cellula, comprese le proteine virali che causano l'infezione e la moltiplicazione del virus.



RNAsi L |


Un altro enzima cellulare prodotto in seguito all'attivazione del recettore per l'interferone è la RNAsi L, la quale, come suggerisce il nome, è un enzima litico il cui target sono gli acidi ribonucleici contenuti all'interno di quella cellula sia di tipo self sia non-self; questa azione provoca una diminuzione della produzione di proteine virali e del materiale genetico stesso del virus (se il virus è di tipo a RNA) o il prodotto di replicazione del gene virale. La distruzione del materiale genetico all'interno della cellula ospite, provoca la morte della cellula stessa e il blocco della replicazione virale.



Interferon-stimulated genes (ISGs) |


Gli ISGs (Geni stimolati da interferoni) sono una classe di proteine, contenenti un centinaio di polipeptidi diversi, il cui ruolo è quello di combattere i virus e altre azioni mediate dagli interferoni[3]. Altra funzione delle ISGs è quella di promuovere la produzione del p53 in modo da diminuire la proliferazione virale mediante induzione dell'apoptosi nelle cellule infettate dal virus[4][5].



Scoperta |


Due virologi giapponesi, Yasu-ichi Nagano e Yasuhiko Kojima, ricercatori presso l'Istituto per le Malattie Infettive dell'Università di Tokyo, mentre tentavano di migliorare il vaccino per il vaiolo, si accorsero che la pelle e i testicoli di coniglio in cui erano stati preventivamente inoculati dei virus, disattivati mediante radiazione UV, mostravano una crescita virale minore quando venivano re-infettati nello stesso sito con virus attivi. I due ipotizzarono che questo fosse dovuto a qualche "fattore inibitore" che cercarono di caratterizzare mediante frazionamento con ultracentrifuga dell'omogeneizzato virale irradiato con raggi-UV. Questo fattore è stato identificato come IFN-λ (lambda) e ne esistono tre sottotipi IFN-λ1, 2, 3 chiamati anche IL-29, IL-28A e IL28-B.



Caratteristiche |


Esistono due tipi di interferoni, che comprendono tre classi principali:



  • alfa (α) e beta (β) (Tipo I)

  • gamma (γ) (Tipo II).


Generalmente gli interferoni possono avere diversi effetti: hanno proprietà antivirali e antioncogene; attivano i macrofagi e i linfociti Natural-Killer; potenziano l'espressione delle glicoproteine di classe I e II del complesso maggiore di istocompatibilità. In seguito a infezione virale, l'inteferone segnala la presenza di virus e ordina alle cellule immunitarie di sostituire il proteasoma con l'immunoproteasoma.


L'interferone-α comprende in realtà una famiglia di circa 20 proteine secrete principalmente dai leucociti (linfociti B e linfociti T) ed è detto per questo "interferone leucocitario". L'interferone-β è un'unica proteina secreta da vari tipi cellulari tra i quali i fibroblasti, ed è detto anche "interferone fibroblastico". L'interferone-γ è secreto dalle cellule-T attivate dall'antigene e dai linfociti natural-killer in risposta all'IL-12 e all'IL-18.




L'interferone-γ umano.




L'interferone-β umano.


IFN-α e IFN-β intervengono nella risposta immunitaria innata verso patogeni di origine virale. I sintomi stessi, come febbre e debolezza muscolare, sono in parte dovuti alla presenza di interferoni. Questi vengono emessi quando in una cellula si accumulano quantità anormali di RNA a doppio filamento (dsRNA, double-stranded RNA). Normalmente, il dsRNA è presente in quantità molto basse e l'aumento della concentrazione funziona da segnale di avvio per la produzione di interferone. Il gene che codifica questa citochina viene attivato nelle cellule infette e rilasciato verso le cellule circostanti.


Quando la cellula iniziale muore a causa del virus RNA citolitico, migliaia di questi virus vengono rilasciati verso le cellule circostanti. Tuttavia, queste cellule hanno già ricevuto l'interferone che le ha allertate riguardo alla minaccia esterna. Le cellule incominciano a produrre grandi quantità di una proteina nota come PKR (Protein kinase-R). Se un virus infetta una cellula che è stata pre-allarmata dall'interferone, questa si trova pronta a rispondere all'attacco.


La PKR è attivata dal dsRNA e trasferisce gruppi fosfati (fosforilazione) a una proteina nota come eIF2, un fattore eucariotico di attivazione della traduzione. A causa della fosforilazione, la eIF2 riduce la sua capacità di attivare la traduzione, ovvero la produzione delle proteine codificate dall'mRNA. Questo impedisce la replicazione del virus, ma inibisce anche le normali funzioni del ribosoma della cellula, uccidendoli entrambe. Tutto l'RNA all'interno della cellula viene degradato, impedendo all'mRNA di essere tradotto dall'eIF2 quando questo non è stato fosforilato.


L'interferone gamma sembra avere scarsa rilevanza nel mediare le risposte ai virus. Questa citochina è invece il principale attivatore dei macrofagi, sia nel corso delle reazioni immunitarie innate sia in quelle cellulo-mediate.



Anticorpi anti-interferone |


Gli interferoni (IFN) possono provocare la formazione di anticorpi; l'incidenza è maggiore con l'impiego della forma sintetica rispetto a quella biologica. Nei pazienti trattati con interferone beta la concentrazione di anticorpi neutralizzanti (NAb) si stabilizza dopo circa un anno di terapia e interessa fra il 3% e il 45% dei pazienti. La variabilità della percentuale di pazienti NAb-positivi dipende in parte dall'immunogenicità della formulazione farmaceutica di interferone beta e dal metodo di analisi non standardizzato. Dai dati disponibili, l'interferone β-1a somministrato per via muscolare risulta essere quello associato al minor tasso di anticorpi neutralizzanti (2-5% vs 14-24% vs 30% rispettivamente con INF beta-1a per via intramuscolare, INF beta-1a per via sottocutanea e INF β-1b)[6][7][8]. È stato inoltre osservato che la concentrazione di NAb aumenta con l'aumentare della dose di interferone beta fino a un valore soglia, oltre al quale diminuisce[9] e che sussiste una negativizzazione spontanea degli anticorpi NAb, dipendente dal titolo (la presenza degli anticorpi persiste nei pazienti con titoli anticorpali elevati) ma non dal tipo di interferone beta impiegato (Bellomi et al., 2003). In pazienti con sclerosi multipla NAb-positivi, trattati con 375 mcg anziché 250 mcg (dose standard) di interferone (IFN) beta, la probabilità di negativizzazione del titolo anticorpale è risultata significativamente più elevata (HR: 3,41)[10]. È stato osservato che in vivo lo sviluppo di anticorpi anti-interferone ha determinato una riduzione dell'attività biologica; nell'uomo il significato degli anticorpi neutralizzanti non è stato completamente chiarito. Nei pazienti con sclerosi multipla trattati con interferone beta, la comparsa di anticorpi neutralizzanti è risultata ridurre la risposta farmacodinamica all'interferone (il rischio di recidiva nei pazienti NAb-positivi aumenta di sette volte rispetto ai pazienti NAb-negativi)[11][12]. Nei pazienti con singolo episodio demielinizzante (sindrome clinicamente isolata, CIS), la comparsa di anticorpi neutralizzanti ha determinato un aumento significativo delle lesioni nuove attive e delle lesioni T2 rilevate alla risonanza magnetica, senza influenzare l'efficacia clinica della terapia con interferone (tempo di latenza allo sviluppo di sclerosi multipla clinicamente definita; progressione della disabilità del paziente, misurata con la scala EDSS; incidenza di recidive). L'interferone beta (IFN β-1b) ha evidenziato in vitro reattività crociata con l'interferone beta naturale (la rilevanza clinica di questa osservazione non è nota). La persistenza degli anticorpi neutralizzanti nel sangue è elevata, sono infatti rilevabili fino a 6 anni dopo la fine del trattamento con interferone beta. Nei pazienti con sclerosi multipla, in cui la presenza di anticorpi NAb è correlata alla progressione della malattia, il dosaggio degli anticorpi neutralizzanti NAb andrebbe effettuato dopo 12 mesi di terapia con interferone beta. Nei pazienti NAb-positivi con titolo anticorpale alto e persistente la probabilità che la terapia interferonica risulti inefficace è elevata e pertanto, in questi pazienti, andrebbe valutata un'opzione terapeutica diversa dall'interferone beta. Nei pazienti con negativizzazione del titolo anticorpale NAb, è possibile risomministrare il farmaco.



Patologie |


Artrite reumatoide, sclerodermia, trapianto d'organo. L'interferone gamma (IFN gamma) può provocare episodi di recrudescenza in caso di sclerosi multipla.



Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada |


Nei pazienti con epatite C trattati con interferone (IFN) è stata riportato raramente la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, sindrome infiammatoria con disturbi soprattutto a carico di occhio, orecchio, cute e meningi. Se i sintomi presentati dal paziente portano a sospettare la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, interrompere l'interferone.



Gammopatia monoclonale |


Nei pazienti con gammopatia clonale (produzione di un solo tipo di immunoglobulina anziché dei 5 tipi normalmente presenti nel sangue, G, A, M, D e E) la somministrazione di citochine può indurre la sindrome da alterata permeabilità capillare con conseguente shock e morte.



Terapia |






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Avvertenza

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.


Contraccettivi orali |


Si consiglia di associare alla terapia con interferone (IFN) valide misure contraccettive. L'interferone alfa leucocitario umano (IFN alfa N3) è stato associato a riduzione dei livelli di estradiolo o progesterone nelle pazienti in età fertile, pertanto la terapia con interferone alfa potrebbe ridurre l'efficacia dei contraccettivi orali. Spesso l'interferone è associato a ribavirina che è teratogena, può indurre cioè malformazioni al feto. L'associazione terapeutica interferone-ribavirina richiede l'uso di valide misure di contraccezione da continuare fino a 6-7 mesi dopo il termine della terapia farmacologica, anche quando è il partner a essere in trattamento con interferone e ribavirina.



Terapia oncologica |


La somministrazione di interferone (IFN) alfa in associazione a farmaci chemioterapici aumenta il rischio di reazione avverse gravi e potenzialmente fatali come mucosite, diarrea, neutropenia, nefrotossicità, alterazioni elettrolitiche. In associazione a idrossiurea, aumenta il rischio di vasculite cutanea.



Terapia immunosopressiva |


L'interferone beta (IFN β-1b) non deve essere somministrato in associazione a farmaci immunomodulatori diversi dai corticosteroidi e dall'ormone adenocorticotropo (ACTH) (mancanza di dati clinici).



Terapia antiretrovirale (HAART) |


Nei pazienti con co-infezione HCV e HIV, in terapia antiretrovirale HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy, basata sulla combinazione di un inibitore della proteasi più un analogo non nucleosidico più un analogo nucleosidico), l'aggiunta di interferone alfa (IFN alfa) e ribavirina può portare a un aumento del rischio di scompenso epatico e morte nei pazienti con cirrosi avanzata; di anemia se la terapia antiretrovirale include zidovudina.



Igiene orale |


La somministrazione di interferone (IFN) alfa in associazione a ribavirina è stata associata a disturbi ai denti e alla gengiva con perdita dei denti. La secchezza delle fauci indotta dalla terapia di combinazione potrebbe peggiorare lo stato di salute di denti e gengive. Si raccomanda pertanto di ricorrere a valide misure di igiene orale (lavaggio dei denti almeno due volte/die) e di controllo odontoiatrico regolare. In caso di vomito sciacquarsi ripetutamente la bocca.



Pazienti pediatrici |


I dati di letteratura relativi a efficacia e sicurezza dell'interferone (IFN) nella popolazione pediatrica sono limitati pertanto gli interferoni non sono raccomandati in questa classe di pazienti, con l'eccezione dell'interferone α-2b per l'indicazione relativa all'epatite cronica C. Nei bambini con epatite cronica C trattati con interferone alfa più ribavirina è stato osservato rallentamento della crescita staturale e perdita di peso. La minor crescita in altezza del bambino è stata osservata ancora dopo 5 anni dalla fine della terapia combinata interferone alfa/ribavirina; non è noto il grado di reversibilità di questi effetti. Pertanto la somministrazione di interferone alfa più ribavirina per il trattamento dell'epatite cronica C nella popolazione pediatrica richiede un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio per il singolo paziente.



Gravidanza e allattamento |


La somministrazione in gravidanza e durante l'allattamento di interferone (IFN) può avvenire solo dopo un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. In vivo l'interferone α-2b e l'interferone gamma sono stati associati a tossicità riproduttiva. Considerare la teratogenicità della ribavirina quando associata a interferone alfa (la ribavirina è controindicata in gravidanza).
L'interferone beta è stato associato a un aumento del rischio di aborto spontaneo e di riduzione del peso alla nascita, pertanto il trattamento farmacologico dovrebbe essere sospeso prima del concepimento e non dovrebbe essere incominciato in gravidanza.
Gli interferoni sono inseriti in classe C per l'uso in gravidanza.



Attività che richiedono attenzione e coordinamento costante |


L'interferone alfa (IFN α-2b) può indurre sonnolenza, stanchezza e confondimento, pertanto evitare attività che richiedano attenzione e capacità di coordinazione prolungate.



Ipersensibilità |


In presenza di reazioni di ipersensibilità, la somministrazione di interferone (IFN) deve essere sospesa e deve essere istituito un trattamento di supporto adeguato.



Alcool benzilico |


La presenza di alcool benzilico fra gli eccipienti della formulazione farmaceutica a base di interferone (IFN) controindica la specialità medicinale nei bambini con meno di 3 anni di età.



Albumina umana |


La presenza di albumina umana nelle specialità contenenti interferone (IFN β-1B, Betaferon) comporta il rischio potenziale di trasmissione di virus.



Conservazione |


L'interferone (IFN) alfa deve essere conservato a temperature comprese fra 2 e 8 °C. Può essere conservato a temperatura non superiore a 25 °C per 7 giorni; in questi 7 giorni può essere utilizzato. Dopo questo lasso di tempo l'interferone non può essere refrigerato per un altro periodo di conservazione e deve essere eliminato. L'interferone β-1a presenta caratteristiche di conservazione diverse a seconda della formulazione farmaceutica: al riparo della luce, a temperatura di 2-8 °C per 18 mesi (specialità medicinale Rebif) oppure 24 mesi (specialità medicinale Biogen); oppure a temperatura non superiore a 25 °C per 24 mesi (specialità medicinale Betaferon). L'interferone gamma deve essere conservato a temperature comprese fra 2 e 8 °C.



Note |




  1. ^ (EN) IUPAC Gold Book, "interferons"


  2. ^ (EN) Volker Fensterl e Ganes C. Sen, Interferons and viral infections, in BioFactors, vol. 35, nº 1, 2009-01, pp. 14–20, DOI:10.1002/biof.6. URL consultato il 27 aprile 2018.


  3. ^ M. J. de Veer, M. Holko e M. Frevel, Functional classification of interferon-stimulated genes identified using microarrays, in Journal of Leukocyte Biology, vol. 69, nº 6, giugno 2001, pp. 912–920. URL consultato il 27 aprile 2018.


  4. ^ Akinori Takaoka, Sumio Hayakawa e Hideyuki Yanai, Integration of interferon-alpha/beta signalling to p53 responses in tumour suppression and antiviral defence, in Nature, vol. 424, nº 6948, 31 luglio 2003, pp. 516–523, DOI:10.1038/nature01850. URL consultato il 27 aprile 2018.


  5. ^ Olga Moiseeva, Frédérick A. Mallette e Utpal K. Mukhopadhyay, DNA Damage Signaling and p53-dependent Senescence after Prolonged β-Interferon Stimulation, in Molecular Biology of the Cell, vol. 17, nº 4, 2006-4, pp. 1583–1592, DOI:10.1091/mbc.E05-09-0858. URL consultato il 27 aprile 2018.


  6. ^ Gneiss C. et al., Mult. Scler., 2006, 12 (6), 731


  7. ^ Bertolotto A. et al., J. Neurol., 2004, 251 Suppl. 2, II15


  8. ^ Rossman H.S., J. Manag. Care Pharm., 2004, 10 (3 Suppl. B), S12


  9. ^ Durelli L., Ricci A., Front. Biosci., 2004, 9, 2192


  10. ^ Durelli L. et al., Expert. Opin. Biol. Ther., 2009, 9 (4), 387


  11. ^ Pachner A.R. et al., Neurology, 2009, 73 (18), 1493


  12. ^ Kappos L. et al., Neurology, 2005, 65 (1), 40



Voci correlate |



  • Calone

  • Interferone beta-1a



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |






  • Interferoni, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Interferoni, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata



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