Storia dell'antico Egitto



































Storia dell'Egitto
Storia dell'Egitto

Egitto preistorico – 3900 a.C.

ANTICO EGITTO

Periodo Predinastico c. 3900 – 3150 a.C.

Periodo Protodinastico c. 3150 – 2686 a.C.

Antico Regno 2700 – 2192 a.C.

Primo periodo intermedio 2192 – 2055 a.C.

Medio Regno 2055 – 1650 a.C.

Secondo periodo intermedio 1650 – 1550 a.C.

Nuovo Regno 1550 – 1069 a.C.

Terzo periodo intermedio 1069 – 664 a.C.

Periodo tardo 664 – 332 a.C.

PERIODO GRECO ROMANO

Egitto tolemaico 332 – 30 a.C.

Egitto romano e bizantino 30 a.C. – 641 d.C.

EGITTO ARABO

Conquista islamica dell'Egitto 641 – 654

Periodo tulunide 868 – 904

Periodo ikhshidide 904 – 969

Periodo fatimide 969 – 1171

Periodo ayyubide 1171 – 1250

Periodo mamelucco 1250 – 1517

EGITTO OTTOMANO

Eyalet d'Egitto 1517 – 1867

Chedivato d'Egitto 1867 – 1914

EGITTO MODERNO

Sultanato d'Egitto (Protettorato britannico) 1914 – 1922

Regno d'Egitto 1922 – 1953

Repubblica Araba d'Egitto 1953–presente


1leftarrow blue.svgVoce principale: Antico Egitto.









Mappa dell'antico Egitto, con il Nilo fino alla quinta cataratta, le maggiori città e siti del periodo dinastico (dal 3150 a.C. al 30 a.C. circa).


.mw-parser-output .citazione-table{margin-bottom:.5em;font-size:95%}.mw-parser-output .citazione-table td{padding:0 1.2em 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang{vertical-align:top}.mw-parser-output .citazione-lang td{width:50%}.mw-parser-output .citazione-lang td:first-child{padding:0 0 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang td:nth-child(2){padding:0 1.2em}






«Salute a te, o Nilo, che sei uscito dalla Terra e che sei venuto a far vivere l'Egitto. [...] Prospero è il tuo venire, prospero è il tuo venire, o Nilo. Tu vieni per far vivere gli uomini e il bestiame. Prospero è il tuo venire, prospero è il tuo venire, o Nilo!»


(dall'Inno al Nilo[1])

La storia dell'antico Egitto (o Storia egizia), ovvero della civiltà dell'Africa settentrionale sviluppatasi lungo le rive del fiume Nilo a partire dalle cateratte, a sud ed al confine con l'attuale Sudan)[N 1], alla foce, a delta, nel Mar Mediterraneo, per un'estensione complessiva di circa 1000 km, copre complessivamente circa 4000 anni.


L'individuazione di un periodo storico definito e di date concordi, sia pur di comodo, è dibattuta, a maggior ragione là ove si consideri la localizzazione temporale in epoca preistorica dell’inizio, e le molteplici vicissitudini e dominazioni che hanno accompagnato la storia dell’Egitto nella sua parte conclusiva.


Secondo alcuni autori[2] le date sono comprese tra il 3900 a.C. (Periodo Predinastico) e il 342 a.C. (Periodo tardo), con la fine della XXX dinastia manetoniana e prima dell’avvento delle dominazioni straniere. Altri autori[3] fanno coincidere la fine della storia dell’Egitto con la morte di Cleopatra (ultima regina della dinastia tolemaica) e l'inizio della dominazione romana; altri ancora[4] la estendono fino al IV-VI secolo d.C. e, segnatamente, all'ultimo testo geroglifico di cui si abbia contezza, il cosiddetto Graffito di Esmet-Akhom risalente al 394, o alla chiusura dell'ultimo tempio "pagano", dedicato a Iside sull'isola di File, a seguito dell'editto di Giustiniano I, nel 550.


Varie culture si susseguirono nella valle nilotica fin dal 3900 a.C. in quello che viene definito Periodo Predinastico. Un'entità embrionale di Stato può riconoscersi, invece, a partire dal 3200-3100 a.C. con la I dinastia e l'unificazione delle due macro-aree che resteranno, tuttavia sempre distinte tanto che per tutta la storia del Paese i regnanti annovereranno tra i loro titoli quello di Signore delle Due Terre.


Fin dal 3500 a.C., di pari passo con l'avvento dell'agricoltura, in particolare la coltivazione del grano, dell'orzo e del lino, si ha contezza di insediamenti umani specie lungo le rive del Nilo[5]. Le piene annuali del fiume, infatti, favorivano la coltivazione anche con più raccolti annui grazie ai sedimenti, particolarmente fertili (Limo), che il fiume, nel suo ritirarsi, lasciava sul terreno. Ciò comportò, fin dai tempi più remoti, conseguentemente, la necessità di controllare, incanalare e conservare le acque onde garantire il costante approvvigionamento, sia per il sostentamento umano che per quello del bestiame e delle piantagioni.
Non è da escludersi, peraltro, che proprio la complessa necessità di dover far fronte alle esigenze connesse con la gestione dell'agricoltura, e segnatamente, delle acque nilotiche, abbia favorito proprio il formarsi delle prime comunità su territori parziali tuttavia ben differenziati e politicamente e geograficamente individuabili. Tali entità, normalmente individuate con il termine greco di nomoi, ben presto si costituirono in due distinte entità geo-politiche più complesse. Tale l'importanza del fiume Nilo, che attraversava tutto il paese, che anche le denominazioni di tali due macro-aree fanno riferimento al fiume: considerando che le sorgenti del Nilo, benché all'epoca non note, dovevano essere a sud, tale sarà l'Alto Egitto, mentre, di converso, l'area del delta, verso il Mediterraneo, sarà indicato come Basso Egitto[6].


Dal 3200 a.C. si sono susseguite, in Egitto, trenta dinastie regnanti riconosciute archeo-storicamente; a queste debbono esserne aggiunte altre, dette di comodo, giacché riferite, di fatto, non a governi autoctoni, o comunque derivanti dal Paese, bensì frutto di invasioni o di raggiungimento del potere da parte di regnanti stranieri. Avremo perciò una XXXI dinastia, costituita da re persiani, una XXXII dinastia macedone, che annovera un solo sovrano, Alessandro Magno, ed una XXXIII dinastia, meglio nota come Dinastia tolemaica, nata dallo smembramento dell'impero di Alessandro.


Anche molti imperatori romani, occupato l'Egitto, non disdegnarono di assumere il titolo di faraone con trascrizione geroglifica del proprio nome.




Indice






  • 1 Cronologia generale


    • 1.1 Tabella “A”: Cronologia Egizia (10000-343 a.C.)




  • 2 Preistoria


    • 2.1 Preistoria (10.000-4000 a.C.)


    • 2.2 Tabella “B”: Cronologia della Preistoria antica (5000-4000 a.C.)




  • 3 Preistoria recente o Predinastico (4000-3200 a.C.)


    • 3.1 Evidenze archeologiche del periodo


      • 3.1.1 Naqada


      • 3.1.2 Ieracompoli


      • 3.1.3 Reperti musealizzati




    • 3.2 Politica del Predinastico


    • 3.3 Tabella “C”: Cronologia della Preistoria recente (4000-3200 a.C.)[32]




  • 4 Periodo arcaico, o Thinita (3150-2700 a.C. I - II dinastia)


    • 4.1 I dinastia


      • 4.1.1 Tabella “D”: I dinastia (3150-2925 a.C.)


      • 4.1.2 La Tavoletta di Narmer




    • 4.2 II dinastia


      • 4.2.1 Tabella “E”: II dinastia (2925-2700 a.C.)


      • 4.2.2 Lo scisma sethiano




    • 4.3 Evidenze archeologiche del periodo


    • 4.4 Reperti musealizzati


    • 4.5 Tabella “F”: Cronologia del Periodo Arcaico (3150-2700 a.C.)[61]




  • 5 Antico Regno: prima fase (2700-2500 a.C. III e IV dinastia)


    • 5.1 III dinastia


      • 5.1.1 Tabella “G”: III dinastia (2700-2620 a.C.)


      • 5.1.2 Saqqara


      • 5.1.3 Tabella "H": principali complessi funerari di Saqqara




    • 5.2 IV dinastia


      • 5.2.1 Tabella "I": IV dinastia (2620-2500 a.C.)


      • 5.2.2 Snefru e la piramide perfetta


      • 5.2.3 Meidum: la falsa piramide


      • 5.2.4 Dashur: Piramide Romboidale e Piramide Rossa


      • 5.2.5 Giza


      • 5.2.6 Cheope


      • 5.2.7 Djedefra e Chefren


      • 5.2.8 Djedefhor, Baka, Micerino e Shepseskaf




    • 5.3 Reperti musealizzati




  • 6 Antico Regno: seconda fase (2500-2160 a.C. V e VI dinastia)


    • 6.1 V dinastia


      • 6.1.1 Tabella “J”: V dinastia (2500-2340 a.C.)


      • 6.1.2 I Templi Solari


      • 6.1.3 Politica dinastica




    • 6.2 VI dinastia


      • 6.2.1 Tabella “K”: VI dinastia (2340-2160 a.C.)


      • 6.2.2 Gli inizi della dinastia: Teti, Userkara e Pepi I


      • 6.2.3 Espansione verso il sud






  • 7 Primo Periodo Intermedio (2160-2055 a.C. VII-VIII-IX-X dinastia)


    • 7.1 Tabella “L”: VII e VIII dinastia (2150 - 2135 a.C.)


    • 7.2 Tabella “M”: IX e X dinastia (2135 - 2040 a.C.)




  • 8 Medio Regno (2055-1790 a.C. XI-XII dinastia)


    • 8.1 XI dinastia


      • 8.1.1 Tabella "N": XI dinastia (2160 - 1994 a.C.)


      • 8.1.2 Mentuhotep II e il Rinascimento egizio


      • 8.1.3 Da Mentuhotep III alla fine della dinastia




    • 8.2 XII dinastia


      • 8.2.1 Tabella "O": XII dinastia (1994 - 1785 a.C.)


      • 8.2.2 Amenemhat I e l'inizio della dinastia


      • 8.2.3 Sesostri I e la letteratura del periodo


      • 8.2.4 Da Amenemhat II a Nefrusobek






  • 9 Secondo Periodo Intermedio (1790-1540 a.C. XIII-XIV-XV-XVI-XVII dinastia)


    • 9.1 XIII-XIV dinastia


    • 9.2 XV e XVI dinastia: gli Hyksos (1650-1550 a.C.)


    • 9.3 XVII dinastia (1710-1550 a.C.): la cacciata degli Hyksos


      • 9.3.1 Tabella "P": nomoi dell'Alto Egitto governati dalla XVII dinastia


      • 9.3.2 Tabella "Q": XVII dinastia [1650 (1710) - 1570 (1553) a.C.]


      • 9.3.3 Seqenenra Ta'a e la disputa con Apophis I


      • 9.3.4 Khamose e la riunificazione






  • 10 Nuovo Regno (1540-1180 a.C. XVIII-XIX-XX dinastia)


    • 10.1 XVIII dinastia (1550-1291 a.C.)


      • 10.1.1 Ahmose I e la compiuta riunificazione del Paese


      • 10.1.2 Tabella "R": XVIII dinastia (1550 - 1291 a.C.)


      • 10.1.3 Da Amenofi I ad Hatshepsut (1526-1458 a.C.)


      • 10.1.4 Titolatura e regno di Hatshepsut


      • 10.1.5 Thutmose III e l'Impero


      • 10.1.6 Tabella comparativa: tentativo di recupero dall'"Incompiuto di Assuan" e "Lateranense"


      • 10.1.7 Da Amenofi II ad Amenofi III


      • 10.1.8 Tabella delle liste di Kom el-Hettan


      • 10.1.9 Amenofi IV/Akhenaton e la "Eresia" amarniana


      • 10.1.10 Tabella comparativa dei nomi di Amenofi IV e Akhenaton


      • 10.1.11 Tutankhaton/Tutankhamon e la restaurazione


      • 10.1.12 La Regina vedova e la successione


      • 10.1.13 Ay


      • 10.1.14 Horemheb


      • 10.1.15 Titolatura di Horemheb




    • 10.2 XIX dinastia (1291-1185 a.C.)


      • 10.2.1 Tabella "S": XIX dinastia (1291 - 1185 a.C.)


      • 10.2.2 Ramses II


      • 10.2.3 Titolatura di Ramses II


      • 10.2.4 Gli hittiti e il trattato di pace


      • 10.2.5 Attività edificatoria


      • 10.2.6 Morte e problemi di successione


      • 10.2.7 Da Merenptah a Tausert




    • 10.3 I faraoni dell'esodo


    • 10.4 XX dinastia (1188/87-1075/69 a.C.)


      • 10.4.1 Tabella "T": XX dinastia (1188 - 1069 a.C.)


      • 10.4.2 Ramses III e i Popoli del Mare


      • 10.4.3 Titolatura di Ramses III


      • 10.4.4 Lo sciopero degli operai e la congiura dell'harem


      • 10.4.5 Da Ramses IV a Ramses X


      • 10.4.6 Ramses XI e l'ascesa dei sacerdoti di Amon






  • 11 Terzo periodo intermedio (1080-672 a.C. dinastie XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV)


    • 11.1 XXI dinastia (1075-945 a.C.)


      • 11.1.1 Tabella "U": XXI dinastia (1075 - 945 a.C.)


      • 11.1.2 Titolatura di Pinedjem I (Primo Profeta di Amon)


      • 11.1.3 Titolatura di Psusennes I


      • 11.1.4 Siamon, Israele e l'avvento delle dinastie straniere




    • 11.2 XXII dinastia (945-754 a.C.)


      • 11.2.1 Tabella "V1": XXII dinastia (dal 945 al 773 a.C.)


      • 11.2.2 Tabella "V2": XXII-XXIII dinastia (dal 825 al 754 a.C.)




    • 11.3 Dalla XXII alla XXVI dinastia


      • 11.3.1 Tabella "W": sinottica delle dinastie da XXII a XXVI (825 - 525 a.C.)




    • 11.4 XXV dinastia "kushita" o "etiope" (i Faraoni Neri)


      • 11.4.1 Titolatura di Pi(ankh)y


      • 11.4.2 Da Shabaka a Taharqa


      • 11.4.3 Taharqa, l'invasione assira e Tanutamani






  • 12 Periodo tardo (672 - 343 a.C.)


    • 12.1 XXVI dinastia (672-525 a.C.)


      • 12.1.1 Tabella "X": XXVI dinastia (672 - 525 a.C.)


      • 12.1.2 Necao II, Nabopolassar e Nabucodonosor II


      • 12.1.3 Da Psammetico II a Psammetico III




    • 12.2 XXVII dinastia (1ª dominazione persiana) (525 - 402 a.C.)


      • 12.2.1 Titolatura di Cambise II quale re dell'Egitto


      • 12.2.2 Tabella "Y": XXVII dinastia (525 - 359 a.C.)


      • 12.2.3 Fine della prima dinastia persiana e la XXVIII dinastia




    • 12.3 XXIX dinastia (399 - 380 a.C.)


      • 12.3.1 Tabella "Z": XXIX dinastia (399 - 380 a.C.)




    • 12.4 XXX dinastia (380 - 343 a.C.)


      • 12.4.1 Tabella "AA": XXX dinastia [380 (393) - 343 a.C.]


      • 12.4.2 Nectanebo II e la fine della XXX dinastia (2ª dominazione persiana)






  • 13 Le dinastie "di comodo"


    • 13.1 XXXI dinastia (persiana) (342 - 332 a.C.)


      • 13.1.1 Tabella "AB": XXXI dinastia (342 - 332 a.C.)




    • 13.2 XXXII dinastia (macedone) (332 - 305 a.C.)


      • 13.2.1 Tabella “AC”: XXXII dinastia


      • 13.2.2 Titolatura faraonica di Alessandro Magno




    • 13.3 XXXIII dinastia (tolemaica o lagide) (305 - 30 a.C.)


      • 13.3.1 Tabella "AD": dinastia tolemaica






  • 14 Fine della cultura egizia e contaminazioni


  • 15 Ultimi barlumi d'Egitto: il regno di Meroe


  • 16 Note


    • 16.1 Annotazioni


    • 16.2 Fonti


    • 16.3 Fonti storiche


      • 16.3.1 Sulle dinastie egizie


      • 16.3.2 Sulla giustizia






  • 17 Bibliografia


    • 17.1 In italiano


      • 17.1.1 Storia


      • 17.1.2 Antico Regno


      • 17.1.3 Medio Regno


      • 17.1.4 Nuovo Regno


      • 17.1.5 Periodo Tardo


      • 17.1.6 Arte, Monumenti, Cultura e Vita quotidiana


      • 17.1.7 Lingua


      • 17.1.8 Piramidi e Tombe




    • 17.2 In inglese


    • 17.3 In francese


    • 17.4 In tedesco




  • 18 Voci correlate


  • 19 Altri progetti


  • 20 Collegamenti esterni


    • 20.1 Musei egizi







Cronologia generale |


Ferma restando la difficoltà di dare concretezza a periodi risalenti alla preistoria, la cronologia egizia si basa, principalmente su pochi dati fissi da cui si sono fatte derivare date conseguenti.


Uno di questi fa riferimento alla levata eliaca di Sirio[N 2] che, grazie peraltro ad un altro evento noto (la levata a Eliopoli il 21 luglio del 139 d.C. come indicata dal grammatico romano Censorino), sappiamo essere avvenuta:



  • nell'anno 7° del re Sesostri III (XII dinastia): 1879 a.C.;

  • nell'anno 9° del re Amenofi I (XVIII dinastia)[N 3]: 1547 a.C.;

  • nell'anno 20° del faraone Thutmose III (XVIII dinastia): 1471 a.C..


Da tali date si è cercato perciò, facendo peraltro riferimento anche alle Liste Regali[7] ed agli scritti di storici antichi[8], di costruire una cronologia egizia che a lungo è stata alla base degli studi egittologici e che avrebbe ancora valore assoluto se non fossero tuttavia intervenuti, in tempi relativamente recenti, altri metodi di datazione primo fra tutti quello che si basa sul decadimento del radiocarbonio, il più noto carbonio-14 (generalmente indicato con 14C)[N 4].


Avvalendosi di tale metodologia, sono stati esperiti accertamenti 14C su 211 esemplari di piante selezionate in contesti funerari egizi associabili con certezza ad altrettanto determinati contesti storico-dinastici, ottenendo i seguenti risultati[9]:
• Antico Regno (~2700-2100 a.C.) corrisponde, in linea di massima, alla cronologia archeo-storica con un margine di errore di ± 76 anni;
• Medio Regno (~2000-1700 a.C.) corrisponde con un errore di ± 53 anni;
• Nuovo Regno (~1500-1100 a.C.) corrisponde con un errore di ± 24 anni.
esiste tuttavia un vuoto cronologico tra il 1720 ed il 1580 a.C., a causa della non certa provenienza di alcuni campioni relativi al Secondo periodo intermedio[10][N 5].


Ai differenti periodi in cui la storia dell'antico Egitto viene suddivisa, vengono inoltre associate 30 dinastie ricavate da un'opera del sacerdote egizio Manetone, perduta e nota solo per successive trascrizioni di altri autori più recenti (come Flavio Giuseppe, Sesto Giulio Africano ed Eusebio di Cesarea): l'Aigyptiakà (Αἰγυπτιακά in greco). La ripartizione manetoniana in 30 dinastie è oggi ancora ufficialmente utilizzata ed è alla base della moderna storiografia egizia.


Nel complesso, perciò, la cronologia egizia generalmente accettata, indipendentemente dagli scarti sopra indicati, può essere così compendiata:



Tabella “A”: Cronologia Egizia (10000-343 a.C.) |









































































Tabella della Cronologia egizia e delle relative dinastie
Periodo Dal Al Dinastie
Preistoria 10000 a.C. 4000 a.C. -
Periodo Predinastico 4000 a.C. 3200 a.C.
00 - 0
Periodo Protodinastico 3150 a.C. 2700 a.C.
I - II
Antico Regno 2700 a.C. 2160 a.C.
III - VI
Primo periodo intermedio 2160 a.C. 2055 a.C.
VII - X
Medio Regno 2055 a.C. 1790 a.C.
XI - XII
Secondo periodo intermedio 1790 a.C. 1540 a.C.
XIII - XVII
Nuovo Regno 1540 a.C. 1080 a.C.
XVIII - XX
Terzo periodo intermedio 1080 a.C. 672 a.C.
XXI - XXV
Periodo tardo 672 a.C. 343 a.C.
XXVI - XXXI




Preistoria |


.mw-parser-output .vedi-anche{border:1px solid #CCC;font-size:95%;margin-bottom:.5em}.mw-parser-output .vedi-anche td:first-child{padding:0 .5em}.mw-parser-output .vedi-anche td:last-child{width:100%}



Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Egitto preistorico.


Preistoria (10.000-4000 a.C.) |




Oggetti risalenti al Periodo Predinastico.


Sul finire del paleolitico (circa 10.000 anni a.C.), di pari passo al ritiro dei ghiacci, il clima dell'Africa divenne più secco e l'enorme lago interno africano si ritirò gradatamente divenendo l'attuale Nilo[11]. Tale ritrarsi lasciò nell'area del deserto libico otto terrazzamenti; la lontananza dall'acqua fece sì che le popolazioni lentamente migrassero verso quanto restava del lago raggiungendo, in conclusione, le rive del fiume che si presentavano paludose, acquitrinose, ben fornite di pesce, ma anche abitate da fauna varia, anche predatoria, ugualmente spinta verso l'acqua dal costante ritrarsi delle acque[N 6].


Le prime culture, considerando l'inospitalità dei luoghi, furono perciò di carattere nomade, specialmente per seguire la selvaggina, praticare la pesca e raccogliere radici commestibili, fino all'avvento di popolazioni provenienti, verosimilmente, dall'area siro-palestinese che introdussero tecniche agricole per la coltivazione del grano, dell'orzo e del lino[12].


Di pari passo con l'acquisizione delle competenze agricole, agevolate anche dalla fertilità dei luoghi, aumentò la stanzialità di nuclei che si riunirono in villaggi. La produzione su vasta scala, oltre che dalla facilità di produzione agricola, ebbe ulteriore spinta dalla altrettanto facilità con cui, grazie al clima secco, potevano essere immagazzinati i cereali prodotti. Si passò perciò, gradatamente, da una cultura nomade e semi-nomade ad una stanziale ed agricola che consentiva: la produzione del necessario, l'immagazzinamento del superfluo, la specializzazione degli artigiani, la creazione di mestieri aderenti al nuovo corso, l'addomesticamento del bestiame, la pianificazione del futuro e anche l'impiego del tempo libero. Conseguenza di tale stato fu un notevole incremento demografico e l'inizio anche dei primi lavori di imbrigliamento delle acque sia per la conservazione che, specialmente, per l'ampliamento delle zone coltivabili.


Ne conseguì l'acquisizione di una coscienza civile alla luce della quale ci si rese conto che il lavoro poteva essere maggiormente efficace attraverso la riunione e la collaborazione di più nuclei/villaggi; da questo derivò la naturale conseguenza di ricorrere a strutture di governo in grado di indirizzare l'operato della comunità[13]. Nacque così l'unificazione di parti del Paese sotto un unico capo e l'unione di nuclei più piccoli in aggregazioni a livello provinciale, quelli che, in epoca storica, verranno chiamati nomòi.


Il Periodo Preistorico Antico vede perciò la struttura del Paese già embrionalmente bipartita tra Alto e Basso Egitto, in cui nascono e prosperano culture che riconoscono preminenza a località specifiche non ancora, tuttavia, individuabili come vere e proprie capitali[14].



Tabella “B”: Cronologia della Preistoria antica (5000-4000 a.C.) |


Al neolitico si fa risalire, intorno al 4500-3900 a.C., il periodo Badariano.


























































Tabella della Cronologia preistorica antica
Data (a.C.) Basso Egitto Alto Egitto Località Periodo
5000
Fayyum "A"
Cultura Tasiana Deir Tasa
Neolitico
Fayyum
Neolitico
Mostagedda
4000 Cultura di Merimde Cultura di Badari el-Badari, Merimde
Calcolitico
Amraziano el-Amra, Naqada

Predinastico Antico

Deir el-Ballas, Uhu


Abidos, Mahasna




Preistoria recente o Predinastico (4000-3200 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Periodo Predinastico (Egitto).

Alle competenze acquisite nel periodo preistorico antico provenienti dall'area siro-palestinese se ne aggiunsero, a partire dal 4000 a.C. altre di provenienza asiatica[15].
Benché si continuasse ad utilizzare strumenti in selce per la lavorazione del vasellame in pietra, dell'avorio e per la mietitura dei raccolti, si sviluppò la lavorazione di utensili e armi in rame. Conseguenza fu la necessità di missioni e campagne di occupazione di territori nella Penisola del Sinai e nel deserto arabico per l'approvvigionamento del metallo.


Altre innovazioni pervennero in Egitto, in tale periodo, da genti verosimilmente di provenienza mesopotamica, anatolica o siriana: preparazione dei mattoni rettangolari crudi; nuovi schemi decorativi; uso di sigilli cilindrici per imprimere segni sull'argilla (di tipica derivazione mesopotamica); primi tentativi di scrittura pittografica[16]. Si aggiungano a tale situazione generale, i primi contatti marittimi, anche con le isole egee, che apportarono innovazioni, perciò, anche nella e dall'area mediterranea[N 7][17][18] tanto che si ritiene[19] che tali contatti possano aver favorito la quasi simultanea fioritura delle civiltà egizia e cretese nella sua fase iniziale.


La scarsità, in Egitto, di legname atto alla costruzione di navigli in grado di affrontare il mare, denota peraltro rapporti anche con i paesi della costa siro-palestinese che disponevano, inoltre, dei litorali giusti per poter costituire basi di approdo navale.



Evidenze archeologiche del periodo |



Naqada |




Statuetta in terracotta, soprannominata "Danzatrice di Brooklyn", risalente al Periodo Predinastico. Brooklyn Museum, New York.


Uno dei più grandi studiosi del periodo predinastico, ritenuto peraltro il fondatore della moderna Egittologia, è da individuarsi in Flinders Petrie[20] il cui interesse precipuo era teso specialmente alla individuazione della provenienza della cultura egizia.


Dopo scavi nel Fayyum e nel Delta nilotico, nel 1894-1895[21][22][23] Petrie indirizzò il suo lavoro nell'area di Naqada. Indipendentemente dall'area di ritrovamento, Petrie aveva infatti rilevato caratteristiche comuni, specie nelle ceramiche, compendiate proprio nei manufatti della cultura di Naqada così verificando e confermando la progressione della cultura da sud verso nord.
A Naqada Petrie scoprì tre necropoli:




  • N[N 8], che comprendeva oltre 2.000 sepolture non riferibili o inquadrabili in un preciso momento storico poiché conseguenti all'andamento storico-demografico del vicino abitato;


  • T, che ospitava circa 70 tombe, risalente al periodo Naqada II, e che comprendeva sepolture più ricche riferite ad un periodo di consistente ampliamento del villaggio;


  • B, la cosiddetta necropoli dei contadini, che comprendeva 144 sepolture.


A fattor comune, circa l'80% delle sepolture era di forma rettangolare, specie quelle delle classi più abbienti, mentre le più antiche erano di forma circolare ed ellissoidale. Si trattava di fosse scavate nel deserto, delle dimensioni di circa 100x150 cm, con mummificazioni naturali dovute al clima secco ed asciutto. L'orientamento delle sepolture era, generalmente, nord-sud ed erano sormontate da monticelli di terra o di pietre[N 9] a protezione dei corpi dall'aggressione di animali e come segnacolo delle sepolture stesse.


I corpi erano deposti sul fianco, in posizione fetale, come di persona addormentata a simboleggiare la possibilità di risveglio o di rinascita; la testa era posizionata a sud ed il viso rivolto ad est, ovvero verso il sole nascente.


Molti corpi presentavano mutilazioni scheletriche non dovute, tuttavia, a fattori traumatici o animali, ma all'usanza di ritornare alla tomba da parte dei sopravvissuti per prelevarne parti con intenti apotropaici; in tale occasione, peraltro, i corpi venivano colorati con pigmenti rossi[N 10].


Dall'esame del vasellame presente nei corredi (non ancora lavorato al tornio), più o meno ricchi, Petrie individuò 700 tipi di ceramiche che raccolse in nove classi contrassegnate con lettere dell'alfabeto:




  • B (Black topped), a bocca nera;


  • P (polished Red), a ingobbiatura[N 11] rossa:


  • F a ingobbiatura nera;


  • C (white Cross), a ingobbiatura rossa, con semplici motivi geometrici dipinti di bianco;


  • R (Raw), ceramica grezza comune;


  • L (Late), ceramica tarda;


  • D (Dark), raffinata dicolore marrone chiaro e motivi in ocra rossa;


  • W (Wavy), ad anse ondulate[N 12];


  • N, Nubiana, di colore marrone scuro con motivi geometrici incisi.


da queste fece derivare un sistema di catalogazione e datazione delle sepolture non solo di Naqada, in senso stretto, detto di datazione sequenziale (Sequence Date), che contrassegnò con la sigla SD, prevedendo quattro periodi all'interno dei quali è possibile reperire ceramiche appartenenti alle 9 classi:



  • SD 30-39 = Naqada I (o Amraziano);

  • SD 40-62 = Naqada II (o Gerzeano);

  • SD 63-72 = Naqada III (o Samainiano);

  • SD 77-88 = Inizio dinastico (oggi indicato come dinastia 0)



Ieracompoli |


Pochi anni dopo i lavori di Flinders Petrie, nel 1897, James Edward Quibell e Frederick William Green[N 13] scoprirono la Necropoli di Nekhen (la greca Ieracompoli), un'area cimiteriale in cui fu possibile però notare già una netta bipartizione tra un'area destinata al ceto comune e un'altra destinata alla classe egemone. Ne derivò il concetto di una distinzione in classi, segno evidente dell'esistenza di una ben precisa struttura gerarchica e, conseguentemente, di sottoposizione ad una entità unica assimilabile ad un re, condizione ancora non rilevabile, peraltro, nelle sepolture coeve del Basso Egitto.


Le sepolture più povere erano costituite da fosse ovali in cui il corpo veniva posto in posizione fetale (vedi il corpo di adulto mummificato del Museo Egizio di Torino) coperto da stuoie o materiale vegetale, con corredo ridotto di vasellame e poche suppellettili. Le tombe più ricche, di converso, erano rettangolari, presentavano fondamenta di pietra o roccia, pareti in mattoni crudi probabilmente dipinte all'interno, ed erano sormontate verosimilmente da costruzioni in legno di cui vennero rinvenute le tracce[N 14].


Al 1897 risale il ritrovamento, nei pressi del tempio dedicato ad Horus, di una testa di mazza cerimoniale rappresentante un personaggio, che indossa la corona bianca dell'Alto Egitto, che impugna quella che è stata interpretata come una zappa o un aratro; un segno geroglifico all'altezza del viso, rappresentante uno scorpione, ha dato il nome a tale personaggio che appare, data la corona, come un re. Nonostante si tratti sostanzialmente di un'arma, il Re Scorpione, seguito da flabelliferi, è rappresentato verosimilmente nell'atto di scavare un solco da irrigazione a voler evidentemente rappresentare l'aspetto politico e paternalistico della sua figura per il benessere del suo popolo. In alto, in un registro superiore, sono invece rappresentati stendardi probabilmente relativi a città sconfitte.


Nel 1898-1899 venne portata alla luce la tomba 100, peraltro già soggetta a saccheggi in antico, in cui venne altresì rinvenuto quello che si ritiene il più antico dipinto conosciuto dell'antico Egitto; oggi i pochi resti del dipinto[N 15] sono conservati presso il Museo Egizio del Cairo e le uniche rese della condizione originale sono desumibili da acquerelli eseguiti da Frederick W. Green all'atto della scoperta[N 16].




Reperti musealizzati |


Tra i molteplici reperti relativi al periodo Predinastico presso i musei, si segnalano:


Museo Egizio del Cairo[24]:



  • ciotola in argilla con applicazioni, forse da Gebelein, periodo Naqada I (cat. JE38284)[25];

  • coltello con lama in selce ed elsa in oro forse da Gebelein, periodo Naqada II (cat.JE34210)[26];


Oxford Ashmolean Museum:


  • testa di mazza del Re Scorpione, da Ieracompoli (cat. AN1896-1908.E3632)[27];

Museo Egizio di Torino:


  • corpo di adulto mummificato, Naqada I (cat. S. 00293 RCGE 16550)[28];

Museo del Louvre di Parigi:


  • coltello di Gebel el-Arak con lama in selce ed elsa in avorio d'ippopotamo, Naqada I[29];

Brooklyn Museum di New York:


  • "Danzatrice di Brooklyn", statuetta femminile in terracotta, Naqada II[30];


Politica del Predinastico |


Sotto il profilo politico, nel periodo del tardo predinastico (Gerzeano recente), intorno al 3400 a.C., appare evidente l'aumento dell'attività politica: le entità costituite dall'Alto e Basso Egitto appaiono ormai consolidate e in entrambe le regioni sono raggruppate attorno ad una città principale, con un dio riconosciuto e sotto la guida di un capo autorevole. Secondo ipotesi accreditate[31], mentre nel sud del Paese (Alto Egitto) la compagine socio-politica è più compatta, forse per il carattere prettamente rurale delle città/villaggio, scarsamente autonome, e forse per la presenza di capi più incisivi, nel Basso Egitto (a nord) le città hanno un maggior grado di sviluppo e di autonomia, di cui sono particolarmente gelose, che le rende più difficili da unificare.
Prova di tale situazione più compatta dell'Alto Egitto sono alcuni manufatti, non riscontrabili nell'area del delta nilotico, sintomatici di un potere centralizzato tra i quali si annovera la già citata testa di mazza da guerra del cosiddetto Re Scorpione che viene già ascritto ad una dinastia “0” e che può, embrionalmente, essere identificato come l'iniziatore di quella che, con il successivo Periodo Arcaico, porterà all'unificazione delle Due Terre.



Tabella “C”: Cronologia della Preistoria recente (4000-3200 a.C.)[32] |


Per il Periodo Predinastico si individua, archeo-storicamente, la suddivisione in:




  • Naqada I o Amraziano - (3900 a.C. - 3650 a.C.);


  • Naqada II o Gerzeano - (3650 a.C. - 3300 a.C.);


  • Naqada III o Semainiano (3300 a.C. - 3060 a.C.).



































Tabella della Cronologia preistorica recente
Data (a.C.) Basso Egitto Alto Egitto Località Periodo
3600 Maadiano Gerzeano Antico el- Gerza, el-Maadi Predinastico medio/tardo
3400 Gerzeano recente Gerzeano recente Ieracompoli
3200 Unificazione Alto e Basso Egitto
Menfi, Abido
Storico



Periodo arcaico, o Thinita (3150-2700 a.C. I - II dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Periodo arcaico dell'Egitto.



La Pietra di Palermo nei registri riguardanti Khasekhemui


Le prime due dinastie vengono dette anche Thinite, dal nome della città di Thinis di cui sarebbero state originarie, città che, in breve, soppianterà, come importanza, quella originaria di Nekhen (Ieracompoli).


Già con la dinastia “0” aveva avuto inizio quella che sarà poi una costante nella storia millenaria delle Due Terre: l'avvento, dall'Alto Egitto (a sud), di un principe ambizioso che pone fine a periodi di anarchia con la riunificazione del Paese. Così nel Periodo Arcaico e la I dinastia, così con la XVII e XVIII dinastia dopo la dominazione Hyksos[33].


L'unificazione dell'Alto Egitto a cura di un re predinastico, peraltro ventilata già nella testa di mazza del Re Scorpione, con gli stendardi che rappresentavano città o provincie sottomesse, era sintomatica di poteri centralizzati forti che non esistevano, tuttavia, nel nord del Paese a causa, specialmente, dell'autonomia delle città del delta. Su questa situazione di stabilità al sud, si innesta perciò la figura di quello che viene indicato come il primo unificatore delle Due Terre ed il primo sovrano della I dinastia: il re Narmer[N 17].
La scarsità di documenti sul periodo dell'unificazione non consente di valutare se vi fu passaggio graduale tra la situazione precedente e quella che si venne successivamente a creare, o se tale passaggio avvenne traumaticamente come, del resto, alcuni manufatti del periodo (prima fra tutti la Tavoletta di Narmer) lascerebbero intendere; l'unificazione stessa, perciò, appare documentalmente come un episodio improvviso il cui verificarsi viene attribuito ad un unico re: Meni o Menes.


Data l'assenza della scrittura, il cui sviluppo inizia proprio in questo periodo[34], la ricostruzione storica non può che essere approssimativa così come frammentari sono i riscontri di innovazioni culturali. Le ceramiche perdono, tuttavia, l'aspetto raffinato del periodo predinastico acquisendo sempre più valore utilitaristico, grazie anche all'avvento del tornio da vasaio, essendo sostituite, in campo decorativo, da vasellame in pietra e materiali più sofisticati come il porfido, l'alabastro, la diorite. Acquista slancio, di converso, la lavorazione del rame che viene utilizzato anche per la realizzazione di vasi lavorati battendo le lastre su modelli in legno[N 18]; la Pietra di Palermo menziona, tra l'altro, la realizzazione di statue in rame di Khasekhemui[N 19]. Fanno la loro comparsa la faience costituita essenzialmente da ciottoli di quarzo frantumati, probabilmente provenienti dal deserto libico, che poteva essere fusa, intagliata e modellata[35], e il papiro, strumento versatile che consente, e consentirà durante la storia dell'Egitto, di tramandare racconti, ma ancor più, specie nella fase embrionale della nascita dello Stato unitario, di trasmettere disposizioni e ordini in maniera semplice e sicura[36]. Una sorta di sistema decimale, già esistente in periodo predinastico, acquista ancora maggior rilievo durante il periodo arcaico con funzioni prettamente utilitaristiche connesse alla necessità, dopo le piene nilotiche, di ripristinare i confini resi incerti dai depositi alluvionali. Per quanto attiene le unità di misura lineare, come peraltro in altre culture coeve, si fa ricorso a misure convenzionali del corpo umano: dito, palmo, piede, braccio; sono note anche misure di capacità i cui primi esempi sono rappresentati nella tomba di Hesire, funzionario del re Djoser, primo della III dinastia[N 20]. Già in periodo Arcaico, infine, si assiste alla nascita di testi di natura divulgativo-scientifica[37]: il Papiro Edwin Smith, che tratta di medicina[N 21][38] ed un testo teologico che tratta della creazione del mondo da parte del dio Ptah il cui culto, secondo la tradizione, venne istituito a Menfi da Menes/Narmer[39].



I dinastia |



Tabella “D”: I dinastia (3150-2925 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.





















Tabella "D": principali re della I dinastia
Periodo Principali re
Arcaico o Thinita Menes/Narmer

Aha

Djer
Edjo (Uadji)

Den (Udimu)

Adjib

Semerkhet
Kaa


Secondo Erodoto[40], che però scrive a quasi tremila anni dagli eventi narrati, Menes, quasi unanimemente identificato con Narmer[41], fu il fondatore delle Mura Bianche, ovvero di una città, Menfi, su un terreno appositamente bonificato nel punto di incontro tra l'Alto ed il Basso Egitto[42]. Ciò a voler sottolineare certamente l'intento di creare una Capitale unica per il Paese unificato, ma contestualmente di dimostrare la volontà di rendere sane terre che, altrimenti, sarebbero state acquitrinose e malsane.
A lui si dovrebbe, inoltre, un vasto programma di drenaggio delle acque e di sistemi di irrigazione conseguente, peraltro, al notevole incremento demografico dell'area conseguente alla unificazione.


Il ritrovamento nel 1897, a Naqada, a cura di Jacques de Morgan, di una mastaba contenente riferimenti al re Horus Aha, ovvero Horus combattente ed alla regina Neithotep, a lungo ritenuta sposa di Menes/Narmer[43] lascia intendere che Narmer, Menes ed Aha (quest'ultimo a maggior ragione proprio per l'epiteto combattente) possano essere identificati per la stessa persona; ipotesi convalidata dalla presenza di una placca in avorio intestata ad Aha, ma recante anche un geroglifico interpretabile come Meni.


Ancora alla I dinastia sono da ascriversi sicuri rapporti con paesi dell'area siro-palestinese e, segnatamente con il Libano, condizione ricavabile dal progressivo aumento, nelle tombe dinastiche, di legni provenienti da quella terra[44].



La Tavoletta di Narmer |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Tavoletta di Narmer.



Narmer Palette


Sotto il profilo dell'attività unificatoria di Narmer, viene normalmente citata la Tavoletta di Narmer[45], una tavola di scisto scolpita che reca, su ambo i lati, la rappresentazione del re. Mentre sul dritto il re indossa la corona dell'Alto Egitto e appare nell'atto di colpire con una mazza un prigioniero, che reca i tratti somatici di un abitante del nord del Paese, trattenuto per i capelli, nel rovescio lo stesso re, in processione o in parata dinanzi ai corpi mutilati dei nemici, indossa la corona del Basso Egitto.


Ciò è stato materialmente interpretato come una sorta di trofeo della guerra civile combattuta da Narmer per l'unificazione delle Due Terre.


A conferma della comune attenzione alle Due Terre, senza apparenti preferenze per nessuna delle due, inizia la consuetudine reale di disporre di due tombe: una, effettiva, nella necropoli si Saqqara e un cenotafio ad Abido.[46] e nasce la “corona doppia”, o composita, che ingloba le corone delle Due Terre.



II dinastia |



Tabella “E”: II dinastia (2925-2700 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.






















Tabella "E": principali re della II dinastia
Periodo Principali re
Arcaico o Thinita
Hotepsekhemwy

Raneb (o Neb-Ra)

Ninetjer

Ueneg

Senedj

Peribsen

Khasekhem

Khasekhemui

Ba


Scarsi sono i monumenti riferiti alla I così come altrettanto scarsi quelli della II dinastia; tra le due dinastie, peraltro, pare si possano essere instaurati rapporti di rivalità, quasi che la II dinastia si sia sostituita alla I con atti di lotta o guerra civile. È infatti sintomatico che gran parte delle tombe e dei cenotafi della I dinastia siano stati deliberatamente dati alle fiamme ed i corredi dispersi o, a loro volta, distrutti con il fuoco[47], quasi a volerne cancellare l'esistenza. La II dinastia può essere, sia pure impropriamente, definita già "menfita" poiché la capitale viene trasferita nella città del Delta.



Lo scisma sethiano |


Se con il re Neb-Ra inizia il culto solare di Ra, con uno dei suoi successori, Peribsen, si assiste ad un nuovo spostamento della capitale ad Abido e ad una rottura con quello che si era già consolidato come uno dei più importanti titoli dei sovrani: il Nome di Horus che veniva iscritto nel serekh[48] sovrastato dal geroglifico del dio falco. Il nome originario di tale sovrano doveva essere Sekhem-Ib, ovvero Potente di cuore e si ritiene che la sua assunzione al trono, derivata da un colpo di stato, abbia comportato un vero scisma religioso che va sotto il nome di scisma sethiano[49]. Il nome Peribsen non è, infatti, riportato nelle liste regali, ma ritrovato nella necropoli di Umm el-Qa'ab ove però l'usuale serekh contenente il "nome di Horus", è di fatto sormontato dall'animale di Seth.


Con la scoperta, a cura di Petrie, nella necropoli di Umm el-Qa'ab della tomba del suo successore, Khasekhemui[N 22] (ovvero Appaiono i potenti scettri)[N 23], si assiste invece alla risoluzione diplomatica dello scisma sethiano: il serekh di Khasekhemui, infatti, esibisce i due simboli, di Horus e Seth, affrontati ed entrambi con la Corona Doppia. Al nome Khasekhemui, il re aggiunge l'epiteto Neb-wi-hotep-imef ed i due nomi affiancati portano a: i due potenti scettri sono sorti e i due Signori sono in pace[N 24].


A partire dalla fine della II dinastia, il Nome di Horus venne poi definitivamente ripristinato[50] e una tale condizione di dualità non si ripeterà mai più nel corso della millenaria storia dell'Egitto antico. Sposa di Khasekhemui fu la regina Nimaathap, madre del re Djoser, iniziatore della III dinastia.



Evidenze archeologiche del periodo |


Scarse sono le opere d'arte sopravvissute alla I dinastia[51] e le poche risultanze sono seriamente danneggiate in conseguenza dei saccheggi subiti da tombe e cenotafi e dell'azione distruttiva posta in essere dai regnanti della II dinastia. I reperti esistenti, tuttavia, lasciano intravedere una capacità manuale degli artigiani con splendide rifiniture in legno, avorio, cristallo di rocca e pietre dure, oro e rame. Molteplici e di notevole fattura, in tal senso, monili, specie collane, in faience, pietre dure, scisto, cornalina, lapis lazuli (importato dall'Afghanistan), ed il primo esempio noto di tavola per il gioco del senet, con caselle intarsiate e pedine in avorio risalente al re Djer della I dinastia (circa 2900 a.C.)[52].


Una novità precipua di tale periodo, in campo artistico, sono le tavole di ardesia, o scisto, a forma di scudo[N 25] nonché le teste di mazza da guerra commemorative di battaglie vittoriose che si rifanno, peraltro, a modelli già noti dal Predinastico (come la testa di mazza del Re Scorpione). Tra i reperti di tal genere, si annovera la cosiddetta Tavoletta del Campo di Battaglia (traduzione in inglese “Battlefield Palette”)[N 26] risalente orientativamente al 3170 a.C., rinvenuta ad Abido ed evocativa di una battaglia vittoriosa contro popolazioni libiche. Da Ieracompoli proviene un'altra tavoletta, detta "dei due cani" (traduzione in inglese “Two Dogs palette”), oggi all'Ashmolean Museum di Oxford, che è, dopo la Tavoletta di Narmer, una delle più complete. Due cani circondano la parte alta della tavoletta sporgendo oltre il bordo, così che sono visibili da entrambi i lati, mentre al centro, sul recto, una scena di animali in caccia tra cui si distinguono leoni, giraffe, antilopi, leopardi, tori; sul rovescio ancora animali ed una piastra liscia circondata da animali fantastici dal lungo collo, i cosiddetti serpopardi (simili a quelli riscontrabili sulla Tavoletta di Narmer)[N 27]. Ancora tra le tavolette cosmetiche si annovera la Tavoletta della caccia al leone o Tavoletta dei Cacciatori (traduzione inglese: “Hunters' Palette”)[N 28], forse proveniente da Abido, in cui un gruppo di guerrieri cacciano animali selvatici, specie leoni. È interessante che i cacciatori siano palesemente attribuibili a tre differenti tribù, o province, di provenienza ad indicare, quindi, l'esistenza di alleanze.


Scarse sono anche le rimanenze architettoniche del periodo giacché le strutture, religiose o abitative, erano realizzate con materiali leggeri e deperibili (legno, mattoni crudi). Uniche strutture ancora identificabili sono le mastabe[N 29], sia relative a tombe che a cenotafi, delle necropoli di Saqqara e Abido[53]. Le pareti esterne, “a facciata di palazzo[N 30], ovvero a rientranze e sporgenze ad imitazione della porta principale di un palazzo reale fiancheggiata da torri, riscontrabile specialmente nell'area mesopotamica, ha fatto ipotizzare che da tale area sia provenuta l'idea stessa di costruzione architettonica, dapprima in mattoni crudi, poi sostituita dalla pietra[54]. Il fatto poi che le costruzioni fossero ricoperte di latte di calce bianca applicato ad imitazione delle stuoie in giunco, ha fatto altresì ipotizzare che originariamente tali strutture fossero in semplice legno ricoperte di tessuto.


Per quanto attiene alla statuaria, normalmente identificabile solo per la grossolanità della fattura (elemento di certo non particolarmente caratterizzante) uno dei rari reperti certamente del periodo è la statua di Khasekhemui, oggi al Museo del Cairo




Reperti musealizzati |


Museo del Louvre:


  • tavoletta dei quattro cani (Naqada III) (cat. E 11052), provenienza sconosciuta, forse Damanhur[55];

Ashmolean Museum Oxford:


  • tavoletta dei due cani (Two dogs Palette) (cat. E.3924), da Ieracompoli[56];

British Museum Londra:


  • tavoletta del cacciatore (the Hunters' Palette) (cat. EA20792), provenienza sconosciuta, forse Abido[57][58];

Museo egizio del Cairo:



  • tavoletta di Narmer (cat. JE 14716; CG 32169) dal deposito principale del tempio di Horus a Ieracompoli[59]

  • tavola da gioco del senet (cat. JE 45038), da Saqqara, tomba di Re Djer[52]

  • statua di Khasekhemui (cat. JE 32161)[60]



Tabella “F”: Cronologia del Periodo Arcaico (3150-2700 a.C.)[61] |

























Tabella “F”: Cronologia Periodo Arcaico
Data (a.C.) Dinastia Usi funerari Avvenimenti
3150 I Tombe reali effettive a Saqqara
Cenotafi ad Abido
Sviluppo della scrittura
armi e utensili in rame
2900 II Democratizzazione delle sepolture Uso della pietra nelle costruzioni e nella statuaria;
Tombe private vicine a quelle reali;
Contese religiose e politiche; Scisma sethiano di Peribsen;
Pacificazione e superamento dello scisma sotto Khasekhemui



Antico Regno: prima fase (2700-2500 a.C. III e IV dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Antico Regno.


III dinastia |



Tabella “G”: III dinastia (2700-2620 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.






























Tabella "G": principali re della III dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali re
2630 - 2611 Djoser (Netjerykhet)
2611 - 2603
Sekhemkhet
2603 - 2600
Khaba
non note Neferkhara
2600 - 2575
Huni




Planimetria della necropoli di Saqqara


La III dinastia, che comprenderebbe quattro o cinque re complessivamente, copre un arco calcolato in 50-55 anni[63][N 31] ed alcune divergenze sui nomi dei re sono state giustificate[64] dal fatto di usare la denominazione del "nome di Horus", con cui era usuale rivolgersi ai re in quel periodo storico, piuttosto del "nome di famiglia", usanza che diverrà più corrente a partire dalla IV dinastia, con Snofru, e l'inserimento di tale identificativo in un cartiglio.
La fase evolutiva iniziata con le prime dinastie Thinite giunse a maturazione con le due successive, la III e la IV dinastia. Anche se si ha evidenza di azioni di guerra, specie nell'area sinaitica e siro-palestinese, di fatto la III dinastia si impose specialmente nelle opere di pace[65]. Architettonicamente, le costruzioni abitative, compreso il palazzo reale, erano ancora costruite con materiali deperibili e fragili, mentre particolare cura si pose nella realizzazione delle Case per l'eternità, ovvero le tombe, dei re. Una prima innovazione appare con la struttura tombale: mentre le tombe del Periodo Arcaico, infatti, erano ipogee sovrastate da tronchi piramidali (le mastabe), e per i re si prevedevano due sepolture, ad Abido e Saqqara, a voler -anche nella morte- simboleggiare la signoria sulle Due Terre le tombe della III dinastia acquistano valore monumentale e decade, almeno in apparenza, il concetto della doppia sepoltura.


Una prima innovazione voluta da Djoser, primo re della III dinastia[66], fu la coesistenza della doppia sepoltura nel medesimo luogo; a Saqqara si avranno, perciò, nel medesimo recinto funerario, differenziate solo come orientamento geografico, la sepoltura principale, a nord, ed il cenotafio, a sud[67].
In tale contesto, si impone, a sua volta, la figura di Imhotep, sorta di scienziato ante litteram, architetto, poeta, sacerdote, medico[N 32] professione, quest'ultima, che lo porterà ad essere divinizzato[68][N 33] e, dopo millenni, assimilato dai greci al dio della medicina Asclepio, il romano Esculapio.


Ad Imhotep, nella sua funzione di architetto, si dovrebbe perciò il primo uso massiccio di pietra[N 34], in luogo dei mattoni crudi, per la costruzione a Saqqara di quella che viene riconosciuta come la prima piramide della storia: la cosiddetta piramide a gradoni del complesso sepolcrale del primo re della III dinastia, Djoser. La costruzione e l'ampio complesso che la circonda risentono ancora, nelle dimensioni delle pietre squadrate utilizzate, del precedente uso di piccoli mattoni di fango, sensazione che, tuttavia, viene già a decadere con il complesso funerario (non ultimato) del successore di Djoser, Sekhemkhet[N 35], in cui i mattoni di pietra acquistano già maggiori dimensioni e perdono completamente la connotazione che li faceva derivare dai piccoli mattoni crudi tipica, invece, del complesso di Djoser[69].



Saqqara |


Il nome "Saqqara" deriverebbe dal nome del vicino odierno villaggio arabo; è tuttavia controverso se tale nome non derivi, invece, da quello dell'antico dio della morte Sokar, il che sarebbe in linea con la scelta sepolcrale, o piuttosto dal nome di una tribù araba che aveva prescelto la zona quale propria sede stanziale. L'area era già stata originariamente prescelta da Funzionari e Dignitari della I Dinastia, che qui eressero le loro enormi mastabe (tanto che per lungo tempo si è creduto si trattasse di sepolture reali), ma non furono pochi i Re dell'Antico Regno che prescelsero questa necropoli per le loro sepolture, forse proprio per la vicinanza con la neo-fondata Capitale Menfi.


Altre sepolture di dinastie successive si trovano nell'area di Saqqara[N 36] verosimilmente come tributo agli “antichi re” unificatori del Paese.



Tabella "H": principali complessi funerari di Saqqara |

























































Tabella “H”: principali complessi funerari di Saqqara
Complesso di Dinastia Note
Djoser III muro perimetrale a rientranze e sporgenze;
tomba + cenotafio
Sekhemkhet III tomba + cenotafio; 132 camere deposito
Userkaf V tomba + piramide satellite; piramide della regina
Djedkara Isesi V tomba + 2 piramidi satelliti; piramide della regina
Unis V tomba + piramide satellite; presenza di Tempio a valle
Teti VI tomba + piramide satellite
Pepi I VI tomba + piramide satellite
Pepi II VI tomba + piramide satellite + 3 piramidi delle regine;
presenza di Tempio a valle
Ibi (faraone) VI presenza di cappella funeraria




IV dinastia |


Trattare della IV dinastia significa, necessariamente, trattare dei re che la resero famosa con le loro opere architetturali e ingegneristiche più famose, le piramidi. Sotto il profilo politico e militare, si ha conoscenza di azioni belliche ai confini nubiani e libici, mentre con l'area asiatica si assiste al consolidamento di rapporti commerciali iniziati già con la precedente dinastia specie per l'importazione di materia prime tra cui i lapislazzuli dall'Afghanistan e, importante, il legname dall'area libanese.



Tabella "I": IV dinastia (2620-2500 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.










































Tabella "I": principali re della IV dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali re
2575 - 2551
Snefru (Nebmaat)
2551 - 2528
Cheope (Kufu, Khufwey)
2528 - 2520
Djedefra (Kheper, Radjedef)
2520 - 2494
Chefren (Kafra, Userib)
non note
Djedefhor (?)
non note
Baka (Bafra) (?)
2490 - 2472
Micerino (Menkhaura, Khaket)
2572 - 2467
Shepseskaf



Snefru e la piramide perfetta |


Primo re della IV dinastia fu Snefru, successore di Huni di cui si ritiene abbia sposato la figlia Hetepheres così acquisendo il diritto al trono[70]. La Pietra di Palermo ed un frammento di stele oggi al Museo del Cairo, consentono di avere un quadro abbastanza chiaro di sei dei suoi ventiquattro anni di regno; oltre vari monumenti a lui ascritti, sono note due sue campagne militari: una verso il confine nubiano, da cui avrebbe portato 7.000 prigionieri e catturato 200.000 capi di bestiame[71], e l'altra verso la Libia che avrebbe fruttato 11.000 prigionieri e oltre 13.000 capi di bestiame[72]. Viene inoltre segnalato l'arrivo, da Biblo, nel Libano, di 40 navi cariche di legno di cedro. Purtuttavia, come per la III dinastia, la sua figura acquista particolare importanza per l'attività costruttiva e per le innovazioni che, sotto il suo regno, caratterizzarono, e ancor più caratterizzeranno in seguito, il panorama architettonico dell'Egitto antico.



Meidum: la falsa piramide |


A circa dodici chilometri da Saqqara, infatti, nell'area di Dahshur, Snefru diede corpo alla costruzione di due piramidi mentre una terza, forse iniziata da Huni[71], venne da lui completata nell'area di Meidum, ad ulteriori circa cinquanta chilometri da Dashur.


Si ritiene, storicamente, che la prima piramide realizzata da Snefru sia stata proprio quella di Meidum, nota oggi anche con il nome di falsa piramide[N 37][73] giacché si presenta come una piramide a gradoni, alta circa 40 m, il cui rivestimento in pietra, in antico, crollò talché la struttura oggi esistente si innalza sul cumulo di detriti che ne era originariamente il rivestimento stesso[N 38][74].



Dashur: Piramide Romboidale e Piramide Rossa |




Legenda:
1 - Piramide di Cheope
2 - Tempio funebre di Cheope
3 - Via cerimoniale
4 - Piramidi secondarie
5 - Necropoli occidentale
6 - Necropoli orientale
7 - Fosse delle barche solari
8 - Piramide di Chefren
9 - Piramide secondaria
10 - Tempio funerario di Chefren
11 - Via cerimoniale
12 - Sfinge
13 - Tempio a valle di Chefren
14 - Tomba della regina Kentkaus
15 - Piramide di Micerino
16 - piramidi secondarie
17 - Tempio funerario di Micerino
18 - Via cerimoniale
19 - Tempio a valle di Micerino


Le due piramidi più note a Dahshur, sono, a loro volta, singolari ed importanti nell'evoluzione del simbolo stesso dell'antico Egitto. Una delle due è detta romboidale[N 39][75] per la strana forma che presenta: l'inclinazione delle pareti, infatti, varia dagli oltre 54° iniziali ai poco più di 43°[N 40]. Ipotesi più accreditata per tale variazione sarebbe il timore che, proseguendo con l'inclinazione originale, potesse verificarsi quanto già si era verificato a Meidum con il crollo del rivestimento[76]; se tale fosse l'effettivo motivo della variazione architettonica, si confermerebbe che la prima piramide sarebbe quella di Meidum, che le due piramidi erano verosimilmente in costruzione contemporaneamente e che proprio dal fallimento di Meidum i costruttori di Dashur trassero insegnamento[N 41].




La sfinge e la piramide di Chefren


Terza piramide assegnata a Snefru è l'attuale Piramide del nord, più nota come Piramide rossa[77], per il colore della pietra con cui è oggi visibile[N 42]: con i suoi attuali 104 m, e l'inclinazione costante di 43° alla base, è la terza come altezza, dopo la Piramide di Cheope e quella di Chefren a Giza. È questa, perciò, la prima piramide perfetta di cui si abbia nota.


Sposa del re Snefru, fu la regina Hetepheres I, probabilmente figlia del re Huni della III dinastia, madre del secondo re della IV: Cheope[N 43].



Giza |


Poco distante dal Cairo si trova l'altopiano di Giza che ospita quelli che sono di certo i simboli della IV dinastia nonché dell'intero antico Egitto: le tre piramidi maggiori di Cheope, del suo secondo successore[N 44], Chefren, e di un successore di costui, Micerino[N 45][78][79][80]


Politicamente, il paese non aveva ancora raggiunto l'unificazione completa che era stata militarmente conseguita con la I dinastia, confermata dalla II e sancita dalla III; i successori di Snefru proseguirono perciò nella politica per il rafforzamento dell'unificazione del Paese anche attraverso la strutturazione dell'apparato di gestione politico-economico-militare.



Cheope |




L'unica statuetta raffigurante Cheope (alta 7,5 centimetri). Museo egizio del Cairo.






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Cheope e Piramide di Cheope.

Successore diretto di Snefru fu Cheope cui il Papiro dei Re di Torino assegna 23 anni di regno, a fronte dei 63 assegnati invece da Manetone[81]. Scarsissime sono le notizie sul suo conto: a parte un graffito nello Wadi Maghara, nella penisola del Sinai, a riprova del fatto che proseguì nelle campagne di guerra intraprese dal padre, Snefru, e una stele nelle cave di diorite del deserto nubiano, è paradossale che del re che fece costruire la struttura architettonica più alta del mondo antico, esista solo una statuetta alta circa 9 cm[N 46][82].


A lui si ascriverebbe l'istituzione della figura del visir, come elemento di collegamento tra la figura reale, divina, ed il mondo politico terreno, nonché la costruzione della piramide che porta il suo nome sull'altopiano di Giza, la più alta con i suoi oltre 146 m e una base quadrata di oltre 230.



Djedefra e Chefren |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Chefren e Piramide di Chefren.

Successore diretto di Cheope sarebbe stato suo figlio Djedefra di cui si hanno scarse notizie se non riferimenti all'undicesimo anno di regno[N 47]. Con Djedefra fa la sua comparsa, nella titolatura regale, l'epiteto Sa-Ra, ovvero Figlio di Ra, e si assiste allo spostamento della necropoli a otto chilometri da Giza, ad Abu Rawash, spostamento che è stato interpretato[83] come riavvicinamento alle idee dei re della III dinastia da cui Djedefra riprese anche l'orientamento nord-sud del complesso tombale. Una tale condizione ha fatto supporre che tra Djedefra ed il suo successore Chefren si fosse aperta una rivalità culminata con l'eliminazione del primo[N 48].


È verosimile che Djedefra e Chefren fossero figli di differenti regine; una complessa situazione dinastica[84] avrebbe inoltre visto Djedefra opporsi ad un altro fratellastro, Djedefhor, che avrebbe sconfitto assumendo il trono[N 49]. Con Chefren si assiste, perciò, al ritorno del trono in una diversa linea di successione.


Si assiste così all'abbandono di Abu Rawash, al ritorno a Giza per la costruzione della piramide di Chefren, ma non sembrano evidenziabili soluzioni di continuità nella linea ideologica e religiosa intrapresa da Djedefra: Chefren, infatti, mantenne l'epiteto Figlio di Ra nella sua titolatura e proseguì nel percorso di affermazione del dio Atum iniziato dal predecessore cui si deve, peraltro, la prima sfinge di cui si abbia notizia rinvenuta nel complesso di Abu Rawash[85].


Sotto il profilo architettonico, Chefren è famoso per la piramide che porta oggi il suo nome[N 50] e per la Sfinge di Giza, una enorme statua[N 51] che rappresenta un volto umano, alto circa 4 m (verosimilmente quello stesso di Chefren), su un corpo di leone a simboleggiare il dio Harmakis-Khepri-Atum.



Djedefhor, Baka, Micerino e Shepseskaf |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Micerino e Piramide di Micerino.

Successore di Chefren sarebbe stato il fratello Djedefhor di cui si hanno scarse notizie se non un graffito nel Wadi Hammamat, risalente tuttavia alla XII dinastia, in cui figura come successore di Userib, ovvero il Nome di Horus di Chefren[86]. A questi sarebbe succeduto Baka, figlio di Djedefra, il cui nome compare nello stesso graffito del Wadi Hammamat nonché su una statua rinvenuta ad Abu Rawash.


Il trono sarebbe quindi stato assunto da Micerino[N 52], figlio di Chefren e della regina Khamerernebti I, costruttore della terza delle grandi piramidi di Giza[N 53]. Alla sua morte la piramide non era ancora ultimata e venne conclusa dal suo successore Shepseskaf, secondo in linea di successione al re essendo prematuramente scomparso l'erede designato. Shepseskaf ultimò la piramide paterna con pietre pregiate: granito nella parte inferiore e calcare fine nella parte superiore (anche se non rifinito) e riannodò i legami tra i due rami della famiglia sposando Khentkaus, figlia di Djedefhor[87].


Sotto il profilo politico-religioso Shepseskaf ruppe con i predecessori, dimostrando di volersi allontanare dalla concezione teologica eliopolitana: emanò infatti un decreto per salvaguardare le proprietà funerarie dei re precedenti, ma spostò nuovamente la necropoli a Saqqara facendovi qui costruire la sua tomba a forma di grande sarcofago. Gli successe Djedefptah e analogamente fu di rottura la scelta funeraria della regina madre Kentkaus; questa, infatti, si fece costruire due tombe, una a Giza e l'altra ad Abusir nei pressi della tomba del figlio[88].




Reperti musealizzati |


Le Oche di Meidum

Tra gli innumerevoli reperti del periodo musealizzati si segnalano:


Museo Egizio del Cairo:




  • Statua di Djoser, III dinastia, altezza 142 cm (cat. 49158). Rinvenuta nel complesso di Djoser a Saqqara, dal Servizio delle Antichità Egiziano, scavi del 1924-1925.

  • Intonaco dipinto “Oche di Meidum”, IV Dinastia (regno di Snefru), 27 x 172 cm (cat. JE 34571). Rinvenute da Auguste Mariette nel 1871 a Meidum mastaba di Nefermaat e Atet.


  • Statuetta di Cheope, IV dinastia, altezza 7,5 cm (cat. JE 36143). Rinvenuta ad Abido nel 1903 da Flinders Petrie.


  • Statua di Chefren in trono, IV dinastia, altezza 168 cm (ct. 10062 CG 14). Rinvenuta nel 1860 da Auguste Mariette nel tempio a valle della piramide del re a Giza.

  • 3 Triadi di Micerino [1, 2 e 3], IV dinastia, 1. altezza 93 cm (cat. JE 40678); 2. altezza 95,5 cm (cat. JE 46499); 3. altezza 92,5 (cat. JE 40679). Rinvenute nel 1908 da George Reisner nel tempio a valle della piramide del re a Giza.

  • Statua di Rahotep e Nofret, IV dinastia, altezza 122 cm (cat. CG 3 e 4). Rinvenuta nel 1871 da Auguste Mariette nella mastaba di Rahotep a Meidum.



Antico Regno: seconda fase (2500-2160 a.C. V e VI dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Antico Regno.


V dinastia |



Tabella “J”: V dinastia (2500-2340 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni e Miti di nascite divine nelle dinastie egizie.














































Tabella "J": principali re della V dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
2465 - 2458
Userkaf
2458 - 2446
Sahura
2446 - 2426
Neferirkara Kakai
2426 - 2419
Shepseskara
2419 - 2416
Neferefra
2416 - 2392
Niuserra
2396 - 2388
Menkauhor
2388 - 2356
Djedkara Isesi
2356 - 2323
Unis









«...Allora la Maestà di Ra, signore di Sakhebu[N 54][89], disse a Iside, a Nefti, a Meskhenet[N 55], a Heqet e a Khnum: "andate e liberate Redgedet dei tre figli che sono nel suo grembo... Allora Iside si pose davanti a lei, Nefti dietro a lei, e Heqet affrettò la nascita. Iside disse: "Non esser troppo possente nel suo grembo, in questo tuo nome di User(kha)f "... Heqet affrettò la nascita. Iside disse: "Non indugiare nel suo grembo, in questo tuo nome di Sahura "... Heqet affrettò la nascita. Iside disse: "Non essere tenebroso nel suo grembo, in questo tuo nome di Keku..."»


(estratto dal Papiro Westcar[90])

Così il Papiro Westcar[N 56] narra l'inizio mitico della V dinastia nominando i primi tre re: Userkaf, Sahura e Neferirkara Kakai che, di fatto, non risulta fossero gemelli, né fratelli tra loro. Quello che importa, tuttavia, non è tanto il legame di parentela tra i tre re, quanto il fatto che siano fatti nascere dalla moglie di un sacerdote del dio Ra il che indica la prosecuzione della concezione teologica iniziatasi sotto gli ultimi re della dinastia precedente. La contestuale nascita da un'unica madre, perciò, sarebbe da interpretare come una sorta di rafforzativo della precisa scelta teologica.


Mentre non sembrano evidenziarsi rivolgimenti politici giacché molti funzionari della precedente dinastia vennero confermati nei loro incarichi[91] l'ideologia religiosa viene ulteriormente rafforzata dal Nome di Horus prescelto da Userkaf, il primo re: Iry-Maat, ovvero Colui che ristabilisce Maat[92]. Poche sono le notizie sul regno di Userkaf (forse durato 7 anni secondo il Canone di Torino), ma a lui si deve la prima testimonianza nota di rapporti con le isole egee[N 57].



I Templi Solari |




Il tempio Solare di Niuserra ad Abu Gurab


Con Userkaf inizia la costruzione di templi solari nell'area compresa tra Abu Sir e Abu Gurab, tra Giza e Saqqara[N 58][93]. Particolare importanza, in campo artistico, acquistano tali edifici poiché, per la prima volta, appare una struttura che, come le piramidi, diverrà il simbolo più noto dell'antico Egitto: l'obelisco.


La struttura del tempio solare era costruita principalmente in mattoni (e per tale motivo molto scarse sono le tracce ancora esistenti) ed era sovrastata da un'alta costruzione avente alla sommità il Benben[N 59], ovvero la rappresentazione della collina primordiale emersa dal Nun.


Il complesso più famoso fu quello del sesto re della V dinastia, Niuserra-Setibtawy, ad Abu Gurab, il cui nome era Colui che allieta il cuore di Ra. La struttura tronco-piramidale su cui poggiava il Benben (così costituendo la forma sia pure non slanciata, di un obelisco) era alta oltre 36 m e poggiava, a sua volta, su una base quadrata alta circa 20 m raggiungendo, così, la considerevole altezza di circa 50. Le pareti, sia della base che dell'obelisco, erano ricoperte di calcare bianco e la sommità, così come quella poi di tutti gli obelischi successivi, compresi quelli monolitici del Nuovo Regno e delle stesse piramidi, era costituita da una struttura piramidale, il pyramidion, in pietra lucida (diorite o basalto nero) ricoperta di lamine di rame dorato, che doveva riflettere la luce solare o comunque stagliarsi nettamente contro l'azzurro del cielo. L'utilità degli obelischi più antichi del Basso Egitto era perciò, fondamentalmente, quella di elevare il più alto possibile proprio il Benben quale simbolo solare, tanto che l'obelisco stesso occupava di fatto il posto che nei templi più moderni sarà della cappella più interna, del sancta sanctorum.



Politica dinastica |


Oltre a campagne di guerra, specialmente riportate sui rilievi del tempio funerario di Sahura, si è a conoscenza di missioni commerciali a Biblo e nella Siria interna come attesterebbero gli orsi riportati nei rilievi dello stesso complesso funerario[94]. Allo stesso regno di Sahura sarebbe da ascriversi una missione commerciale nel Paese di Punt, missioni per il ripristino di cave di diorite ad Assuan e di sfruttamento di miniere nella Penisola del Sinai[95].


Scarse sono le informazioni sui regni dei successori; per quanto riguarda Neferirkara Kakai, diretto successore di Sahura, è degno di nota che, durante il suo regno, sarebbe stata compilata la Pietra di Palermo[96].


Durante il regno di Niuserra, figlio di Neferirkhara e costruttore del più famoso tempio solare ad Abu Gurab, i grandi funzionari provinciali ed i funzionari di corte cominciarono ad acquistare una certa autonomia iniziando il processo che, di lì a poco, porterà a minare l'autorità centrale[97].


Successore di Niuserra fu Djedkara Isesi che iniziò una politica di allontanamento dal culto heliopolitano, che era stato dei suoi predecessori, e pur scegliendo un nome Nebty, ovvero Signore dell'Alto e Basso Egitto, che faceva comunque riferimento a Ra, Stabile è il Kha di Ra, non fece costruire templi solari e si fece seppellire a Saqqara. Di lui sono note, come per Sahura, missioni commerciali nel Sinai, ad Abu Simbel, a Biblo e nella Terra di Punt. Proseguì, nel contempo, l'acquisizione di sempre maggior potere da parte dei funzionari di palazzo e dei governatori provinciali, fino a poter individuare un vero sistema di tipo feudale[98].


Con l'ultimo re della V dinastia, Unis, prosegue la proiezione estera delle politiche commerciali verso l'area siro-palestinese e nubiana.



VI dinastia |




Offertorio di Pepi I




Testi delle piramidi dalla tomba di Teti


Secondo alcuni studiosi, la fine della V dinastia coinciderebbe con la fine dell'epoca classica dell'Antico Regno poiché si considera la VI Dinastia l'inizio della decadenza che porterà al Primo Periodo Intermedio e alla successiva riunificazione delle Due Terre sotto Mentuhotep II. Altri[99] sottolineano come la rottura di cui sopra non sia di fatto stata percepita dalla storiografia poiché proseguono rapporti commerciali con le terre viciniori e non sembra di potersi individuare una cesura così importante nella linea politica che aveva caratterizzato la dinastia precedente.



Tabella “K”: VI dinastia (2340-2160 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.






































Tabella "K": principali re della VI dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
2323 - 2291
Teti
2291 - 2289
Userkara
2289 - 2255
Pepi I
2255 - 2246
Merenra
2246 - 2152
Pepi II
non note
Merenra II
non note
Nitocris



Gli inizi della dinastia: Teti, Userkara e Pepi I |


È verosimile che la V dinastia si sia conclusa senza eredi maschi: al trono, infatti salirà Teti che acquisterà diritto al governo per aver sposato Iput, figlia di Unis. È altrettanto verosimile che la situazione di tipo feudale iniziatasi con la fine della dinastia precedente avesse innescato una minor adesione a quelle che erano le politiche centralizzate e, in tal senso, deve intendersi la scelta, come “Nome di Horus”, di Seheteptaui, ovvero “Colui che pacifica le Due Terre”[N 60] significativo del suo programma politico[100]. La politica di pacificazione di Teti ebbe buoni risultati; oltre a proseguire nella linea di politica internazionale che aveva caratterizzato le precedenti dinastie (con Biblo, la Nubia, la terra di Punt) egli è noto anche come legislatore (suo è un decreto che esenta il tempio di Abido dal pagamento delle imposte). Sotto il profilo religioso, Teti si avvicina al culto delle dea Hathor di Dendera, nel medio Egitto, allontanandosi, perciò dal delta nilotico e dal culto heliopolitano.


Il regno potrebbe essere durato dai 9 ai 12 anni[N 61], giacché la data più recente che lo riguarda fa riferimento al “sesto censimento” del bestiame, operazione che aveva luogo normalmente ogni due anni oppure ogni anno e mezzo[101]. Secondo Manetone Teti sarebbe stato assassinato, notizia sintomatica, comunque, di un periodo di turbolenze e di instabilità politica che appare confermato dal breve regno del suo successore, Userkara il cui nome di Horus, “Potente è il Kha di Ra”, sarebbe stato interpretato come un tentativo di ritorno alle antiche tradizioni solari[N 62].


Il passaggio tuttavia al regno di Pepi I, figlio di Teti, sembra essere avvenuto senza ulteriori disordini e si ritiene anzi che Iput, vedova di Teti, possa aver regnato per un certo tempo in nome del figlio troppo giovane per assumere il trono[102].


Pepi I regnò per almeno 40 anni[N 63] ed anche in questo caso è sintomatico il nome di Horus assunto, “Colui che è amato dalla Due Terre”, che fa supporre una sua precisa volontà di pacificare le fazioni avverse[N 64]. Nell'anno del “ventunesimo censimento”, Pepi sposò, la figlia di un nobile di Abido, Khui, sancendo così una sorta di alleanza con famiglie potenti del Medio e dell'Alto Egitto[103]. A conferma di una volontà di riallacciare la famiglia reale alle antiche usanze, gli imponenti lavori nel sud del Paese, a Dendera, ad Abido, a Ieracompoli (quest'ultima città d'origine delle prime dinastie), a Elefantina, ed il cambio del proprio prenome, o “nome di incoronazione”, da Nefersahor in Merira, ovvero “il Devoto di Ra”.


Il nome della sua piramide a Saqqara, Men-Nefer, ovvero “il Monumento Perfetto”, a partire dalla XVIII dinastia verrà esteso alla vicina città che i greci interpreteranno, poi, come Menfi[104].



Espansione verso il sud |


Il successore di Pepi I, Merenra I, sottolineerà ulteriormente i legami con l'Alto Egitto assumendo come nome di incoronazione “Antiesmaf”, ovvero Anti è la sua protezione[N 65]. Merenra proseguì nella politica estera commerciale iniziata da Pepi I e nominò Uni, alto funzionario che aveva eseguito per Pepi indagini in un caso di congiura, governatore dell'Alto Egitto. Lo stesso Uni, nominato comandante dell'esercito, porterà positivi risultati anche da campagne di guerra nell'area siro-palestinese: questo esercito ritornò in pace dopo aver raso al suolo il paese degli Aamu-che abitano-la sabbia[105]. Anche all'interno del paese Merenra I riuscì a rendere sicure le vie carovaniere verso il sud e la Nubia grazie all'opera di Horkuef, governatore di Elefantina[106].


Morto prematuramente, probabilmente dopo circa 9 anni di regno, gli successe Pepi II che governò le Due Terre, secondo la tradizione, per 94 anni e, del resto, la data più bassa del suo regno a noi nota indica l'anno XXXVI del censimento (non è noto se biennale o ogni anno e mezzo)[107]. È certo, in ogni caso, che il suo regno fu lunghissimo, forse troppo rispetto al crescente potere dei governanti locali, causando una sclerotizzazione degli ingranaggi amministrativi e problemi di successione che vedono, alla sua morte, salire al trono un effimero re Merenra II, che avrebbe regnato forse meno di un anno e di cui non si hanno notizie[108].


Avrebbe sposato la regina Nitocris che gli successe sul trono come regnante autonoma; ma del suo regno non si hanno informazioni né evidenze archeologiche[109]



Primo Periodo Intermedio (2160-2055 a.C. VII-VIII-IX-X dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Primo periodo intermedio.








«Il portinaio dice: "andiamo e devastiamo" [...] il lavandaio si rifiuta di portare il suo carico [...] gli uccellatori si sono disposti in ordine di battaglia [...] un uomo guarda suo figlio come suo nemico [...] il Nilo trabocca, ma non c'è chi ari per lui; ognuno dice: "non sappiamo cosa sarà del Paese" [...] le donne sono sterili [...] i poveri sono diventati padroni di ricchezze, chi non poteva farsi i sandali è ora padrone di tesori [...] le città sono distrutte e l'Alto Egitto è diventato arido e deserto [...] i coccodrilli sono satolli con ciò che hanno catturato e la gente va a loro volontariamente [...].»


(Da "Le lamentazioni di Ipu-Wer"[N 66][110])



Modello di abitazione rinvenuto in una tomba del Primi Periodo Intermedio


La situazione politica che si era delineata durante la V e la VI dinastia, aggravata dal lungo regno di Pepi II, dal sistema feudale instauratosi con la sempre maggiore autonomia dei governatori locali, e dalle congiure di Palazzo, giunge al suo apice in un periodo di turbolenze, rivolte, sopraffazioni, che va sotto il nome di Primo Periodo Intermedio e che ben può essere compendiato dal testo delle "Lamentazioni di Ipu-Wer"[111][112] risalente, come trascrizione, al Nuovo Regno, ma che fa riferimento al periodo immediatamente successivo all'Antico Regno conclusosi, appunto, con la VI dinastia.









«Si sono prodotti degli avvenimenti che non erano mai esistiti dalla notte dei tempi: il re è stato rovesciato dalla plebe, colui che era stato sepolto dome Falco, è stato strappato dal sarcofago [...] siamo arrivati al punto che un pugno di persone, che non capivano nulla del modo di governare, ha spogliato il Paese della sua regalità»


(da "Le lamentazioni di Ipu-Wer"[113])

È, tuttavia, cronologicamente difficile individuare un momento di inizio del Primo Periodo Intermedio se esso sia, cioè, individuabile nella lenta decadenza dell'autorità regale iniziata durante il lungo regno di Pepi II, o se sia imputabile alla disgregazione nel momento della successione di Nitocris. Secondo alcune teorie[114] potrebbe essersi trattato anche della concomitanza di eventi politici con un periodo climatico di tipo saheliano[115] che avrebbe causato lunghe carestie, aggravate dall'assenza di un'amministrazione centrale in grado di imporre ai governanti locali anche il mantenimento efficiente dei canali di irrigazione, indispensabili per la corretta distribuzione delle acque dell'inondazione nilotica. Tale ipotesi, peraltro, verrebbe confermata dal fatto che i maggiori disagi e disordini, si sarebbero avuti proprio nella valle del Nilo mentre città da esso lontane (come Balat e la sua necropoli, nell'oasi di Dakhla) non mostrano segni di interruzione della comune vita, né di aver subito distruzioni[116].


Non esiste, peraltro, traccia di contatti politici o commerciali con i Paesi viciniori ed anzi si ha notizia, nell'VIII dinastia, di invasioni delle aree di confine da parte degli "Abitanti-delle-sabbie"[117].


Difficile si presenta anche la stesura di un elenco dei re poiché si ha sovrapposizione di dinastie instaurate, fondamentalmente, dai capi dei nomi locali che si autoproclamano re. Tale il disordine, che Manetone nella sua opera riferirà,a proposito della VII e VIII dinastia, che si trattò di 70 re di Menfi che regnarono 70 giorni a voler sottolineare l'effimera durata di tali regni.



Tabella “L”: VII e VIII dinastia (2150 - 2135 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.

È difficile individuare i re della VII e VIII dinastia; unico di cui si ha traccia certa è Kakaura, Qakara Aba secondo il Canone di Torino, che avrebbe regnato due anni; la sua tomba, peraltro, si trova a Saqqara, non lontana dalla piramide di Pepi II. L'area del delta nilotico, il Basso Egitto, era occupata da quelli che vengono indicati genericamente come "asiatici" ed i re dell'VIII dinastia focalizzarono il proprio potere solo sulla città di Menfi; nell'Alto Egitto, Tebe non era ancora la capitale, anche se i principi locali stavano gettando le basi per un futuro regno, e nel Medio Egitto, protetto dalle invasioni degli asiatici da nord e dei nubiani da sud, cominciava a farsi strada una dinastia di principi della città di Henet-Nesut, ovvero Eracleopoli[118]. Il fatto, tuttavia, che molti re abbiano scelto come nome Neferkara, ovvero il nome di incoronazione di Pepi II, ha fatto ipotizzare un legame parentale, o ideologico, con il vecchio sovrano, legame che è stato particolarmente confermato per Neferkara Pepiseneb, ritenuto nipote per il richiamo stesso, nel nome, al sovrano della VI dinastia.















































































Tabella "L": principali re della VII e VIII dinastia
Dinastia Principali Re
-
Netjerkara
-
Menkara
-
Neferkara II
-
Neferkara Nebi
-
Djedkara Shemai
-
Neferkara Khendu
-
Merenhor
-
Neferkamin
-
Nikara
-
Neferkara Tereru
-
Neferkahor
forse nipote di Pepi II
Neferkara Pepiseneb
-
Sneferka Aanu
VIII
(unico menzionato dal Canone di Torino)

Kakaura (Qakara Aba)
-
Neferkaura
-
Neferkauhor Khu Hepu
-
Neferirkara



Tabella “M”: IX e X dinastia (2135 - 2040 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.

Ancora più problematico, e quasi impossibile, realizzare una tabella che compendi i re della IX e X dinastia che regnarono da Henet-Nesut, Capitale del XX nomo dell'Alto Egitto, la greca Eracleopoli, giacché se ne hanno pochi o nulli riferimenti e notizie. I nomi dei primi re della IX (Meryibre Kheti I, Neferkara VII e Nebkaura Kheti II), accreditata di circa 30 anni complessivi di regno, dato l'evidente riferimento al dio Ra hanno fatto supporre che si sentissero ancora legati alle dinastie menfite[119], cosa peraltro confermata dalle tombe di alcuni di loro nella necropoli di Saqqara.


La X dinastia, ancora eracleopolitana e la cui durata è stimata in circa 100 anni, venne fondata da Neferkara (Meryhathor) il cui nome ancora una volta, tuttavia, richiama il culto del dio Ra. Verso la fine della X dinastia, tuttavia, la famiglia del visir Shemai iniziò una serie di alleanze con i principi tebani che divenne particolarmente importante al momento del confronto tra Eracleopoli e Tebe[N 67][120].



















































Tabella "M": principali re della IX e X dinastia
Dinastia Principali Re
IX din. Meryibre Kheti I
IX din.
Neferkara VII
IX din. Nebkaura Kheti II
IX din.
Setut (Senenh)
IX din.
Mery
IX din.
Shed
X din.
Meryhathor
X din.
Neferkare VIII
X din.
Wahkare Khety
X din.
Merykare



Medio Regno (2055-1790 a.C. XI-XII dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Medio Regno.

Se difficile è individuare un momento iniziale del Primo Periodo Intermedio, altrettanto difficile è individuarne la fine che, aldilà dell'ascesa al trono di Antef I come sovrano riconosciuto della XI dinastia, viene tuttavia accreditata al successore di costui, Mentuhotep II[N 68][121]. A conferma di tale stato di indecisione dinastica, si consideri che secondo alcuni studiosi anche l'XI rientrerebbe tra le dinastie del Primo Periodo Intermedio poiché solo verso la fine, con Mentuhotep II, si giunge ad una nuova unificazione del Paese che giustificherebbe l'assegnazione del titolo di re dell'Egitto.



XI dinastia |



Tabella "N": XI dinastia (2160 - 1994 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.




Statua osiriforme di Mentuhotep II. Museo egizio del Cairo.




Il tempio di Mentuhotep II a Deir el-Bahari.


La sovrapposizione delle date con la X dinastia deriva dalla contemporaneità di regno in aree diverse del paese non più unificato; la X è infatti una dinastia eracleopolitana, mentre la nascente XI dinastia è dell'area tebana.



































Tabella "N": principali re della XI dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
2160 - 2123
Antef I e Mentuhotep I (principi tebani)
2123 - 2073
Antef II (principe tebano)
2073 - 2065
Antef III (principe tebano)
2065 - 2014
Mentuhotep II
(riunificazione delle Due Terre)
2014 - 2001
Mentuhotep III
2001 - 1994
Mentuhotep IV



Mentuhotep II e il Rinascimento egizio |


Salito al trono intorno al 2065 a.C. ancora come principe tebano, Mentuhotep II sceglie come nome di incoronazione "Colui che vivifica le Due Terre" (Seankhibtaui), ma il suo regno non comprende ancora l'intero Paese e si estende dalla Prima Cataratta del Nilo, ad Assuan al X nomo[N 69] mentre a nord regnano ancora i principi di Assiut[N 70][122]. A seguito di una campagna militare Mentuhotep conquistò Assiut determinando così la caduta della dinastia eracleopolitana e ottenendo la proclamazione come re delle Due Terre anche se, effettivamente, anche in questo caso l'unione non era ancora completata; assunse intanto il nome di Nebhepetra e mantenne comunque il legame con la terra d'origine, l'Alto Egitto, giacché assunse, come nome di Horus, "Divina è la Corona Bianca" (Neceryheget). Ridusse Eracleopoli al rango di nomo, imponendo suoi controllori tebani, spostò la capitale a Tebe, istituì la carica di "Governatore del Nord" e proseguì la sua lunga azione riunificatrice, fino all'anno trentanovesimo di regno, quando, occupata anche l'area del delta nilotico, assunse come nuovo nome di Horus "Colui che ha unificato le Due Terre" (Semataui).


In politica estera, Mentuhotep II si ricollegò a quanto raggiunto in epoca menfita conducendo spedizioni verso la Libia e nel Sinai; in Nubia, che tuttavia restò indipendente, ristabilì la posizione che l'Egitto aveva alla fine della VI dinastia riprendendo lo sfruttamento delle miniere e garantendo la sicurezza delle vie carovaniere; furono così garantite le frontiere dell'Egitto e i confini del regno si spostarono ancora più a sud, fino alla Seconda Cataratta[123].


Anche in campo edilizio, la politica di Mentuhotep II comportò una notevole ripresa: terminò lavori di restauro intrapresi da Antef I nei templi di Hekaib e Satet, a Elefantina; fece erigere costruzioni a Deir el-Ballas, Dendera, Nekheb; nel tempio di Hathor a Gebelein fece realizzare un rilievo rappresentante la sottomissione del Basso Egitto; ad Abido ampliò il tempio di Osiride e abbellì i templi di Montu (da cui derivava peraltro il suo nome teoforo) ed altri a Tod ed Ermant. Ma il suo edificio più famoso e fastoso fu il tempio funerario nella piana di Deir el-Bahari, primo di una serie che verrà, nella XVIII dinastia, affiancato da quelli di Hatshepsut[N 71][N 72] e Thutmose III[124]. Tale fu la produzione edilizia a lui ascrivibile, che il regno di Mentuhotep II verrà anche designato come del "Rinascimento egizio"[125].



Da Mentuhotep III alla fine della dinastia |


L'attività edificatoria di Mentuhotep II venne proseguita dal secondogenito, Mentuhotep III, che gli successe sul trono dopo 51 anni di regno. Nuovi edifici sacri sorsero a Tebe, Abido, Ermant, Tod, Elefantina, El-Khab. Sotto il profilo internazionale, Mentuhotep III rafforzò la posizione della dinastia tebana nel Basso Egitto e fece costruire un sistema di fortificazioni per proteggere il paese da invasioni di "asiatici" nell'area sinaitica; al sud, verso la Nubia, inviò un contingente di 3.000 uomini che svolse attività militare e commerciale anche verso il Paese di Punt da cui furono riportati carichi di gomma arabica[126]. Nello stesso anno ottavo di regno, tuttavia[N 73] si verificarono disordini ed una carestia colpì l'area tebana. Alla morte di Mentuhotep III, nell'anno dodicesimo di regno, la situazione socio-politica doveva essere ancora confusa giacché il Canone di Torino indica "sette anni vuoti"[127] corrispondenti, di fatto, al regno di Mentuhotep IV le cui uniche tracce sono ricavabili da un graffito nello Uadi Hammamat, ove inviò una missione di 1.000 uomini, capeggiata dal visir Amenemhat, per l'estrazione di sarcofagi e scavare pozzi nel deserto orientale[128].



XII dinastia |


L'XI dinastia si conclude con una situazione socio-politica confusa su cui si innesta, apparentemente tuttavia senza traumi politici, la XII dinastia che, sostanzialmente, proseguirà nella linea tracciata dai precedenti regnanti.



Tabella "O": XII dinastia (1994 - 1785 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.










































Tabella "O": principali re della XII dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
1994 - 1964
Amenemhat I
1974 - 1929
Sesostri I
1932 - 1898
Amenemhat II
1900 - 1881
Sesostri II
1881 - 1842
Sesostri III
1842 - 1794
Amenemhat III
1798 - 1785
Amenemhat IV
1785 - 1781
Nefrusobek



Amenemhat I e l'inizio della dinastia |




Il complesso piramidale di Amenemhat a Lisht


La XI dinastia si era conclusa con una spedizione, ordinata da Mentuhotep IV, capeggiata dal visir Amenemhat e costui si ritiene possa essere il primo re della successiva XII dinastia, tesi avvalorata dal nome di Horus assunto da Amenemhat I, "Colui che rinnova le nascite" (Uhem-Setaui)[N 74][129]. Si è tuttavia a conoscenza di altri due pretendenti al trono: Antef, di cui si hanno scarse notizie, e Sergeseni dalla Nubia contro cui Amenemhat dovette lottare nei suoi primi anni di regno. Sintomatici appaiono il nome di incoronazione scelto "Colui che rende soddisfatto il cuore di Ra" (Sehetepibra) che, affiancato al nome proprio, Amenemhat, ovvero "Amon è alla testa", sembrano un vero manifesto politico giacché proprio sotto tale sovrano si giungerà alla fase iniziale che porterà successivamente alla fusione sincretica delle due divinità nell'unica Amon-Ra[130].


Che l'ascesa al trono di Amenemhat I non sia avvenuta per discendenza, appare inoltre evidenziato dal ricorso, come era già avvenuto per la V dinastia (Papiro Westcar), ad un espediente letterario che ne sancisca profeticamente il diritto al trono. Si tratta della "Profezia di Neferti"[N 75] il cui racconto, proprio per ricollegarsi al precedente letterario, è ambientato alla Corte del re Snefru, fondatore della IV dinastia cui viene profetizzata la nascita di un re, "Ameny" (abbreviazione di Amenemhat) che, dopo un periodo cupo alla fine della XI dinastia, riporterà ordine e prosperità nel Paese[131].









«(dopo aver evocato situazioni alquanto cupe del Paese, Neferti aggiunge)[...]Come sarà questo Paese? Il disco solare sarà coperto e non brillerà sicché gli uomini possano vedere [...] i fiumi d'Egitto saranno secchi e si potrà attraversare l'acqua a piedi [...] Un uccello straniero deporrà le uova nelle paludi del Delta [...] ma ecco che un re sorgerà nel sud, Ameny[N 76] giustificato[N 77], figlio di una donna di Taseti[N 78], un figlio di Khen-Nekhen[N 79], riceverà la corona bianca e porterà la corona rossa, unirà le due Potenti[N 80] e i due Signori[N 81] con ciò che desidera [...] rallegratevi uomini del suo tempo.»


(da "La profezia di Neferti"[132])

.


Si legittimava in tal modo, peraltro, il passaggio dei poteri da una monarchia del nord, di Eliopoli, ad una del sud, di Tebe e purtuttavia non fu questa la città scelta come capitale del nuovo regno unito giacché, a circa 60 km dall'attuale Cairo, fondò la sua capitale Imenemhat-Ity-Tawy, ovvero "Amenemhat ha conquistato le Due Terre", l'attuale El-Lisht, ove costruì anche la sua piramide[133].


Nell'anno ventesimo di regno Amenemhat I avrebbe instaurato quella che doveva poi essere una costante in molti periodi dell'antico Egitto: innalzare al livello di co-reggenza il proprio successore. Nel caso si sarebbe trattato del figlio Sesostri[134], anche se tale posizione sarebbe confutata almeno da un testo, "Gli insegnamenti di Amenemhat a suo figlio Sesostri"[135].



Sesostri I e la letteratura del periodo |




Scultura raffigurante il faraone Sesostri I




La cappella di Sesostri I ricostruita negli anni '20 del '900


Assegnatogli il comando dell'esercito, Sesostri avrebbe capeggiato almeno due campagne di guerra, nell'anno ventitreesimo e nell'anno ventinovesimo di regno del padre[136], ma al ritorno da una di queste oltre lo Wādī al-Natrūn[N 82] nel Paese scoppiò una grave crisi. Intorno alla metà di febbraio del 1962 a.C., infatti, il re Amenemhat I venne assassinato in un complotto ordito all'interno del suo harem; ce ne danno menzione proprio "Gli insegnamenti di Amenemhat a suo figlio Sesostri" che, indirettamente, confutano proprio l'ipotesi di una co-reggenza tra i due[N 83].









«Vedi, l'assassinio è stato preparato quando ero senza di te, prima che la Corte apprendesse la notizia della tua investitura, prima che sedessimo insieme sul trono. Se potessi ancora sistemare le questioni che ti riguardano, ma non avevo preparato nulla; non mi aspettavo un simile evento.»


(da "Gli insegnamenti di Amenemhat"[137])

Un altro, indiretto, riferimento alla congiura che portò alla uccisione di Amenemhat ci proviene, inoltre, da quello che è forse il testo più famoso dell'antico Egitto, pervenutoci in varie centinaia di copie[N 84], "Il racconto di Sinuhe"[138][N 85]. Sinuhe, funzionario dell'harem reale, si trova lontano dalla Corte, al seguito di Sesostri per una campagna in Libia, quando giunge notizia dell'omicidio del re Amenemhat I. Sorpreso dall'evento ed impaurito per un eventuale coinvolgimento nella congiura, Sinuhe fugge e raggiunge la Siria ove viene accolto da un capo locale che lo adotta come figlio e di cui diviene poi il successore. Prossimo alla fine della vita chiede al re d'Egitto, Sesostri I, di poter rivedere il proprio Paese richiesta che viene accettata. Aldilà del racconto in sé, ritenuto comunque storicamente come una biografia autentica, anche in questo caso l'intento è propagandistico della benevolenza e della magnanimità del sovrano[139].









«Ra ha fatto sì che il timore di Te regni in Egitto e il terrore di Te in ogni Paese straniero [...] perché il sole si leva secondo la Tua volontà, e si beve l'acqua dei fiumi solo quando Tu lo vuoi e l'aria del cielo si respira quando Tu lo dici»


(da "Il racconto di Sinhue"[140])

La successione di Sesostri I avvenne, tuttavia, senza disordini e il suo lungo regno, durato 45 anni, fu tranquillo e prospero. Sotto il profilo edilizio, Sesostri proseguì nell'azione del padre[141]: suoi edifici vennero eretti in 35 siti; fece costruire la sua piramide a Lisht, nei pressi di quella paterna; ricostruì il tempio di Ra ad Eliopoli ove, nell'anno trentesimo di regno, fece inoltre erigere una coppia di obelischi[N 86]; eresse una cappella a Karnak[N 87] e a lui si dovrebbe il nucleo originale del Complesso templare di Karnak dedicato al dio Amon[N 88].


Grande fu la produzione letteraria del periodo, lingua e letteratura raggiunsero la perfezione[N 89] tanto che si fa riferimento al "classicismo" della XII dinastia. Oltre ai già citati "Racconto di Sinhue", "Profezia di Neferti" e "Insegnamenti di Amenemhat", vengono prodotti, in questo periodo, il racconto "L'oasita eloquente", la "Kemit" (ossia "La Somma") raccolta di insegnamenti sapienziali che riecheggia, nel titolo, il nome stesso del Paese (Kemet), "La satira dei mestieri" composta dallo scriba Khety, figlio di Duauf (giuntoci in centinaia di esemplari), "L'insegnamento lealista", "Le istruzioni di un uomo al proprio figlio", "Le istruzioni al visir", "Il racconto del naufrago" (ispirato alle spedizioni verso il Paese di Punt). È questo, inoltre, il periodo in cui nascono i principali racconti mitologici come la "Leggenda della distruzione dell'Umanità" da parte della dea Sekhmet, o "La Disputa tra Horo e Seth" o "Il dialogo del disperato con la sua anima"[142].














A1 p w wn inpw x w n A1
r
n
f


S pw, wn Ḫw-n-Inpw rn=f


C'era un uomo, il cui nome era Khueninpu[143].




Da Amenemhat II a Nefrusobek |




Sfinge in granito rosa di Amenemhat II, poi usurpata da Merenptah (XX dinastia) e successivamente da Sheshonq I (XXII dinastia)




Statua in granito nero di Sesostri III


Dopo una breve coreggenza di due anni, Amenemhat II successe a Sesostri I; il suo regno, pacifico e prospero, durò 30 anni e fu caratterizzato da una politica estera molto proficua. Presenza egizia è attestata a Ugarit, Qatna e Megiddo, nel Vicino Oriente, mentre nel deposito di fondazione[N 90] del tempio di Montu a Tod vennero rinvenute casse contenenti un tributo siriano in vasi d'argento[N 91], nonché amuleti e lapislazzuli dalla Mesopotamia; legami commerciali dovevano esistere anche con le isole egee, come attestato da ceramiche minoiche rinvenute ad Illahun e ad Abido, mentre a Mallia, sull'isola di Creta, venne rinvenuta una sfinge in terracotta che, sebbene prodotta in loco, presenta caratteristiche proprie della civiltà egizia[N 92][144]. Altro manufatto sintomatico di un transfer culturale tra le due civiltà, egizia e minoica, in questo periodo è un vaso in barbottina rappresentante un gatto[N 93], il che ha fatto supporre che esistesse, a Creta, un culto collegabile, o quanto meno pari, a quello egizio della dea Bastet[145].
Si è inoltre a conoscenza, ma non ne sono state ancora trovate tracce archeologiche, di un tempio edificato durante la XII dinastia, ma dedicato al culto del re Snefru, della IV, nell'area dell'odierna Ankara, in Turchia[146], ed è inoltre noto, dai dipinti parietali della sua tomba a Beni Hasan, che Khnumhotep, nomarca dell'Orice[N 94] abbia ricevuto una delegazione Hyksos. Tale fu l'influenza egizia verso l'area di Biblo che quei capi si attribuirono, in questo periodo, titoli egizii e scrivevano testi in geroglifico[147].


Dopo un periodo di coreggenza di circa cinque anni, salì al trono Sesostri II che intraprese la bonifica dell'area paludosa del Fayyum canalizzando il Bahr Yussef e costruendo una diga a Illahun[148].





Amenemhat III con Corona bianca (AEIN 924), Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen.


Successore diretto del II Sesostri fu Sesostri III, considerato il più grande e potente re della XII dinastia, che proseguì l'azione dell'avo Sesostri I, mirante a limitare il potere dei nomarchi, abolendo la carica e sottoponendo l'intero Paese direttamente ad un visir che si avvaleva di tre "uaret", ovvero ministeri: uno per il Basso, uno per l'Alto Egitto e il terzo per la "Testa del sud", ovvero Elefantina e la Nubia. Ogni ministero era diretto da un responsabile affiancato da un consiglio (djadjat) che trasmetteva gli ordini ai funzionari i quali, a loro volta, li rendevano esecutivi mediante gli scribi. Ne conseguì la perdita d'influenza della nobiltà locale e l'ascesa della classe media[149]. In politica estera Sesostri III consolidò il potere dell'Egitto in Nubia[N 95] facendo inoltre costruire al confine, sulle sponde del Nilo, le fortezze contrapposte di Semna e Kumna (detta anche Semna orientale) che rinforzò con altri otto fortilizi scaglionati tra Semna e Buhen; si è a conoscenza di un'unica campagna nell'area siro-palestinese, verso Sichem ed il fiume Litani in Libano, ma il rinvenimento di vari testi di esecrazione ha consentito di individuare le popolazioni contro cui l'esercito egizio si confrontò tra cui, principalmente: Ūrshalīm, Biblo, Sichem e Askalon[150].


Salito al trono Amenemhat III, successore di Sesostri III, governò per circa 45 anni e portò a termine la bonifica del Fayyum iniziata da Sesostri II. Gli imponenti lavori costrinsero a spostare la necropoli voluta da Amenemhat II, da Dashur a Illahun e, onde garantire la necessaria manutenzione alle strutture ed ai complessi funerari, qui sorse quello che viene considerato il primo insediamento urbano pianificato di cui si abbia storicamente conoscenza[151]: il villaggio operaio di Kahun[N 96].
L'ampliamento delle aree coltivabili, la prosperità, la forte attività economica e la consistente attività edilizia, la politica estera di cooperazione con i paesi limitrofi del regno di Amenemhat, comportò un notevole afflusso di mano d'opera straniera, specie orientale, formata da contadini, artigiani, soldati[152].


I lunghi regni di Sesostri III e Amenemhat III lasciarono in eredità al successore di quest'ultimo, Amenemhat IV, un regno certamente prospero, ma gravato da quelle stesse situazioni di tensione e confusione che avevano caratterizzato la fine dell'Antico Regno e l'avvento del Primo Periodo Intermedio. Il regno di Amnemhat IV durerà forse meno di dieci anni; gli succederà, come peraltro avvenuto con la VI dinastia, la regina Nefrusobek (Bellezza di Sobek), forse sorella e sposa del re, che per prima assumerà il titolo di "faraone femmina"[153]. Il suo regno, conclusosi forse in maniera violenta (ma non esistono prove nel senso), durò meno di tre anni ed al trono salì Sekhemra-Khutawy[154], che però il Canone di Torino accredita come sedicesimo re della XIII dinastia, la cui successione sembra essere avvenuta in maniera non traumatica, forse per discendenza o matrimonio.



Secondo Periodo Intermedio (1790-1540 a.C. XIII-XIV-XV-XVI-XVII dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Secondo periodo intermedio.



Tavola di offerte del funzionario Sempi, da Abido (XIV dinastia)


Con la fine della XII dinastia si delinea una situazione che sembra riecheggiare quella già vista alla fine della VI: i lunghi regni di Sesostri III e Amenemhat III, il regno breve del IV Amenemhat con la brevissima parentesi di Nefrusobek (per un complessivo di oltre 100 anni), il continuo, costante e pacifico afflusso di mano d'opera dalle aree asiatiche (specie sotto Amenemhat III) fecero sì che, nel nord del Paese, si impiantassero popolazioni che tenderanno ad unirsi per occupare il territorio a disposizione con l'instaurazione di governi locali di tipo feudale; ne conseguì un indebolimento del potere centrale ed un nuovo frazionamento del paese in cui il potere reale si concentrò specialmente nell'Alto Egitto[155].


Come già per il Primo, è difficile individuare un momento esatto di inizio del Secondo Periodo Intermedio che solo come data di comodo viene fatto iniziare con la caduta di Nefrusobek e la fine della XII dinastia. La XIII dinastia governerà da sola il Paese per un certo periodo prima di entrare in contrasto con i principi di Sais e Avaris, nel delta nilotico che costituiranno le concomitanti XV e XVI dinastia dette "dinastie Hyksos". In tale situazione di caos politico si innesta una XIV dinastia nel nord del Paese, verosimilmente parallela alla XIII alla quale sopravvisse.



XIII-XIV dinastia |


Primo sovrano della XIII dinastia, nel 1785 a.C. circa, potrebbe essere stato Sekhemra-Khutawy[156] (che però il canone di Torino indica come sedicesimo re della dinastia), ma l'ordine di successione è tutt'altro che chiaro. Le liste indicano, per questa dinastia più di 50 re per un periodo complessivo di circa 150 anni tanto che si è ritenuto[157] che si trattasse di carica elettiva. L'attività reale gravitò specialmente nell'area tebana, ma la capitale restò a Imenemhat-Ity-Tawy, nel I nomo del Basso Egitto, a poca distanza da Menfi, fino almeno al 1674 a.C.[158]. Durante tale dinastia non sembrano potersi evidenziare situazioni di instabilità interna del Paese e anche le relazioni internazionali continuarono ad essere di prestigio per l'Egitto tanto che, tra le rovine di Ebla, in Siria, venne rinvenuta negli anni '60 del '900, una mazza da guerra intestata ad Hotepibre Hornedjehiryotef sa Kemau (ovvero Hotepibre Figlio dell'Asiatico)[N 97][159].


Contemporaneamente, e parallelamente, alla XIII dinastia, avrebbe regnato una XIV dinastia, originaria del Basso Egitto[N 98] che si sarebbe sostituita alla XIII intorno al 1635 a.C., ma che le sarebbe sopravvissuta, tuttavia, solo un paio di generazioni[160]. Contestualmente alla scomparsa della XIII, nel 1633 a.C., regnante Wadjekha-Dedumesiu I, da un suo ramo sarebbe stata fondata una dinastia di principi tebani che si trasformerà poi, successivamente, nella XVII dinastia[161].



XV e XVI dinastia: gli Hyksos (1650-1550 a.C.) |


Il lento, ma continuo, costante e pacifico, afflusso di mano d'opera straniera, specialmente asiatica, nell'area del delta comportò la nascita di territori autonomi dal governo egizio. Tali popolazioni venenro indicate con il termine "Heqau-Khasut", ovvero "Capi dei paesi stranieri", successivamente grecizzato in Hyksos. Tale terminologia, tuttavia, non indica una etnia particolare, o una provenienza specifica giacché, fin dall'Antico Regno, con tale termine venivano indicati genericamente tutti gli stranieri, provenissero dalla Nubia o dall'area siro-palestinese[162]. Si ritiene, nel caso specifico, che con il termine Hyksos siano tuttavia identificate popolazioni di provenienza asiatica con cui l'Egitto si era più volte scontrata nel corso della storia: Aamu, Secetiu, Menciu e Retenu[163]. Non si hanno evidenze storiche o archeologiche di invasioni nel senso militare del termine e il loro progressivo installarsi nella aree del nord sembra invece essere stato, almeno nelle fasi iniziali, bene accetto dalle popolazioni locali[N 99]. Prima città, e successivamente capitale, delle dinastie Hyksos fu Khutwaret, la greca Avaris, l'odierna Tell el-Dab'a, nel delta nilotico.


Nel complesso la XV e la XVI dinastia Hyksos governeranno l'area del Basso Egitto per un periodo di circa 150-200 anni[N 100]; a dimostrazione della pacifica occupazione dei posti di potere reale nel Basso Egitto, si consideri che i re Hyksos adottarono la scrittura geroglifica per la trascrizione dei loro nomi, mantennero la titolatura regale egizia completa, compreso il titolo Sa-Ra, ovvero "figlio di Ra", si avvalsero di funzionari egizi già al servizio nei nomi sotto il loro dominio, adorarono gli stessi dei locali prescegliendo solo, come dio dinastico, Seth[N 101] ed inserendo nel pantheon egizio il culto di Anat[N 102] e Astarte.


Sotto il profilo storiografico e di valutazione delle prove archeo-storiche, la presenza Hyksos fu, tuttavia, meno nefasta di quanto suggerito dai testi delle dinastie successive e, segnatamente, della XVIII[164] interessata, ovviamente, a porre in ancora peggiore luce i predecessori contro cui aveva combattuto per raggiungere l'unificazione del Paese; sotto il profilo politico, culturale e religioso, molti saranno i lasciti che verranno acquisiti e fatti propri dai re del Nuovo Regno mentre, anche nel campo della guerra, la principale innovazione degli Hyksos fu l'impiego del cavallo come animale da tiro[N 103] il cui primo utilizzo è attestato proprio durante la "guerra di liberazione" intrapresa dalla XVII dinastia sotto Senekhtenra Ahmose e proseguita da Kamose poi.


Durante il regno di Salitis-Sheshi-Sharek, della XV dinastia, che governava molto probabilmente un'area compresa tra il delta e la valle del Nilo fino a Gebelein[165], nel Medio Egitto, egli delegò una parte del suo potere ad un ramo vassallo degli Hyksos dando così vita a quella che, impropriamente, Manetone indicò come XVI dinastia[166]; tale stato di cose proseguì fino al regno di Apophis I, ovvero per circa 50 anni dal 1675 al 1630 a.C.


Nel sud del Paese, intanto, intorno al 1650 a.C. e ai tempi del re Wadjekha-Dedumesiu I, da un ramo locale della XIII nasceva a Tebe, fondata da Rahotep, la XVII dinastia.



XVII dinastia (1710-1550 a.C.): la cacciata degli Hyksos |


Il canone di Torino elenca, per la XVII dinastia, quindici re; la "Tavola degli antenati" di Karnak nove; a Tebe sono state ritrovate le tombe di sette di tali re, mentre un'ottava fa riferimento ad un re non presente in alcuna delle liste[167]. È tuttavia da tenere presente che si tratta pur sempre di una dinastia, per gran parte degli oltre 60 anni di regno, locale che governava sui primi otto nomoi dell'Alto Egitto[168].



Tabella "P": nomoi dell'Alto Egitto governati dalla XVII dinastia |












































































numero

nome

capitale (nome egizio)

capitale (nome greco)

capitale (nome attuale)

principali divinità
1



Aa32
t
N16



t3 sty
Terra degli archi
Abu Suene

Elefantina/Syene

Assuan

Khnum
2



U39
G5t



wṯst ḥr
-Trono di Horo

Djebat

Apollinopoli Magna

Edfu
Horo
3
ḫr nḫny
- Fortezza piumata

Nekhen-Nekheb

Ieracompoli-Eleitiiaspoli

Kom el-Ahmar - el-Khab

Nekhbet
4



R19
R12



w3s
Scettro

Ermonti
Ermonti/Diospoli Magna/Tebe

Luxor

Montu, Amon
5



G5G5
R12



b3wy nṯrwy
I due falchi
Gebtu

Copto

Qift

Min
6



I3
R12



ỉḳr
Coccodrillo
Iunet

Dendera
Dandara

Hathor
7



Y8
R12

b3t
Sistro
Het-sekhem

Diospoli Parva

Hiw
Hathor, Bat
8
Apt (Grande Terra)
Tanit/Abdu

Tini/Abido

Girga

Onuris


Tabella "Q": XVII dinastia [1650 (1710) - 1570 (1553) a.C.] |


I re della XVII dinastia presentano numero e denominazioni differenti, anche a seconda della fonte, storica o archeologica, utilizzata per la redazione di una lista; nel caso specifico, si è privilegiata la fonte Nicolas Grimal (2002), p. 244.






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.






















































Tabella "Q": principali re della XVII dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
1650
Rahotep

Nebukheperra (Antef V)

Sobekemsaf II

Sekhemra-Sementawy Djeuti
1633
Mentuhotep VII

Nebirau I

Sekhemra-heruhermaat (Antef VII)

Senekhtenra Ta'a I "il Vecchio"

Seqenenra Djehuty-aa Ta'o II "il Valoroso"
1578
Kamose
1570 (1553) inizia la XVIII dinastia


Scarse erano le risorse economiche della XVII dinastia non potendo accedere alle miniere e alle cave di pietra, né ai porti che consentivano i contatti con le isole egee[N 104], ma che poteva puntare, come risorse religiose, letterarie e artistiche, sui monumenti e sui lasciti più importanti della XI e XII dinastia denominate a suo tempo, dopo la parentesi del Primo Periodo Intermedio, della "rinascita egizia"[169].
Risale a tale periodo il Papiro Prisse che contiene una versione di due dei testi sapienziali più famosi dell'antico Egitto: le Massime di Ptahhotep e gli Ammaestramenti di Kagemni.
Sotto Rahotep, primo regnante della dinastia, e i suoi tre successori Nebukheperra (Antef V), Sobekemsaf II, Sekhemra-Sementawy Djeuti, i rapporti con le dinastie Hyksos del Basso Egitto sembrano essere stati di ottimo livello e reciproca collaborazione[170]. Durante il regno di Sobekemsaf II, che durò circa 16 anni, intorno al 1635/1633, cessò intanto di esistere la XIII dinastia sostituita, in qualche modo, dalla XIV per un breve periodo (forse due o tre generazioni)[171]. Allo stesso periodo, si fa inoltre risalire un'alleanza Hyksos con il re nubiano Negeh che regnò da Elefantina a Kerma e stabilì la capitale a Buhen[172], regno che resisterà fino a che Kamose non si impadronì della capitale.


Dopo il regno di Sobekemsaf II si successero regni di durata alquanto effimera: quello di Djeuti, che durò forse un anno, quello di Mentuhotep VII, altrettanto breve, e quello di Nebirau I che ci è noto solo per il suo nome rinvenuto su una stele a Karnak[173].


Seguì, nella XVII dinastia il regno di Sekhemra-heruhermaat, più noto come Antef VII contemporaneo del re Hyksos Apophis I, cui il canone di Torino assegna 40 anni di regno. Antef VII eresse costruzioni a Coptos, Abido, Karnak, Elkab e le relazioni con i governanti Hyksos furono ancora improntate a pacifica convivenza e a rapporti costanti; prova ne sarebbe la presenza, in territorio Hyksos, di copia del cosiddetto papiro matematico ricavato da un testo sicuramente tebano il che ha spinto alcuni studiosi ad ipotizzare una vera e propria alleanza tra le due potenze sancite forse da matrimoni[174][N 105].



Seqenenra Ta'a e la disputa con Apophis I |


La situazione, fino alla fine del regno di Antef VII dovette essere comunque di stallo, se non del tutto pacifica, ma cambiò con l'avvento sul trono di Senekhtenra Ahmose che, da Tebe, iniziò le ostilità con il regno Hyksos del nord. La sposa, Tetisheri, venne successivamente venerata come ava di Ahmose I, fondatore della XVIII dinastia.


Successore di Senekhtenra Ta'a I "il Vecchio" fu Seqenenra Djehuty-aa Ta'o "il Valoroso" il cui corpo[N 106], a riprova del clima bellico in atto, presenta ferite mortali al capo compatibili con un combattimento[N 107].
Dello scontro tra Apophis e Seqenenra ci restano, tuttavia, due testimonianze: un racconto romanzato oggi noto come "Disputa di Apophis e Seqenenra", di cui conosciamo però solo l'inizio in una copia della XIX dinastia, durante il regno di Merenptah, ed un resoconto ufficiale datato nell'anno 3 di Kamose pervenutoci su due stele frammentarie, ma che si completano[175]. L'inizio della "Disputa", pur nella sua quasi comicità, è tuttavia emblematico di una situazione di tensione in cui si ricorreva, peraltro, ad ogni pretesto per intervenire o per sollevare un combattimento o uno scontro: il re Apophis, infatti, si lamenta con Seqenenra perché gli ippopotami disturbano il suo sonno, ma è bene tener presente che il lago citato si trova a circa 800 km dalla Capitale Hyksos.









«Fa che si lasci il lago degli ippopotami che è ad ovest della Città Meridionale, poiché essi non permettono che venga a me il sonno né di giorno, né di notte»


(da "Disputa di Apophis e Seqenenra"[176])


Khamose e la riunificazione |


Alla morte di Seqenenra Ta'a salì al trono suo figlio Kamose che adottò una titolatura di certo bellicosa che prevedeva tre nomi di Horus: "Colui che è stato incoronato sul suo Trono" (Khay-her-nesetef), "Horus perfetto che soggioga le Due Terre" (Hornefer-Khab-Taui), "Colui che nutre le Due Signore" (Segefa-taui). A questi affiancò inoltre il titolo "Le Due Signore", "Colui che rinnova le fortezze" (Uhem-menu)[177]. La ripresa delle ostilità contro gli Hyksos viene descritta in un testo oggi noto come Tavoletta Carnarvon[N 108]









«Come posso riconoscere il mio potere? Un capo è in Avaris, un altro è in Kush, ed io siedo insieme con un asiatico ed un nubiano, e ognuno ha un suo pezzo di Egitto»


(dalla "tavoletta Carnarvon", r. 83[178])

.


Dalla Tavoletta Carnarvon, nonché da una stele rinvenuta a Karnak nel 1954, che trattano lo stesso argomento pur essendo entrambe mutile, si è a conoscenza di una spedizione navale posta in essere da Kamose contro i possedimenti Hyksos nel Medio Egitto; forse Kamose porta i combattimenti fino al XIV nomo del Basso Egitto (Mesent) e alle porte di Avaris[179] interrompendo, peraltro, l'alleanza del re Hyksos con il re di Nubia avendo intercettato un messaggio di richiesta d'aiuto del primo al secondo.









«[...] era una lettera nella quale trovai scritto, dalla mano del sovrano di Avaris: "Auserra, il figlio di Ra, Apophis, saluta suo figlio il sovrano di Kush [...] Kamose -possa essere egli dotato di vita- mi sta attaccando nei miei possedimenti [...] vieni! Non aver paura! In questo momento è qui e non vi è dunque nessuno che ti aspetta [...]»


(dalle "gesta di Khamose"[180])

Si ritiene che a tal punto l'impresa di Kamose si interrompa con il suo rientro a Tebe avendo, di fatto, spezzato l'alleanza Avaris-Kush, ovvero Hyksos e Nubia, ed essendosi assicurato il controllo delle vie carovaniere. Non è dato di conoscere la durata del suo regno mentre si è a conoscenza di una successione Hiksos da Apophis I ad Apophis II Aaqenienra il cui nome, tuttavia, non compare al di sotto del XVIII nomo del Basso Egitto con capitale Bubastis[181].
Le Due Terre non erano ancora completamente liberate e alla morte di Kamose salirà al trono Ahmose I, forse suo fratello, considerato il fondatore della XVIII dinastia, che proseguirà nell'attività bellica contro gli Hyksos e nella linea politica avente come scopo la riunificazione delle Due Terre.



Nuovo Regno (1540-1180 a.C. XVIII-XIX-XX dinastia) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Nuovo Regno.

Superata la parentesi del Secondo Periodo Intermedio con la definitiva cacciata degli Hyksos, inizia per l'Egitto uno dei periodi più floridi e, almeno apparentemente, più conosciuti della sua storia. Benché siano note gran parte delle date che lo caratterizzano, infatti, non esiste certezza delle medesime e questo, in special modo, per differente interpretazione della data posta alla base dei calcoli archeo-storici. È infatti nota la data della levata eliaca della stella Sirio nell'anno nono di regno del re Amenofi I, ma non è indicata la località ove tale rilevazione venne eseguita; a seconda che si trattasse di Menfi, a nord, o Tebe, 800 km a sud, ci sarebbe, perciò, un divario pari a 20 anni. Molte delle date sono perciò riportate, nei testi moderni, con doppia indicazione. Il Nuovo Regno comprende tre dinastie: XVIII, XIX e XX, tutte e tre caratterizzate da personaggi, o episodi, particolarmente significativi nella storia dell'Egitto. Se la XVIII dinastia è quella in cui viene consolidata l'unificazione dopo la parentesi del precedente periodo, viene prescelta Tebe come sede delle sepolture reali, nella Valle dei Re, il Paese raggiunge la massima estensione e si verifica la breve parentesi dell'Eresia Amarniana, la XIX sarà caratterizzata dalla presenza di uno dei più famosi e longevi tra i faraoni, Ramses II, mentre la XX vedrà susseguirsi ben nove Ramses, dal III all'XI, e la necessità di difendersi dalle scorrerie dei Popoli del Mare.



XVIII dinastia (1550-1291 a.C.) |



Ahmose I e la compiuta riunificazione del Paese |


Con l'assunzione del trono da parte di Ahmose I ha inizio la XVIII dinastia. Era forse fratello minore di Khamose[N 109], figlio di Seqerenra Ta'o e della regina Ahhotep I[N 110] che assunse per lui la coreggenza data la giovane età.


L'unificazione delle Due Terre, era tuttavia tutt'altro che compiuta; la mancanza di riferimenti cronologici certi sul regno di Khamose, e incertezze nell'identificazione del re nelle liste manetoniane[N 111], fanno sì che anche il regno di Ahmose sia di difficile inquadramento temporale: secondo calcoli astronomici basati sulla levata eliaca di Sirio, l'assunzione del trono potrebbe essere avvenuta intorno al 1560 (o nel 1551) a.C. e la fine del regno intorno al 1546 (1537/1527) a.C.[182].


Intorno all'anno undicesimo di regno Ahmose riprese le ostilità con gli Hyksos, peraltro mai sopite e gestite personalmente dalla regina Ahhotep tanto che nella sua tomba venne rinvenuta una "Mosca d'oro"[N 112], ritenuta la massima onorificenza di tipo militare dell'antico Egitto[N 113]. Le ostilità proseguirono per molti anni ancora, fino all'occupazione di Menfi prima ed Avaris poi[183]. La sconfitta definitiva risale ad un periodo compreso tra l'undicesimo ed il sedicesimo anno di Ahmose con la conquista della piazzaforte palestinese di Sharuhen, vera base operativa degli Hyksos dopo l'occupazione di Avaris[184].









«Si pose l'assedio davanti ad Avaris e feci mostra del mio valore alla presenza di Sua Maestà -che sia in vita, salute e forza-. Fui allora assegnato alla nave Gloria in Menfi; ci si batté sull'acqua nei pressi di Avaris (?): catturai un nemico e riportai una mano[N 114]. [...] Ricevetti l'oro al valore. [...] Si combatté, presi un prigioniero e riportai una mano. Ricevetti di nuovo l'oro al valore. [...] Poi si saccheggiò Avaris ed io ne riportai bottino: un uomo e tre donne. Sua Maestà me li donò come schiavi. [...] Poi si pose l'assedio davanti a Sharuhen per tre anni, Sua Maestà la saccheggiò e io ne riportai bottino: due donne e una mano. Ricevetti l'oro del valore.»


(dalla "biografia di Ahmes[N 115] figlio di Abana"[185])

A causa delle lotte e della guerra, non è chiara neppure la cronologia degli ultimi due re Hyksos che potrebbero essere posizionati tra gli anni decimo e quindicesimo di Ahmose: Aazehra dovrebbe essere stato l'ultimo della XV dinastia, mentre Apophis III l'ultimo della XVI. Non essendo più gli Hyksos un pericolo per il nord del Paese, Ahmose poté dedicarsi più compiutamente all'azione unificatoria indirizzando i suoi interventi verso la Nubia dove intervenne per sedare una rivolta capeggiata dal re Aata, forse successore di Negeh, già alleato degli Hyksos.









«Aata venne dal sud; il suo destino era di essere distrutto: gli Dei e le Dee dell'Alto Egitto lo afferrarono. Sua Maestà lo incontrò a Tentaa, lo prese prigioniero con tutte le sue truppe come bottino. Io catturai due giovani [...] allora mi furono donate cinque persone e cinque arourai di terra nella mia città.»


(dalla "biografia di Ahmes figlio di Abana"[186])

Poco dopo, ancora in Nubia, si verificò una nuova sollevazione capeggiata da Tetian, verosimilmente un egizio che tentò di opporsi al nuovo potere tebano. Anche in questo caso, come riportato nella biografia di Ahmes figlio di Abana, l'intervento di Ahmose fu risoluto.









«Venne questo vile chiamato Tetian che aveva riunito intorno a lui i ribelli. Sua Maestà lo massacrò e annientò le sue truppe.»


(dalla "biografia di Ahmes figlio di Abana"[186])


Tabella "R": XVIII dinastia (1550 - 1291 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei faraoni.

Alla morte di Amhose I, dopo venticinque anni di regno, gli subentrò il figlio avuto dalle regina Ahmose Nefertari, Amenofi I che darà inizio a quella che viene definita anche la dinastia dei "Thutmosidi". L'Egitto era ormai liberato e unificato; le relazioni internazionali erano tornate ai livelli della fine del Medio Regno. Benché la XVIII dinastia sia forse la più conosciuta archeo-storicamente, esiste tuttavia difficoltà di cronologia dovuta al fatto che questa si fa derivare dalla levata eliaca di Sirio così come riportato nel Papiro Ebers[187]; ciò che non è noto, è la località ove l'osservazione sia avvenuta talché, se si trattasse di Menfi sarebbe da assumersi come data di partenza dei calcoli il 1546 a.C., se la rilevazione fosse invece avvenuta a Tebe (800 km più a sud), dovrebbero sottrarsi 20 anni collocando perciò la base di calcolo nel 1526 a.C e l'assunzione del trono da parte di Amenofi I al 1517 a.C.









«Nono anno di regno sotto la maestà del re dell'Alto e Basso Egitto Djeserkhara (Amenofi I) -possa egli vivere in eterno- Festa dell'anno nuovo, terzo mese dell'estate, nono giorno, levarsi di Sirio»


(dal "papiro Ebers"[186])










































































Tabella "R": re della XVIII dinastia[188]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
1551 (1560)[N 116]

Ahmose I
1526 (1537)
Amenofi I
1506 (1526)
Thutmose I
1493 (1512)
Thutmose II
1479 (1504)
Thutmose III
1478 (1503)
Hatshepsut
1458 (1482)
Thutmose III
1425 (1450)
Amenofi II
1401 (1425)
Thutmose IV
1390 (1417)
Amenofi III
1352 (1378)
Amenofi IV/Akhenaton
1348 (1374) Akhenaton/Amenofi IV
1338 (1354)
Smenkhara
1336
Tutankhaton/Tutankhamon
1327
Ay
1323
Horemheb



Da Amenofi I ad Hatshepsut (1526-1458 a.C.) |


Il manifesto politico di Amenofi I appare chiaro già nella sua titolatura; egli infatti sceglierà, come nome di Horus, "Toro che soggioga i Paesi" (Kha-uaf-tau), e come titolo le Due Signore "Che incute grande terrore" (Aa-neru). Il suo, tuttavia, fu un regno abbastanza pacifico giacché la Nubia, ove Amenofi nominò un viceré nella persona di Turi, era pacificata e si ha notizia, dalla biografia di Ahmes figlio di Abana e da quella di un altro militare, Pennekhbet, solo di un paio di campagne nella terra di Kush[189]. La situazione era pacifica anche nell'area asiatica, anche se tra i nemici dell'Egitto comincia ad essere nominato il regno di Mitanni, o Naharina, e per la gestione dell'area verso la Libia, viene nominato un "Principe governatore (haty-a) delle oasi"[190].


Dopo un regno di circa 20 anni, essendo nel frattempo morto l'erede designato al trono, il principe Amenemhat[191], salì al trono il discendente di un ramo collaterale, Thutmose I, che sanzionò il proprio diritto al trono sposando Ahmes, sorella del defunto re. Dal matrimonio nacque una figlia, Hatshepsut, ed un maschio, Amenemes che, tuttavia, non giunse a regnare[192][N 117]


Hatshepsut, a sua volta, sposò un fratellastro che il padre aveva avuto da Mutnofret, una regina minore, il futuro Thutmose II.


Da questa unione nacque una figlia femmina, Neferura che, verosimilmente, sposò poi il futuro Thutmose III che Thutmose II aveva avuto dalla regina minore Iset. Alla morte di Thutmose II, dopo circa 14 anni di regno, salì al trono il giovanissimo Thutmose III per il quale assunse la reggenza la matrigna Hatshepsut.









«Egli (Thutmose II) salì al cielo e si unì agli dei. Suo figlio prese il suo posto come Re delle Due Terre e fu sovrano [...]. Sua sorella, la sposa divina Hatshepsut, si occupava degli affari del Paese: le Due Terre erano sotto il suo governo e le si pagavano le imposte»


(dalla "biografia di Ineni"[N 118][193])

Dopo due anni di reggenza in nome di Thutmose III, che risultava perciò ad ogni effetto re del Paese (di qui la doppia datazione riportata in tabella "R"), Hatshepsut si fece incoronare re con titolatura completa dei cinque nomi relegando, di fatto, Thutmose III al rango di coreggente.



Titolatura e regno di Hatshepsut |


[194]


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo


















wsr s
t
D28

D28
D28





Srxtail.jpg

wsr.t k3w
Useretkau
Colma di Ka
G16

nbty (nebti)
Le due Signore






M13 t M4 M4 M4

w3ḏ.t rnp.wt
Uadjetreneput
Fiorente di Anni
G8

ḥr nbw
Horo d'oro



R8
t
r
V13

N28
D36
G43

nṯr.t ḫˁw
Netjeretkhau
Divina nell'Apparizione


M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg










N5 C10 D28





Hiero Ca2.svg

m3ˁt k3 rˁ
Maatkara

Maat è il Ka di Ra
cioè
La Verità è l'Anima di Ra



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg











i
mn
n
W9 F4 A51





Hiero Ca2.svg

ẖnm.t Jmn h3t šps.wt
Henemetamon-Hatshepsut
Amata da Amon-Prima tra le Nobili Dame


Per rafforzare il diritto al trono, supportato comunque dai sacerdoti di Amon, Hatshepsut non esitò a mettere da parte il fratello e sposo, Thutmose II, dichiarando un inesistente periodo di coreggenza con il proprio padre, Thutmose I[195], e facendo riportare sulle mura del Tempio di Milioni di Anni che si fece erigere a Deir el-Bahari la leggenda della teogamia, da cui ella stessa sarebbe stata generata, tra il dio Amon e la regina Ahmes sposa del padre Thutmose I.


Il regno di Hatshepsut, che durò circa 22 anni fino al 1458 a.C. (o 1482), fu sostanzialmente pacifico; si ha notizia di almeno sei spedizioni militari[N 119], a tre delle quali partecipò Thutmose III, ma si trattò fondamentalmente di vaste operazioni di polizia, in Nubia e nell'area siro-palestinese, per sedare gli inevitabili tentativi di rivolta che periodicamente si verificavano, specie al momento dell'assunzione del regno da parte di un nuovo sovrano. Tuttavia il regno di Hatshepsut verrà ricordato, grazie anche ai rilievi del tempio funebre di Deir el-Bahari, specialmente per le missioni commerciali e diplomatiche, prima fra tutte, nell'anno nono di regno[196] quella verso il Paese di Punt capeggiata dal cancelliere Nehesy. Una missione in tal senso deve intendersi come ritorno alla tradizione del Medio Regno, preso a modello di buon governo, oltre che di perfetto ritorno alle tradizioni del Paese dopo la parentesi costituita dal Primo Periodo Intermedio[197].


Nello stesso solco, di ritorno alla magnificenza del Medio Regno, deve intendersi la scelta di Deir el-Bahari per l'erezione del monumento più importante del regno di Hatshepsut, il suo tempio funerario (denominato: "Santo dei santi è Amon") non a caso costruito a ridosso del complesso a suo tempo eretto da Mentuhotep II[198] cui, architettonicamente, si rifà. A lei si deve l'erezione di due obelischi nel Complesso templare di Karnak, alti circa 30 m[N 120].









«[...]Ella fece per suo padre Amon, Signore di Tebe [...] due grandi obelischi di granito provenienti dal sud; le loro sommità sono del migliore elettro e sono visibili da entrambi i lati del fiume [...] La Mia Maestà ordinò che si lavorasse a loro dall'anno quindicesimo di regno, il primo giorno del sesto mese, all'anno sedicesimo, ultimo del dodicesimo mese, ovvero sette mesi di estrazione dalla montagna.»


(dal piedistallo dell'obelisco ancora eretto a Karnak[199][N 121])

A lei, ancora, si dovrebbe la realizzazione di un terzo monolite oggi noto come Obelisco incompiuto di Assuan giacché ancora giace, in posizione orizzontale, nella cava da cui doveva essere estratto[N 122][N 123].


Sotto il profilo della religione, nel periodo di regno di Hatshepsut, anche sotto la spinta dell'appoggio fornito dai relativi sacerdoti alla regina nel momento in cui aveva deciso di assumere direttamente il trono, prende vigore e si consolida il culto di quello che, fino ad allora, era considerato un dio minore, Amon, facente parte di una ogdoade tebana[N 124]; tra i più fidi consiglieri della regina, oltre l'architetto Senenmut[N 125] realizzatore del tempio di Deir el-Bahari, va di certo annoverato Hapuseneb, Primo profeta di Amon a Karnak. Altri funzionari fidati di Hatshepsut furono il tesoriere Djeuthy[N 126], il cancelliere Nehesi, che capeggiò la missione nel Paese di Punt, il capo maggiordomo di Palazzo, e veterano, Amenofi[N 127], che fu incaricato delle operazioni necessarie per l'estrazione e l'innalzamento dei due obelischi di Karnak[200].




Thutmose III e l'Impero |




L'Obelisco di Teodosio a Istanbul




L'Obelisco lateranense


Intorno al 1458 a.C. (1482) Hatshepsut scomparve dalla scena politica dell'Egitto[201] ed il trono venne compiutamente assunto da quello che, per i ventidue anni di regno della regina, era stato il suo coreggente: Thutmose III[N 129][202]. La sepoltura della regina si trova nella Valle dei Re, tomba KV20, ma si conosce anche un'altra tomba a lei destinata precedentemente all'assunzione del trono, in Wadi Sikket Taqa el-Zaide (ad ovest della Valle dei Re) contrassegnata dalla sigla WA D[N 130].


Il primo atto del nuovo re, in linea con quanto era ormai consuetudine al cambio di titolarietà, fu un intervento militare per sedare la rivolta, nell'area siro-palestinese, di una coalizione di principi asiatici capeggiati dal principe di Qadeš e protetta dal re di Mitanni[N 131]. Fu questa la prima di una lunga serie di campagne militari[N 132][203] portate a compimento da Thutmose III di cui cinque nell'area mitannica[N 133][204].


Abbastanza tranquilla era la situazione con la Nubia da cui pervennero, documentati a far data dal trentunesimo anno di regno, regolari tributi[205]; l'unica campagna verso il sud, nell'anno cinquantesimo di regno, sarà finalizzata solo ad estendere l'influenza dell'Egitto fino alla Quarta cateratta del Nilo. Data l'estensione territoriale raggiunta, dalla citata Quarta cateratta a sud, fino all'area mesopotamica di Qatna[206], l'Egitto di Thutmose III raggiunse la massima estensione mai raggiunta ben potendosi, perciò definire, un impero: la supremazia egizia era ormai riconosciuta in tutto il Vicino Oriente e cordiali erano le relazioni anche con le isole Egee[207].


Durante il suo regno Thutmose condannò all'oblio Hatshepsut facendone scalpellare il nominativo dai rilievi e datando il suo regno non dalla fine di quello del suo predecessore (come era consuetudine), bensì dal regno del padre, Thutmose II. Si ritiene inoltre che, originariamente, il corpo di Thutmose I, padre di Hatshepsut e nonno del terzo Thutmose, fosse stato sepolto nella tomba della figlia e che Thutmose III lo abbia poi successivamente fatto traslare nella KV38[208][N 134].


Sotto il profilo religioso ed edificatorio, Thutmose III realizzò vaste opere di ampliamento nel Complesso di Amon, di cui si dimostrò fervente adoratore, a Karnak, ultimando le opere già iniziate da Thutmose I e facendo realizzare l'Akh-Menu in cui, oltre gli annali relativi alle sue campagne militari, fece rappresentare, nel cosiddetto "orto botanico", la flora caratteristica di ognuna delle terre e delle città da lui conquistate. Sue costruzioni si trovano in Nubia, a Buhen, Sai, Faras, Kuban, Semna, Gebel Barkal, Kôm Ombo, Ermant,Tod, nel Tempio di Montu a Medamud, Esna, Dendera, Eliopoli ed in altri centri minori della valle del Nilo e nel delta nilotico[209]. Quanto agli obelischi eretti, ancora una volta si deve ritornare a quello "Incompiuto di Assuan"; tale monolite, infatti, non venne estratto a causa di una fessurazione longitudinale che ne avrebbe reso impossibile l'estrazione. Purtuttavia, si tentò di sfruttare ugualmente il lavoro già svolto cercando di ricavarne un obelisco più piccolo (tentativo ugualmente fallito): le misure del tentativo di recupero sono pressoché simili all'obelisco di Thutmose III oggi innalzato in Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma[210], ed originariamente eretto nel tempio di Amon a Karnak.



Tabella comparativa: tentativo di recupero dall'"Incompiuto di Assuan" e "Lateranense" |




























Obelisco (misure in m) base base del pyramidion
altezza del pyramidion altezza totale peso in t
Assuan (tentativo di recupero) 3,13 2,01 5,30 32,00 512
Lateranense 2,98 1,88 4,51 32,18 471


Questo particolare, unito ad una esplicita dichiarazione dello stesso Thutmose di aver, per la prima volta, eretto un solo obelisco in luogo della coppia normalmente prevista, ha fatto supporre che il tentativo di recupero fosse proprio il secondo obelisco non ultimato[211].


Un secondo obelisco di Thutmose III, sebbene ridotto in altezza di circa 13 m, si trova oggi a Istanbul nella centrale Sultanahmet Meydan (che fronteggia la Sultanahmet Camii, o Moschea Blu), l'antico ippodromo di Costantinopoli ed è noto come "Obelisco di Teodosio" o, localmente, "Dikilitas"[N 135].


Alla sua morte, venne sepolto nella Valle dei Re, tomba KV34, ma il suo corpo venne rinvenuto nel 1881, pesantemente danneggiato, nel deposito (cache) DB320 di Deir el-Bahari[212].



Da Amenofi II ad Amenofi III |


Come era ormai invalso, a pochi anni dalla morte (forse due) Thutmose III associò al trono il suo successore, Amenofi II, figlio delle regina Merira-Hatshepsut[213]. Se il regno di Thutmose III fu caratterizzato da numerose e vittoriose imprese belliche, ma anche da attenzione per l'arte e la cultura in generale[214], quello del secondo Amenofi, ugualmente prospero, fu invece imperniato sul desiderio di mantenere lo stato politico-militare raggiunto dal predecessore, e l'estensione "imperiale" raggiunta ormai dal Paese. Anche nel suo caso, all'assunzione del trono il primo impegno fu di carattere militare per sedare una rivolta in area siriana capeggiata dal re di Naharina, situazione non risoltasi con la prima campagna, cui ne seguirono altre due, negli anni settimo e nono, per arginare altre rivolte nel medesimo territorio capeggiate dal re di Karkemiš. Particolarmente importante, sotto il profilo storico, la terza di tali campagne che vide, a fronte di un cospicuo bottino in materiali e prigionieri, la perdita per l'Egitto dell'area compresa tra l'Oronte e l'Eufrate; tra i prigionieri si annoverano 3.600 "Apiru", popolazione in cui molti studi vorrebbero identificare gli Ebrei[215].


La tomba di Amenofi II, la KV35 della Valle dei Re, è a sua volta particolarmente interessante giacché all'atto della scoperta[N 136] risultò essere divenuta una sorta di deposito per mummie regali in un periodo storico in cui i saccheggi delle sepolture erano frequenti; conteneva infatti, oltre il corpo del titolare, altre dieci mummie di cui nove certamente appartenenti ad altrettanti re[N 137], nonché almeno altri sette corpi sconosciuti o solo di ipotizzabile identificazione[N 138][216].


Alla morte di Amenofi II gli successe sul trono Thutmose IV non destinato, verosimilmente, al trono forse per la prematura scomparsa dell'erede designato, forse un fratello maggiore[217][N 139].









«[...] guardami, volgi gli occhi su di me, o figlio mio Tuthmose! Io sono tuo padre Harmakis-Khepri-Atum. Io ti concedo la mia regalità sulla terra, a capo dei viventi [...] Vedi lo stato in cui sono e come il mio corpo è dolorante, io che sono il signore dell'altopiano di Giza! [...] io so che tu sei mio figlio, il mio protettore [...]»


(dalla "stele della sfinge di Thutmose IV"[218])

Il regno del quarto Thutmose, tuttavia, durò solo nove anni[219]; venne sepolto nella Valle dei Re, tomba KV43, ma il suo corpo venne rinvenuto nella tomba KV35 del suo predecessore.


Intorno al 1387 a.C. gli successe Amenofi III, figlio di Thutmose IV e della regina minore Mutemuia, che salì al trono all'età di forse 12 anni e che, verosimilmente nel secondo anno di regno, sposò Tiy, fanciulla di origini non regali, figlia del funzionario Yuya originario di Akhmim[N 140], e sorella di Ay, futuro successore di Tutankhamon.


Se il regno di Thutmose IV, nonostante la brevità, fu caratterizzato da uno dei punti più alti della produzione pittorica egizia, quello di Amenofi III, grazie ad aperture con il mercato asiatico ed egeo[N 141], pervenne ad un grado di raffinatezza ineguagliato nella storia dell'Egitto[220]. Si è a conoscenza di una sola campagna di guerra di Amenofi III, nell'anno quinto, mentre maggior impegno dei due regnanti venne posto nei rapporti diplomatico-commerciali con l'area asiatica e con il bacino del Mediterraneo; tracce di Amenofi III e della regina Tiy sono infatti attestate a Creta[N 142], Micene[N 143], Etolia, Anatolia, Yemen, Babilonia, Assur. Anche sotto il profilo edificatorio Amenofi III è di certo degno di nota: suo è, nei pressi di Luxor e a breve distanza dalla Valle dei Re, a Kom el-Hettan, uno dei complessi funerari più grandi di cui si abbia notizia che, con i suoi oltre 350.000 m2, superava in dimensioni lo stesso complesso dedicato ad Amon a Karnak (circa 300.000 m2). Uniche vestigia ancora visibili dell'enorme complesso, denominato anche Malkata[N 144], sono i Colossi di Memnone originariamente prospicienti il pilone di accesso.


Importanti, per lo studio dell'estensione dei possedimenti egizi in tale periodo, sono cinque piedistalli di statue di Amenofi III, di cui restano solo i piedi, nella cosiddetta Corte Solare[N 145][221]. Queste sono state catalogate con sigle da "An" a "En"[222][N 146][223] e recano ovali merlati (simili a cartigli ma evidentemente rappresentanti città fortificate) sovrapposti a prigionieri con le braccia legate e sono liste di toponimi, di terre, località, città, popoli, sotto la giurisdizione dell'Egitto[224].



Tabella delle liste di Kom el-Hettan |


































Lista Area Toponimi identificati
An Siria Babilonia (Sangar), Mitanni (Naharina), Karkemiš, Ḫattuša, Arzawa, Assur
Bn Siro-palestina città stato minori tra cui Damasco
Cn (molto danneggiata) forse Fenicia

Dn (area non identificata)
Aram, Ashur, Babilonia
En cosiddetto "Lista Egea"[N 147]
Amnisos, Festos, Kydonia, Micene, Tebe beotica, Messenia, Nauplion,
Kythera, Eleia[N 148][225], Knossos, Amnisos[N 149], Lyktos


È bene precisare, a dimostrazione dell'importanza del riferimento di cui sopra, che mai prima, e mai dopo Amenofi III, sono stati stilati (o ritrovati) elenchi così completi e complessi delle aree in qualche modo in rapporto con l'Egitto; la differenza tra le basi e la "Lista egea", inoltre, porta a far ritenere che nonostante la rappresentazione sia identica (i prigionieri con le mani legate) di fatto con l'Egeo si intrattenessero rapporti di alleanza e non di sudditanza. Varie furono, inoltre, le alleanze matrimoniali di Amenofi III con i popoli vicini: nell'anno undicesimo sposò, infatti, Gilukhipa, figlia di Shuttarna II di Mitanni, successivamente, dopo un colpo di stato durante il quale l'intervento egizio fu risolutivo per riportare sul trono mitannita il legittimo successore Tushratta, ne sposò la figlia Tadukhipa. Anche sul fronte babilonese l'alleanza fu sancita da matrimoni, prima con la figlia e poi con la sorella del re Kadashman-Enlil I[226]. Si profilava tuttavia all'orizzonte la nuova potenza Hittita, che impegnerà militarmente e politicamente l'Egitto per lunghi secoli.


Intorno all'anno trentasettesimo di regno, le condizioni di salute di Amenofi III, minate dall'anno trentaquattresimo, si aggravarono tanto che il re consacrò 600 statue alla dea della guerra, ma anche delle guarigioni, Sekhmet[227], mentre Tushratta di Mitanni, poco prima che il re sposasse Tadukhipa, gli inviò un'immagine miracolosa della dea Ištar. Amenofi III morì nell'anno trentanovesimo di regno come testimoniato, peraltro, da alcune giare di vino datate rinvenute nella tomba KV62 di Tutankhamon. Venne sepolto nella tomba KV22 della Valle dei Re, ma il suo corpo venne rinvenuto nella tomba KV35 del suo predecessore Amenofi II.


Se alla politica in generale, e a quella estera dell'Egitto in particolare, prese attivamente parte la stessa regina Tiy sia durante il regno del marito che, perlomeno, nei primi anni di quello del figlio Amenofi IV[228], a lei si dovrebbe, quantomeno in fase embrionale, l'ispirazione del nuovo dogma atoniano che, iniziato sotto Amenofi III con l'allontanamento del Palazzo reale da Karnak e dai sacerdoti di Amon, proseguirà in maniera più drastica e dirompente durante il regno del suo successore[229].




Amenofi IV/Akhenaton e la "Eresia" amarniana |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Akhenaton, Nefertiti, Aton e Atonismo.

Alla morte del terzo Amenofi, dopo 39 anni di regno, la successione viene forse falsata dalla morte dell'erede designato (verosimilmente un Thutmose[230]); dopo un periodo di coreggenza con il figlio[N 150] sale al trono, perciò, Amenofi IV che, come caratteristica immediata, assume nomi della titolatura (salvo il nome proprio) che non fanno riferimento al dio Amon ed anzi si riallacciano alla religione eliopolitana di Ra[231] e denotano una precisa volontà di allontanarsi, almeno nominalmente, da Tebe, al punto che il riferimento a tale centro viene sostituito, nel Nome di Horus d'Oro, dalla dizione "Eliopoli meridionale"[232].





























Amenofi IV
Nome Horo






E1
D40
N29 A28 S9



Kanakht-kai-Shuti

"Forte Toro delle Due Piume"


Nome Nebty









wr
r
sw
t
n
i i m i
t
p
Q1
t
Z2



Uer-nesut-em-Ipet-swt

"Grande di Regalità in Karnak"


Nome Horo d'oro







U39 Y1
N28
Z2ss
m O28
W24
O49
M27



Uetjes-khau-em-Iunu-Shemay

"Incoronato nella Eliopoli meridionale" (Tebe)



Praenomen o nome del trono






ra nfr xpr Z3
ra
wa
n



Neferkheperura-Uaenra

"Belle sono le Manifestazioni di Ra, l'Unico di Ra"



Nomen o nome di nascita







i
mn
n
Htp R8 S38 R19



Amenhotep Netjerhekauaset

"Amenofi (Amenhotep), Dio Signore di Tebe"




Nei primi anni di regno Amenofi IV sposa Nefertiti[N 151] che, come già Tiy prima di lei, appare nelle rappresentazioni ufficiali sempre al fianco del marito[233] a testimoniare il legame tra i due nell'impegno politico che, nel caso di Amenofi IV e Nefertiti, si riflette anche nella vita privata che, per la prima volta nell'arte egizia, viene apertamente rappresentata in un canone artistico dettato direttamente dal re[N 152]. La coppia generò sei figlie ed essendone noti gli anni di nascita, sulla presenza e sul numero di quelle rappresentate si basa la datazione di alcuni rilievi e, conseguentemente, di alcuni eventi[N 153].


Nell'anno secondo di regno, Amenofi IV assegnò ad Aton una posizione di preminenza nel pantheon egizio sostituendone il culto, come dio dinastico, a quello di Amon[234]; non si trattò, tuttavia, di un caso di monoteismo, bensì di enoteismo in cui, cioè, il culto venne accentrato su una divinità specifica con preminenza sulle altre. La scelta di allontanarsi dal culto di Amon e da Karnak, si concretizzò, inoltre, nell'idea di spostare la capitale del regno da Luxor ad un altro centro che non fosse, in alcun modo, sotto la protezione di alcuna divinità; per tale motivo, nell'anno quarto, unitamente a Nefertiti Amenofi IV raggiunse una località a circa 250 km da Luxor ed ivi decise di costruire, ex novo, la nuova città di Akhetaton, nei pressi della moderna città di Amarna[235]. Amenofi fece innalzare nell'area, delimitata da un vasto circolo naturale di alture, 14 steli confinarie per delimitare il territorio ed i lavori di edificazione iniziarono nell'anno quinto di regno quando, contemporaneamente, mutò il proprio nome in Akhenaton, ovvero "Gradito ad Aton", e la titolatura regale.



Tabella comparativa dei nomi di Amenofi IV e Akhenaton |



































Amenofi IV[236]
Akhenaton
Nome Horo






E1
D40
N29 A28 S9



Kanakht-kai-Shuti

"Forte Toro delle Due Piume"






i
t
n
N5
mr



Meriaton

"Forte Toro, Amato da Aton"


Nome Nebty









wr
r
sw
t
n
i i m i
t
p
Q1
t
Z2



Uer-nesut-em-Ipet-swt

"Grande di Regalità in Karnak"









wr
r
sw i i
Aa15
N27
i
t
n
N5



Uer-nesut-em-Akhetaton

"Grande di Regalità in Akhetaton"


Nome Horo d'oro







U39 Y1
N28
Z2ss
m O28
W24
O49
M27



Uetjes-khau-em-Iunu-Shemay

"Incoronato nella Eliopoli meridionale" (Tebe)






U39
r
n

V10
n
i
t
n
N5



Uetjes-ren-en-Aton

"Esaltatore del Nome di Aton"



Praenomen o nome del trono






ra nfr xpr Z3
ra
wa
n



Neferkheperura-Uaenra

"Belle sono le Manifestazioni di Ra, l'Unico di Ra"








ra nfr xpr Z3
ra
wa
n



Neferkheperura-Uaenra

"Belle sono le Manifestazioni di Ra, l'Unico di Ra"



Nomen o nome di nascita







i
mn
n
Htp R8 S38 R19



Amenhotep Netjerhekauaset

"Amenofi (Amenhotep), Dio Signore di Tebe"






i
t
n
ra
G25
x
n



Akhenaton

"Utile ad Aton"




Sostanzialmente, la "nuova religione" era, al contrario di quanti hanno voluto vedervi un'anticipazione del cristianesimo, la continuazione ed estremizzazione di quanto già iniziato nel Medio Regno e proseguito poi nel Secondo Periodo Intermedio con la "solarizzazione" dei principali dei dell'Egitto, tra cui Amon, che proprio in quel periodo assunse la forma sincretica di Amon-Ra con l'intento di concentrare su Ra il momento della creazione ed il mantenimento della vita[237]. Akhenaton scelse di inserire il nome dell'Aton nei cartigli, come se si trattasse di un sovrano, così facendone un alter ego del faraone nel mondo delle divinità: come il dio regnava nei cieli, il re governava sulla terra. Aton fu perciò, a dimostrazione della coesistenza anche degli altri dei, "Ra-Horakhti apparso nell'orizzonte", "Nel suo nome di Shu che è nel disco solare"[238]. Al contrario di Amon, che era "il Nascosto", Aton era ben visibile ed una manifestazione tangibile del potere divino che poteva fare a meno anche di un clero dedicato, là ove lo stesso Akhenaton, il "bel figlio del Dio", fungeva da intermediario obbligatorio tra la terra e il cielo[239].


Nonostante lo stravolgimento apparente, l'innovazione atoniana non comportò grandi effetti sulla popolazione, primo perché il trasferimento della Corte ad Akhetaton non diede possibilità di comprendere appieno il nuovo culto, e secondo perché il culto, in sé, non influenzava la tradizionale religione che il popolo stesso continuò a seguire[240][N 154].


Le ripercussioni della "rivoluzione amarniana" si ebbero principalmente in due campi: quello economico e quello artistico. Nel primo caso, Akhenaton fece chiudere alcuni templi (oppure ne limitò l'attività) concentrandone sulla Corona i beni ed eliminando, di fatto, l'anello di produzione e redistribuzione del reddito costituito, appunto, dalle strutture templari locali. Questo accentramento comportò necessariamente la centralizzazione dell'attività amministrativa e il potenziamento del braccio esecutivo costituito dall'esercito[241]. Sotto il profilo delle arti, se non vi furono grandi innovazioni in campo letterario[N 155], ve ne furono nei testi ufficiali, ancora legati all'egizio classico del Medio Regno, in cui venne imposto l'uso del linguaggio parlato[242].


Ma le innovazioni più palesi, e durature nonostante il brevissimo periodo di sviluppo, si ebbero nel campo delle arti figurative in cui si realizzò una vera riforma artistica che sostituì alla ieraticità, compostezza e idealizzazione delle precedenti rappresentazioni, specie dei sovrani, un naturalismo più sensuale che non esitava ad accentuare le forme del corpo, oltre che rappresentare, ed anzi accentuare, anche in questo caso, i difetti fino al limite caricaturale[243]. Per la prima volta, inoltre, alle scene ufficiali si affiancarono rappresentazioni di vita familiare del re, della regina, delle figlie e dell'entourage reale.


Nell'anno dodicesimo di regno si svolsero ad Akhetaton festeggiamenti con la consegna di tributi da parte dei popoli sottomessi all'Egitto; in questa occasione, la regina Tiy raggiunse il figlio nella nuova Capitale ove permarrà fino alla scomparsa[244]; nello stesso anno, o forse l'anno successivo, morì la secondogenita Maketaton[N 156][245] e Nefertiti sembra aver ricoperto un ruolo di minore importanza essendo sostituita, nei rilievi delle cerimonie ufficiali, dalla figlia Meritaton. Si ritiene[246] possa essere morta nell'anno quattordicesimo giacché non se ne ha più traccia nei rilievi.


Gli ultimi 3 anni di regno di Akhenaton furono alquanto turbolenti per una sorta di radicalizzazione del culto di Aton in aperto scontro con Amon il cui tempio di Karnak venne chiuso ed il cui nome venne scalpellato dai monumenti e, in alcuni casi, dai rilievi recanti il nome di predecessori che presentavano, nella parte teofora del nome, riferimento a tale divinità[247]. La presenza, in alcuni rilievi, di un altro re accanto ad Akhetaton, Smenkhara[248], ha fatto supporre vi sia stato un periodo di coreggenza[249], ma poche o nulle tracce di tale re sono state ad oggi rinvenute; il suo corpo è stato, per lungo tempo, identificato nell'occupante della tomba KV55 della Valle dei Re. Secondo un'ipotesi[250] legata al nome completo di Nefertiti raffrontato a quello citato di Smenkhara, Neferneferuaton Nefertiti Meri Uaen-ra per la prima e Neferneferuaton Smenkhara Meri Uaen-ra per il secondo, la scomparsa dalla scena politica della regina sarebbe da porsi in correlazione con un cambio di denominazione della stessa che avrebbe regnato come coreggente del marito[251] e forse, per meno di un anno dopo la sua morte avvenuta nell'anno diciassettesimo di regno,autonomamente con il nome di Smenkhara[252] prima che il trono passasse al giovanissimo Tutankhaton.




Tutankhaton/Tutankhamon e la restaurazione |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Tutankhamon e Tomba di Tutankhamon.

Alla scomparsa di Akhenaton assunse forse il trono, per un brevissimo tempo, un effimero re, Smenkhara, di cui si hanno poche tracce archeo-storiche. Ma se poche sono le tracce circa la genealogia di Smenkhara, altrettanto lo sono quelle del suo successore, il giovanissimo Tutankhaton[253], ovvero "Immagine vivente di Aton", che, all'atto dell'assunzione del trono, doveva contare 9-10 anni. Nato verosimilmente ad Akhetaton, forse da Akhenaton e da una regina minore, Kiya[N 157][254], o da Akhenaton e dalla propria figlia Maketaton, Tutankhaton sposò nel 1º o 2º anno di regno Ankhesepaaton ("Che ella possa vivere per Aton"), terza figlia di Akhenaton e Nefertiti, nata verosimilmente nell'anno 5° o 6° di regno del padre[255], di 12-13 anni.


Al momento dell'ascesa al trono, il giovane re assunse come Nome di Horus "Toro possente, che è l'immagine di Amon", mentre nel titolo Le Due Signore, "Perfetto nelle leggi, che pacifica le Due Terre", già si esprimerà l'ideologia pacificatoria per sanare la situazione di indecisione creatasi con l'eresia amarniana confermata, peraltro, nel nome di Horus d'Oro, "Che indossa le corone e soddisfa gli Dei". Data la giovane età, tuttavia, e la necessità di procedere, contestualmente, non solo alla "normale" amministrazione dello stato, ma anche alle funzioni religiose e di capo dell'esercito, al giovanissimo re venne affiancato un Consiglio di Reggenza costituito dal "Padre Divino" Ay[N 158], da Maya, sovrintendente reale e poi sovrintendente della necropoli reale tebana, la Valle dei Re, e da Horemheb, comandante dell'esercito[N 159]. Il Paese, inoltre, era ormai debilitato dall'esperienza atoniana sia sotto il profilo interno che nei rapporti internazionali; grave si presentava anche la situazione economica[N 160][256], era inoltre politicamente necessario rompere con il passato regime voluto da Akhenaton e, poco dopo la salita al trono del nuovo sovrano, l'intera corte abbandonò la capitale Akhetaton per spostarsi prima a Menfi e poi a Tebe[N 161]. Prima di tale trasferimento, i due giovani sovrani mutarono i propri nomi rispettivamente in Tutankhamon e Ankhesenamon; per avvalorare il ritorno alle antiche pratiche, e preparare la restaurazione degli antichi dei, la cerimonia di incoronazione, già svoltasi ad Akhetaton sotto il patrocinio del dio Aton, venne ripetuta a Karnak, questa volta sotto l'egida di Amon.


In tale quadro di incertezza politico-religiosa si inquadra, perciò, la produzione nell'anno 6° di regno della Stele della restaurazione[N 162] da intendersi, oltre che come dichiarazione di ritorno agli antichi culti, anche, e specialmente, come azione pubblica, in qualche modo risarcitoria, proprio per il clero di Amon[257]. L'idea di fondo di limitare, tuttavia, il potere di Amon, e del suo clero, restò al punto che può essere interessante notare che in tutte le iscrizioni di tale periodo in cui compare il nome dei dio Amon, questo non viene mai indicato come Amon-Ra-sonter, ovvero "Amon-Ra re di tutti gli dei", ma semplicemente come Amon-Ra[258]; analoga idea, ovvero il tentativo di tenere a bada il potere del clero di Karnak, è interpretabile nella presenza quasi costante di una triade di divinità composta da Amon, Ptah e Ra, questi ultimi dei, in origine, molto più antichi ed importanti di Amon che faceva invece parte di una ogdoade locale[259].


Il breve regno di Tutankhamon si concluse, senza eredi[N 163][260] dopo circa 10 anni con la morte del sovrano per cause ad oggi non ancora esattamente individuate; aldilà della fase di restaurazione del culto amoniano e degli antichi dei dopo l'esperienza atoniana, Tutankhamon è tuttavia più famoso per la sua tomba, KV62, rinvenuta nella Valle dei Re, pressoché intatta, nel 1922 dall'archeologo britannico Howard Carter[N 164].



La Regina vedova e la successione |


Morto senza eredi, Tutankhamon lasciava un Paese da poco tornato alle antiche usanze ed al culto degli antichi dei e non ancora politicamente consolidato, all'interno come nei rapporti esteri, dopo l'esperienza amarniana. In tale contesto si inquadrerebbe una missiva, di cui non si hanno tracce negli archivi egizi di Amarna[N 165][261], di cui si ha però notizia dagli archivi reali hittiti di Ḫattuša, l'odierna Boğazkale, antica capitale dell'impero Hittita in Turchia[262]. Dalle "Gesta di Šuppiluliuma I narrate da suo figlio Mursilis II"[263][264], si ha infatti notizia della missiva con cui una "regina vedova" egizia si rivolge al re hittita Šuppiluliuma perché al più presto le invii un suo figlio da far sedere sul trono d'Egitto.









«Mio marito è morto e io non ho un figlio. DIcono che tu hai molti figli; mandamene uno e io lo farò mio marito»


(dagli "Annali di Mursilis"[265])

Dato anche lo stato di guerra tra il due Paesi, Šuppiluliuma I evidentemente non si fidò dell'offerta ed inviò presso la Corte egizia un suo funzionario, Hattusha-Zitish, cosicché per la seconda volta, la "regina vedova" scrisse al re hittita, facendo accompagnare il funzionario da un proprio emissario, Hani, precisando che non intendeva sposare un "servo".









«Ti avrei forse scritto se avessi un figlio che potrei sposare? Mio marito è morto e io non intendo sposare un mio servo. Mandami tuo figlio e io lo farò re.»


(dagli "Annali di Mursilis"[265])

Convinto della veridicità della richiesta, Šuppiluliuma I inviò uno dei suoi figli, Zannanzash, che però non raggiunse mai l'Egitto poiché venne assassinato, verosimilmente da truppe egizie, alla frontiera settentrionale del Paese[266]
Esiste tuttavia diatriba su chi sia la "regina vedova"; la stragrande maggioranza[N 166] degli studiosi ritengono che l'individuazione più plausibile sia Ankhesenamon dopo la morte di Tutankhamon; altri ritengono, invece, possa trattarsi di Nefertiti alla morte di Akhenaton. Nel caso si volesse individuare Ankhesenamon, appare chiaro che lo scambio epistolare e la visita dell'ambasciatore hittita siano dovuti avvenire nei settanta/novanta giorni durante i quali si svolgevano le operazioni per il seppellimento della mummia di Tutankhamon[267]. Ne conseguirebbe che l'assassinio del principe Zannanzash non avrebbe dato possibilità di reiterare la richiesta e Ankhesenamon sia stata costretta a sposare un non appartenente alla famiglia regale. Si è ipotizzato che la scelta possa essere ricaduta su Ay che, sposando Ankhesenamon, figlia e moglie di faraone, lo avrebbe legittimato al trono e che costui però, già sposato fin da Amarna con Tey, avrebbe poi esautorato la regina subito dopo l'incoronazione[268][269][N 167]. Una seconda incongruenza riguarda, infine, il termine dispregiativo usato dalla "regina vedova" che fa riferimento ad un "servo" termine, che, qualora il riferimento fosse stato ad Ay, alto funzionario, fratello della regina Tiy, sposa principale di Amenofi III e, perciò, imparentato con la famiglia reale, sarebbe stato ingiustificato, Si azzarda, perciò[270] che il riferimento potesse essere rivolto ad Horemheb figlio, per quanto è dato di sapere, di un oscuro funzionario di provincia[N 168].




Ay |


A Tutankhamon successe Ay[N 169] che, verosimilmente, ne sposò la vedova Ankhesenamon[272]. Si trattò di un regno alquanto breve, 4 anni[N 170] durante i quali, tuttavia, se da un lato proseguì la politica di restaurazione dopo l'esperienza amarniana di Akhenaton, dall'altro non lo si può definire come di rottura definitiva con il passato giacché ancora il culto atoniano fece sentire i suoi effetti, seppure grandemente stemperati. Una delle versioni più complete del "Grande Inno ad Aton", composto da Akhenaton, si trovava nella tomba già predisposta per Ay ad Akhetaton[273] e l'appartenenza ad un ramo collaterale della famiglia regale, forse perché fratello della regina Tiy, consente di escludere che possa a lui addebitarsi uno strappo totale dalla precedente ideologia, strappo che avverrà, alla sua morte, con il suo successore Horemheb, ultimo re della XVIII dinastia.


Ay venne sepolto nella tomba KV23[N 171] che si ritiene non fosse stata preparata per lui, ma per un altro faraone: Amenofi IV/Akhenaton, Smenkhara o, più probabilmente, Tutankhamon[274]. Nell'area di Medinet Habu, inoltre, iniziò la costruzione di un grande tempio del milione di anni che venne ultimato dal suo successore Horemheb[275].



Horemheb |


Considerato il vero artefice della restaurazione amoniana fu il capo dell'esercito[276], il generale Horemheb[N 172]. Con l'incarico di portavoce del re per la politica estera[277] Horemheb fu inviato in missione diplomatica in Nubia[N 173] e guidò una campagna militare al fianco di Tutankhamon nell'area siro-palestinese a seguito di una violazione di confini degli hittiti che avevano occupato Amqa, in Libano, territorio sotto protettorato egizio. Come rappresaglia gli egizi occuparono Qadeš[N 174] e tale fu il confine verso l'area siro-palestinese sotto il regno di Horemheb[278].


Figlio di un oscuro funzionario di provincia[279], Horemheb proveniva forse da Henet Nesut, la greca Eracleopoli; benché designato già quale "principe ereditario" durante il regno di Tutankhamon[280], Horemheb giunse al trono dopo i 4 anni di regno di Ay sposandone, per legittimare il suo diritto, la figlia Mutnodjemet.


Nella scelta della titolatura regale indicò la sua fermezza nel voler raggiungere la piena restaurazione[281]; egli scelse, infatti, come Nome di Horus "Toro possente dalla sagge decisioni", come nome di Horus d'Oro "Con lui gioisce la Maat e crescono le Due Terre" e come titolo "nebty", ovvero Le Due Signore, "Grande di bellezza in Karnak" a voler confermare la propria devozione al dio Amon, ma anche al suo clero grazie al quale, molto verosimilmente, egli era assurto al trono[282][283].



Titolatura di Horemheb |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo



















E1
D44
O24 s
Aa1
r

Y1
Z2





Srxtail.jpg

k3 nḫt spd ḫrw
Ka-nekhet seped kheru


Toro possente, che si eleva in altezza
G16

nbty (nebti)
Le due Signore







G36
r

U16
tZ2
m i
p
t
Q1 Q1 Q1

wr bj3wt m ipt swt



Grande di bellezza in Karnak
G8

ḥr nbw
Horo d'oro





O4
r

Y1
D2Z1
C10 s L1
N17
N17

hrw hr m3՚t sḫpr t3wy
Heru hor maat sheper tawy


Sotto di lui la Maat è contenta e le Due Terre rinascono


M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg









N5
D45

L1
Z2
N5
U21
N35





Hiero Ca2.svg

dsr ḫprw r՚ stp n r՚
Djeserkheperura Setepenra
Divine sono le manifestazioni di Ra, prescelto da Ra.



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg











M17
Y5
N35
U7
G5 S3
Aa13
W3


[284]




Hiero Ca2.svg

ḥr-m-ḥb mr-imn
Horemheb meriamon

Horo è in festa, amato da Amon.


Drastica fu anche l'opera di damnatio memoriae posta in essere contro Akhenaton, ma anche contro i re che a questi erano succeduti, Smenkhara, Tutankhamon ed Ay[N 175], tanto da dichiararsi discendente diretto di Amenofi III ed inglobando nei propri anche gli anni di regno dei predecessori talché il suo regno, di fatto durato forse 27 anni, risultò di circa 60[285]. Tale opera di cancellazione del passato amarniano, tuttavia, portò notevoli vantaggi in campo archeologico; a lui si deve, infatti, l'iniziale smantellamento della città di Akhetaton, nonché del tempio dedicato ad Aton fatto costruire nei pressi del tempio di Amon a Karnak. Da tali costruzioni recuperò molteplici talatat, i mattoni di piccole dimensioni utilizzati per realizzare più velocemente la città, che reimpiegò come materiale di riempimento di due piloni, il IX e il X, del tempio di Karnak dedicato ad Amon[286][287]. L'enorme quantità di talatat recuperate (oltre 600.000) consentirà, negli anni '70 del '900[N 176], di ricostruire molte parti del tempio di Aton e della città, che venne ulteriormente depredata fino al regno di Ramses II.


Anche in campo infrastrutturale il regno di Horemheb è degno di nota. Oltre i già citati due piloni, a lui si deve la costruzione di un terzo pilone (il II) del tempio di Karnak, nonché l'ampliamento ed il completamento del tempio del milione di anni iniziato da Ay a Medinet Habu e due "speos", ovvero templi rupestri, dedicati ad Amon (nel Gebel Silsila) e al dio Thot (nel Gebel Adda). Nel tempio di Karnak iniziò la costruzione della sala ipostila, proseguita poi da Seti I e ultimata da Ramses II. Proseguendo un'opera iniziata sotto Tutankhamon, congiunse il tempio di Amon con quello di Mut attraverso un viale di criosfingi e usurpò, facendola sua, la Stele della restaurazione di Tutankhamon[288].


In campo legislativo ed amministrativo, abolì la centralizzazione voluta da Akhenaton reintroducendo le istanze religiose locali e nominando giudici e tribunali su base regionale; ripartì il potere giuridico-amministrativo tra Alto e Basso Egitto istituendo le figure del visir di Tebe e di Menfi e ristrutturò l'esercito in due circoscrizioni del nord e del sud del Paese[289].


Horemheb morì nel suo ventisettesimo anno di regno effettivo (cinquantanovesimo se considerato Amenofi III quale suo diretto predecessore) e venne sepolto nella tomba KV57 della Valle dei Re. Si chiudeva, senza eredi maschi[N 177], la XVIII dinastia ed il trono passò ad un altro generale, Ramses che darà inizio alle dinastie dei "ramessidi"[290]



XIX dinastia (1291-1185 a.C.) |


La XVIII dinastia si chiude senza eredi; il successore di Horemheb sarà, perciò, un altro militare, il generale Pramessu, o Ramessu originario del delta nilotico che, con molta probabilità, Horemheb associò al trono prima di morire[291]. Fu costui il primo dei Ramses e nella titolatura espresse palesemente la volontà di proseguire nella linea tracciata dal suo predecessore: come Nome di Horus scelse, infatti, "Colui che conferma la Maat sulle Due Terre", ma con il Nome di intronizzaione (o praenomen), scelse Menpehtyra, ovvero "Stabile è la potenza di Ra" così confermando il suo rapporto privilegiato con il dio di Eliopoli peraltro già insito nel suo nome proprio "Ramses", ovvero "Generato da Ra". A conferma della scelta eliopolitana, e dello spostamento quindi dell'asse religioso da Tebe a Menfi ed al conseguente allontanamento dal clero amoniano, venne anche il Titolo Nebty (Le Due Signore) "Colui che è stato incoronato re, l'eletto di Atum"[292]. Il suo regno, durato due anni, fu particolarmente breve e venne sepolto nella Valle dei Re, tomba KV16.



Tabella "S": XIX dinastia (1291 - 1185 a.C.) |











































Tabella "S": re della XIX dinastia[293]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
1291 - 1289
Ramses I
1289 (1291) - 1278
Seti I
1279 - 1212
Ramses II
1212 - 1202
Merenptah
1202 - 1199
Amenmesse
1199 - 1193
Seti II
1193 - 1187
Siptah
1193 - 1185
Tausert


A Ramses I successe il figlio, Seti I, che aveva associato forse poco dopo l'assunzione del trono[N 178], e che aveva contestualmente ricoperto l'incarico di visir e comandante dell'esercito[N 179][294]. A legittimare la sua ascesa al trono, nel tempio di Abido la cui costruzione era stata iniziata dal padre, Seti I fece scolpire una lista comprendente 76 predecessori sul trono dell'Egitto (da Menes a Seti I)[N 180]. Pur gravitando nell'area del Basso Egitto, sia politicamente che religiosamente, Seti I non sminuì tuttavia il ruolo di Tebe che mantenne lo status di capitale del Paese e, in tal senso, la scelta dei nomi della titolatura regale fu, inoltre, adeguatamente "diplomatica": Nome di Horus "Toro possente incoronato a Tebe che vivifica le Due Terre"; praenomen Menmaatra seguito dall'epiteto "Sovrano di Tebe e Sovrano di Eliopoli" e nome proprio, Seti I, seguito dalle frasi "Amato da Amon" e "Amato da Ptah"[295].


Nel titolo nebty, inoltre, rimarcò quella che sarà una caratteristica particolare del suo regno, ovvero la proiezione del Paese verso l'estero: "Colui dal forte braccio che rinnova le nascite e respinge i Nove Archi[N 181]"


Sono note quattro sue campagne di guerra di cui la prima, nel suo primo anno di regno, verso l'area siro-palestinese per recuperare il possesso di alcuni pozzi che fiancheggiavano la strada che conduceva alle fortezze egizie di Beth-San, Reheb e Megiddo; durante questa campagna, prese alcune città dell'area tra cui Tiro, nell'attuale Libano, Acri, in Israele, Pella, in Giordania. Nella campagna successiva, nel secondo anno di regno, raggiunse Qadeš quindi, stabilizzata l'area, portò la terza campagna contro i libici. Un quarta campagna si rese necessaria nell'area palestinese contro gli hittiti con la quale l'Egitto si assicurò il controllo sulla Siria, ma il confine si formò a sud di Qadeš dopo un trattato di pace stilato con il re hittita Muwatalli II[296].


Anche sotto il profilo edificatorio, benché marcatamente proteso verso il nord, mantenne equa distanza tra le due aree del Paese: valorizzò il dio Seth, di cui recava il nome, facendogli erigere un tempio nell'area di Avaris (l'antica capitale Hyksos)[N 182], ma proseguì i lavori iniziati da Horemheb per la sala ipostila del tempio di Amon a Karnak e fece costruire, nell'anno undicesimo, un'altra sala ipostila in Nubia nel tempio dedicato ad Amon di Gebel Barkal.


Alla sua morte, avvenuta dopo undici anni di regno, venne sepolto nella tomba KV17 della Valle dei Re, nota anche come "Tomba Belzoni", dal nome dell'italiano Giovanni Battista Belzoni che ne fu lo scopritore nel 1817, forse la più decorata della Valle e sicuramente la più bella tanto da meritare l'epiteto di "Cappella Sistina egizia"[N 183].



Ramses II |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Ramses II, Battaglia di Qadeš, Abu Simbel, Diga di Assuan, Lista dei figli di Ramses II e Pi-Ramses.

Alla morte di Seti I, nel 1304 a.C. circa[N 184], salì al trono il figlio ventenne Ramses II il cui regno sarà forse il più longevo dell'antico Egitto con i suoi oltre 67 anni, durante i quali tale sarà la figura del faraone, con ripercussioni nella storia anche di altri paesi dell'area medio-orientale, da meritargli l'appellativo di "Ramses il Grande"[297].



Titolatura di Ramses II |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo



















E1
D44
C10 mr





Srxtail.jpg

kA-nxt-mr-mAat

Toro Possente Amato da Maat
G16

nbty (nebti)
Le due Signore




G45
f
Z7
D44 N25
t
Z2

mk-kmt-waf-HAswt

Protettore d'Egitto, Dominatore dei Paesi Stranieri
G8

ḥr nbw
Horo d'oro






wsr s M4 M4 M4
O29
D44
Z2

wsr-rnpwt-aA-nxtw

Ricco di anni, Grande di Vittorie


M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg










ra wsr mAat
ra
stp
n





Hiero Ca2.svg

wsr-mAat-ra-stp-n-ra
User Maat-Ra Setepenra
Potente è la Maat di Ra, L'eletto di Ra



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg











C2C12
N36
F31 S29 M23





Hiero Ca2.svg

Ra-ms-sw-mr-jmn
Ramessu Meri Amon
Ra lo ha generato, amato da Amon


Con il titolo nebty, Protettore dell'Egitto e Dominatore dei Paesi stranieri, si manifesta l'ideologia guerriera del re che, infatti, già nel secondo anno di regno dovette affrontare la minaccia costituita dalle incursioni piratesche degli Shardana[N 185] che sconfisse in una battaglia navale e che, successivamente, apprezzandone il valore, inglobò nel suo esercito facendone la sua guardia personale[298].



Gli hittiti e il trattato di pace |


Nell'anno quarto iniziò lo scontro che, protrattosi per lungo tempo, doveva caratterizzare il regno stesso di Ramses II, quello con l'impero Hittita. Una prima campagna portò l'esercito egizio prima a Tiro, quindi a Biblo e nel Regno di Amurru che venne sottomesso. L'anno successivo Ramses organizzò una seconda campagna nell'area siro-palestinese, ancora una volta contro l'impero Hittita; questa volta la partenza della spedizione avvenne da Pi-Ramses, la nuova capitale appositamente fatta costruire da Ramses nei pressi dell'antica Avaris, e si diresse verso il Giordano; oltrepassò il Lago di Tiberiade e risalita la Valle della Beqa', raggiunse Qadeš nella cui pianura si svolse la battaglia più famosa del regno di Ramses e, per quanto noto, della storia egizia[299]. Sostanzialmente la battaglia si risolse con un nulla di fatto da entrambe le parti in campo[300][301][302], ma Ramses la propagandò come una grande vittoria non esitando a mettere in cattiva luce il suo stesso esercito timoroso ed esaltando le sua gesta personali.









«Non c'è un principe con me, non c'è auriga, non c'è un soldato, non un ufficiale. Mi ha lasciato il mio esercito, la mia cavalleria si è in ritirata davanti a loro, non si è fermato uno di loro per combattere»


(dal "Poema di Pentaur"[303])

.


Ne fece scolpire le fasi sui suoi monumenti più importanti: sul muro di cinta del tempio di Abido costruito dai suoi predecessori, su tre pareti del tempio di Amon a Karnak[N 186], due volte a Luxor[N 187] e sul muro nord dell'interno del tempio di Abu Simbel. Ne lasciò traccia in uno scritto su papiro, il "poema di Pentaur", dal nome dello scriba che lo redasse[N 188], nonché in altre redazioni su papiro (Raifé, oggi al Louvre, Sallier III e Chester Beatty II, quest'ultimo molto frammentato, al British Museum), nonché in "bollettini di guerra" e rappresentazioni grafiche per un totale di tredici versioni[304].









«Divenni come Monthu: lanciai frecce a destra, catturai prigionieri a sinistra; ero come Seth nella sua ora, davanti a loro. Le duemilacinquecento pariglie in mezzo alle quali mi trovavo, erano ammucchiate davanti ai miei cavalli. Non uno trovava fra loro coraggio per combattere. I loro animi erano sciolti nel loro corpo, le loro braccia deboli, e non riuscivano a lanciar frecce. Non trovavano il coraggio per impugnare le loro lance. Li feci allora cadere nell'acqua come cadono i coccodrilli, uno sull'altro. Feci strage fra loro a mio piacere»


(dal "Poema di Pentaur"[305])

.


Anche nei resoconti di questa battaglia vengono menzionati espressamente gli Shardana.









«Sua Maestà aveva preparato il suo esercito, la sua cavalleria, gli Sherdan... forniti di tutti i loro attrezzi di guerra»


(dal "Poema di Pentaur"[306])

Altre campagne nell'area siro-palestinese, dove nel frattempo gli hittiti avevano creato una coalizione contro l'Egitto, furono portate da Ramses II nell'anno settimo, quindi nell'ottavo e nel nono[307] durante la quale gli egizii superarono i monti della Galilea e occuparono Acri garantendosi la fedeltà di Tiro, Sidone, Biblo, Irqata, Dapur, Tunip, a nord della Siria. La situazione così creatasi suscitò disordini nell'impero hittita con colpi di stato che videro alternarsi sul trono vari rappresentanti della famiglia reale e di rami collaterali della stessa fino a che, nell'anno diciottesimo di Ramses II, il re hittita fuggiasco, Uri-Teshub, che era precedentemente salito al trono con il nome di Muršili III non si rifugiò in Egitto per sfuggire ad Hattušili III che ne chiese l'estradizione negata dal potere egizio che, anzi, iniziò nuove campagne di guerra che si protrassero per tre anni[308]. Nell'anno ventunesimo di regno di Ramses II (orientativamente nel 1259 a.C.) si giunse al più antico trattato di pace di cui si abbia conoscenza tra Egitto e impero Hittita, anche per contrastare una nuova minaccia che, nel frattempo, si stava profilando, la potenza Assira[309]. Trascrizioni di tale trattato sono state rinvenute in entrambi i paesi: in Egitto su due stele, una a Karnak e l'altra nel Ramesseum, in Turchia, l'antica sede dell'impero hittita, nell'archivio di Bogazkoy, l'antica capitale Ḫattuša[N 189].


Tra le altre clausole, particolarmente importanti appaiono quelle che regolano le alleanze, nonché l'istituto giudiziario dell'estradizione tra le due entità sovrane che viene sottoposto a particolari vincoli, come peraltro avviene ancora nei trattati moderni, per reati politici o d'opinione.









«[...]Il grande principe di Kheta non attraverserà la (frontiera) del paese dell'Egitto, mai mai, per impadronirvisi di qualcosa; allo stesso modo, Usermaatra Setepenra non attraverserà (la frontiera) del paese di Kheta, mai mai, per impadronirvisi di qualcosa. [...] Se un altro nemico verrà fino al paese di Usermaatra Setepenra, il grande principe dell'Egitto, e questi si rivolgerà al grande principe di Kheta dicendo: "Vieni con me come alleato contro di lui", il grande principe di Kheta [si unirà a lui] e ucciderà i nemici (dell'alleato). [...] Se un uomo o due fuggiranno dall'Egitto, o anche tre uomini, e si rifugeranno dal principe di Kheta, questi non li prenderà e saranno inviati indietro a Usermaatra Setepenra, il grande principe dell'Egitto; l'uomo che sarà in tal modo riportato a Ramses Meriamon, il grande principe dell'Egitto, non gli sarà contestato questo crimine, non sarà fatto danno alla sua casa, a sua moglie o ai suoi figli, non sarà ucciso, non sarà accecato né gli saranno tagliate le orecchie o gli saranno mutilate le gambe. Non gli sarà contestato nessun crimine[310][N 190]»


(estratti dalla copia del trattato del Ramesseum[311])

Dopo tale trattato, i rapporti tra le due grandi potenze dell'epoca si stabilizzarono al punto che, nell'anno trentatreesimo di Ramses II, questi sposò una principessa hittita; una seconda principessa, quale sposa di Ramses, raggiungerà l'Egitto nell'anno quarantaquattresimo del suo regno; nell'anno trentaseiesimo si ha notizia di una visita diplomatica in Egitto dell'erede al trono hittita, il futuro Tudhaliya IV, seguito, nell'anno quarantesimo, da una visita dello stesso re Hattušili III.



Attività edificatoria |


Giacché la situazione politico-militare alle altre frontiere era tranquilla[N 191] Ramses II poté dedicarsi a consolidare la restaurazione iniziata con Tutankhamon e proseguita con Horemheb ed i suoi immediati successori, eliminando ogni traccia dell'esperienza amarniana e facendo demolire sistematicamente la città di Akhetaton[N 192] utilizzandone il materiale per ingrandire la vicina Ermopoli[312].


In Nubia, onde rafforzare il proprio potere, fece costruire sette templi nell'area compresa tra la seconda e la terza cateratta[313][N 193]; nell'anno trentesimo Ramses II fece realizzare un tempio rupestre a Derr (nei pressi di Amada), la "Casa di Ramses-Meriamon nella Casa di Ra", dedicato a Ra e ad Amon-Ra di Karnak[314].


Altre costruzioni, sia con intento specialmente politico che religioso, furono da lui erette in Uadi es-Sebua, Amara (al confine con il Sudan)[315][N 194]. L'estensione dell'Egitto, dalla quinta cateratta alla Siria del nord, ben può giustificare l'epiteto di "impero" assegnatogli dagli storiografi e giustifica la necessità di spostamento della capitale da Tebe ad una città appositamente fatta costruire sul delta nilotico, Pi-Ramses[N 195]. La scelta di tale città come capitale (peraltro durata, con ampliamenti successivi, fino alla XXII dinastia), oltre a motivazioni di ordine strategico-politico, confermava la decisione di allontanare la Corte del clero tebano di Amon rafforzando, nel contempo, i legami che univano la famiglia reale con Eliopoli e Menfi[316].



Morte e problemi di successione |


Come attestato peraltro dalla mummia[N 196], Ramses morì ad oltre 85 anni dopo oltre 67 di regno. Il Paese era all'apogeo del potere, ma la successione si presentò alquanto complessa giacché, nel corso dei decenni, benché accreditato di oltre 100 figli, erano successivamente mancati i principi designati a succedergli[N 197]; salì così al trono il tredicesimo figli di Ramses II, Merenptah di oltre 60 anni[317].



Da Merenptah a Tausert |


Tredicesimo figlio di Ramses e della regina Isinofret, Merenptah salì al trono intorno ai 60 anni e regnò per circa 10 generando Seti-Merenptah, il futuro Seti II. L'impero, ormai stabilizzato, non creò particolari problemi politici interni al nuovo sovrano che, pur mantenendo la capitale a Pi-Ramses, in campo edilizio provvide ad accrescere l'importanza di Menfi ampliando il tempio dedicato a Ptah, di cui recava il nome, e facendovi costruire un suo palazzo reale ed un tempio a lui dedicato; nell'area di Tebe, fece erigere un altro tempio dedicato al suo culto utilizzando materiali ricavati dal Tempio funerario di Amenofi III[318].


In politica estera Merenptah proseguì nella linea tracciata dal predecessore ed è noto, sulla scorta del trattato di pace firmato nell'anno ventunesimo di Ramses II, un invio di grano in un periodo di carestia nel paese hittita che, tuttavia, il faraone non supportò militarmente in occasione di un'aggressione da parte della nascente potenza assira capeggiata dal re Tukulti-Ninurta I. Nell'anno quinto di regno (1208-1209 a.C. circa), Merenptah inviò spedizioni punitive nell'area libica e nell'area siro-palestinese contro Askalon e Gezer, fatti narrati in una stele nota come Stele d'Israele giacché tra i paesi menzionati in geroglifico, risulta la dizione "Ysrỉr" affiancata dal determinativo[N 198] che indica una popolazione, e non un territorio o una città, interpretata come riferimento alla popolazione nomade di Israele[319]. Quanto alla spedizione in Libia e contro i Popoli del Mare dell'anno quinto, si trattò dapprima di una situazione di stallo che venne poi recuperata con la grande vittoria, decantata nella stele di cui sopra, che avrebbe portato all'uccisione di 6.000 nemici, e alla cattura di oltre 9.000 prigionieri[320].


Alla morte di Merenptah, dopo circa dieci anni di regno (sepoltura nella tomba KV8 delle Valle dei Re), si ripropose, come ripercussione ancora del lunghissimo regno di Ramses II, il problema della successione. Le uniche tracce degli ultimi 15 anni della XIX dinastia appaiono nebulosi tanto che non è certa neppure la successione dei vari re sul trono; se ne hanno poche tracce e derivano, principalmente, da resoconti risalenti ai regni di Sethnakht e Ramses IV della XX dinastia[321]: si presume ci sia stato uno scontro tra rami collaterali della famiglia regnante con l'assunzione del trono da parte di Amenmesse, secondo alcuni figlio di Merenptah, ma più probabilmente figlio di una figlia di Ramses II (e perciò nipote di Merenptah)[322]. Costui viene tuttavia considerato un usurpatore, avrebbe regnato solo 5 anni, e se ne hanno perciò poche tracce, prova ne sarebbe, inoltre, il fatto che, avendo egli usurpato molti monumenti preesistenti, il suo nome venne a sua volta scalpellato dal successore Seti II figlio di Merenptah[323]. Intorno alla figura di Amenmesse, sulla sua tomba KV10, ma ancor più sulle fasi conclusive della XIX dinastia e sull'evoluzione della situazione politica in Egitto, molti studi sono stati eseguiti in particolare negli anni '90 del '900 a cura dell'Università di Memphis specie a cura dell'egittologo Otto John Schaden[324].


Alla morte di Amenmesse salì al trono Seti II che, complicando ancora le possibilità di successione all'interno della XIX dinastia, sposò Takhat (ma la posizione di quest'ultima nella famiglia reale è in dubbio[325]); Tausert, che avrebbe generato Seti-Merenptah (forse morto prima del padre) e una terza regina, Shoteraja, madre di Ramses-Siptah che salì al trono in giovanissima età e, per questo, venne affiancato dalla matrigna, Tausert a sua volta coadiuvata dal cancelliere Bay[326][N 199]. Morto in giovane età (forse diciottenne) Siptah (tomba KV47), Tausert si autoproclamò re assegnandosi il completo protocollo reale: Nome di Horus "Toro possente amata da Maat" (Kha-nekhet Merimaat); titolo nebty (Le Due Signore) "Fondatore dell'Egitto, che vince le terre straniere", nome di incoronazione "Figlia di Ra, amata da Amon" (Satra Meriamon); titolo Sa-Ra (figlio di Ra) "La potente, scelta da Mut" (Tausert Seteptenmut). Si ritiene che Tausert abbia regnato per altri due anni autonomamente venendo sepolta nella tomba KV14 della Valle dei Re, tomba che sarà poi usurpata dal suo successore Sethnakht, primo faraone della XX dinastia[327].


A rendere ancora più complessa la situazione che si andava delineando con il cambio di dinastia, è bene tener presente che, dopo oltre un secolo, Merenptah aveva riassegnato al Primo Profeta di Amon, a Karnak, il titolo di "Capo dei profeti di tutti gli dei dell'Egitto" così, di fatto, ripristinando una situazione di sudditanza con il clero amoniano che Amenofi III prima, in maniera alquanto blanda, ed Akhenaton poi, in maniera più traumatica, avevano in qualche modo cercato di allontanare e che, nel prosieguo della storia egizia, porterà ad ulteriori frazionamenti territoriali e ad un nuovo smembramento dell'unitarietà del Paese.



I faraoni dell'esodo |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Faraoni nella Bibbia.

Benché nella vasta letteratura egizia non esistano tracce dell'episodio biblico che va sotto il nome di "Esodo"[328] (a riprova che l'episodio stesso non ebbe vasta eco o fu di minore incidenza sulla vita del Paese), né siano state rilevate tracce archeo-storiche certe a conferma dell'evento, altrettanto vasta e approfondita è stata nel tempo la ricerca del periodo storico in cui l'episodio stesso sarebbe avvenuto giungendo in taluni casi, di contro, a negarne l'esistenza[329].


Per tentare tuttavia una datazione, particolare attenzione è stata posta sulle cosiddette "piaghe d'Egitto" e, segnatamente, sulle tenebre (Es10,21-29) che si ritiene possano essere derivate dall'eruzione dell'isola di Thera/Santorini. La datazione archeo-storica posiziona l'eruzione che distrusse gran parte dell'isola greca intorno al 1520 a.C.[330], mentre la datazione 14C sposta la data indietro di 100 anni, nel 1627-1600 a.C.[331]. Tale seconda data è stata confermata dalla dendrocronologia di piante e alberi dell'isola e, in particolare, da una pianta di olivo sepolta ancora viva, ed in posizione verticale, nella tefra di Santorini: la pianta ha proseguito nella sua crescita nonostante la copertura di pomice e cenere confermando (al 95%) la datazione del 1627-1600 a.C.[332].


Prendendo tali date come possibili indicatori, si potrebbero individuare i faraoni dell'"Esodo" come regnanti nel Secondo Periodo Intermedio (1790-1540 a.C., dinastie da XIII a XVII), nel caso del 1627-1600 a.C., o nel Nuovo Regno (1540-1080 a.C., dinastie da XVIII a XX), nel caso del 1520 a.C.


Aldilà degli studi più recenti, per lungo tempo si è identificato il faraone dell'esodo in Rasmes II[333][334], anche per il preciso riferimento (1,1-15,21) ai lavori posti in essere da "Israele" per la costruzione delle città-deposito di Pitom (da Pi-Atum, città di Atum) e Ramses (identificata con la Pi-Ramses, città di Ramses, ovvero la nuova capitale voluta dal secondo Ramses nel delta nilotico)[N 200][335]; maggior credito ottenne, tuttavia, agli inizi del '900, l'individuazione di Merenptah[336] a causa della presunta morte del primogenito (Es12,29-30) e, specialmente, per la presenza di tracce di sale rinvenute sulla sua mummia che furono messe in relazione con un possibile annegamento nel Mar Rosso[337], piuttosto che con l'usuale immersione del corpo nel natron prevista per la mummificazione.




XX dinastia (1188/87-1075/69 a.C.) |


Abbiamo contezza degli ultimi, nebulosi, circa quindici anni della XIX dinastia solo da testimonianze risalenti ai regni di Sethnakht e Ramses IV in base alle quali non è certa neppure la successione dei vari faraoni. Ultimo sovrano della XIX dinastia fu la regina Tausert alla quale si oppose Sethnakht, molto verosimilmente con una guerra civile[338]. Quest'ultimo molto probabilmente regnò in concorrenza con la regina che condannò, alla sua morte, ad una damnatio memoriae rilevabile nelle sovrapposizione di cartigli operate all'interno della tomba KV14 che usurpò per se stesso. Si ritiene, inoltre, che[339][340] abbia fatto traslare il corpo di Seti II, ospitato in questa sepoltura, nella KV15 distruggendo il corpo fisico della regina.


Iniziava in tal modo la XX dinastia, la seconda "ramesside" e l'ultima del Nuovo Regno.



Tabella "T": XX dinastia (1188 - 1069 a.C.) |



















































Tabella "T": re della XX dinastia[341]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
1188 - 1186
Sethnakht
1186 - 1154
Ramses III
1154 - 1148
Ramses IV
1148 - 1144
Ramses V
1144 - 1136
Ramses VI
1136 - 1128
Ramses VII
1128 - 1125
Ramses VIII
1125 - 1107
Ramses IX
1107 - 1098
Ramses X
1098 - 1069
Ramses XI



Ramses III e i Popoli del Mare |


Figlio di Sethnakht e considerato l'ultimo grande re del Nuovo Regno[342], Ramses III salì al trono intorno al 1186 a.C. elevando a suo modello politico il predecessore Ramses II e spingendo la volontà di assimilazione dalla titolatura reale alla costruzione di un tempio sul modello del "Ramesseo".



Titolatura di Ramses III |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo





















E1
D43
O29 M23 i i
t
Z2s





Srxtail.jpg

k3 nḫt ՚3 nsyt
Ka-nekhet Aanesit
Toro possente, con grande maestà
G16

nbty (nebti)
Le due Signore






G36
r
O23 Z3 W19 A52

wr hḫbw se mj t3 tnn



Grande nella Heb Sed come Ptah-Tatenen
G8

ḥr nbw
Horo d'oro







wsr M4 M4 M4 W19 C17

wsr rpwt mi imn

Ricco di anni come Amon
(Ramses II = Ricco di anni, Grande di Vittorie)


M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg












N5 wsr C10 N36 i m&n





Hiero Ca2.svg

wsr m3՚t r՚ mr imn
Usermaatra meriamon
Potente è la Maat di Ra, amato da Amon
(Ramses II = Potente è la Maat di Ra, L'eletto di Ra)



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg












C2 F31
O34
O34
S38 X7 O28





Hiero Ca2.svg

r՚ ms sw hq3 jwnw
Ramessu heka Iunu
Nato da Ra, signore di Iunu
(Ramses II = Ra lo ha generato, amato da Amon)


Anche Ramses III nel suo anno quinto, come già Merenptah nell'anno quinto, dovette affrontare i libici che premevano sul confine occidentale del delta nilotico; li sconfisse e, come già Ramses II con gli Shardana, ne incorporò le truppe nel suo esercito sperando di garantire maggiore stabilità all'area[343]. Tale idea era però costretta a non essere risolutiva giacché, nell'anno undicesimo, una nuova ondata libica si riversò sull'Egitto; nuovamente gli invasori vennero pesantemente sconfitti, i prigionieri vennero marchiati a fuoco, i loro beni confiscati ed assegnati al clero di Amon[N 201], le loro famiglie deportate in Egitto, in schiavitù, e gli uomini impiegati come mercenari nel Fayyum[344]. Si ricreò in tal modo, tuttavia, la situazione già verificatasi con gli Hyksos alla fine del Medio Regno e le famiglie, cui si aggiungeranno nei decenni altri coloni giunti dalle terre libiche, con il passar del tempo assumeranno caratteri egittizzanti, pur restando ben differenziate dalle popolazioni locali, che porteranno il Paese inesorabilmente verso la nuova situazione di disordine e di caos interno che sfocerà, al termine della XX dinastia, nel Terzo Periodo Intermedio[345].


Contestualmente tra le due guerre libiche, nell'anno ottavo, Ramses III aveva dovuto affrontare i Popoli del Mare che, alleatisi con i Filistei, premevano sul confine del delta orientale. Lo scontro finale di questa prima guerra, che vide la vittoria degli egizi, si ebbe sul mare ed è narrato sulle pareti del tempio funerario che Ramses III si fece costruire a Demy[N 202], l'attuale Medinet Habu[N 203][346] strutturato sul modello del Ramesseum.


Pur non eguagliando il suo modello in campo edilizio, oltre Medinet Habu, Ramses III intervenne nel tempio di Luxor e a Karnak dove iniziò la costruzione di un tempio dedicato a Khonsu[N 204]. Suoi interventi edilizi si ebbero anche a Pi-Ramses, Eliopoli, Menfi, Athribis, Ermopoli, Assiut, This, Abido, Coptos, Naqada, in Nubia ed in Siria[347][348].



Lo sciopero degli operai e la congiura dell'harem |









«Anno ventinovesimo, mese secondo dell'Inverno, giorno 10 [...] oltrepassati i cinque recinti dal parte della squadra dicendo: "Noi abbiamo fame e 18 giorni sono già entrati nel mese", si sono seduti sul retro del tempio di Men-Kheper-Ra[N 205] [...] gli operai dissero loro: "Siamo arrivati a ciò per inizio di fame ed inizio di sete. Non vi sono vesti, non vi sono unguenti, non vi sono pesci e non vi sono ortaggi. Fate rapporto al Faraone, vita, salute e e gloria, il nostro Buon Signore [...][N 206][...] Anno ventinovesimo, mese terzo dell'inverno, giorno [...] Disse Mes, figlio di Aa-Nekhtu: "Come è vero che dura Amon e come è vero che dura il Governatore, vita, forza e salute, la cui potenza è più della morte, se io sarò portato via da qui, oggi, che egli (il Governatore) possa trascorrere la notte a maledire le tombe![...]»


(dal "Papiro giuridico di Torino"[349])

Il regno di Ramses III fu tuttavia attraversato da momenti di disordine dovuti, in special modo, alla corruzione della classe amministrativa; così nell'anno ventinovesimo del suo regno si verificò il primo sciopero di cui si abbia notizia nella storia[350] il cui evolversi è narrato nel Papiro giuridico di Torino[351] con veri e propri sit-in ante litteram, posti in essere dagli operai del villaggio operaio di Deir el-Medina dediti ai lavori di scavo e manutenzione delle tombe della Valle dei Re, che non venivano pagati o venivano pagati con notevole ritardo[352].


Oltre che in campo edilizio, Ramses III emulò il suo modello ideale, Ramses II, anche nella longevità e nei problemi di successione. Vivrà infatti circa 65 anni e gli premoriranno tutti gli eredi al trono figli della regina Iside, figlia di Habagilat (forse di origine siriana)[353]: Pareheruenemef (tomba QV42); Khaemuaset (tomba QV44); Amonherkhepshef (tomba QV55) ed un Ramses di cui non si hanno ulteriori notizie[354]. Alla scomparsa della grande sposa reale, Iside, tuttavia, nessun'altra regina verrà elevata a tale rango e ciò comporterà difficoltà concrete nell'individuazione dell'erede designato talché, nell'anno trentaduesimo di regno, maturò in seno all'harem reale, e segnatamente a cura della regina minore Tiy, una congiura per assassinare il re[355][356] e porre sul trono suo figlio Pentauret.
Gli atti del procedimento intentato contro i cospiratori, 28 tra donne dell'harem, militari (tra cui un comandante delle truppe di Kush ed un generale) e funzionari di Corte tra cui un maggiordomo ed il siniscalco, ci sono pervenuti in varie stesure la più completa delle quali è riportata nel Papiro giuridico di Torino, nonché nei papiri Lee e Rollin[357]. È interessante notare che, durante il procedimento, i nomi stessi dei congiurati vengono a volte travisati con pseudonimi infamanti destinati a stigmatizzare per l'eternità i loro misfatto[358] così, ad esempio, il "capo dipartimento" Pay-Bak-Amon, il "Servo di Amon", viene indicato come Pay-Bak-Kamen, ovvero il "Servo cieco", mentre il sovrintendete dell'harem, Pa, viene indicato come Pa-Nuk, ove "nuk" è un nomignolo dispregiativo per indicare il malvagio serpente Apopi[359]. Quasi tutti i nomi vengono preceduti, inoltre, dall'epiteto "grande nemico"[N 207]. Procedimento durante, inoltre, anche cinque giudici su dodici vennero arrestati per collusione[N 208][360].


Il fatto che il testo del procedimento sia scritto in prima persona, come fosse Ramses III a narrare, ha fatto a lungo credere che il complotto non avesse avuto successo[361] fino al 2012 quando una equipe guidate da Albert Zink dell'Istituto per le mummie dell'Accademia europea di Bolzano e composta da egittologi, esperti in biologia molecolare e paleopatologia ha sottoposto la mummia di Ramses III ad esami. Le analisi, e in particolare la TAC condotta sulla mummia, hanno rivelato che la gola del faraone presenta una profonda ferita probabilmente causata da un coltello molto affilato. All'interno della ferita venne inserito un amuleto, l'occhio di Horus, molto probabilmente con intento apotropaico, dai sacerdoti e dagli imbalsamatori[362].


Anche la morte di Ramses III non fu scevra da problematiche connesse allo scavo della sua tomba nella Valle dei Re; si ritiene che originariamente per lui fosse stata predisposta la KV3 che, negli anni '20 dell'800, recava tracce di cartigli a lui intestati, ma che venne poi verosimilmente adeguata come sepoltura per un principe[N 209][363]. Per la sepoltura di Ramses III, forse a causa dell'inattesa scomparsa a seguito del complotto ai suoi danni, venne adattata la KV11 originariamente scavata per Sethnakht ed i cui lavori erano stati interrotti per l'imprevista invasione della vicina tomba di Amenemes, KV10[N 210]. Trasferito successivamente nella cosiddetta cachette di Deir el-Bahari (DB320), il corpo, un uomo di circa 65 anni, venne rinvenuto nel 1881 dall'egittologo Émile Brugsch[364].




Da Ramses IV a Ramses X |


Alla morte del terzo Ramses dopo trentadue anni di regno, intorno al 1154 a.C., si iniziò una disputa per il potere tra la sua discendenza diretta e rami paralleli della famiglia facenti capo a fratelli e nipoti[365] che si protrarrà, per meno di cento anni, fino alla fine della XX dinastia. Nell'immediatezza salì al trono forse un suo figlio quarantenne, Ramses IV, che processò i congiurati e iniziò la costruzione di un enorme tempio funerario nell'area di Deir el-Bahari. La morte, dopo sei anni di regno, non consentì che tale progetto fosse portato a conclusione anche se il suo nome venne iscritto in vari monumenti del Paese e suoi scarabei iscritti sono stati rinvenuti nell'area palestinese. Sua fu, inoltre, la decisione di potenziare la comunità operaia di Deir el-Medina che portò a 120 uomini per un complessivo, comprese le famiglia, di circa 1200 unità[366].


Alla sua morte, intorno al 1148 a.C., assunse il trono suo figlio Ramses V-Amonherkhepeshef che riaprì le cave di Gebel el-Silsila e le miniere del Sinai. A lui[367] (ma l'attribuzione è incerta e viene invece assegnato a suo padre Ramses IV[368]) si deve il "papiro 1887" oggi al Museo egizio di Torino che fa riferimento ad uno scandalo finanziario in cui erano implicati sacerdoti di Elefantina e che è sintomatico della situazione di considerevole corruzione del periodo: Pen-Anqet, detto Sed, capo dei sacerdoti del tempio di Khnum ad Elefantina, ed alcuni altri sacerdoti suoi complici, vendette i bovini sacri al dio.









«[...]la vacca nera che era in suo possesso aveva partorito 5 torelli neri di Mnevis. Egli li aveva portati via [...]tagliò loro la coda, li portò verso sud e li dette in vendita [...] il grande torello Mnevis che era in suo possesso, egli tagliò la sua coda, lo dette per poco a dei poliziotti della fortezza di Bigge e ricevette una caparra da essi [...]»


(dal "Papiro degli scandali di Elefantina"[369])

Successivamente a tale furto sacrilego il sacerdote violentò due donne sposate durante un viaggio a Tebe.









«[...]rapporto concernente la violenza carnale che egli fece alla cittadina Mut-nemehu, figlia di Pa-sekhet, ella era moglie del pescatore Gehuty. [...] violenza carnale che egli fece a Ta-besa, figlia di Shuyu, moglie di Ahauty [...]»


(dal "Papiro degli scandali di Elefantina"[370])

E, ancora, si appropriò di oggetti di valore proprietà del tempio, giungendo a malmenare, tagliare le orecchie, cavare gli occhi, sostituire i collaboratori che non approvavano tale comportamento[371]. Non si è a conoscenza dell'esito del procedimento.


Morto Ramses V, di vaiolo, dopo soli quattro anni di regno, a lui successe Ramses VI-Amonherkhepeshef II probabilmente figlio di Ramses III e, quindi, zio di Ramses V[372]. Al contrario del IV Ramses, riportò la forza lavoro di Deir el-Medina a 60 uomini, usurpò la tomba KV9, che il suo predecessore si era fatto allestire nella Valle dei Re e fece iscrivere il suo nome, che non figurava, nell'elenco dei figli di Ramses III nel tempio di Medinet Habu[373]. Si assiste, di fatto, ad una sorta di faida interna alla famiglia cui corrisponde un collaterale aumento di potere dei sacerdoti di Amon a Tebe, ma anche nel resto del Paese[374]. Fu l'ultimo sovrano del Nuovo Regno il cui nome sarà rinvenuto nell'area sinaitica[375].


Dopo otto anni di regno, nel 1136 a.C. circa, gli successe suo figlio Ramses VII durante il quale regno aumentò la povertà nel Paese[376][377]. Poche sono le tracce di Ramses VII a Menfi, Karnak, Elkab, Tell el-Yahudiyeh, prima della sua morte dopo circa otto anni di regno. Gli successe Ramses VIII-Sutekhherkhepeshef, uno dei figli superstiti di Ramses III, che regnò, però, solo un anno.


All'ottavo Ramses successe Ramses IX che regnò diciotto anni e che ebbe così tempo per porre in essere notevoli attività edilizie specie ad Eliopoli confermando la proiezione della famiglia verso il nord del Paese, ma non facendo venir meno il proprio appoggio al clero tebano di Amon. Qui, anzi, iniziò un'azione di risalita del potere da parte del Primo Profeta Ramsesnakht che, mediante matrimoni tra i membri della propria famiglia, intrecciò legami tali da comprendere il Secondo, Terzo e Quarto profeta di Amon, il Sindaco di Tebe ed altri funzionari e notabili della città[378] il che gli consentì, in breve tempo, di acquisire un potere tale da poter tramandare la carica al proprio figlio Nesamon che, nell'anno decimo di Ramses IX, la trasferì al proprio fratello Amenofi[379].
Durante il sedicesimo anno di regno di Ramses IX, mentre era Primo Profeta di Amon Amenofi, si verificò la prima delle grandi ruberie nella Valle dei Re come risulta dai diari di lavoro del villaggio operaio di Deir el-Medina e da papiri giuridici relativi ai procedimenti penali contro i responsabili[380][381]. È questo il periodo in cui si procede, peraltro, ad ispezioni delle tombe della Valle ed alla traslazione di alcuni sovrani per sottrarli allo scempio dovuto alle incursioni ladresche.


Alla morte di Ramses IX sale al trono Ramses X-Amonherkhepeshef, la cui durata di regno è incerta (gli si attribuiscono dai tre ai nove anni di regno), che fu l'ultimo re di cui è attestata la sovranità sulla Nubia[382].




Ramses XI e l'ascesa dei sacerdoti di Amon |


Suo successore fu Ramses XI con un regno di ventisette anni di cui, però, solo diciannove di potere effettivo[383]. La situazione economica del Paese, unita al clima di insicurezza generatosi, rendeva particolarmente critica la politica interna, con disordini e saccheggi ricorrenti anche a seguito di una forte carestia nel nord[384]. A tale situazione si affiancavano le agitazioni del clero amoniano che sempre più si arrogava prerogative tendenti ad elevare il Primo Profeta a livello dello stesso faraone[385][N 211]. Anche a seguito di nuove ruberie nella Valle dei Re, di cui in qualche modo era supervisore proprio il Primo Profeta di Amon, Ramses XI rimosse dal suo incarico Amenofi; questo scatenò una vera guerra civile che costrinse il viceré di Nubia, Panehesy, ad intervenire a Tebe e a nord fino al diciassettesimo nomo dell'Alto Egitto, "lo Sciacallo", con capitale Hardai[386].
Nell'anno diciannovesimo di regno la carica di Primo Profeta venne assunta da Herihor, uomo dalla forte personalità, forse di origine libica, che registrò la sua ascesa politica sulle pareti stesse del tempio di Khonsu a Karnak ove giunse ad assegnarsi una titolatura che, per quanto non completa come quella dei re, era comunque sintomatica di un vero e proprio strapotere in contrasto con quello del faraone[387].


Nel complesso, il potere in Egitto si basò, almeno dapprincipio, sull'equilibrio tra tre uomini: Ramses XI, che di fatto non aveva più alcun potere[388] tanto che, alla sua morte (intorno al 1069 a.C.), per lui non era pronta neppure una tomba nella Valle dei Re[N 212][389]; Smendes, un funzionario amministrativo che gestiva il nord del Paese sostanzialmente agli ordini del clero di Amon, e che molto probabilmente aveva sposato una figlia di Ramses XI; il Primo Profeta di Amon Herihor che cumulava in se cariche spirituali e temporali tra cui il comando dell'esercito dell'Alto Egitto e della Nubia. Tale ultima carica provocò la rivolta del viceré Nehesy e la secessione della Nubia riducendo il regno d'Egitto all'area compresa tra Assuan e il Mediterraneo.


Alla morte di Ramses XI, si ricreò la frattura tra Basso e Alto Egitto: nel nord, il Basso Egitto, Smendes I fondò una nuova dinastia, la XXI, che scelse come capitale Tanis non esitando a smantellare Pi-Ramses per abbellire la nuova Corte; nel sud, i sacerdoti di Amon, a loro volta, si elevarono al rango reale fondando una vera e propria teocrazia che vedeva il potere di Amon come unico depositario della storia e del mito egizio grazie anche alle immense ricchezze accumulate specialmente sotto la dinastia che si stava concludendo[390].



Terzo periodo intermedio (1080-672 a.C. dinastie XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Terzo periodo intermedio.

Con la fine, alquanto traumatica, della XX dinastia si delinea una situazione di frazionamento del Paese che riecheggia quelle del Primo e Secondo periodo Intermedio: se nel Primo causa principale del frazionamento fu da imputarsi al potere sempre maggiore acquisito dai nomarchi in una situazione di tipo feudale e nel Secondo l'ascesa degli Hyksos diede ancora adito alla nascita di più entità politiche autonome, in questo Terzo Periodo Intermedio l'elemento scatenante e dirompente sarà costituito dalla presenza e dal rinnovato potere del clero tebano di Amon il cui patrimonio economico giungerà ad eguagliare, ed anzi superare, quello dell'intero Paese[391].
Nel nord del Paese Smendes I si era proclamato re rifacendosi, tuttavia, alle dinastie ramessidi quanto meno nella scelta del nome di Horus: "Toro possente amato da Ra, il cui braccio Amon ha reso forte perché esalti la Maat"[392] Mentre sono improbabili legami di parentela con il Primo Profeta di Amon Herihor, nel frattempo sostituito nell'incarico dal genero Piankh, cui appare tuttavia legato politicamente, sembra certo che la sua legittimazione al trono derivasse dall'aver sposato una figlia di Ramses XI[393]. Benché dichiaratosi re della parte settentrionale dell'Egitto, venne tuttavia incoronato a Tebe ove fece eseguire consistenti lavori edilizi nel tempio di Amon, a Karnak, e in quello di Luxor. A lui si deve la ristrutturazione e l'ingrandimento della capitale Tanis, ma Smendes tenne la sua Corte anche a Menfi ed i lavori edilizi a Tebe hanno fatto supporre che tale città sia stata scelta come residenza politica reale, provvisoriamente, proprio durante i lavori di riattamento di Tanis ove, peraltro, si fece seppellire nell'anno venticinquesimo di regno[394].



XXI dinastia (1075-945 a.C.) |


La situazione particolare, creatasi con la nascita del regno settentrionale, e lo strapotere clericale a sud, comporta la compilazione di una cronologia dei regnanti più complessa in cui ai re si affiancano i Primi Profeti di Amon in alcuni casi divenuti re a tutti gli effetti.



Tabella "U": XXI dinastia (1075 - 945 a.C.) |

































































































Tabella "U": re della XXI dinastia[395]
Date (a.C.)[62]
Principali Re Primi Profeti di Amon
1098 - 1069
Ramses XI (XX dinastia)
Amenofi
1080 Ramses XI (XX dinastia) Herihor (forse di origine libica)
1074 - 1070 Ramses XI (XX dinastia) Piankh (forse genero di Herihor)
1070 - 1055 Pinedjem I (figlio di Piankh)
1069 - 1043 Smendes I Pinedjem I
1054 - 1032 Pinedjem I
1054 - 1046 Pinedjem I Masaharta (figlio di Pinedjem I)
1043 - 1039 Amenemnesut
Menkheperra (figlio di Pinedjem I)
1045 - 992 Menkheperra
1040 - 993 Psusennes I
993 - 984 Amenemope
992 - 990 Smendes
990 - 969 Pinedjem II
984 - 978 Osorkon il Vecchio
978 - 959 Siamon
969 - 945 Psusennes
959 - 945 Psusennes II Psusennes II


Anche la trattazione a livello testuale di tale periodo si presenta particolarmente complessa giacché non chiare sono, sia storicamente che interpretativamente, le posizioni reciproche dei due attori principali: la casa regnante ed il clero tebano e questo comporta il dover trattare l'argomento su più piani paralleli e, talvolta, coincidenti o sovrapposti.


Intorno al 1070 a.C., ancora regnante Ramses XI, il ruolo di Primo Profeta di Amon, ma anche di Comandante dell'esercito dell'Alto Egitto, era passato da Herihor a Piankh, forse suo genero[396], che tentò negativamente di riconquistare la Nubia dopo la secessione di Panehesy[N 213]. Piankh venne sostituito nei ruoli sopra indicati dal figlio Pinedjem I che riconobbe la sovranità di Smendes I[N 214] fino all'anno sedicesimo, quando assunse una titolatura reale praticamente completa che prevedeva il nome proprio inserito nel cartiglio[N 215] e recava, nel nome di Horus, l'indicazione chiara della provenienza divina del suo potere: "Toro possente incoronato in Tebe e amato da Amon"[397]. Pinedjem I, tuttavia, pur assumendo tutte le caratteristiche reali e lasciando l'incarico di Primo Profeta al figlio Masaharta e successivamente ad un altro figlio, Menkheperra, non si proclamò mai re continuando a riconoscere il potere di Smendes almeno fino a quando costui regnò nel nord[398].


Tale strano comportamento trova ragion d'essere nella complessa situazione religiosa e politica venutasi a creare dalla XVIII dinastia in poi con una sorta di allontanamento della famiglia regnante dal potere temporale[N 216]. In tale situazione si era inserito il clero amoniano, e segnatamente Herihor, che individuò la famiglia reale come equivalente terreno della famiglia divina allontanandola ancor più dal potere temporale che acquisì per se stesso e per la carica sacerdotale, e militare, che ricopriva[399]: in sostanza, il clero tebano sosteneva il potere del faraone che era, però, sottomesso alla volontà di Amon.



Titolatura di Pinedjem I (Primo Profeta di Amon) |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo


















E1
D43
i
mn
n
N36





Srxtail.jpg

k3 nḫt mr imn
Ka-nekhet meriamom
Toro possente, amato da Amon
G16

nbty (nebti)
Le due Signore



G8

ḥr nbw
Horo d'oro





M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg











N5 L1 N28 C12
U21
n





Hiero Ca2.svg

ḫpr ḫ՚w r՚ stp.n imn
Kheperkara setepenamon
Lo spirito di Ra si è manifestato, scelto da Amon



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg












i
mn
n
mr G40 M29 Z4





Hiero Ca2.svg

p3 ndm mr imn
Pinedjem Meriamon
Che dimora presso l'amabile Uno, amato da Amon


Per convalidare in qualche modo la sua posizione, Pinedjem I sposò Henuttay, di sangue reale (forse figlia o sorella di Smendes). Da questa ebbe tre figli maschi: Masaharta e Menkheperra, successori e Primi Profeti di Amon a loro volta, Psusennes I, che diverrà faraone, e una femmina, Maatkhara che riunirà, in se le due cariche di Divina Sposa di Amon e di Superiora delle Recluse di Amon con il titolo di Divina Adoratrice di Amon con la prerogativa di adottare chi avrebbe dovuto succederle nella carica[N 217][400]. Alla morte di Smendes salì al trono, con titolatura completa, il figlio di Pinedjem, Psusennes I[N 218]. L'Egitto, nel periodo di interregno tra Smendes e Psusennes I sarebbe di fatto stato diviso tra il Primo Profeta di Amon e il faraone, con il primo che avrebbe manifestato la volontà di Amon delegando il potere al secondo[401][N 219].


Nel contempo, il Primo Profeta di Amon Menkeheperra, figlio di Pinidjem, si trovò a dover fronteggiare le ultime scintille della guerra civile nell'area tebana a seguito della quale esiliò alcuni oppositori nelle oasi in area libica salvo poi amnistiarli, a seguito di un oracolo di Amon[402], su richiesta del potere reale che, in cambio, concesse sempre più vantaggi e ricchezze alle grandi famiglie del clero tebano indignate, sostanzialmente, dal fatto che la discendenza libica di Herihor stava acquisendo sempre maggiori prerogative[403].



Titolatura di Psusennes I |


Nella sua titolatura reale, un vero e proprio manifesto di intenti politico-religiosi, Psusennes I realizzò la sintesi dei due poteri, temporale e divino. Per consolidare ancor più i legami con il clero di Amon, oltre a grandi lavori nei templi di Karnak e di Luxor[N 220], Psusennes diede in sposa la propria figlia, Asetemkheb, a Menkheperra Primo Profeta, e assunse direttamente il pontificato di Amon a Tanis facendovi erigere un tempio consacrato alla triade tebana: Amon, Mut e Khonsu[404].


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo























E1
D43
m
D37
D37
i
mn
n
wsr
f
F39
Z7
s
N28
D36
m R19
t
O49





Srxtail.jpg

k3 nḫt m dd imn wsr f3w sḫ՚j m w3st
Ka-nekhet-emdedamon Userfau sekhaemuaset
Toro possente, ?, che appare in Tebe
G16

nbty (nebti)
Le due Signore









G36
r

mn
n
W24 W24 W24 m i
p
t
Q1
Z2
O49








nb F9 F9 G45
f
N19










N21 N21
V29t
M23 N5 m W19
pt
N1


wr mnw m ipt swt
nb phtj wˁf tawy
w3h nsyt mi rˁ m pt

Grande e imponente a Karnak
signore potente protettore e re delle Due Terre
come Ra signore del cielo
G8

ḥr nbw
Horo d'oro



F36
L1
Z2

D46
r

D43
T10

t
Z2

Z2
Z2






V15
D46
m m&f
S42m

N19
N18

N21N21

nb
Z2


sm3 ḫprw dr - pdt 9
iti m sḫm=t t3wy nbw

Colui che unisce i viventi, che sconfigge i nove archi (i nemici dell'Egitto),
che con la sua forza conquista tutte le terre


M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg











N5 O29 L1 C12
U21
n





Hiero Ca2.svg

ˁ3 ḫpr rˁ stp.n imn
Akheperra setepenamon
Grandi sono le manifestazioni di Ra, scelto da Amon



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg











i
mn
n
U7 G40
N14N28
n
O29





Hiero Ca2.svg

p3 sb3 ḫ՚j njwt mr imn
Pasebakhaienniut meriamon
L'astro è apparso sulla città (di Tebe), amato da Amon


Il duplice passaggio di poteri, sacerdotale e regale, avvenne quasi contemporaneamente: a Menkheperra successe infatti, nella carica di Primo Profeta di Amon, suo figlio Smendes II forse già anziano al momento dell'assunzione della carica[N 221] che lasciò, dopo soli due anni, al fratello Pinedjem II; contestualmente, alla morte di Psusennes I, dopo 47 anni di regno, gli successe Amenemope, forse suo figlio[405]. A quest'ultimo, che regnò forse meno di dieci anni, subentrò Aakheperra Setepenra Osorkon, noto come Osorkon il vecchio, del cui regno non si hanno notizie tanto da farne dubitare la stessa esistenza.



Siamon, Israele e l'avvento delle dinastie straniere |


Osorkon regnò forse 6 anni e gli successe Siamon considerato tra i più illustri regnanti della XXI dinastia anche se sotto il suo regno si verificò l'ultimo grande saccheggio delle tombe tebane[406]. A Siamon sono ascrivibili: il raddoppio del tempio di Amon a Tanis e lavori di ampliamento del tempio di Horus a Mesen; costruzioni ad Eliopoli, forse a Pi-Ramses; la costruzione di un tempio dedicato ad Amon a Menfi; l'elevazione del clero menfita di Ptah ed altre operazioni specie nel Basso Egitto talché rari sono suoi riferimenti nell'area tebana[407]. Si dedicò ad una politica estera, da tempo rarefatta, più attiva; il periodo di circa dieci anni sino alla metà del suo regno, corrispose al momento della federazione delle tribù intorno all'antico regno di Gerusalemme, ad opera di re David, nella guerra contro i Filistei[408]. Dapprincipio l'Egitto non prese parte direttamente alla contesa se non accogliendo il principe ereditario di Edom, Hadad, dopo l'occupazione del regno da parte di David. Hadad, prima di rioccupare il suo regno alla morte di re David, sposò una principessa egizia e suo figlio fu allevato in Egitto. Solo al momento della successione a David di Salomone, terzo re d'Israele, Siamon intervenne saccheggiando e occupando la città-stato cananea di Gezer[409] verosimilmente per motivi d'ordine commerciale[N 222]. Instaurata un'alleanza con Israele, questa venne suggellata dal matrimonio di Salomone con una principessa egizia[410].


Se non erano chiari i legami familiari tra Amenemope, Osorkon il Vecchio e Siamon, altrettanto poco chiari sono quelli con il successore Psusennes II, forse il medesimo Psusennes succeduto a Pinedjem II nella carica di Primo Profeta di Amon[411]. Poco si sa del suo regno, ma alla sua morte, dopo circa 14 anni, si verificò il passaggio dalle dinastie egizie a quelle straniere, e segnatamente libiche, discendenti dei mercenari e delle popolazioni deportate durante il regno di Ramses III che si erano ormai insediate, come già era avvenuto con gli Hyksos durante il Secondo Periodo Intermedio, ed "egittizzate" raggiungendo considerevoli livelli sociali nella società. La nuova dinastia, la XXII, si apriva infatti nel 945 a.C., con l'avvento di Sheshonq I, di probabili origini libiche, già generale comandante dell'esercito egizio[N 223], consigliere del re e suo genero avendone sposato la figlia Maatkhara[412].



XXII dinastia (945-754 a.C.) |


L'origine libica del primo sovrano della XXII dinastia, Sheshonq I, appare confermata dagli annali del tempio di Amon a Karnak dove viene indicato, evidentemente con intento dispregiativo, come "Gran capo dei Ma(shauash)"[N 224][413]. Come i suoi predecessori, tuttavia, anch'egli porrà il proprio figlio Iput a capo del clero tebano di Amon nominandolo, inoltre, capo dell'esercito e governatore dell'Alto Egitto così riunendo, in una sola figura, il potere temporale e quello divino; per rafforzare tale potere, Sheshonq nominerà un altro figlio (forse), Gedptahiuefankh, Terzo Profeta di Amon[N 225] mentre riserverà la carica di Quarto Profeta a Nesy, capo di una tribù libica alleata[414]. Per garantirsi, tuttavia, da eventuali mire del clero tebano, nominò un altro suo figlio, Nimlot, comandante militare delle truppe stanziate a Eracleopoli, nel Medio Egitto, nodo strategico tra le due aree del Paese.


Sotto il profilo della politica estera, Shehshonq riallacciò contatti con Biblo, mentre si deteriorarono quelli con Gerusalemme quando, durante la rivolta di Geroboamo contro Salomone, accolse il primo presso la propria Corte fino alla morte del secondo, intorno al 930 a.C.[415]. Alla morte di Salomone Geroboamo rientrò nella sua terra fondando il Regno di Israele che si separò da quello di Giuda, con capitale Gerusalemme, che restò sotto il governo del successore di Salomone, Roboamo. Animato da mire espansionistiche verso l'area siro-palestinese, Sheshonq, approfittando strumentalmente di incursioni beduine al confine con l'Egitto, nel 925 a.C. marciò su Gerusalemme che pose sotto assedio fino alla capitolazione e alla consegna del tesoro di Salomone[416]. Geroboamo, compresa la manovra del faraone, si diede alla fuga oltre il Giordano inseguito da Sheshonq fino a Beit She'an: della vittoriosa impresa sui due regni di Giuda e Israele, Sheshonq lasciò traccia in una stele commemorativa a Megiddo[417] e sulle mura del tempio di Amon, a Karnak, nei pressi degli annali di Thutmose III[418].



Tabella "V1": XXII dinastia (dal 945 al 773 a.C.) |




















































Tabella "V1": re della XXII dinastia (prima parte)[419]
Date (a.C.)[62]
Principali Re Primi Profeti di Amon
945 - 924 Sheshonq I
Iuput (figlio di Sheshonq I)
924 - 889 Osorkon I Sheshonq (figlio di Osorkon I)
890 - 889 Sheshonq II Smendes
889 - 874 Takelot I
Iuwlot e Horus-sa-Iset
874 - 850 Osorkon II
Nimlot
870 - 860 Horus-sa-Iset
850 - 825 Takelot II
Osorkon
825 - 773 Sheshonq III


Alla morte di Sheshonq I, nel 924 a.C., gli successe il figlio Osorkon I che proseguì nell'arricchimento delle proprietà divine di Karnak, Menfi, Eliopoli, Ermopoli, Bubastis (sua città natale)[N 226], fece erigere monumenti a Coptos e Abido, ultimò il tempio di Iside ad Atfih (la greca Aphroditopolis), rinforzò le posizioni difensive di Eracleopoli iniziate dal padre e insediò un accampamento militare sulla strada verso il Fayyum per presidiare quelle rotte commerciali[420]. Onde garantirsi ancora maggior sicurezza da eventuali mire espansionistiche del clero tebano, sostituì il Primo Profeta Iuput, suo fratello, con suo figlio Sheshonq. Nell'anno 890 a.C., peraltro, Osorkon I associò al trono Sheshonq (il futuro Sheshonq II) legato, attraverso la madre Maatkhara, direttamente a Psusennes I, ultimo re della XXI dinastia, e perciò in grado di affermare con ancora maggior peso il diritto della dinastia regnante[421]. Sheshonq II, tuttavia, premorì al padre e non regnò mai autonomamente; alla morte di Osorkon I, un anno dopo la morte del figlio designato, si insediò sul trono Takelot I, figlio di una sposa secondaria, di cui si hanno scarse notizie. Si ritiene tuttavia che solo la guarnigione di Eracleopoli abbia evitato che Iuwlot, fratello di Takelot, estendesse l'autorità del Primo Profeta ancora più a nord[422].


Nel contempo, le particolari ricchezze di cui godeva il clero tebano favorirono lo sviluppo di spinte feudali e separatistiche che giunsero a compimento con i regni paralleli di Osorkon II e Hor-sa-Iset. Osorkon II, infatti, salito al trono dopo Takelot nell'874 a.C., consentì di assumere il titolo di Primo Profeta, succedendo ereditariamente al padre Sheshonq II, al cugino Hor-sa-Iset che, a partire dal quarto anno di regno di Osorkon II, si proclamò re con titolatura completa tra cui il nome di Horus "Toro Possente incoronato a Tebe", e ciò in aperto contrasto, peraltro, con lo stesso nome di Horus scelto da Osorkon II "Incoronato da Ra per essere re delle Due Terre"[423]. Se il regno meridionale di Horus-sa-Iset, comunque, non otteneva maggiori vantaggi rispetto al semplice essere Primo Profeta di Amon, di fatto limitava i poteri del regno settentrionale di Osorkon II che, alla morte di Horus-sa-Iset nell'860 a.C., elesse a Primo Profeta di Amon Nimlot, già comandante della guarnigione di Eracleopoli; contestualmente nominò Primo Profeta di Amon a Tanis il figlio Hornakht[N 227] e Primo Profeta di Ptah, a Menfi, l'altro figlio Sheshonq[424].


In politica estera, Osorkon II si trovò a dover fronteggiare la nascente potenza assira che già sotto il re Assurnasirpal II aveva ottenuto consistenti vittorie nell'area siro-palestinese[N 228]. Suo figlio, Salmanassar III, re dal 859 all'824 a.C. e perciò contemporaneo di Osorkon II e Takelot II, aveva inoltre tentato di conquistare l'intera Siria del nord spingendo i regni di Israele, Damasco e Hamath a costituire un'alleanza cui Biblo e lo stesso Egitto parteciparono inviando contingenti di truppe[N 229][425]. Da tale momento, l'Egitto, per circa 20 anni, iniziarono una politica di appoggio aai regni dell'area siro-palestinese, ultimo baluardo contro il potere assiro contro una possibile invasione del Paese[426].


Alla morte di Osorkon II, salì al trono Takelot II di cui si hanno scarse tracce e notizie. Il Primo Profeta di Amon a Karnak, Nimlot, fratellastro di Takelot II, aveva dato in sposa a questi la propria figlia Karoaama Merytamut divenendone, di fatto, suocero, ed aveva riunito sotto la sua autorità Eracleopoli assegnando il comando della guarnigione, di cui era stato comandante, al proprio figlio Ptahugiankhef[427]. Per i primi dieci anni di regno di Takelot II i rapporti tra le due entità furono pacifici, ma si giunse alla ribellione dell'area tebana nell'anno undicesimo, alla morte di Nimlot, all'atto della sostituzione nella carica di Primo Profeta. Erano candidati i due figli del defunto Nimlot, Ptahugiankhef e un altro Takelot, e Horus-sa-Iset, nipote dell'omonimo precedente Primo Sacerdote e re; inaspettatamente, Takelot II scelse come Primo Profeta il proprio figlio Osorkon, scatenando la rivolta tebana capeggiata da Horus-sa-Iset mentre Ptahugiankhef accettava la scelta e veniva confermato nel comando della guarnigione di Eracleopoli[428]. Domata la rivolta tebana[N 230], il Primo Profeta Osorkon cercò di accattivarsi le simpatie del clero con altre donazioni e privilegi che non bastarono, tuttavia, ad evitare, quattro anni dopo, nell'anno quindicesimo di regno, un riacutizzarsi dei malumori che sfociarono in una vera guerra civile che durò circa dieci anni fino all'anno ventiquattresimo quando si tentò una riconciliazione destinata, anche in questo caso, ad essere di breve durata giacché due anni dopo la contesa riprese con perdita di aree d'influenza nell'Alto Egitto da parte della casa regnante[429] e il volontario allontanamento di Osorkon da Tebe per tornare alla capitale reale di Tanis.


La successione a Takelot II non fu meno traumatica; al trono salì infatti, non seguendo le consuetudini che avrebbero voluto sul trono Osorkon, il fratello del defunto sovrano, Sheshonq III[N 231]. Ciò scatenò tuttavia, nell'ambito della stessa famiglia reale, una scissione tra il regnante Sheshonq III e il fratello Petubasti che nel delta nilotico, a Taremu (la greca Leontopoli), fondò una dinastia parallela, la XXIII, incoronandosi come Petubasti I[430].



Tabella "V2": XXII-XXIII dinastia (dal 825 al 754 a.C.) |















































Tabella "V2": re della XXII e XIII dinastia (seconda parte)[431]
Date (a.C.)[62]
XXII dinastia XXIII dinastia
825 - 773 Sheshonq III
818 - 793 Sheshonq III
Petubasti I[N 232]
787 - 757 Sheshonq III
Osorkon III
767 - 730 Sheshonq V
Takelot III
773 - 767 Pimay Osorkon III
764 - 757 Pimay Takelot III
757 - 754 Sheshonq V
Rudamon



Dalla XXII alla XXVI dinastia |


La situazione creatasi con la scissione in seno alla famiglia reale, con Sheshonq III e Petubasti I, vedeva il verificarsi di una situazione mai vista precedentemente: non si trattava, infatti di una contesa tra Alto e Basso Egitto, bensì nella sola area del Delta[432]. Il clero amoniano si schierò ben presto con Sheshonq III il cui fratellastro, Osorkon[N 233], aveva intanto ripreso il titolo e il potere di Primo Profeta di Amon.


La situazione del Delta, in tale periodo, si presenta abbastanza confusa archeo-storicamente. Sheshonq III regnò per 53 anni fino al 773 a.C., nel frattempo a Leontopoli, Petubasti I era morto nel 793 a.C. venendo sostituito, sul trono da Sheshonq IV, re effimero la cui stessa esistenza è stata posta storicamente in forse[433] e, quindi, da Osorkon III re della XXIII dinastia parallelo a Sheshonq III, della XXII, per circa tredici anni. Dopo un periodo di coreggenza durato circa sei anni con il proprio figlio Takelot III (che però gli sopravviverà forse per un solo anno), Osorkon III (XXIII dinastia) morì sostituito sul trono da Rudamon, mentre sul trono della XXII regnava, dopo l'effimero regno di Pimay, Sheshonq V[434].


Mentre nel nord del Paese nasceva, con capitale a Sais, una effimera XXIV dinastia che annovera solo due sovrani, Tefnakht e Bocchoris, si profilavano intanto dal sud del Paese, approfittando della situazione di incertezza e disordini, le mire espansionistiche del re di Napata Pi(ankh)y[435].



Tabella "W": sinottica delle dinastie da XXII a XXVI (825 - 525 a.C.) |


La condizione confusa del Terzo Periodo Intermedio, come peraltro quella degli altri periodi indicati con lo stesso nome, vede coesistere più dinastie che contribuiscono al frazionamento territoriale e alla fine dell'unitarietà che aveva caratterizzato l'Egitto nei periodi più definiti, che sono, di fatto, la preparazione del substrato politico-sociale su cui si innesteranno le dominazioni straniere di potenze emergenti nell'area medio-orientale. Per avere un quadro il più possibile chiaro della situazione politica si rimanda alla tabella sinottica che segue.















































































































































































Tabella "W": sinottica delle dinastie da XXII a XXVI[436]
Date (a.C.)[62]
XXII dinastia XXIII dinastia XXIV dinastia XXV dinastia
XXVI dinastia
825 - 773 Sheshonq III
818 - 793 Petubasti I
787 - 757 Osorkon III
773 - 767 Pimay
764 - 757 Takelot III
767 - 730 Sheshonq V
757 - 754 Rudamon
747 - 716 Pi(ankh)y
727 - 720 Tefnakht
720 - 715 Boccori
716 - 702 Shabaka
702 - 690 Shabataka
690 - 664 Taharqa
672 - 664
Necao I
664 - 656 Tanutamani
Psammetico I
610 - 595
Necao II
595 - 589
Psammetico II
589 - 570
Apries
570 - 526
Amasi
526 - 525
Psammetico III



XXV dinastia "kushita" o "etiope" (i Faraoni Neri) |


A seguito dell'allontanamento della Nubia dall'impero ramesside si era creato, al confine meridionale a partire dall'VIII secolo a.C., il regno di Kush, indipendente e con un proprio sviluppo lontano da quello dell'Egitto, ma comunque a questo legato come struttura politica anche per l'esistenza a Gebel Barkal, nei pressi della quarta cateratta del Nilo, di un importante complesso templare dedicato ad Amon, attorno al quale si era costituita la dinastia locale che, in breve, diverrà la XXV dinastia[437][N 234]. Ben presto il regno kushita occupò la Bassa Nubia e il re Kashta raggiunse Elefantina (ove eresse una stele commemorativa) forse spingendosi fino all'area tebana[438].


Primo re riconosciuto della XXV dinastia fu, tuttavia, Pi(ankh)y (Piye, o anche Pi) che, dal 747 a.C., proseguì nelle conquiste territoriali in Alto Egitto prendendo Tebe sotto la sua protezione ove insediò la propria sorella Amenardis I quale Divina Sposa di Amon carica che soppiantò, di fatto, quella di Primo Profeta di Amon conferendole un potere simile a quello regale sull'area tebana[439][N 235].


Per far fronte all'invasione di Pi(ankh)y al sud, il re Tefnakht, della XXIV dinastia settentrionale creò una coalizione che comprendeva Eracleopoli ed Ermopoli, ma lo scontro vide vittorioso[N 236][440] Pi(ankh)y che narrò la vicenda in una stele monumentale fatta erigere nel tempio di Amon a Gebel Barkal[N 237][441].









«Sua Maestà mandò a dire ai suoi generali che erano in Egitto, al comandante Puarma, al comandante Lamerskeny e ad ogni capitano di sua Maestà: "Avanzate in formazione da combattimento, attaccate battaglia, accerchiatelo, assediatelo! Catturate le sue genti, il suo bestiame, le sue navi! Impedite ai contadini di lavorare, impedite agli aratori di arare! Assediate il nomos della Lepre[N 238] e combattete contro di lui ogni giorno»


(dalla "Stele della Vittoria"[442])








«Salute a Te, Horus, re possente, Toro che combatte i Tori. [...] Possa lo splendore del tuo volto essermi concesso [...] tu solo, re possente, hai fugato le tenebre su di me! Sarò il tuo servo con i miei beni, pagherò il tributo alla tua amministrazione. Sei certamente Horakhty a capo degli Imperituri: finché Egli esisterà sarai re [...] dell'Alto e Basso Egitto, Pi(ankh)y, che viva per sempre.»


(dalla "Stele della Vittoria", sottomissione del re Pefciauibastet di Eracleopoli[443])

L'avanzata kushita portò Pi(ankh)y sempre più a nord: gli si arrese la fortezza voluta da Osorkon II per controllare le carovaniere verso il Fayyum, ricevette atto di sottomissione da Meidum e Lisht e sottopose ad assedio Menfi ove erano asserragliati gli alleati. Alla caduta della città anche altri alleati si sottomisero e Pi(ankh)y si recò al Eliopoli per rinnovare, nel tempio di Ra, la sua cerimonia di incoronazione sull'intero Paese[444].



Titolatura di Pi(ankh)y |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo


















F36 N19





Srxtail.jpg

sm3 t3wy
k3 nḫt ḫ՚i m k3set
Smatawy
Ka-nekhet heka-im-kaset
Unificatore delle Due Terre
Toro possente delle Due Terre
G16

nbty (nebti)
Le due Signore



F31 U25

ms ḥmt
mose-hemat
nato da Hemat
G8

ḥr nbw
Horo d'oro






O34
I1

N29
N35
W24 w A1 Z3

s ˁš3 ḳ nw




M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg










N5 mn L1





Hiero Ca2.svg

mn ḫpr r՚
Menkheperra/Usermaatra
Immagine di Ra/Potente è la Maat di Ra



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg










p i i





Hiero Ca2.svg

p y
Piye



Unico re non sconfitto personalmente, perché fuggito da Menfi durante l'assedio, fu Tefnakht che però inviò al nuovo sovrano d'Egitto una missiva diplomatica che fu, successivamente, alla base di una situazione di status quo che durerà nel tempo.









«Il cuore della Tua Maestà non si è ancora placato dopo tutto quello che mi ha fatto? Io sono certo un miserabile, ma non punirmi in proporzione del mio crimine [...] puoi triplicare la pena, ma risparmia il grano: lo raccoglierai a tempo debito, non strappare l'albero fino alla radice! [...]La paura di Te è nel mio ventre, il timore di Te è nelle mie ossa [...] ho mangiato solo il pane della fame e bevuto l'acqua della sete dal giorno in cui ho inteso il tuo nome!»


(dalla "Stele della Vittoria", missiva di Tefnakht.[445])

Stranamente, nonostante la vittoria schiacciante, totale e definitiva[446] sui regni del nord, Pi(ankh)y decise di mantenere come capitale del Paese conquistato Napata, in posizione strategicamente molto decentrata e con concrete difficoltà di gestione su un Paese che si sviluppava per migliaia di chilometri a nord; si ritiene tuttavia che tale scelta derivasse sia dal preferire, per ovvie ragioni, la città e la regione native, sia perché lo spezzettamento politico dell'Egitto, che ebbe cura di mantenere[N 239], gli garantiva la possibilità di governare con relativa semplicità anche da grande distanza, sia, infine, perché suo interesse precipuo era il mantenere sotto il proprio potere l'area meridionale fino ad Ermopoli ed Eracleopoli in cui più diffusamente si dispiegavano i rapporti commerciali della Nubia[447].









«Amon di Napata mi ha concesso di governare il Paese intero in modo tale che se dico a uno "Sii re!" egli lo diventa, e se dico a uno "Non sarai re" non lo sarà. Gli dei possono fare un re, gli uomini possono fare un re: quanto a me, è Amon che mi ha fatto!»


(dalla Stele dal tempio di Amon a Gebel Barkal[448])

Sotto il profilo della tradizione, Pi(ankh)y ampliò ed abbellì la sua capitale, ma soprattutto ingrandì il tempio di Amon a Gebel Barkal[N 240] facendolo diventare una replica di quello di Karnak che, tuttavia, provvide a sua volta ad abbellire ed ingrandire come, del resto, faranno i suoi successori kushiti[449]. Ancora nel quadro delle tradizioni risalenti agli antichi re, Pi(ankh)y si fece erigere una piramide nella necropoli di El-Khurru accanto alla quale, come negli antichi complessi piramidali delle prime dinastie, fece costruire piramidi secondarie in cui furono sepolte cinque sue spose e due delle sue figlie[450].


La scelta di una capitale tanto lontana dagli antichi centri del potere ove, peraltro, regnavano ancora sovrani che si fregiavano della titolatura completa, come Tefnakht da Sais (XXIV dinastia), consentì a quest'ultimo di riacquistare posizioni e consolidare la propria egemonia sui regni vicini di Leontopolis e Tanis[451]. Dopo un regno di 8 anni, Tefnakht passò lo scettro al figlio Bakenrenef (il Boccori manetoniano) del quale si hanno scarse notizie; attestazioni del suo nome a Menfi fanno supporre che questa fosse stata la capitale da lui scelta per il suo regno durato forse solo 5 anni prima che il successore di Pi(ankh)y, Shabaka, nel 715 a.C., riunificasse nuovamente le Due Terre sotto un unico potere[452].



Da Shabaka a Taharqa |


Alla morte di Pi(ankh)y, nel 716 a.C. dopo un regno di circa 31 anni, gli successe il fratello Shabaka che nel 715 a.C. raggiunse Menfi, ove restaurò la tomba dei tori Apis di Saqqara, pose fine al regno di Boccori, secondo e ultimo re della XXIV dinastia, e si assicurò il dominio sulle oasi e sul deserto occidentale riprendendo il dominio anche del nord del Paese[453]. Shabaka proseguì nel solco della tradizione tracciato da Pi(ankh)y rifacendosi, in campo artistico, a stili e canoni risalenti alle prime dinastie facendo copiare su pietra, da intellettuali al servizio della Corona, un antico "Documento di teologia menfita" risalente all'epoca di re Unis (V dinastia). Suoi sono interventi di restauro ed edificazione di templi a Menfi, Athribis, Abido, Esna, Dendera, Edfu, ma soprattutto a Tebe ove, nel complesso di Amon a Karnak, nei pressi dell'Akh-Menu di Thutmose III, fece erigere il cosiddetto "Tesoro di Shabaka"[N 241]. A Medinet Habu ampliò il recinto del tempio risalente alla XVIII dinastia, e ripristinò, a Karnak, la figura del Primo Profeta di Amon nominandovi suo figlio Horemakhet che ebbe competenza sul potere spirituale, essendo quello temporale nelle mani della sorella Amenardis I, Divina Adoratrice[454].


In politica estera allacciò contatti con la sempre più pressante potenza Assira alla quale restituì, verosimilmente per non rischiare un confronto diretto con Sargon II, un tale Iamani, re della città filistea di Ashdod, che al re assiro si era ribellato rifugiandosi, poi, in Egitto; forse a seguito di tale azione, Shabaka firmò un accordo diplomatico (di cui non si hanno tracce) con l'Assiria[455].


Dopo quindici anni di regno, nel 702 a.C., alla sua morte forse senza eredi diretti, salì al trono Shabataka, figlio di Pi(ankh)y, probabilmente dopo una coreggenza di due anni. Questi proseguì i lavori intrapresi dallo zio a Menfi, Luxor e Karnak ed indirizzò la sua politica verso i modelli ramessidi, verosimilmente in nome di una pretesa volontà di affermazione del potere reale all'interno e all'estero[456]. Al contrario di Shabaka, che aveva ottenuto con l'accordo diplomatico circa quindici anni di tregua con l'Assiria, Shabataka adottò una politica più aggressiva e, in occasione di un tentativo di sollevazione contro Sennacherib dei re di Sidone (Lule), Askalon (Sidka) e Regno di Giuda, Ezechia si alleò a quest'ultimo inviando un corpo di spedizione capeggiato dal fratello Taharqa[457]. Le forze alleate ribelli subirono una pesante sconfitta nei pressi di Elteqeh; l'esercito assiro pose sotto assedio Gerusalemme il cui re, Ezechia, si sottomise immediatamente. Nel suo discorso per la sottomissione di Ezechia Sennacherib volle rimarcare esplicitamente lo scarso potere dell'alleato egizio.









«In chi dunque hai riposto la tua fiducia per esserti rivoltato contro di me? Ecco che ti affidi al sostegno di questa canna spezzata, l'Egitto, che penetra nella mano di chi si appoggia a lei e la trapassa. Tale è il Faraone, re d'Egitto, per chi ha fiducia in lui!»


(Bibbia, Libro dei Re, II Re, stralcio dai versi 18-21.[458])




Statua di Amon come ariete che protegge re Taharqa, British Museum, Londra.


Taharqa pose allora in essere un tentativo di controffensiva, ma fu costretto a ritirarsi in Egitto dinanzi allo strapotere dell'esercito assiro che, a sua volta, fu però costretto a rinunciare ad inseguirlo e a rientrare in patria per sedare altre rivolte sviluppatesi nell'area babilonese.


Nel 690 a.C., alla morte di Shabataka, Taharqa salì al trono; nel 684 a.C. restaurò ed ampliò il tempio di Amon a Kawa[N 242], risalente alla XVIII dinastia. A suo modello artistico prese l'Antico Regno e trasferì nell'area artigiani e artisti menfiti perché riproducessero nei templi nubiani rilievi copiati dai grandi templi funerari degli antichi re, come Sahura e Niuserra, della V dinastia, e Pepi, della VI[459]. Sotto il profilo edilizio, Taharqa ampliò il tempio di Amon-Ra a Napata ove, peraltro, ne fece costruire uno nuovo dedicato ad Amon; sue costruzioni si elevarono a Meroe, Semna, Buhen, non dimenticando l'area tebana ove ampliò i templi di Medinet Habu, restaurò considerevolmente il tempio di Amon a Karnak ampliandolo e procedendo a lavori anche presso il tempio di Luxor[460].



Taharqa, l'invasione assira e Tanutamani |


Nel 677/676 a.C. il regno di Sidone si ribellò agli assiri di re Esarhaddon successore di Sennacherib che, dopo averlo sconfitto, ne deportò la popolazione in Assiria, fece del regno una provincia assira fondando una nuova capitale, Kar-Esarhaddon[461] Dal 676 al 674 a.C. Esarhaddon dovette fronteggiare altri tentativi di sollevazione degli Sciti, dei Cimmeri, dei Medi e di altre popolazioni minori che si ritiene fomentate e sovvenzionate dallo stesso Taharqa. Nel 674 a.C., diciassettesimo del regno di Taharqa, assicuratasi la neutralità delle tribù del Mar Morto Esarhaddon si scontrò con gli egizi venendo messo in fuga, ma tre anni dopo, nel 671 a.C., gli esiti si capovolsero ed Esarhaddon sconfisse Taharqa occupando Menfi e catturando il principe ereditario ed alcuni membri della famiglia reale[462].









«Cinsi d'assedio Menfi, la sua residenza reale e la presi in mezza giornata per mezzo di trincee, brecce e scale d'assedio. La sua regina, le donne del Palazzo, il suo erede apparente, Urshanahuru, i suoi altri figli, i suoi beni, i suoi innumerevoli cavalli, il suo bestiame, li portai in Assiria come bottino.»


(J.B. Pritchard (1969), Ancient Near Eastern Texts (ANET) relating to the Old Testament, Princeton-New Jersey, p. 293.)

Taharqa fu perciò costretto a ripiegare al sud mentre Esarhaddon favorì i regnanti rivali del nord, specie di Sais, prima di far rientro in Assiria. Una volta sgombero il campo dalle forze occupanti, Taharqa sobillò rivolte nel nord dell'Egitto costringendo Assurbanipal, nel frattempo subentrato al padre, ad intervenire nuovamente nel 670 a.C. con un corpo di spedizione che sconfisse Taharqa a nord di Menfi. Taharqa fu nuovamente costretto a ripiegare verso sud, a Tebe, inseguito dall'esercito assiro che era, intanto, stato rinforzato da contingenti provenienti dalla Fenicia, dalla Siria, da Cipro, nonché da truppe egizie dei regni del nord. L'esercito assiro penetrò profondamente nella tebaide, ricevendo l'omaggio dell'Alto Egitto e di alti funzionari anche etiopici, ed estendendo il proprio dominio fino ad Assuan, mentre Taharqa riparava a Napata[463]. Affidato il governo agli alleati locali, l'esercito assiro rientrò nel proprio Paese, ma Assurbanipal fu costretto nuovamente ad intervenire nel 665 a.C. poiché i sovrani del Delta si erano, nel frattempo, nuovamente alleati con Taharqa. Giustiziati tutti i re e i funzionari considerati traditori, fatte deportare a Ninive le relative famiglie, Assurbanipal lasciò in vita solo il re di Sais, Necao I, ed elevò al rango di re di Athribis, nel delta nilotico, il di lui figlio Psammetico. Nasceva così, di fatto, la XXVI dinastia[464].


Nel contempo, morto Taharqa nel 664 a.C., salì al trono il cugino Tanutamani che intraprese un tentativo di riconquista del Paese. Incoronato a Napata, riconosciuto come sovrano da Amon, si rifece alla politica di Pi(ankh)y raggiungendo prima Elefantina, ove offrì sacrifici al dio Khnum, poi Karnak, ove sacrificò ad Amon-Ra, e dirigendosi quindi verso Menfi che pose sotto assedio e prese "schiacciando i ribelli del nord"[465][N 243]. Assurbanipal, tuttavia, inviò immediatamente un corpo di spedizione nel 664/663 a.C. che sconfisse Tanutamani costringendolo a ripiegare su Tebe e quindi su Napata quando gli assiri occuparono anche la città di Amon. Tebe venne saccheggiata dalle truppe assire, bruciata, devastata e depredata di tutti i tesori accumulati in millenni di storia ponendo di fatto fine alla dinastia etiopica dei "Faraoni Neri". Tanutamani regnò ancora su Napata alcuni anni, fino al 656 a.C., giacché gli assiri non osavano avventurarsi oltre Assuan[466].


Contestualmente la XXVI dinastia saitica ampliava il suo territorio nel Delta, appoggiata dall'Assiria, riunendo sotto un'unica corona Sais ed Athribis su cui si insediò Psammetico I successore di Necao I.




Periodo tardo (672 - 343 a.C.) |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: Periodo tardo dell'Egitto.

Con il sacco di Tebe e l'occupazione dell'Egitto da parte della potenza Assira, il Paese, e la civiltà che in esso era sorta e prosperata, inizia la sua inarrestabile fase di declino. Una parvenza di governo autoctono si avrà ancora con la XXVI dinastia che, benché storicamente e convenzionalmente inserita nel Periodo Tardo, di fatto è ancora, almeno in parte, connessa all'incertezza del Terzo Periodo Intermedio.



XXVI dinastia (672-525 a.C.) |


Gli assiri, che usualmente preferivano rientrare nel proprio Paese lasciando sul trono dei territori vinti governanti locali a loro legati, alla morte di Necao I[N 244], riconobbero il suo successore Psammetico I governante dell'intero Egitto con l'unico obbligo di sedare ogni eventuale tentativo di rivolta[467]. Dal suo canto, Psammetico I dapprima occupò le signorie di Sebbennytos e Busiris, nell'area libica, quindi ottenne, nel 657 a.C., la sottomissione di altri re del nord e l'alleanza di Samtutenakht, principe di Eracleopoli che, l'anno successivo, collaborò affinché il re occupasse, senza combattimenti, la tebaide[468]. Nello stesso anno 656 a.C. Samtutenakht fornì una imponente scorta navale alla figlia del faraone, Nitokris, onde consentirle di raggiungere il tempio di Amon, a Karnak, ove venne adottata, come Divina Adoratrice del dio, dalle somme sacerdotesse in carica, Shepenupet II e Amenardis I. Queste ultime assegnarono inoltre alla principessa Nitokris una ricca dote in Alto Egitto così riconoscendo, sia pure indirettamente, il potere di Psammetico[469] cosa che, ufficialmente, fece anche il Primo Profeta di Amon, Montuemhat[N 245].


Giacché alcuni re del nord non accettarono tuttavia di sottomettersi rifugiandosi in area libica, per contrastarli ed evitare incursioni, Psammetico arruolò nuove truppe ricorrendo, per la prima volta nella storia dell'Egitto[470], ad una coscrizione obbligatoria cui affiancò l'assunzione di truppe mercenarie provenienti dalla Nubia, dalla stessa Libia, ma anche dal bacino mediterraneo: fenici, siriani, ebrei, greci, carii. Le truppe vennero dislocate ai confini libici occidentali, nubiani al sud (ad Elefantina al confine con Napata) ed orientali verso la Siria. Aveva così inizio l'apertura dell'Egitto agli influssi esterni che si accentuarono sempre più durante i 56 anni di regno di Psammetico I con l'arrivo di mercanti greci e l'esportazione di beni locali come il grano, cereali in genere, lino, papiro; sul ramo bolbitinico del Delta vennero inoltre aperti i primi empori milesi[471]. Nonostante tale apertura, tuttavia, la politica di Psammetico I tendeva alla rivalorizzazione nazionalista delle fonti risalenti all'Antico e al Medio Regno esasperando, in particolare, il pensiero religioso giungendo, nonostante la piena accettazione della presenza straniera, ad emanare un decreto di messa al bando degli dei stranieri in terra d'Egitto[N 246][472].
Sempre in campo religioso, nell'anno cinquantaduesimo di regno fece notevolmente ampliare la necropoli dei tori Apis, incarnazione di Ra, a Saqqara ove ai cosiddetti "piccoli sotterranei" fatti costruire da Ramses II, fece aggiungere i "grandi sotterranei" per uno sviluppo lineare complessivo di oltre 350 m[N 247]. Ancora nel quadro del ritorno agli antichi culti delle ipostasi animali, nei pressi della necropoli dei tori Apis, in epoca successiva (570-526 a.C.), il faraone Amasi farà realizzare l'Anubeion[473][474] e il Bubasteion, rispettivamente riservati alla sepoltura degli sciacalli e dei gatti sacri.[N 248]



Tabella "X": XXVI dinastia (672 - 525 a.C.) |







































Tabella "X": re della XXVI dinastia[475]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
672 - 664
Necao I
664 - 610
Psammetico I
610 - 595
Necao II
595 - 589
Psammetico II
589 - 570
Apries
570 - 526
Amasi
526 - 525
Psammetico III


Notevole rinascita si ebbe anche in campo letterario, con il ritorno all'egizio classico del Medio Regno riservando il demotico agli scritti non letterari[476], e in campo politico-economico: Psammetico I trasferì la capitale a Menfi e, dapprima, non intervenne nell'Alto Egitto riservando la sua attività all'area saitica e del Basso Egitto; solo successivamente, e progressivamente, il faraone assunse misure che gli permisero di insediare funzionari saiti fidati nell'area tebana[477].


In linea di massima, il periodo saitico della XXVI dinastia fu indiscutibilmente di prosperità e splendore; l'Egitto tornò ad essere considerato potente in ambito mediterraneo anche se, più che per meriti propri, il Paese acquistò potere sempre maggiore in funzione di quanto, invece, ne perdesse l'Assiria il cui re Assurbanipal, rientrato dall'avventura egizia, si era trovato a dover fronteggiare una situazione interna, e alle frontiere, di difficile gestione[N 249]. Psammetico I approfittò in particolare, nel 653 a.C., dello scontro tra gli assiri e gli elamiti per liberarsi del giogo di Assurbanipal scacciando le guarnigioni assire, che erano rimaste a presidiare il Paese, fin oltre Ashdod, in Palestina[478]. Alla morte di Assurbanipal tuttavia, nel 627 a.C., i suoi figli si disputarono il potere; del disordine conseguente approfittò il re di Caldea, Nabopolassar (Nabû-apal-usur) che occupò Uruk nel 626 e si proclamò re di Babilonia nel 616[479]. Contemporaneamente, nel 629/627 a.C., gli Sciti calarono sull'Assiria ed avanzarono verso l'Egitto fermati da Psammetico I all'altezza di Ashdon; tale episodio fece comprendere a Psammetico quanto sarebbe stata grave la totale caduta dell'Assiria e lo spinse, perciò, ad allearsi con gli assiri contro Nabopolassar[480][N 250].



Necao II, Nabopolassar e Nabucodonosor II |


Nel 610 a.C., alla morte di Psammetico I, gli successe il figlio Necao II che proseguì nella politica di alleanza con quanto restava della potenza assira. Quando Medi e Babilonesi si impadronirono di Harran nel 609/608 a.C., Necao II attraversò l'Eufrate e, pur non riuscendo a riprendere Harran, tuttavia si impadronì della Palestina sconfiggendo il re di Giuda, Giosia[N 251], a Megiddo[481]. Intervenne, inoltre, direttamente negli affari interni del regno di Israele destituendo Ioacaz, figlio di Giosia, sostituendolo con il di lui figlio, Elyaqim che regnò, tuttavia, con il nome di Ioiakim[482] e ottenendo il tributo di Gerusalemme per circa 4 anni[483]. Nel corso di questa campagna, gli egizi raggiunsero e si attestarono a Karkemiš.


Nabopolassar, dal suo canto, inviò in Siria nel 605 a.C. il figlio, Nabucodonosor II (Nabû-kudurri-uṣur), che si impadronì di Karkemiš inseguendo le truppe egizie fino ad Hamath, a sud di Aleppo, dove le annientò[484]. L'azione di Nabucodonosor II, tuttavia, si arrestò ad Hamath essendo, nel frattempo, morto il padre Nabopolassar e dovendo egli rientrare a Babilonia per affermare il suo diritto al trono. Rientrato Nabucodonosor II nuovamente in area siriana nel 604 a.C., per riscuotere i tributi di Damasco, Tiro, Sidone e Gerusalemme[N 252], si scontrò con Necao II, che riuscì però solo a riprendere Gaza, nel 601 a.C.[N 253].


La politica estera di Necao II, tuttavia, dopo tale esperienza si indirizzò più compiutamente sul mondo greco con ampie aperture verso i coloni giunti al seguito dei mercenari; non solo incoraggiò infatti i loro insediamenti mediante concessione di terre e benefici, ma preconizzò la nascita di una flotta marittima in grado di rivaleggiare con le grandi potenze del Mediterraneo e del Mar Rosso[485]. A tal fine pose mano, inoltre, ad un progetto decisamente ambizioso: lo scavo di un canale navigabile che unisse il Mar Rosso con il Mediterraneo nello Uadi Tumilat[N 254] un antico affluente del Nilo lungo circa 50 km già all'epoca ormai in secca e sfruttato come via carovaniera. Il canale si sarebbe dovuto estendere dal ramo Pelusio del Nilo fino ai Laghi Amari; da qui un altro canale avrebbe raggiunto il Golfo di Suez sul Mar Rosso. Per l'impresa Necao II fece costruire appositamente anche una città, Per-Temu[N 255] e impiegò oltre 120.00 uomini, ma l'opera non venne completata[486][487]. Necao II, di converso, riuscì nella realizzazione della flotta marittima che, sebbene non a livello delle altre marinerie mediterranee, purtuttavia ebbe il merito, per la prima volta nella storia grazie a marinai fenici, di circumnavigare l'Africa[488].



Da Psammetico II a Psammetico III |


Alla morte di Necao II, nel 595 a.C., gli successe il figlio Psammetico II il cui regno durò tuttavia pochissimo, forse 6 anni. In questo breve periodo si interessò anch'egli di politica estera, ma piuttosto che seguire le orme paterne in quanto a contatti con il Mediterraneo, preferì influenzare nuovamente la politica della vicina Giudea[N 256]. Qui, dopo il saccheggio di Gerusalemme del 597 a.C. da parte di Nabucodonosor II, regnava, perché posto sul trono dal re babilonese, Sedecias che Psammetico II ebbe tuttavia cura di sobillare contro l'alleato fino a giungere ad un concilio anti-babilonese nel 594 a.C. che sfocerà, nel 591 a.C., in un'aperta rivolta di Sedecias e della Fenicia contro Nabucodonosor II[489].


Morto nel 589 a.C. Psammetico II, gli successe il figlio Kaaibra Apries che si trovò immediatamente a dover affrontare i problemi derivanti proprio dalla rivolta di Sedecias alla quale l'Egitto prese attivamente parte[490]. Nabucodonosor intervenne per sedare la rivolta e occupò la Fenicia prendendo Sidone e tentando invano di occupare Tiro che assediò, ma che resistette fino al 573 a.C. grazie ai rifornimenti che, costantemente, proprio Apries fece pervenire via mare sfruttando la flotta fatta costruire da Necao II[491]. Meno positivi furono i risultati per le forze egizie di terra che, intervenute a favore di Sedecias, vennero sconfitte e dovettero ritirarsi mentre, nel 587 a.C., Nabucodonosor occupava nuovamente Gerusalemme catturando, a Gerico, lo stesso re Sedecias[N 257] e deportando gran parte della popolazione a Babilonia. La ribellione, tuttavia, non si sedò del tutto e i partigiani del sacerdote Geremia assassinarono il governatore babilonese fuggendo poi, con il loro capo, in Egitto[492].


Apries, intanto, si trovò a dover fronteggiare una precaria situazione interna con la rivolta della guarnigione di Elefantina, sedata dal generale Neshor. Poco dopo, nel 570 a.C., il principe Adikran di Cirene chiese aiuto all'alleato egizio per difendersi da invasioni doriche; Apries inviò in supporto truppe mercenarie costituite da Machimoi[N 258][493] che vennero sconfitte; al ritorno dalla campagna libica, scoppiò una vera e propria guerra civile tra i Machimoi e i mercenari greci e carii che erano stanziati nel Paese. Durante tale precaria situazione politica, i Machimoi proclamarono re il generale Amasis che si era particolarmente distinto in una campagna che aveva visto opporsi il faraone Apries, nel 592 a.C., alle mire espansionistiche e di rivalsa degli ultimi eredi della dinastia kushita in Nubia[N 259][494].


Nello scontro tra le truppe mercenarie di Amasis e l'esercito di Apries, che inevitabilmente seguì tale proclamazione e che avvenne nel 570 a.C. a Momenfis, Apries fu ucciso[N 260]; contestualmente Nabucodonosor, nel 568 a.C., cercò di approfittare dell'instabilità dell'Egitto per tentare una seconda invasione venendo tuttavia bloccato da Amasis[495].


Benché eletto re e supportato politicamente dai Machimoi, mercenari locali, Amasis si interessò anche della sistemazione delle numerose comunità greche sparse nell'Egitto settentrionale; in tal senso riuscì a convincere, mediante la concessione di importanti privilegi economici e commerciali, tali comunità a concentrarsi in un'unica località, Naucratis, alla quale riconobbe il particolare status di emporio commerciale autonomo, con luoghi di culto propri[496]; tale apertura farà sì che l'area, e l'Egitto, raggiungano un livello di prosperità economica preminente nel panorama delle potenze commerciali del Mediterraneo[N 261]. In politica estera, Amasis mantenne ottimi rapporti con la Grecia[N 262], stipulò trattati di alleanza con Creso, re della Lidia, e con Policrate, tiranno di Samo, ammorbidendo anche i rapporti, precedentemente tesi, con Babilonia. Militarmente, si scontrò con alcune città di Cipro, ma i successi conseguiti in tal senso, gli consentirono di sfruttare al proprio servizio, commercialmente e militarmente, la potente flotta dell'isola[497].


Nel 546 a.C., tuttavia, la politica di alleanze di Amasis era destinata a soccombere dinanzi all'avanzata sempre più preponderante della potenza persiana: nel 546 a.C., infatti, Ciro II di Persia invase la Lidia e sette anni dopo, nel 539 a.C., fu la volta di Babilonia[498]; solo la morte di Ciro, nel 529 a.C., ritarderà, sia pur brevemente, l'invasione dell'Egitto. Alla morte di Amasis, nel 526 a.C., gli subentrerà Psammetico III, ma l'anno successivo, nel 525 a.C., Cambise II di Persia, successore di Ciro, marciò sull'Egitto sconfiggendo Psammetico III sul ramo Pelusio del Nilo[N 263]. Il faraone si rifugiò a Menfi, ma la città venne catturata e Psammetico deportato a Susa.


È il 525 a.C. e l'Egitto diviene una satrapia, ovvero una provincia, dell'Impero achemenide.



XXVII dinastia (1ª dominazione persiana) (525 - 402 a.C.) |


Se è vero che la sconfitta di Pelusio, favorita dalla defezione di alcuni alleati e dagli appoggi delle popolazioni beduine del Sinai, segnò la fine della politica egizia, è altrettanto vero che Cambise II poté contare anche sull'accoglienza favorevole di minoranze locali, come quella giudaica di Elefantina, e di membri dell'alta aristocrazia egizia come Ugiahorresné, archiatra e sacerdote di Sais[N 264]. Quest'ultimo sulla statua che lo rappresenta, nota come "Naoforo vaticano", elogia Cambise come grande re dell'Egitto e a lui si dovrebbe la titolatura faraonica, sia pure ridotta a tre soli nomi, assunta dal re persiano come primo re della XXVII dinastia: Mestyu-ra Khamebet[499].









«Venne in Egitto il grande re di tutti i paesi stranieri, Cambise [...] egli fu grande sovrano d'Egitto [...] Sua Maestà mi assegnò la funzione di capo medico, mi fece vivere presso di lui in qualità di compagno e di direttore del Palazzo e mi fece comporre la sua titolatura ossia il suo nome di re dell'Alto e Basso Egitto Mestyu-ra.»


(dall'iscrizione del "Naoforo Vaticano"[500])


Titolatura di Cambise II quale re dell'Egitto |


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo

















F36
N16
N16





Srxtail.jpg

sm3 t3wy
Smatawy
Colui che unisce le Due Terre
G16

nbty (nebti)
Le due Signore



G8

ḥr nbw
Horo d'oro





M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg











N5 F31 w U33





Hiero Ca2.svg

ms w ti r՚
Mestyu-Ra
Discendente di Ra



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg











k m D58 i
V13
t





Hiero Ca2.svg

k m b t
Khamebet



Nel 522 a.C. Cambise affidò la satrapia d'Egitto ad Ariande[N 265] dovendo tornare in patria per contrastare una rivolta fomentata dal pretendente al trono Gaumata[501]. Scrittori successivi, come Erodoto o Ctesia di Cnido, tacciarono Cambise, e più in generale i re persiani, di crudeltà gratuite, brutalità e sacrilegio[N 266]; è da ritenersi, tuttavia, che tali affermazioni fossero dettate dal pregiudizio greco nei confronti dell'antico nemico; è infatti noto, al contrario, che nell'anno sesto di Cambise si tenne il funerale solenne di un bue Api, che, come testimoniato dall'iscrizione del Naoforo vaticano, furono restituiti privilegi a complessi templari e la stessa spedizione di Cambise verso l'oasi di Siwa, nel corso della quale il re perse un'intera armata, era molto verosimilmente dettata dal sentito bisogno, come poi sarà anche di Alessandro Magno, di essere riconosciuto come vero re dell'Egitto dall'oracolo di Amon ivi esistente[502]. La cattiva fama dell'amministrazione in Egitto è verosimilmente da imputarsi alla gestione del satrapo Ariande che dapprima destituito da una rivolta, venne poi reinsediato da Dario I, che era succeduto al padre sul trono di Persia nel 522 a.C., che successivamente, tuttavia, lo fece condannare a morte per tradimento[503] sostituendolo, quale satrapo, con Ferendate.


Sotto il profilo politico e infrastrutturale i re persiani, ritenendo l'Egitto la più ricca delle satrapie, valorizzarono i centri di studio egizi e restituirono ai templi le loro antiche prerogative.









«La Maestà del re dell'Alto e Basso Egitto Dario, che viva in eterno, mi ordinò di ritornare in Egitto [...] per rimettere in ordine la Casa della Vita [...] Feci ciò che sua Maestà mi aveva ordinato [...] li ho provvisti di tutti i loro studenti [...] li ho posti sotto la direzione di ogni sapiente [...] li ho dotati di tutte le cose utili e di tutti gli accessori indicati dagli scritti come era prima.[...] Sua Maestà ha fatto questo perché conosceva l'utilità di quest'arte per far vivere ogni malato e per far durare il nome di tutti gli dei, i loro templi, le rendite dei loro beni e lo svolgimento delle loro feste, in eterno»


(dall'iscrizione del "Naoforo Vaticano"[504])

Dario I fece inoltre costruire un tempio dedicato a Seth ad Hibis, nell'oasi di Kharga, ordinò lavori di restauro a Busiris e a El-Khab, e fece riaprire le cave dello Uadi Hammamat[505]. Anche sotto il profilo legislativo tentò la redazione di un codice: prima del dicembre del 518 a.C., infatti, egli aveva richiesto ad Ariande di inviargli saggi, scribi, guerrieri, sacerdoti, in grado di erudirlo sulle leggi locali[506].









«Lascia che scelgano i saggi tra i guerrieri, i preti, gli scribi dell'Egitto, che si riuniscano e lascia che scrivano le leggi formali dell'Egitto fino all'anno quarantaquattresimo del faraone Amasis. Lascia che mi presentino la legge del faraone, del tempio, del popolo»


(da "Encyclopaedia Iranica", voce Aryandes[507])

Tale atteggiamento appare confermare che le intenzioni dei re persiani fossero appunto quelle di valorizzare il Paese e non, come riportato dagli scritti posteriori di autori greci, di sfruttarlo o depotenziarlo.



Tabella "Y": XXVII dinastia (525 - 359 a.C.) |



































Tabella "Y": re della XXVII dinastia[508]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
525 - 522
Cambise (Kambūjia)
522 - 486
Dario I (Dārayavahuš)
486 - 465
Serse (Xšaya-ṛšā)
465 - 424
Artaserse (Artakhšassa)
424 - 405
Dario II (Oco)
405 - 359
Artaserse II (Artaxšaçrā)


Date le premesse, il periodo della prima dominazione persiana si avviava ad essere, per l'Egitto, un momento di profonda prosperità e ordine, ma le vicende internazionali -specie nell'area mediterranea- portarono ad altre conseguenze. Nel 490 a.C. i greci sconfissero l'esercito persiano nella Battaglia di Maratona e Dario fu perciò costretto a concentrare la propria attenzione su un altro fronte; ne approfittò il delta nilotico che si ribellò nel 486 a.C.[509]. Essendo nel frattempo morto Dario, gli successe sul trono di Persia e d'Egitto Serse (Xšaya-ṛšā) che intervenne stroncando duramente la rivolta e ponendo a capo della satrapia il proprio fratello Achemene il quale amministrò il paese con tale durezza che ancora secoli dopo il nome di Serse[N 267] verrà ricordato nei testi egizi con appellativi di riprovazione[510]. Nel 480 a.C. Achemene comandò, per conto del fratello, la flotta egizia, forte di circa 200 navi, nella Battaglia di Salamina che si concluse con la disfatta persiana cui seguì, nel 465 a.C., l'assassinio di Serse cui successe, solo per alcuni mesi, Artabano[N 268] a sua volta ucciso e sostituito, nello stesso 465 a.C., da Artaserse I[511].



Fine della prima dinastia persiana e la XXVIII dinastia |


Approfittando dei disordini in area persiana, Inaros, figlio dell'ultimo Psammetico, riuscì a riunire le forze nazionaliste del Delta e, affiancato dal principe Amirteo, discendente dei re saiti, si impadronì del Basso Egitto ottenendo, peraltro, l'alleanza di Atene che inviò una squadra navale per contrastare i persiani. Lo scontro navale, nel corso del quale trovò la morte Achemene, ebbe luogo a Papremi; sconfitta la flotta persiana gli insorti raggiunsero e occuparono Menfi. Dopo alterne vicende, i persiani primeggiarono catturando Inaros che venne giustiziato nel 454 a.C.[512]. Achemene venne sostituito, quale satrapo, da Arsame che, onde evitare il nuovo riacutizzarsi di spinte nazionaliste, confermò nei loro incarichi i figli di Inaros. Contestualmente greci e persiani giunsero ad un trattato di pace che portò un periodo di tranquillità nell'Egitto; i funzionari persiani, inoltre, sempre più acquisirono usi e costumi locali giungendo ad egizianizzare i propri nomi[N 269][513].


Nel 424 a.C., alla morte di Artaserse I, il potere venne assunto da Dario II di Persia appoggiato in special modo dalla comunità giudea di Elefantina. Tale particolare appoggio politico riaccese tuttavia le mai sopite spinte nazionaliste e nell'anno diciassettesimo di Dario II, venne distrutto il tempio giudaico di Elefantina[514]. Contestualmente, Sparta rinfocolò le spinte di ribellione nell'area saitica tanto che, nel 404 a.C., alla morte di Dario II, Amirteo, nipote dell'omonimo principe alleato di Inaros, si autoproclamò re fondando la XXVIII dinastia che, tuttavia, annovera lui come unico sovrano. Approfittando anche della difficile situazione persiana, che vedeva opporsi in una lotta fratricida per i diritti di successione al trono di Dario II, Artaserse II e Ciro II e che, quindi non consentiva alcun intervento esterno nella politica egizia, in breve tempo Amirteo venne riconosciuto re fino ad Assuan[515].


La XXVIII dinastia, il regno di Amirteo, dal 404 al 399 a.C., e delle ultime dinastie autoctone (la XXIX e la XXX) saranno, per meno di un secolo (dal 404 al 343 a.C.), gli ultimi periodi di indipendenza dell'antico Egitto.




XXIX dinastia (399 - 380 a.C.) |


Molto sfumato è, storicamente ed archeologicamente, l'evolversi della XXVIII dinastia e il destino del suo unico faraone Amirteo; è noto che, nel 399 a.C. nacque la XXIX dinastia e subentrò al trono Nepherites I, ma anche di questo personaggio, forse originario di Mendes, si hanno scarse tracce e solo un unico testo in aramaico[N 270] (oggi al Brooklyn Museum, papiro n.ro 13) lascia intendere che vi fu una lotta aperta per il trono[N 271][516]. Nepherites I, pur facendosi incoronare per ovvi motivi politici a Menfi e a Sais, trasferì la capitale a Mendes, sua città natale, e individuò come modello di re a cui rifarsi Psammetico I (XXVI dinastia) assumendone lo stesso "nome di Horus": Grande di cuore[517].



Tabella "Z": XXIX dinastia (399 - 380 a.C.) |



























Tabella "Z": re della XXIX dinastia[518]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
399 - 393
Nepherites I
393 (?)
Psammuthis[N 272]
393 (?) - 380
Achoris
380
Nepherites II


Benché Manetone assegni a Nepherites I sei anni di regno, non esistono evidenze archeologiche che vadano oltre il quarto e alla sua morte, nel 394/393 a.C., si accese la rivalità tra due fazioni contrapposte. La Cronaca demotica[N 273], unico documento che consenta, sia pure in maniera contorta, di risalire ad una cronistoria del periodo, riferisce che il potere venne raggiunto da Hernebkha Muthis, figlio di Nepherites I, ma solo per pochi mesi venendo poi detronizzato (forse ucciso) e sostituito da Psammuthis (Pa-sheri-en-Mut, ovvero il figlio di Mut) considerato, tuttavia, un usurpatore[N 274]. Questi, a sua volta, venne sostituito da Achoris che, a riprova dell'irregolarità del regno di Psammuthis, ne cancellò il regno e si dichiarò successore diretto di Nepherites I[519].


Ad Achoris succederà, nel 380 a.C., Nepherites II che, tuttavia, regnerà solo per alcuni mesi venendo soppiantato, dopo meno di vent'anni complessivi di regno della XXIX dinastia, da Nectanebo I fondatore dell'ultima dinastia locale, la XXX.



XXX dinastia (380 - 343 a.C.) |


Il periodo di disordine durante la XXIX non doveva essersi tuttavia concluso con l'avvento della XXX dinastia: Nectanebo I, infatti, non solo non considerò il breve regno di Nepherites II, ma dichiarò il suo predecessore Achoris a sua volta usurpatore ricollegando il suo regno direttamente a Nepherites I[520]. Scarse sono le notizie che possano consentire di inquadrare tale successione; l'ipotesi più accreditata[521] è che si trattasse di due principi aventi uguali diritti al trono e forse parenti tra loro.



Tabella "AA": XXX dinastia [380 (393) - 343 a.C.] |























Tabella "AA": re della XXX dinastia[522]
Date (a.C.)[62]
Principali Re
380 (393) - 362[N 275]

Nectanebo I
362 - 360
Teos
360 - 343
Nectanebo II


Il regno di Nectanebo I durò 14 anni durante i quali riuscì ad imporre un certo rinnovamento nel Paese riscontrabile nella consistente attività edilizia a Karnak e a Luxor, in primis, nonché a Medinet Habu, El-khab, Tod, Elefantina, nel Tempio di Montu a Medamud ed il quello di Seth a Kharga[523], ma anche in campo internazionale giacché suoi cartigli ed oggetti risalenti al suo regno sono stati rinvenuti anche in area fenicia. La posizione dell'Egitto era tuttavia particolarmente delicata giacché anche le città greche precedentemente alleate, e alle cui lotte contro il nemico persiano l'Egitto partecipò, lo consideravano non uno stato autonomo, bensì una satrapia ribelle. Nel 380 a.C., inoltre, approfittando della contesa interna all'Egitto per l'assunzione del potere, i persiani, ormai alleati con i greci, ripresero a premere sui confini anche se riuscirono a concretizzare un'azione strategicamente compiuta (per contrasti sul comando in capo delle operazioni) solo nel 373 a.C. In questa occasione, la flotta greca giunse per prima e, dopo brevi combattimenti, si aprì la strada verso Menfi penetrando nel Delta non dal ramo pelusico, come previsto, bensì dal mendesico orientale. Tuttavia, la diffidenza reciproca tra il greco Ificrate e il persiano Farnabazo II costrinse la forza di invasione ad una lunga sosta di cui approfittò Nectanebo I che, miglior conoscitore dei luoghi e approfittando della piena nilotica, attaccò le forze greco-persiane sconfiggendole e facendole ritirare[524]. Dalla sconfitta derivò la rottura tra Ificrate (che rientrò velocemente ad Atene, temendo una rappresaglia, sottraendo così la sua consistente componente marittima) e Farnabazo.


Essendo ormai nulli i rapporti, in termini di alleanze, tra l'Egitto e le città greche, l'impero achemenide avrebbe potuto agevolmente ritentare l'occupazione, ma la sua stessa eccessiva estensione, e il sistema delle satrapie, stavano mostrando i loro limiti in ciò agevolate, peraltro, dall'età avanzata di Artaserse II di Persia: la Cappadocia si ribellò, unitamente alla Frigia, nel 368 a.C.; a tali aree ben presto si unirono Atene e Sparta, seguite dalla Caria, dalla Fenicia e dall'Armenia[525].


L'Egitto, dal suo canto, stabilì contatti con i satrapi ribelli finanziandone alcuni, e ristabilì i legami con Sparta e Atene.


Nel 365 a.C. Nectanebo I associò al trono il figlio Teos che prese parte attiva alla rivolta contro l'impero, dapprima come comandante dell'esercito in nome del padre, quindi come re, a sua volta, quando assunse autonomamente il potere dal 363 a.C.[526]. Riannodati i legami con la Grecia, nel 361 a.C. Teos tentò di conquistare l'area siro-palestinese potendo contare sull'appoggio dell'ottantenne Agesilao II, re di Sparta con un contingente di mille opliti, e dell'ateniese Cabria, ammiraglio comandante della flotta greca[527]. Dal suo canto, Teos mise in campo un contingente di circa 80.000 Machimoi[528].


Per finanziare la guerra, e per il pagamento dei mercenari greci, Teos impose pesanti provvedimenti fiscali divenendo notevolmente impopolare; nel 360 a.C. il re si pose personalmente a capo della spedizione terrestre, dirigendosi verso la Fenicia ed essendo appoggiato, a mare, dalla flotta ateniese di Cabria; la reggenza in patria venne affidata al fratello Ciachepimu, mentre comandante dei Machimoi era il figlio di costui Nectanebo. La campagna stava arridendo alle armi egizie quando, proditoriamente, Ciachepimu, approfittando del malcontento esistente, fece proclamare re, dall'esercito, il figlio Nectanebo II spalleggiato peraltro dallo spartano Agesilao mentre la flotta ateniese di Cabria faceva rientro in patria[529].


A seguito della defezione greca e dell'usurpazione del nipote Nectanebo II, Teos si rifugiò presso il suo avversario Artaserse II mentre Nectanebo II era costretto a rientrare velocemente in Egitto, sospendendo la campagna siro-palestinese, per contrastare il principe di Mendes che si era, nel frattempo, dichiarato discendente della XXIX dinastia e perciò stesso avente diritto al trono[530]. Nello scontro che ne seguì, grazie all'ingegno strategico di Agesilao di Sparta[531][N 276] Nectanebo II ebbe la vittoria nell'autunno del 360 a.C.



Nectanebo II e la fine della XXX dinastia (2ª dominazione persiana) |


Come il suo omonimo predecessore, Nectanebo II si dimostrò particolarmente attento all'aspetto religioso del Paese che era, peraltro, ormai quasi l'unico aspetto socio-culturale ancora legato alle antiche tradizioni egizie. Si è a conoscenza di suoi interventi praticamente in tutti i templi dell'Egitto e oltre cento sono le testimonianze di cui oggi si ha contezza[532]. Quasi contestualmente al suo avvento al trono d'Egitto, poco prima della morte di Araserse II, l'erede al trono di Persia, il futuro Artaserse III, nel 359 a.C. organizzò una spedizione per riconquistare le aree siro-palestinesi, ma la morte del padre, lo costrinse a rientrare in patria per legittimare il suo diritto al trono; le continue rivolte nelle satrapie in Asia minore lo tennero poi lontano dall'Egitto sino al 352 a.C.[533].


Nell'inverno del 351/350 a.C. Artaserse III tentò la riconquista dell'Egitto venendo, tuttavia, pesantemente sconfitto dall'esercito di Nectanebo II. Tale fu il livello della sconfitta, che le città greche e macedoni iniziarono la loro ribellione seguite dalla Fenicia che si alleò all'Egitto; fu quindi la volta di Cipro, della Cilicia, della Giudea. Strategicamente, Nectanebo II avrebbe potuto assumere facilmente la preminenza ed il comando delle provincie ribelli, ma si limitò, invece, a fornire 4.000 mercenari greci a Sidone quando questa, nel 346 a.C., venne assediata dall'esercito di Artaserse III[534]. La vittoria arrise alle forze ribelli, ma fu l'unica: nel 344 a.C. Cipro si sottomise, Sidone venne nuovamente assediata e presa[N 277], Artaserse reclutò mercenari greci al comando di due dei migliori streteghi del tempo, l'eunuco Bagoas e Mentore di Rodi, che marciarono sull'Egitto nel 343 a.C.[535].


Nectanebo II, dal suo canto, poteva disporre di forze esigue, 100.000 uomini di cui 40.000 mercenari greci e libici. Il nemico, tuttavia, disponeva di mercenari che avevano precedentemente già combattuto per gli egizi e che erano perciò perfettamente a conoscenza delle difese dell'area del Delta; il periodo dell'anno peraltro, lontano dalle inondazioni, non consentì alle forze egizie di contare sugli allagamenti che erano stati alla base della vittoria di Nectanebo I nel 373 a.C.[536].


Le colonne dell'esercito persiano, sfruttando le conoscenze dei mercenari e della popolazione locale, costretta fungere da guida, penetrarono facilmente nel Delta nilotico e presero Pelusio (XIV nomo del Basso Egitto), Bubastis (XVIII nomo del Basso Egitto) e altre importanti piazzeforti dell'area dirigendosi quindi su Menfi da cui Nectanebo II fu costretto, perciò, a fuggire verso il sud, dapprima a Edfu[N 278] e poi, forse, in Nubia presso il re di Napata, Nastasen.


La sconfitta e la fuga di Nectanebo II segnarono la fine dell'indipendenza egizia: i persiani conquistatori fecero radere al suolo le fortificazioni delle città principali, saccheggiarono i templi di tutti i tesori e i documenti sacri di cui disponevano costringendo, quindi, i sacerdoti a pagare alti riscatti per riottenerli[537]. Un barlume nazionalistico si ebbe nel periodo 338-335 a.C. con un effimero re Khababash che si sarebbe dichiarato successore di Nectanebo II, ma di cui non si ha che una vaga notizia ricavabile da una stele a lui intestata oggi al Museo Egizio di Berlino.




Le dinastie "di comodo" |


Con la XXX dinastia, l'ultima egizia se si esclude la scintilla nazionalistica costituita da Khababash, si conclude l'elenco manetoniano, ma non la storia dell'antico Egitto che vedrà susseguirsi sul trono sovrani di altri popoli che, considerando anche le ricchezze del Paese, tuttavia non disdegneranno di assumere il nome di faraone e la relativa titolatura. Benché la storiografia e la cronologia egizia si interrompano con la XXX, si è soliti far riferimento a tali successive dinastie indicandole, solo a titolo di comodità, con numeri ancora progressivi. Avremo perciò, così, la XXXI, costituita da re persiani della 2ª dominazione (342-332 a.C.), la XXXII macedone (332-305 a.C.), che vede tra i faraoni Alessandro Magno, la XXXIII (305-30 a.C.) meglio nota come "Tolemaica". A queste si aggiungeranno gli imperatori romani che, a loro volta, pur non costituendo una vera e propria dinastia, ambiranno ad essere riconosciuti come sovrani d'Egitto accettandone la titolatura.



XXXI dinastia (persiana) (342 - 332 a.C.) |


Artaserse III divenne faraone d'Egitto nel 343 a.C. circa anche grazie alle capacità strategiche di Bagoas e di Mentore di Rodi, ma fu proprio il primo di questi, Bagoas, che nel 338 a.C. fece avvelenare il re e i suoi figli, lasciandone in vita solo il più giovane, Arsete, considerato il più influenzabile, che salì al trono nello stesso anno con il nome di Artaserse IV di Persia. Poco tempo dopo l'insediamento del nuovo re sul trono di Persia e d'Egitto, Filippo II di Macedonia vinceva la Battaglia di Cheronea (338 a.C.)[N 279] così aggregando attorno a se una considerevole forza in grado di contrastare l'egemonia persiana[538].



Tabella "AB": XXXI dinastia (342 - 332 a.C.) |



























Tabella "AB": re della XXXI dinastia
Date (a.C.)[62]
Principali Re
342 - 338
Artaserse III Oco (Artaxšaçrā)
338 - 335
Artaserse IV (Arses)
337 - 335
Khababash
335 - 332
Dario III Codomano


Proprio a tale periodo di squilibrio dell'impero achemenide si dovrebbe il tentativo dell'effimero Khababash, dichiaratosi successore di Nectanebo II, di riprendere da Sais il governo dell'Egitto[539]. Nel 336 a.C., però, Bagoas avvelenò anche Artaserse IV ponendo sul trono Dario III Codomano, appartenente ad un ramo minore della famiglia degli Achemenidi. Tra i primi atti del nuovo re, l'avvelenamento di Bagoas prima di rivolgere la sua attenzione alle mire espansionistiche di Alessandro Magno deciso a sconfiggere definitivamente l'impero persiano.
Nel novembre del 333 a.C., dopo aver battuto le satrapie ribelli, Alessandro sconfisse Dario III nella Battaglia di Isso, costringendolo alla fuga. L'anno seguente, nel 332 a.C., il satrapo d'Egitto Mazakes consegnò il Paese, senza combattere, ad Alessandro Magno[540] che, per convalidare il suo diritto al trono, si recò presso l'oracolo di Amon, nell'Oasi di Siwa[541][542].



XXXII dinastia (macedone) (332 - 305 a.C.) |


L'avvento di Alessandro Magno e dei macedoni segnò, di fatto, la fine dell'autonomia politica dell'Egitto che, benché ancora attivo in campo internazionale, lo era ormai semplicemente come provincia di un più vasto impero che fattivamente differenziava la realtà macedone da quella del bacino Mediterraneo e la stessa cultura locale, benché attrattiva per il mondo ellenistico, era accettata quasi come pittoresca, ma modellata, di fatto, sugli stili e i canoni della potenza egemone.



Tabella “AC”: XXXII dinastia |




















Nome
periodo di regno

Alessandro Magno

332 a.C. - 323 a.C.

Filippo III Arrideo

323 a.C. - 317 a.C.

Alessandro IV

317 a.C. - 310 a.C.



Titolatura faraonica di Alessandro Magno |


[543]


























































Titolo
Traslitterazione
Significato
Nome
Traslitterazione
Lettura (italiano)
Significato
G5

ḥr
Horo

















G20
V31
I6O49





Srxtail.jpg


[N 280]a) mk kmt
b) h̩q3 qn
c) h̩q3 qn tkn g3swt
a) mek-kemet
b) heka kan
c) heka kan teken gesut
a) colui che protegge l'Egitto
b) signore vittorioso
c) signore vittorioso che attacca i paesi stranieri
G16

nbty (nebti)
Le due Signore




G8

ḥr nbw
Horo d'oro






M23
X1

L2
X1

nsw bjty
Colui che regna
sul giunco
e sull'ape







Hiero Ca1.svg









C12 C2
U21
n
N36





Hiero Ca2.svg

stp-n-Rǥ mrj-Jmn
setepen-ra meri Amon
colui che Ra ha scelto, che Amon ama



G39 N5

s3 Rˁ
Figlio di Ra







Hiero Ca1.svg









G1
E23
V31
O34
i
n
D46

r
O34





Hiero Ca2.svg

3lksjndrs
Alexandros (Iskander)




XXXIII dinastia (tolemaica o lagide) (305 - 30 a.C.) |


Chiesto sul letto di morte ad Alessandro chi dovesse essere il suo successore, questi rispose indistintamente. Alcuni interpretarono la risposta come Eraccle, nel qual caso il riferimento sarebbe stato al figlio di Alessandro e Barsine, altri interpretarono la risposta con "kratisto", ovvero "il migliore". La successione perciò si spaccò tra due partiti contrapposti, quello che voleva fosse stato indicato Alessandro IV (figlio di Alessandro e Rossane), neonato, e Filippo III Arrideo (fratellastro di Alessandro Magno), infermo di mente. L'esercito perciò elesse un reggente nella figura di Perdicca che però, date le dimensioni dell'impero, pensò di ripartire le responsabilità di governo distribuendo le diverse provincie, nel 320 a.C., ad altrettanti generali. A seguito della cosiddetta Spartizione di Babilonia, l'Egitto venne assegnato a Tolomeo I Sotere[N 281] che, nel 305 a.C., alla morte di Alessandro IV, si proclamò re dando così inizio alla dinastia che da lui prese il nome: tolemaica.



Tabella "AD": dinastia tolemaica |



































































































Tabella "AD": re della XXXIII dinastia (tolemaica)
Date (a.C.)[62]
Principali Re[544]
305 - 282
Tolomeo I Sotere (o Lagide)[N 282]
285 - 246
Tolomeo II Filadelfo[N 283]
246 - 222
Tolomeo III Evergete[N 284]
222 - 205
Tolomeo IV Filopatore[N 285]
205 - 180
Tolomeo V Epifane[N 286]
180 - 164
163 - 145

Tolomeo VI Filometore[N 287]
145
Tolomeo VII Neo Filopatore
170 - 169
169 - 163
145 - 131
127 - 116

Tolomeo VIII Evergete Fiscone[N 288]
145
131 - 127
124 - 116

Cleopatra II Filometore Soteira[N 289]
127 - 101
Cleopatra III[N 290]
116 - 110
109 - 107
88 - 80

Tolomeo IX Sotere Latiro[N 291]
110 - 109
107 - 88

Tolomeo X Alessandro
80 Cleopatra Berenice III[N 292]
80
Tolomeo XI Alessandro
80 - 58
55 - 51

Tolomeo XII Neo Dioniso Aulete[N 293]
58 - 57
Cleopatra VI Trifena[N 294]
58 - 55 Cleopatra Berenice IV
51 - 30
Cleopatra VII Teo Filopatore
51 - 47
Tolomeo XIII Teo Filopatore
48 - 47
Arsinoe IV[N 295]
47 - 44
Tolomeo XIV
44 - 30
Tolomeo XV Cesarione[N 296]




Fine della cultura egizia e contaminazioni |


Nell'ultimo millennio a.C. si erano succeduti in Egitto libici ed etiopici, ma mentre le dinastie da questi scaturite si erano fondamentalmente limitate ad adattarsi agli stili ed alle strutture politico-sociali già esistenti, con la 1ª dominazione persiana si assiste alla vera perdita d'indipendenza del potere politico costituito dal faraone e la vera sudditanza del Paese ad una nazione straniera di cui l'Egitto diventa solo una provincia[545].


Apparentemente, la dinastia tolemaica e, successivamente, la dominazione romana sembrarono voler ripristinare le antiche tradizioni e usanze, ma, di fatto, le differenti culture di cui erano portatrici permeò l'Egitto ponendo l'accento principalmente sull'aspetto più palese e politicamente più aderente ad un rapporto tra pari, quello religioso. Non è da dimenticarsi, infatti, che a partire dalla dinastia ramesside, ed ancor prima sia pure in forma embrionale con Amenofi III, la XVIII e il tentativo "eretico" di Akhenaton di sottrarvisi, il clero aveva sempre più acquisito potere fino a governare il Paese[546] e a diventare interlocutore delle varie dominazioni che si susseguirono[547].
Sotto il tolomei si giunse ad un ulteriore rafforzamento di tale potere con l'istituzione di un'assemblea annuale nazionale[548], preceduta da riunioni regionali, nel corso della quale re, alti funzionari di Corte e sacerdoti convenivano e dettavano i principali orientamenti politici del paese che al clero, da sempre detentore di potere sulla popolazione minuta, competeva disseminare e far rispettare così garantendo al re il pieno potere sul popolo.


Quanto tale compromesso avesse un valore per entrambe le parti in causa è forse indirettamente desumibile dal fatto che, nel 118 a.C., al clero vennero restituite le rendite dei possedimenti divini che erano state sottratte all'atto della conquista macedone[549], rendite che verranno mantenute fino all'occupazione romana quando tutto il clero egizio, a qualunque dio facesse capo, venne sottoposto all'autorità di un magistrato, l'idiologo, sorta di sommo sacerdote a tutti sovraordinato. Ancora a dimostrazione del potere clericale, si considerino le opere in ambito templare realizzate durante la dinastia tolemaica, sia sotto il profilo del restauro dell'esistente, che dell'ampliamento o della costruzione ex-novo tanto che molte delle strutture ancor oggi visibili, come il tempio di Hathor a Dendera[N 297] o quello di Horus a Edfu[N 298], benché risalenti agli albori della religiosità egizia, sono di fatto costruzioni che risalgono proprio al periodo greco-romano[550]. La commistione tra i culti locali e quelli dei dominatori, porteranno inoltre alla nascita di nuove divinità, come Serapide, o all'espansione dei culti come quello di Iside che sotto i romani raggiungerà i posti più lontani dell'impero, fino a poter vantare luoghi di culto come il romano Iseo Campense.
Sotto l'aspetto culturale, con i tolomei si assiste ad un tentativo di ritorno al classicismo e la stessa lingua scritta si avvicina più al geroglifico del Medio Regno che non a quello contemporaneo, ma questa volontà di mantenere una sorta di purezza delle origini ben presto si trasformerà in un immobilismo che spingerà il clero alla sterile ricerca della perfezione del rituale, in una sorta di bizantinismo ante litteram, in luogo dell'antica spiritualità[551]. Anche sotto il profilo artistico, se è vero che la statuaria e i rilievi parietali possono apparire molto simili a quelli più antichi, di fatto, è palese l'influsso greco.


Non furono scevri dal subire l'innegabile attrazione dell'Egitto gli imperatori romani che, se ne restarono affascinati artisticamente tanto da spendere immani risorse per esportare i manufatti più antichi, gli obelischi, altrettanto lo furono anche politicamente, per le immense ricchezze naturali che garantiva in frumento e cereali e che seppero sfruttare rendendo il Paese una tra le più importanti, se non la più importante, delle province di Roma. In tale quadro, e anche nel tentativo di rendersi più accettati dalla popolazione locale, non furono pochi gli imperatori che iscrissero il proprio nome nei cartigli faraonici, normalmente preceduti dal titolo Autokrator, ovvero l'epiteto greco che indica il soggetto politico che esercita potere assoluto, non limitato da forze superiori.
Ultimo imperatore romano a disporre di un cartiglio faraonico fu Massimino Daia (305 - 313 d.C.) e non si è a conoscenza di cartigli a partire da Licinio.




Ultimi barlumi d'Egitto: il regno di Meroe |


Con la XXV dinastia il Paese venne governato da re kushiti, ovvero provenienti dall'area Nubiana, i cosiddetti "faraoni neri"; ma l'avvento dei persiani e l'ascesa al trono della XXVI dinastia, costrinsero i re kushiti a rientrare nella terra d'origine divenendo, di fatto, re di una realtà locale gravitante attorno alla capitale Napata, in quella che i greci, nel III secolo a.C., denomineranno Etiopia[552]. Costretti a spingersi ancora più a sud, a Meroe, i re kushiti stabilirono un regno che, almeno nei primi tempi del dominio tolemaico, arriverà sino ad Assuan, con purezza delle tradizioni, dei costumi e della società che si rifacevano pienamente a quelli faraonici pur non avendo politicamente nessun legame con l'Egitto[553].
Se Pi(ankh)y, fondatore della XXV dinastia, all'atto di assunzione del potere si sentiva pienamente egizio, anche i re meroiti si ritennero pienamente discendenti da quelle dinastie[554] e, a riprova di tale sentito legame, si considerino le necropoli nubiane in cui campeggiano oltre 200 piramidi quando, nel paese in cui erano nate, non ne venivano erette ormai da centinaia, se non migliaia, di anni.


Fino al II secolo a.C. inoltrato i meroiti mantennero anche la lingua egizia, che abbandonarono solo gradatamente per la lingua meroita, comunque basata, per i testi scritti, su una origine geroglifica e demotica. Sotto il profilo politico, le dinastie di Meroe, di cui poche o nulle notizie si hanno, ben presto lasciarono spazio ad un sistema di governo locale, basato sul matriarcato, retto da una "Kdke" (o Kandake), Candace.[N 299].


Poco o nulla si sa della storia del mitico regno di Meroe, vagheggiato miticamente spesso come "Isola di Meroe", che ebbe rapporti sporadici con Roma fino almeno al IV secolo d.C. e la cui ubicazione e ricchezza ben presto, nell'immaginario greco, si confusero con l'ancora misteriosa e non meglio precisata India[555].


Se qualcosa assimila il regno di Meroe all'Egitto antico, è di certo la sua data di scomparsa giacché se ne perdono le tracce nel 350 d.C. sotto i colpi del Regno di Axum che impose il cristianesimo. Ultimi barlumi di Egitto e dell'antica religione, si ritrovano nei Ta-seti, i Begia, discendenti dei meroiti, quelli che i romani chiamarono Blemi, che furono gli ultimi adoratori di Iside nel tempio di Philae dove, nel 394 d.C., venne scritto l'ultimo testo geroglifico[N 300] prima che il politeismo venisse soppiantato dall'editto Teodosiano prima e, nel VI secolo d.C., dagli editti di Giustiniano I[556].




Note |



Annotazioni |




  1. ^ Le presunte sorgenti del Nilo vennero scoperte solo nel 1937 dall'esploratore tedesco Burkhart Waldecker (1902-1964) nella parte meridionale dell'altopiano del Burundi.


  2. ^ La levata eliaca (circa 30' prima dell'alba) della stella Spdt, Sopedet, la Sothis dei greci; ovvero il suo apparire in cielo intorno al solstizio d'estate. Si tratta, di fatto, della prima apparizione dell'astro, che precede il sorgere del Sole, dopo un lungo intervallo di circa 70 giorni di non visibilità.


  3. ^ Anche in questo importante caso tuttavia, poiché da esso deriva la conseguente datazione dell'intera XVIII dinastia, esiste possibilità di errore: sappiamo infatti, dal papiro Ebers (citato da Grimal 2006, pag. 260), che la levata eliaca avvenne nell'anno 9° di Amenofi I, ma quel che non è noto è “dove” sia stata effettuata tale rilevazione. Se questa fosse avvenuta a Menfi, infatti, nel nord del paese, l'anno 9° corrisponderebbe al 1547 a.C. e, conseguentemente, la levata sarebbe avvenuta nel 1556; ma se la rilevazione fosse stata effettuata a Tebe, oltre 800 Km a sud, allora dovrebbero essere sottratti 20 anni e, in tal caso, la levata eliaca di Sirio sarebbe avvenuta nel 1526, ed il 9º anno di regno corrisponderebbe al 1517.


  4. ^ Contenuto in ogni essere organico, animale o vegetale, ed essendo nota l'emivita del 14C, è possibile stabilire l'età di un reperto archeologico con una certa approssimazione fino ad un massimo di circa 40-60mila anni fa (le datazioni a ritroso fanno comunque sempre riferimento ad un tempo attuale indicato, convenzionalmente, nel 1950 d.C.).


  5. ^ Non è tuttavia da sottovalutare un altro fattore di "errore" che potrebbe influenzare, in generale, le datazioni 14C: gli esperimenti nucleari del trentennio 1950-1980 che hanno di certo aumentato la quantità di radiocarbonio presente nell'atmosfera.


  6. ^ Un'eco di tale situazione può essere rilevata nella stessa cosmogonia egizia per la quale, in principio, era il Nun, l'oceano primordiale.


  7. ^ poche sono, benché non per questo meno importanti, le testimonianze di rapporti con le isole egee in questo periodo: una zanna d'avorio d'ippopotamo lavorata, corniole e ametiste, sigilli cilindrici in avorio. Vasi in pietra, provenienti dalla necropoli di Mokhlos e Zakhros, appaiono di derivazione egizia, benché quasi sicuramente realizzati localmente; altri provenienti da Knossos sono invece palesemente di provenienza egizia e risalgono ad un periodo compreso tra il predinastico e la VI dinastia egizia.


  8. ^ Da New Race (Nuova Razza) poiché, è bene ricordarlo, Petrie effettuava scavi a Naqada specialmente per trovare conferme alla sua duplice teoria della provenienza della razza egizia dall'area mesopotamica o da quella etiopica.


  9. ^ Si vuole in tale tumulo vedere, in nuce, quello che poi, con le dinastie, si trasformeranno nei complessi piramidali.


  10. ^ Proprio a tale usanza si vuole far derivare il ricorso successivo alla mummificazione dei corpi: le costruzioni che sostituirono le fosse scavate direttamente nella sabbia, infatti, fecero venir meno la naturale disidratazione e mummificazione naturale che, date le visite susseguenti alla morte, sembrava essere elemento essenziale per il transito nell'aldilà. Fu gioco forza il tentare di ricorrere, perciò, a sistemi artificiali (la mummificazione) per ricreare una situazione di integrità corporea che si riteneva indispensabile per la vita ultraterrena.


  11. ^ Si tratta di un procedimento della produzione di ceramiche consistente nel rivestire con un velo di terra, nel nostro caso di colore rosso, l'argilla parzialmente essiccata.


  12. ^ si tratta dell'unica classificazione che, invece della colorazione, prende in considerazione la struttura della ceramica.


  13. ^ Frederick William Green (1869-1949) egittologo inglese.


  14. ^ Esami 14C sui resti lignei di tali strutture hanno rilevato datazioni risalenti al 3800-3600 a.C.


  15. ^ Elise Jenny Baumgartel (1892-1975), egittologia tedesca specializzata in storia del Predinastico, in occasione di una sua visita al Museo Egizio del Cairo negli anni '60 del '900 ebbe a dire, a proposito di tale dipinto: i pochi frammenti rimasti sono talmente scuri che è difficile distinguere anche solo la pittura dal resto.


  16. ^ Si tratta, tuttavia, di un dipinto decisamente importante sia per l'età che, soprattutto, per i soggetti rappresentati. Secondo una delle interpretazioni più accreditate, si tratterebbe di una processione funebre su barche; secondo altri di una scena di caccia, ma una ulteriore ipotesi vorrebbe il dipinto come rappresentazione di una invasione di popoli stranieri dal mare.


  17. ^ Usualmente si tende ad indicare genericamente i sovrani dell'Egitto antico con il termine faraone. È tuttavia da tener presente che tale termine, derivazione greca da Per-Aa, ovvero Grande Casa, viene adottato solo in tempi relativamente recenti, con la XVIII dinastia e segnatamente con Thutmose III. Tutti i sovrani dinastici precedenti, perciò, dovrebbero essere indicati come re essendo di fatto il nome comune loro assegnato Neter-Nefer, ovvero Buon Dio, o anche solo Neter (Dio). In questa voce si cercherà, perciò, di seguire questa linea anche se potrebbe essere utile ricorrere talvolta, sia pure impropriamente, al termine più usuale per comodità di scrittura.


  18. ^ Non si esclude che, con il medesimo metodo, fossero prodotti anche vasi in oro, ma nessun esemplare è giunto a noi verosimilmente asportato nei millenni dalle tombe che ne contenevano.


  19. ^ È ipotizzabile che tali statue, al pari dei vasi, fossero realizzate su un'anima in legno su cui venivano martellate lastre di metallo.


  20. ^ Si tratta di una serie di quattordici mastelli in legno, di capacità differente, dotati di un livellatore per la misurazione delle rendite di frumento.


  21. ^ IL Papiro Edwin Smith risale come stesura, in effetti, alla XVI-XVII dinastia, ma elementi intrinseci, come la terminologia arcaica e l'uso di determinati vocaboli, dimostrano che si tratti di una copia di testi molto più antichi forse risalenti all'Antico Regno o al Periodo Arcaico.


  22. ^ Anche in questo caso il nome non appare nelle liste reali note.


  23. ^ Dal nome, nonché dalla diplomatica soluzione dello scisma sethiano, alcuni studiosi hanno voluto individuare proprio in questo re il vero unificatore del Paese.


  24. ^ A Ieracompoli vennero rinvenute una stele spezzata, due coppe in pietra e due statue recanti l'identificativo di un re Horus-Khasekhem. Sulla base di una di tali statue è riportata una rozza incisione rappresentante nemici uccisi riportandone il numero in 47.209; se da un lato si è portati ad identificare Horus-Khasekhem con lo stesso Khasekhemui, non esiste alcuna certezza che non si sia, invece, trattato di chi si oppose militarmente all'usurpatore Peribsen in una vera e propria guerra civile, la cui risoluzione sarebbe poi stata definitivamente sancita dall'avvento al trono di Khasekhemui o dalla modifica del nome che potrebbe aver perso il riferimento ad Horus in segno di pacificazione sancita dai due animali teolofori affrontati sul serekh.


  25. ^ Questi manufatti vengono generalmente indicati come tavolette cosmetiche perché simili, sia pure in grandi dimensioni, a quelle piccole impiegate per mescolare, appunto, i cosmetici.


  26. ^ La tavoletta è anche nota come “Tavoletta degli avvoltoi” (Vultures Palette), “delle giraffe” (Giraffes Palette) o “dei leoni” (Lions Palette); spezzata in tre parti principali, è proprietà, dell'Ashmolean Museum di Oxford, del British Museum di Londra e del Museo di Lucerna.


  27. ^ La tavoletta richiama, nella struttura, un altro analogo manufatto, la Tavoletta dei quattro cani, oggi al Louvre, risalente al periodo Naqada II.


  28. ^ La tavoletta, spezzata in due parti, è nella disponibilità del British Museum di Londra, e del Louvre di Parigi.


  29. ^ la forma tipica delle pareti, più larghe alla base, che danno alla costruzione la tipica forma tronco-piramidale rastremata verso l'alto, deriverebbe (Cyril Aldred, p.40) dal ricordo delle originarie pareti in cannicci ricoperti di fango. Il peso stesso del fango lo faceva slittare verso il basso causando, così, un ispessimento della base del muro rispetto alla sommità. Tale particolarità estetico-architettonica si perpetuerà per tutta la storia dell'Egitto.


  30. ^ Un'idea della facciata di palazzo è ricavabile dal serekh, il simbolo della titolatura regale sovrastato dal falco, che inquadrava il nome di Horus del re, che simboleggia un palazzo, reale, appunto, visto sia in pianta (parte alta che contiene il geroglifico reale) che in alzato (la parte più bassa).


  31. ^ Viene fatto rilevare che il Canone di Torno assegna a Djoser 19 anni di regno che, secondo Gardiner ed altri, è un tempo troppo breve per completare il complesso funerario; più appropriati sembrerebbero, invece, i 29 anni assegnatigli da Manetone, ma questi assegna alla intera dinastia un periodo di 249 anni nettamente in contrasto con le evidenze archeo-storiche.


  32. ^ Il Papiro Edwin Smith, oggi alla New York Academy of Medicine (NYAM), viene considerato il primo approccio scientifico alle cure mediche, lontane da incantesimi o formule magiche. Pur risalendo, per stesura, al Secondo periodo intermedio, il Papiro Edwin Smith, in base alla terminologia impiegata e alla struttura testuale, è stato indicato come copia di preesistenti testi risalenti all'Antico Regno ed attribuito ad Imhotep.


  33. ^ Venne peraltro considerato figlio del dio Ptah e della dea Sekhmet


  34. ^ Manetone gli attribuisce l'invenzione dell'arte di costruire in pietra (Alan Gardiner -1971- p. 71).


  35. ^ Secondo alcuni studi Sekhemkhet sarebbe di fatto l'iniziatore della dinastia e Djoser il secondo, ma proprio le dimensioni dei materiali di costruzione fa supporre che l'aumento delle dimensioni sia derivato proprio dall’esperimento precedente del complesso di Djoser.


  36. ^ Di fatto esistono a Saqqara sepolture che risalgono anche al periodo greco-romano e funzionari, re e faraoni successivi non disdegnarono di farsi qui preparare la propria sepoltura; tra gli altri, il generale Horemheb, della XVIII dinastia prima di salire al trono.


  37. ^ In arabo al-ahram al-kādhaba, doveva originariamente essere alta più di 90 m con una base di 144.


  38. ^ Presso gli egizi, le costruzioni avevano un proprio nome, quello assegnato a questa piramide, emblematico per quanto poi avvenne alla costruzione, era Snefru è duraturo.


  39. ^ Il nome del monumento era Snefru del sud splende.


  40. ^ Si tenga presente che le mastabe, e le piramidi a gradoni della dinastia precedente, avevano un'inclinazione delle pareti variabile tra i 72 e i 78° e che l'esame interno della piramide “Romboidale” ha evidenziato un nucleo originario con un'inclinazione di circa 60°. Evidenti problemi di staticità, dovuti anche al cedimento del terreno, portarono alla realizzazione di una sorta di “cintura” più esterna con l'inclinazione di circa 55° successivamente variata, ancora, in circa 43°.


  41. ^ Proseguendo con l'inclinazione iniziale di 54°46', la piramide avrebbe raggiunto i 133 m di altezza; la variazione intervenuta a circa 50 m dal suolo, a 43°60', variò l'altezza finale agli attuali 105 m.


  42. ^ Il nome del monumento era Snefru appare nella gloria.


  43. ^ Importante fu il ritrovamento nel 1925, a cura di George Reisner e di una spedizione congiunta dell'Università di Harvard e del Museum of Fine Arts (Boston), della tomba di Hetepheres (Mark Lehner (2003), p. 117) a breve distanza dalla piramide del figlio. Il sarcofago in alabastro bianco della regina era però vuoto.


  44. ^ Successore diretto di Cheope sarebbe stato Djedefra Kheper di cui si hanno scarse notizie. Si hanno tracce del suo undicesimo anno di regno.


  45. ^ Si ipotizza, per il ritrovamento di tracce archeologiche, che tra Chefren e Micerino abbiano regnato altri due re: Hordjedef, forse figlio di Cheope, e fratello di Kheper, e Baka, forse figlio maggiore di Kheper. Il Papiro dei Re, di Torino, è danneggiato proprio nella parte relativa alla IV dinastia, ma tra i nomi di Chefren e di Micerino ci sarebbe spazio a sufficienza per l'inserimento di altri due nominativi.


  46. ^ Rinvenuta ad Abido, nel 1903, da Flinders Petrie, oggi al Museo del Cairo.


  47. ^ È da tener presente che glianni di regno facevano riferimento, di fatto, alle operazioni di censimento del bestiame e che questo, in epoca antecedente, avveniva ogni due anni. Se l'usanza era, perciò, ancora biennale, il riferimento sarebbe al 22 anno di regno di Djedefra; in caso contrario, se cioè il censimento del bestiame fosse già diventato annuale, si tratterebbe effettivamente dell'undicesimo.


  48. ^ E ciò giustificherebbe il perché dell'incompiutezza del complesso di Abu Rawash, nonché il suo quasi completo smantellamento (il Tempio in valle, pure identificato archeologicamente, non è ancora stato scavato). Pare, in realtà, che lo smantellamento sia avvenuto nei secoli a venire per il materiale particolarmente prezioso usato nella costruzione: sienite e quarzite rossa


  49. ^ Djedefhor e Baka, come risulta da un graffito rinvenuto nello Wadi hamammat (citato da Grimal 2002, p. 92), ma risalente alla XII dinastia, sarebbero stati seguenti a Chefren nella linea di successione a Cheope.


  50. ^ Il nome originale era Grande è Chefren: è alta 136,4 m (ma originariamente raggiungeva i 143, 5), con una base quadrata di 215.25 m ed un angolo alla base di 53°10'.


  51. ^ Lunghezza massima circa 73 m, altezza massima circa 22 e larghezza massima 19 m.


  52. ^ Men-kha-U-Ra, ovvero Stabili sono i Kha di Ra.


  53. ^ Il nome originale era Divino è Micerino, è alta 62 m (ma originariamente raggiungeva i 65,5), con una base quadrata di 103,4 m ed un angolo alla base di 51°20'.


  54. ^ Città del delta nilotico oggi identificata con Zat el-Kom a circa dieci chilometri da Abu Rawash.


  55. ^ Dea dei parti, "mshnt" era lo sgabello delle partorienti.


  56. ^ Si tratta di un papiro trascritto durante la XVI-XVII dinastia, ma risalente al Medio Regno; una sorta di Mille e una notte ante litteram in cui si narra del re Cheope che, per distrarsi, invita a corte principi e funzionari per farsi narrare storie. Una di queste, raccontata dal mago Gedi, preconizza la nascita dei primi tre re della V dinastia, Userkaf, Sahura e Keku, da Redjedef, moglie di Ra-User, sacerdote di Ra ad Eliopoli.


  57. ^ Nell'isola di Citera, infatti, venne rinvenuta una coppa in pietra recante il nome del suo tempio funerario di Saqqara: I luoghi di Userkaf sono puri.


  58. ^ Dei sei di cui si ha notizia, due sono stati individuati: quello di Userkaf, ad Abu Sir, e di Niuserra-Setibtawy, ad Abu Gurab.


  59. ^ Il Benben era, in origine, di forma conica e solo successivamente assunse forma piramidale. Nella cosmogonia di Eliopoli rappresentava la collina, emersa dal Nun, l'oceano primordiale, da cui era nato il loto che aveva generato Atum.


  60. ^ Tale nome, con poche varianti, sarà assunto, nel corso della storia dell'Egitto, sempre da sovrani che dovettero ristabilire l'unità del Paese dopo disordini politici o periodi di instabilità: Amenemhat I (XII dianstia); Ipepi (XV dinastia); Petubastis II e Pianki (XXV dinastia).


  61. ^ Il canone di Torino gli assegna 7 mesi circa di regno, mentre Manetone 30-33 anni


  62. ^ Sulla scorta del nome di Horus, è' stato addirittura ipotizzato che Userkaf potesse essere il capo della fazione avversa che avrebbe complottato per uccidere Teti.


  63. ^ Sia il canone di Torino che Manetone gli assegnano 50 anni di regno.


  64. ^ È tuttavia noto che contro di lui venne ordita una congiura nell'harem reale come da testimonianza esistente sulle pareti della tomba di Uni, alto funzionario di corte incaricato delle indagini, ad Abido.


  65. ^ Anti era una divinità falco guerriero adorato dal XII al XVIII nomo dell'Alto Egitto.


  66. ^ Giuntoci in una trascrizione del Nuovo Regno (papiro di Leida I344r), le lamentazioni di Ipu-Wer, ovvero del principe Ipu, fanno tuttavia riferimento al periodo successivo all'Antico Regno che va sotto il nome di Primo Periodo Intermedio.


  67. ^ Notizie in tal senso ci sono pervenute grazie all'autobiografia di Ankhtifi, governatore del III nomo dell'Alto Egitto (a circa 40 Km da Tebe) e alleato di Neferkara VII, sovrano di Eracleopoli contro Tebe. Non è noto l'esito della guerra, ma dati gli eventi successivi, si considera la sconfitta di Ankhfiti (che non la riporterà nella propria biografia) e la presa di potere da parte di un principe tebano, Antef I (iniziatore della XI dinastia) che si proclamò re scegliendo, come Nome di Horus, "Seheru-Taui", ovvero "Colui che ha riportato la pace nelle Due Terre"


  68. ^ Non esiste, nelle liste regali, un Mentuhotep I giacché si ritiene che costui fosse un principe tebano che coadiuvò, o forse affiancò nella reggenza, Intef, predecessore di Antef sul trono di Tebe ed iniziatore del contrasto con la X dinastia che porterà alla nascita dell'XI dinastia. Nella Sala degli antenati di Thutmose III (XVIII dinastia), del tempio di Karnak, venne inserito tra i re delle Due Terre, ma gli venne assegnato un nome di Horus palesemente fittizio, "Tapia", ovvero l'"Antenato" a volerne sottolineare verosimilmente l'importante figura di unificatore del Paese.


  69. ^ X nomo dell'Alto Egitto Wadjet, ovvero "il Cobra"; principale centro Djeuka, la greca Antaeopolis, centro cultuale del dio Seth.


  70. ^ XIII nomo dell'Alto Egitto Nedjefet Khentet con capitale a Sauti (Assiut, la greca Lycopolis), centro cultuale di Anubis.


  71. ^ Hatshepsut si ispirerà per il suo tempio di Deir el-Bahari proprio al tempio di Mentuhotep II alla cui politica riformatrice e di espansione politica ed economica volle manifestamente rifarsi.


  72. ^ Nell'ampio piazzale che fronteggiava il tempio, e in cui erano piantate 55 temarici e 4 sicomori per ciascun lato della rampa che conduceva al piano più alto, intervallate a statue del re, si trova "Bab el-Hosan", ovvero la "porta del cavallo" così detta poiché il cavallo di Howard Carter accidentalmente vi inciampò consentendo la scoperta del lungo corridoio sotterraneo che adduce al cenotafio regale scavato sotto il tempio.


  73. ^ Come rilevabile dalla corrispondenza privata di tale Heqanakht, sacerdote, con il visir Ipy di Tebe, rinvenuta nella tomba di Meseh (anch'egli funzionario di Ipy) a Deir el-Bahari.


  74. ^ A voler chiaramente sottolineare di essere il generatore di una nuova dinastia.


  75. ^ Il documento, forse scritto da Neferti sacerdote di Eliopoli, ci è giunto in forma completa in un papiro, oggi al Museo di Leningrado, nonché su due tavolette da scriba e su numerosi ostraka della XVIII dinastia e del periodo ramesside.


  76. ^ Abbreviazione di Amenemhat.


  77. ^ Il termine "giustificato" veniva assegnato ai defunti ammessi all'aldilà dopo la cerimonia della psicostasia; deve perciò intendersi che questa parola è stata aggiunta nella trascrizione dopo la morte del re.


  78. ^ Nomo dell'Alto Egitto di cui era originario Amenemhat.


  79. ^ Ovvero l'Alto Egitto.


  80. ^ Le Due Signore, ovvero le dee protettrici dell'Alto e Basso Egitto: l'avvoltoio Nekhbet e il cobra Uadjet


  81. ^ Gli dei Seth e Horus.


  82. ^ Campagna diretta contro gli oppositori politici del re rifugiatisi presso i libici.


  83. ^ Si tratta di un testo sapienziale, pervenutoci in centinaia di copie, la più antica delle quali risale però alla XVIII dinastia. Il testo, tuttavia, è quasi sicuramente una riscrittura di testi molto più antichi verosimilmente proprio della XII dinastia poiché scopo di fondo, più che "insegnare" o spiegare i motivi dell'omicidio di Amenemhat, sembra essere quello di costituire una legittimazione al trono per Sesostri ed una difesa da eventuali accuse di essere stato parte della congiura.


  84. ^ L'elevato numero di copie pervenutoci si giustifica, peraltro, con l'essere il racconto stato usato, nel corso dei secoli, come testo da copiare per l'addestramento degli scribi. Tra gli altri, cinque papiri risalenti al Medio Regno, e un ostrakon, oggi all'Ashmolean Museum di Oxford, che contiene il testo quasi completo.


  85. ^ Nel 1954 uscì, nelle sale cinematografiche, il film "Sinuhe l'egiziano", tratto dal romanzo omonimo dello scrittore finlandese Mika Waltari. Aldilà del nome del protagonista, tuttavia, il romanzo, ed il film conseguente, non hanno nessun legame con la vicenda narrata nell'originale "racconto" egizio essendo la storia ambientata nel corso della XVIII dinastia e nel periodo dell'eresia amarniana.


  86. ^ Si tratta dei più antichi obelischi di cui si abbia notizia: alti oltre 20 m se ne conserva ancora solo uno ad Eliopoli, quartiere del moderno Cairo. Erano di sicuro ancora eretti nel IV secolo d.C. poiché ne rende testimonianza Ephrem il Siriano (306-373), venerato come santo dalla chiesa siriana e proclamato dottore della Chiesa nel 1920: "qui si ergono due grandi colonne che suscitano ammirazione, alte sessanta cubiti". Uno dei due crollò, in epoca non nota, giacché nel XII secolo un viaggiatore arabo scrisse: "uno dei due è rotto in due tronconi mentre l'altro è ancora in piedi".


  87. ^ I blocchi di tale monumento vennero in seguito usati, a partire da Amenofi III, come riempimento del III pilone di Karnak. Qui vennero rinvenuti negli anni '20 del '900 consentendo la completa ricostruzione della cappella; si tratta di un tempietto periptero dotato di rampe contrapposte che recavano, molto verosimilmente, ad altrettanti troni che simboleggiavano l'Alto e il Basso Egitto.


  88. ^ Di tale nucleo, costituito da tre piccoli locali orientati est-ovest, si sono conservate oggi solo le soglie nello spazio posteriore al Santuario della barca di Filippo Arrideo.


  89. ^ I testi moderni sulla traduzione dei geroglifici si basano quasi esclusivamente sulla lingua scritta di tale periodo; uno per tutti il "Concise Dictionary of Middle Egyptian" di Raymond Faulkner, edito dal Griffith Institute presso l'Ashmolean Museum di Oxford.


  90. ^ I depositi di fondazione sono attestati fin dall'Antico Regno ed erano collocati con intento consacratorio della struttura (tempio, edificio sacro, tomba) cui erano destinati. Di solito contenevano oggetti miniaturizzati usati per le costruzioni (mattoni zappe, picconi, pale) o di carattere cultuale (amuleti, incenso, kohl), o offerte di piccoli animali o prodotti solidi e liquidi.


  91. ^ Uno di questi di tipo egeo.


  92. ^ La suppellettile venne rinvenuta nel cosiddetto Quartier Mu, edificio D, stanza 4, che doveva appartenere ad un notabile locale, forse in sacerdote.


  93. ^ Rinvenuto nel 1971 da Louis Godart in un complesso templare del Quartier Mu di Mallia.


  94. ^ XVI nomo dell'Alto Egitto con capitale ad Hebenu, l'attuale Kom el-Ahmar.


  95. ^ Si è a conoscenza di varie campagne in Nubia, nell'anno 8°, durante la quale fece ampliare un canale fatto costruire da Merenra (VI dinastia) il che consentì alle navi egizie di raggiungere la seconda cateratta, nel 10°, nel 16°, durante la quale venne raggiunta Semna, e nel 19°.


  96. ^ Kahun costituisce uno dei tre esempi noti di "villaggio operaio", gli altri sono quello di Tell el-Amarna, l'antica Akhetaton, e di Deir el-Medina, nei pressi della Valle dei Re. Caratteristica di tali insediamenti: l'isolamento con una superficie (circa 350 m x 400 a Khaun) recintata da un muro in mattoni crudi in cui si aprono solo due porte; la separazione in due quartieri in cui le abitazioni si differenziano per dimensioni e per miglior fattura.


  97. ^ L'epiteto "figlio dell'asiatico" ha fatto supporre, a riconferma della possibilità che i re in tale periodo venissero eletti, che Hotepibre fosse addirittura di origini eblaite.


  98. ^ VI nomo del Basso Egitto, con capitale a Khaswu, la greca Xois.


  99. ^ Testi del Nuovo Regno denotano in maniera molto negativa gli Hyksos, ma si deve ritenere che fossero strumentali all'ideologia riunificatoria iniziata con la XVII e compiutasi con la XVIII dinastia.


  100. ^ 1648-1540 a.C. secondo John Van Seters (nato 1935, studioso del Vicino Oriente) ed altri; 1648-1440 a.C. secondo Jürgen von Beckerath (1920-2016, egittologo tedesco); 1640-1532 a.C. secondo Kenneth Kitchen.


  101. ^ Successivamente ne accentuarono i caratteri semitizzanti e lo assimilarono a Baal-Reshef o al dio hittita Teshub.


  102. ^ Dea cananea dell'amore, della fertilità, della terra, ma anche della guerra, rimase nel pantheon egizio e fu particolarmente venerata durante la XIX dinastia


  103. ^ Il cavallo, come citato da Nicolas Grimal (2000), p. 245, era noto ed allevato nella Valle nilotica anche prima dell'arrivo degli Hyksos, ma il suo impiego era residuale e non attinente al traino di mezzi su ruota.


  104. ^ Che esistessero contatti con le isole egee è attestato, inoltre, dalla presenza della titolatura del re Hyksos Khyan su una giara rinvenuta a Cnosso; si è anche voluto indicare il regno Hyksos come "impero" giacché segni della loro presenza, e segnatamente proprio di Khyan, sono stati rinvenuti: in Egitto a Bubastis e a Gebelein; all'estero: scarabei e sigilli in Palestina; in terra Hittita, a Boghaz-Köy; su un leone di granito a Baghdad.


  105. ^ Nella tomba di Amenofi I, della XVIII dinastia, venne rinvenuto un vaso recante il nome di Herit, figlia di Apophis I, tanto da far ritenere che il manufatto sia stato trasmesso di generazione in generazione e conseguentemente a far interpretare la principessa Herit tra i capostipiti della XVIII.


  106. ^ Scoperto da Gaston Maspero nel deposito (cache) DB320, di Deir al-Bahari nel 1881.


  107. ^ Recenti esami medico-legali sulle ferite al capo di Seqenenra Ta'a hanno tuttavia fatto propendere, per direzione dei colpi e per posizione del corpo al momento in cui furono inferti, per ferite riportate in un attentato piuttosto che in combattimento; di qui il ridimensionamento della figura di Seqenenra Ta'a come iniziatore della "guerra di liberazione" dagli Hyksos.


  108. ^ La Tavoletta Carnavon riporta notizie relative alla guerra di liberazione ad opera di Khamose. Si tratta di due tavole di legno ricoperte di scrittura ieratica rinvenute a Tebe, nel 1909, da Howard Carter.


  109. ^ Figlio di Seqerenra Ta'o e della regina Tetisheri.


  110. ^ A sua volta sorella e sposa del proprio fratello Seqenenra Ta'o.


  111. ^ Dapprima Manetone fa riferimento ad un re Misphragmuthosis, ma poi, riferendosi verosimilmente al medesimo re, lo indica con il nome di Thetmosis il che peraltro ha fatto sorgere il dubbio, storicamente comunque inaccettabile, che il riferimento fosse ad un Thutmose.


  112. ^ È verosimile che la scelta della mosca, come simbolo di valore militare, trovi una sua logica nel fatto che, come la mosca punge gli animali, il soldato punge i suoi nemici.


  113. ^ Nella tomba di Ahotep vennero peraltro rinvenute armi appartenute al figlio Ahmose recanti decorazioni di tipo egeo. L'importanza di tale influsso è ancora maggiore là ove si consideri che la dinastia tebana non aveva agevole sbocco sul Mediterraneo; le armi, conseguentemente, debbono essere state realizzate ad unificazione già avvenuta, a meno di non voler considerare la presenza in loco di artigiani e maestranze egee.


  114. ^ Il riferimento è all'usanza di tagliare la mano del nemico per contarne le perdite a fine battaglia.


  115. ^ Ahmes, figlio di Beb, soldato sotto Seqenenra, e di Abana, combatté sotto Ahmose I nella guerra di liberazione dagli Hyksos, quindi in Nubia per sedare una rivolta. Nuovamente in Nubia tornò al seguito di Amenofi I, successore di Ahmose, e di Thutmose I. nel primo caso venne nominato "guerriero del re" per il suo valore, mentre nella seconda campagna ottenne la promozione a comandante


  116. ^ La doppia datazione risente del possibile errore sulla cronologia generale dovuto al calcolo della levata eliaca di Sirio a Menfi o a Tebe.


  117. ^ Non è nota la sepoltura di Amenofi I, forse a Dra Abu el-Naga; tuttavia la tomba di Amenofi I è menzionata nel rapporto dell'ispezione eseguita alle tombe durante il regno di Ramses IX, nel suo sedicesimo anno di regno, ma i punti di riferimento annotati nel "Papiro Abbott", che lo contengono, non hanno consentito ad oggi l'individuazione dell'area. La sepoltura di Amenofi I è, tuttavia, importante poiché, qualora si trattasse davvero di Dra Abu el-Naga, si tratterebbe dell'ultima sepoltura fuori dalla Valle dei Re; un secondo motivo di menzione è che, per la prima volta, il tempio funerario dedicato al suo culto postumo, quello che diverrà poi il Tempio di Milioni di Anni, venne costruito in località differente da quello della sepoltura.


  118. ^ Sovrintendente dei granai di Amon, la sua biografia fu scritta nella sua tomba rupestre nella necropoli di Sheik abd el-Gurna


  119. ^ Prima campagna in NUbia per sedare una rivolta; seconda nell'aera siro-palestinese; terza, quarta (a quest'ultima si ritiene abbia partecipato anche Thutmose III) e quinta, ancora in Nubia; sesta nuovamente nell'area siro-palestinase, durante la quale Thutmose III conquistò la città di Gaza.


  120. ^ Anche di tale opera si ha menzione nei rilievi del tempio di Deir el-Bahari in cui è rappresentato il trasporto fluviale di due obelischi.


  121. ^ Sperimentazioni sul campo, poste in essere da Reginald Engelbach nel 1922-23 (R. Engelbach 1923, p. 48), hanno dimostrato che i tempi di realizzazione riportati sul piedistallo di Karnak, sono effettivamente compatibili con la realizzazione di un obelisco di tali proporzioni (altezza 29.56 m; lato di base 2,40 m; larghezza alla base de pyramidion 1,76 m, peso 327,47 t).


  122. ^ A Reginald Engelbach, collaboratore di Flinders Petrie, si deve la "scoperta" dell'Incompiuto di Assuan particolarmente importante giacché ha fornito informazioni di primario valore sui metodi di realizzazione degli obelischi. L'opera di Engelbach è narrata, ivi compresi gli esperimenti pratici per dimostrare i metodi di lavorazione mediante sfere di dolerite, in due testi: "The Aswan Obelisk", del 1922, e "The problems of the obelisks", del 1923.


  123. ^ Trattandosi sostanzialmente di un fallimento, giacché l'obelisco non venne ultimato, non esistono tracce storico-archeologiche del committente e l'assegnazione ad Hatshepsut, o a Thutmose III, è dovuta alle dimensioni simili ad altri obelischi sicuramente di tali re; qualora estratto, infatti, l'Incompiuto di Assuan sarebbe stato l'obelisco più alto e più pesante mai realizzato, con i suoi quasi 42 metri di altezza e le oltre 1200 tonnellate di peso (Engelbach, op. cit.).


  124. ^ L'ogdoade era costituita da quattro divinità maschili, rappresentati antropomorficamente da uomini con testa di serpente, e dalle rispettive paredre, femmine con testa di rana: Nun e Nunet, rappresentanti l'oceano primordiale da cui tutto era nato; Kuk e Keket, l'oscurità; Huh e Huhet, l'immensità; Amon e Amonet, l'invisibilità.


  125. ^ Tombe TT353 della necropoli tebana e TT71 della necropoli di Sheik Abd el-Qurna.


  126. ^ Tomba TT110 della necropoli tebana.


  127. ^ Tomba TT73 della necropoli tebana.


  128. ^ Nella sua azione abrasiva della presenza di Hatshepsut, Thutmose III avrebbe potuto abbattere anche gli obelischi eretti dal suo predecessore sul trono, ma evidentemente l'abbattimento era impossibile dovendo operare in un ambiente già strutturato architettonicamente e l'azione avrebbe comunque privato il dio di un monumento a lui dedicato e, ormai, sacro. Per tali motivi questo obelisco, l'unico superstite dei due originariamente eretti, venne celato alla vista circondandolo con un alto muro; di qui la denominazione di "obelisco nascosto".


  129. ^ Una stele di Hermontis consente di datare la ri-assunzione del trono da parte di Thutmose III al giorno 10, del secondo mese di Peret, del ventiduesimo anno di regno di Hatshepsut.


  130. ^ Scoperta da Howard Carter nel 1916.


  131. ^ La campagna venne indetta il venticinquesimo giorno, del quarto mese dell'inverno, nell'anno ventiduesimo di Thutmose III. Solo dieci giorni dopo, si svolge lo scontro più importante, tra l'esercito egizio e quello della coalizione, nella piana di Megiddo.L'esercito della coalizione viene messo in fuga e si ritira nella città che viene posta sotto assedio per sette mesi e quindi espugnata cn la cattura di oltre cento principi asiatici.


  132. ^ Nel complesso si trattò di 18 campagne militari maggiori, di cui 8 nell'area siro-palestinese e 10 ai confini orientali dell'Egitto. Per tale attività guerresca, in tempi moderni, a Thutmose è stato assegnato il soprannome di "Napoleone d'Egitto".


  133. ^ Il racconto delle campagne di guerra di Thutmose III, è riportato nei cosiddetti "Annali" che il re stesso fece scolpire nell'Akh-Menu (la Sala delle Feste) del complesso templare di Karnak.


  134. ^ Si è sempre ritenuto che la prima tomba scavata nella Valle dei Re fosse la KV38 di Thutmose I, ma qualora tale operazione corrispondesse a verità, il primato di prima tomba della Valle, peraltro la più lunga (con i suoi oltre 200 m) e la più profonda, competerebbe alla KV20 di Hatshepsut a meno di non voler considerare una doppia traslazione: dalla KV38 alla KV20 e successivamente dalla KV20 nuovamente alla KV38.


  135. ^ Originariamente eretto nei pressi del VII pilone del tempio di Karnak, l'obelisco venne dapprima trasferito ad Alessandria d'Egitto per volere dell'imperatore Costanzo II (anno 357); da qui, nel 390, l'imperatore Teodosio I lo fece trasferire a Costantinopoli ed innalzare sulla spina dell'ippodromo, nella posizione che ancora oggi occupa.


  136. ^ Nel 1898 a cura di Victor Loret.


  137. ^ Thutmose IV (XVIII dinastia); Amenofi III (XVIII dinastia); Seti II (XIX dinastia); Merenptah (XIX dinastia); Siptah (XIX dinastia); Ramses V (XX dinastia); Tausert (?) (XIX dinastia); Ramses VI (XX dinastia); Ramses IV (XX dinastia) più, forse, il corpo del faraone Sethnakht (XX dinastia).


  138. ^ Un corpo femminile forse identificabile come quello della regina Hatshepsut Meryet-Ra Grande sposa reale di Amenofi II; un corpo femminile, privo di bende, sul momento identificato come Elder Lady (trad.: la signora più anziana); un secondo corpo femminile, privo di bende, sul momento identificato come The Younger Lady (trad.: la signora più giovane); un corpo di bambino (di circa 9-11 anni) identificabile, forse, con il principe Webensenu, figlio di Amenofi II; resti molto malridotti di due corpi, uno maschile e l'altro femminile, privi di bende. Un corpo maschile contenuto in un modello di nave in legno venne identificato per quello, forse, del faraone Sethnakht.


  139. ^ Che Thutmose III non fosse designato originariamente al trono si desume dal racconto, che egli stesso fece incidere su una stele posizionata tra le zampe della Sfinge di Giza, in cui si narra come il principe si fosse sdraiato a riposare all'ombra dell'enorme monumento, rappresentante il dio Harmakis-Khepri-Atum, in buona parte ricoperto di sabbia; il dio gli sarebbe quindi apparso in sogno promettendogli il regno se lo avesse liberato dalla sabbia che lo opprimeva, cosa che egli fece ottenendo in premio, come promesso, il regno.


  140. ^ Tomba KV46 della Valle dei Re.


  141. ^ Periodo Postpalaziale minoico TM IIIA1 e TM IIIA2.


  142. ^ Interessante notare che di 21 esemplari noti di cartigli reali egizi in area egea, ben 12 (4 a Creta di cui uno con i cartigli della regina Tiy ad Agía Triáda) fanno riferimento ad Amenofi III (Edward Cline -1987-, "Amenhotep III and the Aegeans" in "Orientalia", n. 56, pp. 1-36.


  143. ^ Due scarabei recanti i cartigli della regina Tiy ed altri quattro di Amenofi III furono rinvenuti a Micene (E. Cline (1987), opera citata).


  144. ^ Ovvero "luogo in cui le cose vengono ritrovate" con riferimento ad affioramenti archeologici rinvenuti nei secoli.


  145. ^ Le cinque basi sono state rinvenute nell'angolo nord-ovest della Corte e fanno riferimento ad aree a nord dell'Egitto; si ritiene che analoghe statue dovessero trovarsi anche nell'angolo opposto con riferimenti al sud.


  146. ^ Gli attuali scavatori del sito di Kom el-Hettan, H. Sourouzian e R. Stadelmann, hanno di recente rinominato le stele con la sigla "PWN" seguita da numeri romani seguendo lo stesso ordine delle lettere talché la "Lista egea" è la PWN-V. In ambito accademico, tuttavia, si continua a fare riferimento, più frequentemente alla precedente denominazione "En".


  147. ^ Tutte la basi hanno toponimi scritti solo sui lati. lasciando la fronte libera; solo la "Lista egea" riporta geroglifici sulla fronte. Al contrario delle altre "liste", inoltre, due personaggi indicano palesemente popolazioni e non toponimi: K(e)ft(i)w, nome utilizzato per indicare i cretesi, e T(a)n(a)y(w), molto probabilmente i Danai, ovvero i greci continentali.


  148. ^ per lungo tempo si è ritenuto che potesse indicare Ilio, ovvero troia, oggi si è più propensi ad individuarla come località sull'isola di Creta


  149. ^ Il toponimo "Amnisos", località dell'isola di Creta, viene riportato due volte nell'elenco; questo ha fatto supporre che, in realtà, la "lista egea" non indichi popolazioni o luoghi su cui l'Egitto aveva predominio, come negli altri casi, bensì il ricordo di una spedizione forse diplomatica (per portare il "soffio della vita" del faraone alle popolazioni alleate) partendo da Creta, da est verso ovest, alla Grecia continentale e poi, attraverso l'isola di Kythera, ritornando a Creta. Così, tra gli altri, Cline (1987) e W.F. Albright (1934), "The vocalization of the Egyptian Syllabic Ortography", pp. 9-10, New Heaven.


  150. ^ La coreggenza tra Amenofi III ed il IV è motivo di discussione accademica: taluni negano che sia avvenuta, tra gli altri Lawrence Berman (1998), "Overview of Amenhotep III and His Reign" e Raymond Johnson (1998), "Monuments and Monumental Art under Amenhotep III" in Amenhotep III: Perspectives on his Reign; altri ipotizzano un periodo di 11-12 anni, con un'associazione al trono nell'anno 28-29 di Amenofi III, altri ancora ne individuano l'inizio negli anni 37-38, così Nicholas Reeves (2000), Akhenaten: Egypt's False Prophet, Thames & Hudson, pp.75-78.


  151. ^ L'identificazione di Nefertiti è oggetto di differenti congetture: la si vorrebbe figlia di Ay, fratello della regina Tiy moglie di Amenofi III (e quindi cugina di Amenofi IV), ma esistono anche differenti interpretazioni secondo cui, partendo dalla traduzione del nome "La bella che qui viene", potrebbe essersi trattato della principessa mitannita Tadukhipa inviata come sposa per Amenofi III dal re Tushratta (tra gli altri Joyce Tyldesley -1998-, Nefertiti: Egypt's Sun Queen. Penguin. 1998. ISBN 0-670-86998-8.


  152. ^ Nella tomba dello scultore di corte, Bak, ad Akhetaton, una iscrizione riporta il suo ringraziamento al sovrano per avergli insegnato la nuova arte.


  153. ^ Merytaton, 1º anno di regno; Maketaton, 4º anno; Ankhesenpaaton (successivamente Ankhesenamon), 6º anno; Neferneferuaton Tasherit, 8º anno; Neferneferura, 9º anno di regno; principessa Setepenra, 11º anno.


  154. ^ Nelle abitazioni del villaggio operaio di Akhetaton sono state rinvenute tracce di culti differenti da quello di Aton, in alcuni casi anche dedicati ad Amon.


  155. ^ Lo stesso "Inno ad Aton", che si vuole dettato dallo stesso re, di fatto ricalca altri inni precedenti dedicati ad altre divinità, Amon compreso.


  156. ^ In un rilievo, ormai illeggibile, di una tomba di Amarna si assiste al compianto verosimilmente proprio di Maketaton; nella scena, il re è palesemente affranto e, nel quadro delle innovazioni artistiche amarniane, stringe la mano di Nefertiti. Ai piedi del letto funerario una figura femminile regge tra le braccia un infante; la presenza di un portatore dl flabello alle spalle della "balia" ha fatto supporre che la morte della principessa sia avvenuta per parto e che l'infante possa essere il neo-nato Tutankhaton, ma non esistono conferme nel senso.


  157. ^ Sintomatico in tal senso, tuttavia, che in tutti testi riguardanti Kiya, questa non venga mai indicata come “Madre del Re” o “Madre del Dio”, epiteti che le sarebbero spettati se madre dell'erede al trono. Il personaggio "Kiya", verosimilmente in auge, secondo Reeves (1981), tra il 7º e l'11º anno di regno di Akhenaton, scompare inoltre dalle iscrizioni dopo l'anno 11° di regno ed il suo nome, abraso, viene sovrascritto con il nome di Merytaton, figlia maggiore di Akhenaton.


  158. ^ Già portatore del flabello alla destra di sua maestà, capo di tutti i cavalli del re, primo degli scribi di sua maestà, padre del Dio, sotto Akhenaton, e poi successore di Tutankhamon.


  159. ^ Successore di Ay.


  160. ^ La politica di Akhenaton aveva, infatti, accentrato nel patrimonio della Corona i possedimenti del dio Amon e, probabilmente, anche quelli di altre divinità, così lasciando il potente clero amoniano in una situazione di scarso potere che necessitava di una sorta di preteso risarcimento che doveva andare ben oltre quello materiale giacché proprio su quel potere si doveva reggere la nuova situazione politico-economico-religiosa del nuovo corso.


  161. ^ Da tappi di giare da alimenti rinvenute ad Akhetaton, si ritiene che la capitale venne abbandonata verso la fine del 3°, o agli inizi del 4º anno di regno


  162. ^ Successivamente usurpata da Horemheb.


  163. ^ Furono rinvenuti nella tomba KV62 le mummie di due feti, di sesso femminile, rispettivamente al 5° e 7/9º mese di gravidanza.


  164. ^ Furono repertati circa seimila oggetti, oggi tutti al Museo del Cairo.


  165. ^ Nel 1887 comparvero, sul mercato antiquario egizio, tavolette in argilla con scrittura cuneiforme acquistate dal British Museum di Londra e dal Ägyptisches Museum und Papyrussammlung di Berlino; nel 1891 Flinders Petrie, nel corso di scavi nel sito dell'antica Akhetaton, oggi Amarna, rinvenne l'archivio reale di tavolette in scrittura cuneiforme e accadica, lingua diplomatica dall'epoca recanti corrispondenza diplomatica tra la Corte egizia e altre dell'area siro-palestinese.


  166. ^ Tra gli altri Christine el-Madhy, Cyril Aldred, Bob Brier


  167. ^ Christine el-Madhy, come prova dell'avvenuto matrimonio tra Ay ed Ankhesenamon, cita (p. 228 op. citata) un anello (oggi in collezione privata) posto sul mercato antiquario illegale egiziano alla fine dell'800, su cui apparivano i nomi dei due affiancati. Tale anello tuttavia, prosegue la el-Mahdy, era stato posto in vendita senza alcuna indicazione di provenienza e da un mercante di dubbia fama, noto per aver in altre occasioni prodotto oggetti falsi. Esaminato da Percy Newberry per un possibile acquisto venne anche da costui ritenuto di non certa provenienza e non acquistato.


  168. ^ Nessun riscontro esiste nel senso, ma se il convoglio di Zannanzash venne attaccato da truppe egizie, e nello scontro venne ucciso il principe hittita, è principalmente ipotizzabile che l'ordine possa essere effettivamente partito da chi, come Horemheb, generale comandante dell'esercito, aveva tale possibilità. Ma in questo caso siamo nel campo delle illazioni, pur espresse dalla el-Madhy, p. 229 opera citata.


  169. ^ Una ipotesi di studio -tra gli altri Bob Brier (1999), "L'omicidio di Tutankhamon", Corbaccio, pp. 227 e sgg.- sulla scomparsa di Tutankhamon lo vorrebbe artefice della sua morte. Ay compare, infatti, in uno dei dipinti parietali della tomba KV62 nell'atto di officiare la Cerimonia di apertura della bocca sul corpo di Tutamkhamon, cerimonia che, normalmente, spettava all'erede designato. Ma, nel caso specifico, Ay indossa già la corona ed è individuato con il suo nome di incoronazione racchiuso in un cartiglio, "Kheper Kheperu-Ra", cosa che, a rigor di logica, non dovrebbe essere stata possibile non potendo esistere un secondo re, a meno di non voler ipotizzare anche una coreggenza con Tutankhamon di cui non si ha traccia, fino a che il primo non fosse divenuto "Osiride", ovvero non fosse stato correttamente sepolto secondo i riti. Trattandosi di una ipotesi, non esistono prove a dimostrazione di tale assunto.


  170. ^ Uno dei più brevi di cui si abbia notizia nella millenaria storia dell'Egitto.


  171. ^ Nota anche con la sigla WV23 giacché ubicata nella West Valley, ovvero nella Valle Occidentale della Valle dei Re, è nota anche come "Tomba delle scimmie" per la rappresentazione di tali animali sulle pareti.


  172. ^ Nicolas Grimal (2002), p. 315, ritiene che Horenmheb abbia iniziato la sua carriera sotto Tutankhamon e non sotto Akhenaton durante il quale regno comandante dell'esercito era il generale Paatonemheb.


  173. ^ Come risulta anche da un rilievo della tomba di Huy, viceré di Nubia.


  174. ^ L'area fu pacificata per alcuni anni, fino all'assassinio del principe hittita Zannanzash, quando gli hittiti di nuovo sconfinarono ed occuparono nuovamente Amqa e ripresero Qadeš. In tale occasione Šuppiluliuma I catturò molti prigionieri egizi tra cui alcuni appestati che portarono una vasta epidemia nell'impero hittita; l'epidemia venne interpretata come segno negativo degli dei contro chi aveva infranto i confini e Mursilis, assunto il trono, si affrettò a restituire Amqa.


  175. ^ Tale fu l'opera di soppressione di tali sovrani che questi, archeo-storicamente, vennero poi indicati come "i faraoni dimenticati".


  176. ^ Dato l'enorme numero di talatat rinvenuto, per la prima volta si ricorse in campo archeologico, negli anni '70 del '900, all'ausilio dei computer che, mediante alcune indicazioni sulle figure, e frammenti di figure, rappresentate ai quattro lati di ciascun mattone, consentirono di indirizzarne l'accostamento reciproco.


  177. ^ Alcuni studiosi, tendono a far terminare la XVIII dinastia con la scomparsa di Ay (in qualche modo ultimo rappresentante della famiglia dei Thutmosedi) e ad inserire Horemheb già come primo re della XIX. Altri, e sono la maggioranza, vedono il regno di Horemheb come naturale e compiuta conclusione del processo di restaurazione iniziato sotto Tutankhamon e proseguito sotto Ay.


  178. ^ Seti I si dilungò su tale associazione nelle iscrizioni, specie nel tempio di Abido iniziato dal padre, menzionando i riti di pietà filiale da lui compiuti.


  179. ^ L'associazione del successore al trono, fu una caratteristica delle dinastie ramessidi, molto verosimilmente per evitare i problemi di successione che si erano verificati nella XVIII dinastia e che ne erano stati, in buona parte, causa della rovina.


  180. ^ La Lista di Abido costituisce, peraltro -Nicolas Grimal (2002), p. 320-, il canone per la storiografia della XVIII dinastia secondo le impostazioni di Horemheb e mancano, perciò, i faraoni "eretici". Sono infatti elencati: Amhose I, Amenofi I, Thutmose I, Thutmose II, Thutmose III, Amenofi II, Thutmose IV, Amenofi III, Horemheb, Seti I e Ramses I. Manca, inoltre, Hatshepsut considerata, evidentemente, una usurpatrice.


  181. ^ L'iconografia dei Nove Archi, intesi come nemici dell'Egitto, è molto antica; il primo esempio si rinviene, infatti, sul piedistallo del trono della statua di Djoser a Saqqara, posti sotto i piedi del sovrano. Non esiste caratterizzazione dei popoli fino al regno di Amenofi III; successivamente i Nove Archi varieranno a seconda delle condizioni diplomatiche o di attrito esistenti. Sotto la XVIII dinastia si annoveravano, tra gli altri, gli Haw-Nebwt, i popoli delle isole; gli Shwtyw, gli alto-nubiani; i Pedjetiw-Shw, "quelli del deserto orientale"; i Tjekhenw, i libici; mentre sotto Ramses II faranno la loro comparsa gli Hittiti, i Sangar (babilonesi) e Naharina, ovvero i mitanni.


  182. ^ Benché non resti traccia del tempio, un modello di tale costruzione, recante l'iscrizione dedicatoria di Seti I, venne rinvenuto nella moderna Tell el Yehudiye, la greca Leontopoli e l'antica Ney-ta-hut.


  183. ^ La qualità dei dipinti parietali e lo stato di degrado cui stavano andando incontro, ha spinto a chiudere e non rendere fruibile al pubblico la KV17 che viene oggi aperta solo in occasione di visite di Stato.


  184. ^ A seconda dell'interpretazione della data "sothiaca" di partenza, ricavata dal Papiro Ebers, la data di assunzione del trono potrebbe essere spostata al 1279-1278.


  185. ^ E' controverso se sia possibile identificare negli Shardana in popolazioni nuragiche-sarde. Molti sono tuttavia i riferimenti nel senso ivi compreso l'esame di statuette votive recanti armature ed armi coincidenti con quelle rappresentate nei rilievi egizi (tra gli atri Giovanni Lilliu, Vere Gordon Childe, Massimo Pallottino-), o se possano identificarsi in popolazioni provenienti da oriente (tra gli altri Giovanni Garbini, Margareth Guido -1912/1994-, archeologa britannica, Nancy Katharine Sandars -1914/2015-, archeologa orientalista britannica autrice di una delle più famose traduzioni dell'Epopea di Gilgameš).


  186. ^ Angolo nord-ovest della corte detta "della cachette"; faccia occidentale del muro ovest della corte del nono pilone; muro esterno meridionale della sala ipostila.


  187. ^ Lato nord del pilone e mura dell'avancorte.


  188. ^ Il Poema di Pentaur, un manoscritto in ieratico ci è giunto in due frammenti, uno si trova presso il British Museum di Londra, l'altro a Parigi, al Louvre. Si tratta complessivamente di 112 righe che si concludono con il testo: redatto nell'anno VII di Ramses Meri-Amon dispensatore di vita come suo padre Ra dal capo bibliotecario degli archivi reali, lo scriba Pentaur.


  189. ^ Hattušili III mandò la redazione, in egizio, del trattato a Ramses II tramite due suoi ambasciatori, un hittita - Tartesciub - e un egizio -Ramose-, incisa su una lastra d'argento; da questa, furono eseguite le copie trascritte sia su papiri (che non ci sono giunti) sia su stele di pietra (a Karnak e nel Ramesseum). La redazione hittita era stata eseguita a Khattusa, la capitale dell'impero, e ne era stata preparata una traduzione in geroglifico; Ramose, messaggero di Hattušili III, ma egizio, accompagnava la delegazione hittita come interprete ufficiale, o forse era responsabile della traduzione in egizio del trattato stesso. Il testo allude a precedenti trattati tra sovrani ittiti e sovrani egizi, apparentemente di carattere più limitato, e dei quali non sappiamo altro.


  190. ^ Si tratta, evidentemente, di una clausola che tende a salvaguardare l'interesse principale dei due Paesi di veder estradare i propri transfughi senza che questi temano castighi eccessivi; tale comportamento magnanimo trova un duplice parallelo nella legislazione internazionale attuale là ove, nella stragrande maggioranza dei casi, non è concessa l'estradizione per reati "politici" e, in caso di più reati -politici e non-, l'estradizione può essere concessa per i soli reati "comuni", il che vincola lo Stato ricevente a giudicare l'estradato solo per questi e non per quelli politici.


  191. ^ Si ha traccia di una campagna per sedare una rivolta in area siro-palestinese, verso la perduta città di Irem (forse l'arabica Iram delle Colonne), nell'anno ventesimo, che fruttò oltre 7.000 prigionieri, e di un'altra, nell'anno quarantaquattresimo, capeggiata dal viceré Setiw in area libica.


  192. ^ Durante il regno di Ramses II ci si riferiva al faraone Akhenaton con epiteti come: "il delinquente di Akhetaton" ed è noto che le madri, per impaurire i figli con una sorta di "uomo nero", li minacciavano proprio del ritorno di tale sovrano.


  193. ^ Con la decisione di ampliamento della diga Diga di Assuan, agli inizi degli anni '60 del '900, tutti i templi nubiani di Ramses II erano condannati ad essere sommersi. Una mastodontica operazione, che vide la cooperazione di oltre cento Paesi, portò allo spostamento dei templi in posizione sopraelevata rispetto a quella originale salvaguardando i siti. Particolarmente complesso fu lo spostamento, 210 m più indietro e 65 più in alto, dei templi di Abu Simbel dedicati a Ramses II ed alla regina Nefertari (costruiti rispettivamente nell'anno ventiquattresimo e trentunesimo) in cui fu preponderante l'intervento italiano grazie a esperti cavatori di marmo. Le operazioni durarono circa quattro anni, dal 1964 al 1968 contestualmente all'innalzamento delle acque; altri templi ramessidi salvati furono quelli di Gerf Hussein ("Casa di Ptah", realizzato nell'anno quarantacinquesimo di regno, vi si veneravano Ptah, Ptah-Tatenen, Hathor e lo stesso Ramses) e Beit el-Wali oggi eretti nel'area detta Nuova Kalabsha.


  194. ^ Qui ultimò la costruzione di una città, "Ramses Miamon", iniziata da Seti I e che durante la XX dinastia diverrà sede del governatore di Kush. Tra gli altri qui fece erigere un tempio, dedicato ad Amon-Ra, nella cui sala ipostila fece iscrivere, copiandola da un tempio di Amenofi III a Soleb che non corrispondeva, peraltro alla situazione del periodo, l'elenco delle nazioni vinte dall'Egitto.


  195. ^ L'ubicazione di Pi-Ramses è nota solo dagli anni '30 del '900 quando l'egittologo M. Hamza scoprì un palazzo ramesside a Qantir, 100 km circa dal Cairo, nell'aera del delta di Tell el-Dab'a, l'antica Avaris dei re Hyksos. Identificazione confermata, successivamente, da Labib Habachi e Manfred Bietak, responsabile per gli scavi nell'area dell'Österreichisches Archäologisches Institut (Istituto Archeologico Austriaco) del Cairo.


  196. ^ Rinvenuta nel 1881 nel nascondiglio di Deir el-Bahari (DB320)


  197. ^ Seth-her-khepeshef, morto nell'anno diciannovesimo; Ramses, nel venticinquesimo, Khaemuaset nel cinquantacinquesimo.


  198. ^ Il "determinativo", in lingua geroglifica, è un carattere che fornisce al lettore il significato generale della parola cui fa riferimento. Normalmente questo è un cerchio contenente una croce per le città, oppure tre alture per indicare un paese, o un triangolo, ad esempio, per indicare una piramide; nel caso di "ysrỉr" si tratta invece di un uomo e una donna stilizzati ad indicare che si tratta di una popolazione.


  199. ^ Tale il potere del cancelliere Bay, che per lui venne scavata una tomba nella Valle dei Re, la KV13.


  200. ^ Dal papiro 348 di Leida, e dal papiro Harris I, si è a conoscenza dell'impiego di "Apiru", documentati già sotto Thutmose III ed identificati con gli ebrei, addetti al trasporto pietre per la costruzione di un tempio dedicato a Ramses II; un'iscrizione dello Uadi Hammamat, peraltro risalente al regno di Ramses IV, in epoca quindi successiva al presunto Esodo, registra 800 "Apiru" addetti alle cave di pietra. Non si hanno notizie documentate di rivolte o ribellioni, anzi, la comunità più importante di Apiru conosciuta, artigiani di Maidan (la moderna Eilat), era libera e commerciava normalmente con l'Egitto (da tener presente che proprio a Maidan si rifugerà, secondo le scritture, Mosè dopo l'assassinio del sorvegliante egizio di cui parla la Bibbia). IN tale cittadina, inoltre, accanto alle divinità locali, è stato rinvenuto un tempio dedicato alla dea egizia Hathor.


  201. ^ Che vide così ripristinato pienamente il proprio potere e notevolmente arricchito il patrimonio templare.


  202. ^ Le battaglie di Ramses III sono raffigurate in aree interne al tempio e sulla parete esterna del muro di cinta: in particolare, sul primo pilone il racconto della prima guerra libica, sul muro di cinta le campagne, anno per anno, con particolare riguardo appunto alla battaglia navale contro i Popoli del Mare.


  203. ^ L'area cu cui Ramses III costruì il suo tempio era già occupata da strutture risalenti ai primordi della XVIII dinastia, sotto Amenofi I poi ultimate da Hatshepsut e Thutmose III. Durante la XXI dinastia il tempio divenne rifugio per le popolazioni circostanti che vi costruirono un vero e proprio villaggio (che sarà addirittura sede di vescocado in epoca cristiana), Iacticiamet, abbreviato in Cieme e poi grecizzato in Thebai. Il nome moderno fa riferimento ad un villaggio che si installò nei pressi in epoca copta successivamente alla conquista araba, quando la comunità cristiana, nel V/VI secolo, si trasferì ad Esna ed il tempio, trasformato in luogo di abitazioni, per le sue dimensioni assunse il termine arabo di "Medinet", ovvero "città".


  204. ^ Dio-figlio, terzo componente della triade tebana con Amon e Mut.


  205. ^ Men-Kheper-Ra è il praenomen di Thutmose III. La protesta si ripete il giorno undicesimo e il dodicesimo, questa volta nei pressi del Ramesseum, dopo il quale vengono consegnate razioni ritenute tuttavia non complete ed anzi considerate una sorta di "contentino". Nuovo "sit-in" il tredicesimo giorno con ricevimento dei rappresentanti da parte dello scriba "della stuoia" Hed-Nekhtu e dei "padri del dio di questo tempio".


  206. ^ Dopo l'incontro con i responsabili degli approvvigionamenti vengono assegnate razioni tuttavia, evidentemente, ancora non bastanti giacché nel terzo mese dell'inverno la protesta si ripete con l'intervento dei Medjay per sciogliere l'assembramento.


  207. ^ Il procedimento si concluse con 17 condanne a morte, mentre a 7 congiurati, tra cui il pretendente Pantauret, fu concesso di suicidarsi.


  208. ^ Di questi uno fu obbligato a suicidarsi, tre ebbero il naso e le orecchie tagliate ed uno se la cavò con un semplice richiamo.


  209. ^ In un ostrakon, oggi al Museo egizio di Berlino, si legge che nell'anno ventottesimo di Ramses III una squadra venne inviata nella Valle dei Re per trovare un sito in cui scavare la tomba per un principe di Sua Maestà


  210. ^ Detta anche "Tomba degli arpisti" per la rappresentazione, ivi esistente, di due arpisti intenti a cantare le lodi del sovrano al cospetto degli dei Atum, Shu e Inhert.


  211. ^ Nelle rappresentazioni artistiche, esisteva una gerarchia delle immagini in base alla quale il rango del personaggio rappresentato veniva sottolineato dalle dimensioni della figura rispetto agli altri personaggi della rappresentazione; in tale quadro, il faraone aveva, come ovvio, dimensioni sempre maggiori di ogni altro soggetto. Durante il periodo finale della XX dinastia, il Primo Profeta Amenofi si fece rappresentare delle stessa dimensioni del re così palesando un presunto livello di parità.


  212. ^ Si ipotizza che la tomba predisposta in grande fretta per Ramses XI fosse la KV4 che, forse, non accolse mai il corpo del sovrano di cui non si hanno tracce. KV4 fu, molto verosimilmente, l'ultima tomba del Nuovo Regno scavata nella Valle dei Re


  213. ^ L'esito di tale scontro deve ritenersi negativo per Piankh che risulta ancora impegnato in guerra nell'anno ventottesimo di Ramses XI.


  214. ^ Proprio in tale periodo, per ordine di Pinedjem I in quanto Primo Profeta di Amon, si svolse la traslazione delle salme dei re dalla Valle dei Re, per sottrarle ai ripetuti saccheggi, e i riferimenti sono esplicitamente all'anno sesto e quindicesimo di Smendes ad indicarne, perciò, il riconoscimento come sovrano del Paese.


  215. ^ Il nome "reale" di Pinedjem è stato rinvenuto a Tebe, Coptos, Abido e, addirittura, a Tanis capitale del regno settentrionale.


  216. ^ Già con Akhenaton il re si era arrogato precise prerogative più legate alla religione che non al potere terreno imponendosi quale unico tramite tra gli uomini e le divinità; tale situazione venne proseguita nelle dinastie successiva quando Ramses II, ad esempio, elevò a rango divino paritetico la Grande Sposa Regale Nefertari, mediante la costruzione del Tempio Piccolo di Abu Simbel e rafforzando la figura della "Divina sposa di Amon", carica iniziata con la XVIII dinastia e affermatasi sempre più durante le dinastie ramessidi. In sostanza, con questa figura, era il dio che, attraverso la comune sposa, garantiva il potere del re.


  217. ^ In tal modo, la Divina Adoratrice si incarnava due volte: una come madre del dio-fanciullo e l'altra come madre terrena del successore del re.


  218. ^ E' dibattuto se vi sia stato un re intermedio, Amenemnesut che alcuni hanno voluto identificare con lo stesso Psusennes. In tal senso, infatti, unico riferimento a tale nominativo si rileva in due guaine d'oro, probabilmente terminali di un arco, recanti entrambi i nomi. Secondo altre ipotesi -Nicolas Grimal (2002), p. 403 citando Kitchen (1986), p. 540-, ci sarebbe stato un periodo di coreggenza a tre tra Smendes, Neferkhara-Amenemnesut (ovvero "Amon è il Re") e Psusennes I che sopravvisse agli altri due ed assunse direttamente in trono fino al 993.


  219. ^ A tale stato di cose farebbe riferimento il Papiro 120 di Mosca, Museo Puškin, noto come Rapporto di Unamon in cui Smendes viene indicato come visir e non come re. Unamon, ambasciatore, viene inviato in Fenicia per acquistare legname per la Barca sacra di Amon; è sintomatico dello scarso potere dell'Egitto in tale area, il fatto che Unamon debba pagare il legname -che precedentemente veniva fornito quale tributo al faraone-, nonché il fatto che, viaggio durante, l'ambasciatore d'Egitto venga derubato.


  220. ^ Costruzione di un muro di cinta, a nord del tempio di Amon, per proteggerlo dall'invasione delle vicinissime case di abitazione ed indetica struttura per il tempio di Luxor.


  221. ^ Il passaggio di consegne avvenne verosimilmente poco prima della morte di Psusennes I giacché per la morte di costui Smendes II inviò quale dono funebre alcuni bracciali, rinvenuti tra le suppellettili funerarie del re.


  222. ^ Siamon approfittò dell'indebolimento dei Filistei, dopo la guerra con Israele, e del particolare momento favorevole durante l'interregno tra David e Salomone, per evitare che proprio Israele, sbaragliando i Filistei, potesse imporre all'area le proprie condizioni mercantili.


  223. ^ Sheshonq è forse identificabile con Shishak, figlio di Nimlot, capo della tribù libica dei Mashuash.


  224. ^ Il termine completo di Mashauash, con riferimento alle popolazioni di origine libica, viene normalmente abbreviato con "Ma" ad indicare "il popolo di Ma".


  225. ^ Una sua figlia sposerà, inoltre, il successore di Gedptahiuefankh.


  226. ^ Qui fece erigere, o forse restaurare, il tempio di Amon e quello di Bastet.


  227. ^ Il fatto che Hornakht, all'atto della nomina, avesse meno di 10 anni (età alla quale, peraltro, morì), è la palese dimostrazione che si trattava di una nomina esclusivamente di carattere politico che doveva servire da catalizzatore delle forze feudali fedeli alla casa regnante.


  228. ^ Assurnasirpal II aveva infatti conquistato la Mesopotamia del nord, il medio Eufrate, parte della Siria raggiungendo il fiume Oronte e la costa di Amurru.


  229. ^ Biblo inviò 500 uomini e l'Egitto 1000 che presero parte alla battaglia di Qarqar, dichiaratamente vinta da Salmanassar, che bloccò tuttavia l'avanzata assira nell'area.


  230. ^ La reazione del Primo Profeta Osorkon fu particolarmente dura: raggiunta tebe, infatti, fece uccidere i rivoltosi e ne fece bruciare i corpi con ciò privandoli della possibilità di ogni speranza di vita ultraterrena.


  231. ^ La cosa, almeno per i primi anni, non dispiacque al potere tebano poiché privava Osorkon del trono, e del maggiore potere conseguente, e consentiva allo stesso clero di decidere autonomamente la successione al titolo di Primo Profeta.


  232. ^ Alla sua morte, nel 793 a.C. gli successe forse Sheshonq IV, di cui si hanno poche o nulle tracce.


  233. ^ Nonostante il fratello lo avesse privato del trono spettantegli di diritto.


  234. ^ Il primo re di cui si abbia conoscenza è Alara, forse il settimo della dinastia nubiana, mentre il primo di cui si abbia notizia fu Kashta, "il Kushita", che salito al trono intorno al 760 a.C. proseguì nella conquista della Bassa Nubia estendendo il dominio sino ad Assuan. Anche se non annoverato tra i re della XXV dinastia egizia, lo si può ritenere il fondatore.


  235. ^ A partire da Amenardis I, la Divina Adoratrice di Amon assunse la titolatura che comprendeva praenomen e nomen iscritti nei cartigli reali.


  236. ^ Nella battaglia di Eracleopoli le truppe di Tefnakht furono costrette a ripiegare verso Ermopoli che fu cinta d'assedio dalle truppe etiopiche; Pi(ankh)y dapprima celebrò la Festa di Opet a Karnak, quindi saccheggiò il Medio Egitto e intervenne personalmente nell'assedio di Ermopoli il cui re, Nimlot, fece atto di sottomissione consegnando la città al conquistatore. Lo stesso fece, ancor prima di un eventuale attacco, re Pefciauibastet di Eracleopoli.


  237. ^ Più che di una stele epica, narrante le gesta militari, si tratta di un vero decreto in cui Pi(ankh)y afferma il suo potere sull'Alto e Basso Egitto facendo figurare se stesso come già titolare delle Due Terre contro elementi ribelli provenienti dal nord del Paese.


  238. ^ Si tratta del quindicesimo nomo dell'Alto Egitto, con capitale Ermopoli.


  239. ^ Frazionato l'Egitto ormai in quattro regni, Pi(ankh)y, ottenutone un giuramento di fedeltà, ebbe cura di confermare sui rispettivi troni i re di Leontopoli (Iuput II), Eracleopoli (Pefciauibastet), Tanis (Osorkon IV) e Ermopoli (Nimlot).


  240. ^ Il tempio di Amon a Gebel Barkal era stato realizzato sotto Thutmose III e restaurato sotto Ramses II.


  241. ^ Nello stesso complesso, la sorella Amenardis I, Divina Adoratrice di Amon, si fece costruire una cappella ed una tomba.


  242. ^ Ove fin dal regno di Amenofi I si era installata una colonia egizia.


  243. ^ Nel corso di tali combattimenti morì il re Necao I.


  244. ^ Durante il fallimentare tentativo di riunificazione compiuto da Tanutamani.


  245. ^ Montuemhat, peraltro, era stato tra gli alti funzionari che, nel 670 a.C., avevano riconosciuto il dominio del re assiro Esarhaddon dopo la sconfitta e la fuga di Taharqa.


  246. ^ In tale mania religiosa venne coinvolto anche l'antichissimo culto di Seth, considerato il dio degli invasori Hykos e perciò straniero a sua volta.


  247. ^ Istituita, molto probabilmente, da Amenofi III (XVIII dinastia), la necropoli dei tori di Saqqara ospitava i corpi imbalsamati dei tori Apis che si succedevano, quale ipostasi di Ra, e ai quali veniva assegnato un nome. Si sviluppava per 350 m lineari su un corridoio ampio 3 m e alto oltre 5, con stanze laterali di 8 m di profondità al centro delle quali si trovava un sarcofago in granito dal peso medio di 60 t. L'usanza di sigillare il loculo di sepoltura apponendovi una stele recante i dati di nascita e di morte del toro, dio vivente, in relazione all'anno di regno del re (o dei re) sotto il quale era vissuto, hanno consentito di confermare alcune datazioni.


  248. ^ Tali necropoli sotterranee disponevano di sovrastrutture, templi ed edifici di culto esterno di cui, ad oggi, restano scarsissime tracce peraltro anche difficili da individuare.


  249. ^ Le frontiere orientali dell'Assiria erano infatti minacciate dagli Elamiti e dai Manei, mentre quelle settentrionali dai Cimmeri.


  250. ^ Nel 625 Ciassare (Hvakhshathra), re della Media, unì tribù scite e persiane avanzando contro l'Assiria ove penetrò nel 615 espugnando Assur e minacciando Ninive. Alleatosi con Nabopolassar, nel 612 fu espugnata anche Ninive da cui un ufficiale riuscì a fuggire proclamandosi re Assur-uballit II di un'area al confine dell'attuale frontiera siro-turca. In quest'area intervennero le truppe eigizie di Psammetico nel 610.


  251. ^ Che morì nello scontro.


  252. ^ Vari appelli d'aiuto inviati a Necao II dal re di Ascalona, non vennero raccolti-


  253. ^ Gli egizi non riusciranno ad oltrepassare tale limite fino alla fine del regno di Necao II.


  254. ^ Già precedentemente, sotto Sesostri I (1897-1839 a.C.)(XIII dinastia), si tentò l'impresa; ne trattano Aristotele nel suo Meteorologica, 1-15, Strabone e Plinio il Vecchio nella Naturalis historia, libro VI, 33-165. Aristotele precisa, inoltre, che anche Dario I di Persia, e successivamente Tolomeo II, tentarono di terminare il canale, ma accortisi che il livello del mare era più alto di quello del canale, avrebbero soprasseduto per timore delle catastrofiche conseguenze.


  255. ^ La fonetizzazione di tale toponimo ha fatto sì che la tradizione identificasse Per-Temu ("La dimora di Atum di Cieku", in cui Cieku è la regione in cui si trova lo Uadi Tumilat) con la Pitom biblica. L'identificazione venne inoltre accentuata nell'800 dalla scoperta di statue di Ramses II provenienti da Pi-Ramses che, però, vennero qui portate solo durante la XXX dinastia, sotto Nectanebo I e Nectanebo II che, a sua volta, tentò la realizzazione del canale con il Mar Rosso.


  256. ^ Nel 597 a.C. Nabucodonosor II si impadronì di Gerusalemme deportando a Babilonia il re Gioiakim e tutti i membri più influenti della Corte. Sul trono venne posto Sedecias, zio del deposto re.


  257. ^ Nabucodonosor punì Sedecias facendolo assistere alla morte del figlio; quindi il re venne accecato e deportato a Babilonia.


  258. ^ La prima indicazione di un tale nome attribuito a truppe mercenarie di basso rango dell'esercito egizio, si deve a Erodoto che riconosce, peraltro, due categorie, gli hermotybies e i kalasiries a seconda dell'area di provenienza, ma lo stesso termine viene dall'autore usato per indicare truppe mercenarie anche asiatiche impiegate dai Babilonesi e la traduzione usuale è semplicemente "guerriero", o "combattente". Anche Platone e Diodoro Siculo fanno riferimento ai Machimoi egizi e Diodoro, in particolare, indica la loro partecipazione alla Battaglia di Platea del 479 a.C. e in 80.000 il numero dei Machimoi egizi che presero parte alla spedizione nel Vicino Oriente del faraone Teos (XXX dinastia) del 360/358 a.C.


  259. ^ Intorno al 590 a.C. Anlamani di Napata fondò un nuovo regno; ciò avrebbe costretto Apries ad intervenire con truppe mercenarie greche che si insediarono a Elefantina, sulla prima cateratta, ma non portarono l'azione militare nel cuore dell'area kushita pur avendone, secondo le testimonianze egizie, la possibilità. Nell'area compresa tra Elefantina e Takompso nacque il Dodecascheno, una sorta di terra di nessuno tra Egitto e Nubia. In realtà, più che di un'azione di guerra, si sarebbe trattato di un intervento strumentale atto a giustificare la damnatio memoriae cui Apries avrebbe successivamente condannato i faraoni della dinastia etiopica abbattendone i monumenti e cancellandone i nomi. In tale furia iconoclasta fu compreso, per motivi ancora oggi non noti, anche il predecessore Necao II.


  260. ^ Amasis fece trasportare il cadavere del rivale a Sais ove gli tributò onori funebri reali.


  261. ^ È stato calcolato che in tale periodo la popolazione dell'Egitto ammontava a circa 7.500.00 unità e che per superare gli otto milioni si dovrà attendere il XIX secolo.


  262. ^ Considerato il più filoelleno dei faraoni, dopo l'incendio del 548 a.C., Amasis finanziò la ricostruzione del tempio di Apollo a Delfi.


  263. ^ La sconfitta sarebbe stata favorita dalla defezione, a Gaza, di Phanes di Alicarnasso, comandante delle truppe mercenarie greche. Un altro alleato, Policrate di Samo, era inoltre già passato al servizio dei persiani, e i corridori delle sabbie, ovvero le popolazioni beduine, fecero, a loro volta, da guida all'esercito persiano nell'attraversamento del Sinai.


  264. ^ Ugiahorresné era stato, peraltro, "tesoriere del re del Basso Egitto e comandante della marina reale" sotto Amasis e Psammetico III. Sua è la statua in basalto, acefala nota come "Naoforo Vaticano", oggi ai Musei Vaticani di Roma (inventario 22690). Non essendo nota la provenienza della statua, si ritiene tuttavia che il titolare fosse sacerdote della dea Neith di Sais giacché, nella lunga iscrizione che la ricopre, si fa vanto di aver convinto il re a ripristinare le prerogative e i privilegi del clero di tale divinità.


  265. ^ L'etimologia del nome è incerta, ma si ritiene fosse di origine persiana (come riportato da R. Schmitt -1967-, Medisches und persisches Sprachgut bei Herodot in Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Geseltschaft (ZDMG), Leipzig/Wiesbaden, n. 117, pp. 119-145). Insediato da Cambise come satrapo d'Egitto, venne destituito da una rivolta locale per la cattiva amministrazione, ma venne reinsediato nel 518 a.C. dopo l'intervento di Dario (Georges Posener citato -1936- pp. 36 e sgg.). Nel 515 a.C., mentre Dario era impegnato in campagne fuori dalla Persia, Ariande si alleò con Pheretime, madre di Arcesilao II di Cirene; durante tale campagna, comportamenti ritenuti contrari alla famiglia regnante, spinsero Dario a condannarlo a morte.


  266. ^ Cambise avrebbe assassinato un bue Api e avrebbe deportato gran parte della popolazione che gli si opponeva.


  267. ^ Erodoto, nelle "Storie", libro VII, 187, taccia Serse di codardia e di crudeltà.


  268. ^ Artabano era comandante della guardia imperiale e, perciò, tra i più alti funzionari di Palazzo. Già precedentemente alla congiura che portò all'omicidio di Serse, aveva destinato, in posti chiave dell'impero, i suoi sette figli che, una volta scoperta la congiura, verranno giustiziati.


  269. ^ Durante tale periodo lo storico e scrittore Erodoto visitò l'Egitto.


  270. ^ Lingua semitica occidentale (come l'akkadico, il fenicio, l'ebraico) parlata da popolazioni stanziatesi nell'area mesopotamica tra il XII e l'XI secolo a.C. I Greci la chiamarono "Siriaco" e il termine passò all'Occidente mentre in Oriente fu sempre chiamata con il suo nome : Lishana Aramaya, cioè lingua aramaica. L'impero assiro adottò l'aramaico come lingua ufficiale e la diffuse dall'Asia all'Egitto dove sostituì molte lingue locali diventando, di fatto, una lingua franca internazionale.


  271. ^ Neferites avrebbe sconfitto Amirteo e catturatolo lo avrebbe fatto giustiziare a Menfi.


  272. ^ Di difficile collocazione cronologica, viene considerato successore di Nepherites dopo un periodo altrettanto breve di regno di Hernebkha Muthis, forse figlio di Nepherites.


  273. ^ Nel testo demotico, da cui il nome con cui è conosciuto, si dichiara che è stato scritto sotto il regno del faraone Teos, della XXX dinastia, ma si ritiene più compiutamente che risalga alla dinastia tolemaica e, segnatamente, al regno di Tolomeo III.


  274. ^ È incerta anche la cronologia di tale brevissimo regno che durò forse meno di un anno.


  275. ^ Nectanebo I, salito al trono nel 380 a.C., dichiarò Achoris usurpatore e si dichiarò diretto successore di Nepherites I.


  276. ^ Nelle sue "Vite parallele", Plutarco riferisce che per tale collaborazione, ad Agesilao sarebbe stato pagato un premio di 230 talenti d'oro, ovvero una quantità oscillante tra i 5.980 e i 6.210 kg (a seconda che si calcoli il "talento" ateniese, pari a 26, o quello egizio pari a 27 kg).


  277. ^ L'esercito e la popolazione di Sidone, pronti a resistere ad oltranza tanto da dar fuoco alla flotta per non essere allettati dalla possibilità di fuga, vennero però traditi dallo stesso re della città, Tennes, che nel tentativo (inutile) di salvarsi la vita consegnò ad Artaserse i principali funzionari e dignitari della città. Le cronache riferiscono che, nella distruzione e nel saccheggio successivo alal presa della città perirono 40.000 persone.


  278. ^ La fuga di Nectanebo II durò almeno due anni e da Edfu proviene un documento datato anno 18 del suo regno.


  279. ^ Tra i macedoni di Filippo II e una coalizione di città greche che comprendeva Atene, Tebe ed altre città greche minori.


  280. ^ Sono note tre varianti del Nome di Horus di Alessandro Magno.


  281. ^ Figlio del generale Lago, la dinastia tolemaica è, perciò, nota anche come "lagide".


  282. ^ Sotere = salvatore.


  283. ^ Filadelfo = fraterno, di amore fraterno.


  284. ^ Evergete = benefattore.


  285. ^ Filopatore = che ama il padre.


  286. ^ Sotto il regno di Tolomeo V Epifane venne redatta la Stele di Rosetta.


  287. ^ Filometore = che ama la madre.


  288. ^ Evergete = benefattore; Fiscone = dalla grossa pancia.


  289. ^ Filometore = che ama la madre; Soteira = benefattrice.


  290. ^ Cleopatra = di stirpe gloriosa


  291. ^ Filopatore = che ama il padre; Latiro = è un genere di pianta.


  292. ^ Berenice = portatrice di vittoria


  293. ^ Neo Dioniso = nuovo Dioniso; Aulete = suonatore di flauto.


  294. ^ Trifena = deliziosa, delicata.


  295. ^ Arsinoe = di alto ingegno.


  296. ^ Figlio di Cleopatra VII e Giulio Cesare.


  297. ^ Si consideri che i lavori di vera e propria ricostruzione del tempio di Dendera, risalente all'Antico Regno, iniziarono sotto Tolomeo XII Aulete (80 – 51 a.C.) e terminarono sotto l'imperatore romano Antonino Pio (138 – 161 d.C.).


  298. ^ Ancora all'Antico Regno risale il tempio di Horus a Edfu, ma la visione che oggi ne possiamo avere, è in realtà di un tempio interamente ricostruito sotto il tolomei tanto che le iscrizioni parietali ci indicano, come data di "fondazione" l'anno decimo di regno di Tolomeo III Evergete (246 – 222 a.C.).


  299. ^ Traducibile con "regina madre" era di fatto un titolo nobiliare, ma venne a lungo considerato un nome proprio e come tale usato, ad esempio, per indicare la regina che, nel 24 a.C. capeggiò una rivolta contro i romani giungendo fino a Philae, ove saccheggiò il tempio di Iside. Da tale campagna i meroiti riportarono alcune statue di Augusto recentemente rinvenute a Meroe come, ad esempio la Testa di Augusto in bronzo, nota anche come "Testa di Meroe", rinvenuta nel 1910 dall'archeologo britannico John Garstang (1876-1956), oggi a Londra, British Museum. La testa, raro esempio di statua bronzea che ha conservato ancora gli occhi, era stata sepolta ai piedi della scalinata di un tempio cosicché chiunque la salisse simbolicamente calpestava il nemico romano.


  300. ^ Si tratta del cosiddetto Graffito di Esmet-Akhom, realizzato per il natale di Osiride.



Fonti |




  1. ^ Bresciani 1999, pp. 209-2011.


  2. ^ Grimal 2002


  3. ^ Cimmino 2003


  4. ^ Barry J. Kemp (2000), Antico Egitto, Mondadori, Milano, ISBN 8843567349


  5. ^ Peter N. Stearns, The Encyclopedia of World History, 2001.


  6. ^ Grimal 2002


  7. ^ Lista di Abido, Lista di Saqqara e Papiro di Torino.


  8. ^ In specie Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea.


  9. ^ Hendrik J. Bruins (2010), Dating Pharaonic Egypt, in “Science”, vol. 328, Washington., pp. 247-248.


  10. ^ Hendrik J. Bruins (2010), pp. 247-248.


  11. ^ Cyril Aldred (1966), Gli egiziani, tre millenni di civiltà”, Roma, Newton Compton editori, p. 53.


  12. ^ Aldred 1966, p. 54


  13. ^ Aldred 1966, p. 54


  14. ^ Aldred 1966, p. 55


  15. ^ Aldred 1966, pp. 58-62


  16. ^ Aldred 1966, p. 58


  17. ^ P.M. Warren (1969), Minoan stone vases, Cambridge.


  18. ^ P.M. Warren (1995), Minoan Crete and Pharaonic Egypt, in Egypt the Aegean and the Levant, Londra, pp. 1-28.


  19. ^ Aldred 1966, p. 59


  20. ^ Flinders Petrie (1891), Ten years' digging in Egypt (1881-1891) , Fleming H. Revell Co., New York & Chicago.


  21. ^ Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, from the earliest times to the XVI th Dinasty, Methuen & Co., London, pp. 1-15.


  22. ^ Flinders Petrie (1909), The arts & crafts of ancient Egypt, T.N. Foulis, Edinburgh & London, p.126.


  23. ^ Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, Vol. I, Methuen & Co., London, pp. 13, 17, 81, 126 et al.


  24. ^ AAVV (2001) I tesori dell'Antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo).


  25. ^ AAVV (2001), p. 25


  26. ^ AAVV (2001), p. 27


  27. ^ http://www.ashmolean.org/ash/faqs/q005/


  28. ^ http://collezioni.museoegizio.it/eMuseumPlus?service=ExternalInterface&module=collection&objectId=99371&viewType=detailView


  29. ^ http://cartelen.louvre.fr/cartelen/visite?srv=car_not_frame&idNotice=668


  30. ^ https://www.brooklynmuseum.org/opencollection/objects/4225


  31. ^ Aldred 1966, p. 60


  32. ^ Aldred 1966, p. 60


  33. ^ Aldred 1966, p. 61


  34. ^ Aldred 1966, p. 64


  35. ^ Aldred 1966, p. 64


  36. ^ Aldred 1966, p. 68


  37. ^ Aldred 1966, p. 70


  38. ^ James Henry Breasted, The Special Edition Of The Edwin Smith Surgical Papyrus, Division of Gryphon Edition , p. 28, The Classic of Medicine Library, 1984.


  39. ^ Aldred 1966, p. 70


  40. ^ Erodoto da Alicarnasso (V secolo a.C.), Storie, libro II –Euterpe-.


  41. ^ Iorwerth E.S. Edwards (1971), The early dynastic period in Egypt, The Cambridge Ancient History, Cambridge, Cambridge University Press, p.13


  42. ^ Aldred 1966, p. 62


  43. ^ Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, Torino, Ananke, 2006, p. 356, ISBN 88-7325-115-3.


  44. ^ Aldred 1966, p. 62


  45. ^ Alan Gardiner (1961, riedizione 1985), La civiltà egizia, Milano, Einaudi, pp. 54, 357, 358 et al.


  46. ^ Aldred 1966, p. 63


  47. ^ Aldred 1966, p. 62


  48. ^ Ovvero il geroglifico che conteneva il Nome di Horus sovrastato dal falco


  49. ^ Mario Tosi (2004), Dizionario Enciclopedico delle Divinità dell'Antico Egitto, Vol. I, Ananke, p. 52.


  50. ^ Tosi (2004), p. 52


  51. ^ Cyril Aldred (2002), Arte dell'Antico Egitto, Rizzoli, Milano, p.36.


  52. ^ ab AAVV (2001) I tesori dell'Antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo) pp. 36 e 581.


  53. ^ Aldred 2002, pp. 40 e sgg.


  54. ^ Aldred 2002, p. 40


  55. ^ Fotografia ad alta risoluzione: http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/palettes/4dogs-big.jpg


  56. ^ http://www.ashmolean.org/ashwpress/talkingobjects/if-ancient-egypt-had-instagram/


  57. ^ http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=116961&partId=1


  58. ^ Fotografia ad alta risoluzione: http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/palettes/hunters.htm


  59. ^ Fotografia ad alta risoluzione: recto http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/palettes/narmerp.jpg ; rovescio http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/palettes/narmerp1.jpg


  60. ^ http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/Khasekhemui.htm


  61. ^ Aldred 1966, p. 63


  62. ^ abcdefghijklmnopqrst La datazione di molte dinastie è controversa: si è preferito riferirsi alle indicazioni cronologiche di John Baines e Jaromír Málek (1985) dalla I alla X dinastia, mentre dall'XI dinastia all'età tolemaica si è seguito il testo di Jürgen von Beckerath (1984).


  63. ^ Alan Gardiner (1971), p. 73, citando il Canone di Torino.


  64. ^ Alan Gardiner (1971), p. 74.


  65. ^ Aldred 2002, p. 71


  66. ^ Alan Gardiner (1971), La Civiltà Egizia, Einaudi, MIlano, p. 71.


  67. ^ Mark Lehner (2003), The complete Pyramids, Thames & Hudson, New York, pp.84-92.


  68. ^ * Jamieson Boyd Hurry, Imhotep, the Vizier and Physician of King Zoser and Afterwards the Egyptian God of Medicine (PDF), Londra, Oxford University Press, 1926, pp. 118.


  69. ^ Aldred 2002, p. 75


  70. ^ Alan Gardiner (1971), p. 75.


  71. ^ ab Alan Gardiner (1971), p. 76.


  72. ^ Grimal 2002, p.87


  73. ^ Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto - Vol. II, pag. 77.


  74. ^ Mark Lehner (2003), pp. 98 e sgg.


  75. ^ Mark Lehner (2003), pp. 102 e sgg.


  76. ^ Riccardo Manzini (2014), Complessi piramidali egizi, vol.III, Ananke, p. 145


  77. ^ Mark Lehner (2003), pp. 104-105.


  78. ^ Franco Cimmino (2003), Dizionario delle dinastie faraoniche, Bompiani, Milano, p.78, ISBN 88-452-5531-X.


  79. ^ Franco Cimmino (2003), p. 468.


  80. ^ Aidan Dodson e Dyan Hilton (2004), The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson, New York, p.58, ISBN 0-500-05128-3.


  81. ^ Alan Gardiner (1971), p. 78.


  82. ^ Grimal 2002, p. 90


  83. ^ Grimal 2002, p. 91


  84. ^ Grimal 2002, p. 92


  85. ^ Grimal 2002, p. 93


  86. ^ Franco Cimmino (2003), p. 78.


  87. ^ Grimal 2002, p. 94


  88. ^ Grimal 2002, p. 95


  89. ^ Nicolas Grimal (2002), p. 96.


  90. ^ Traduzione di Edda Bresciani (1999), Letteratura e poesia dell'antico Egitto, Einaudi, Milano, pp. 182 e sgg. ISBN 978-88-06-19078-1


  91. ^ Grimal 2002, p. 95


  92. ^ Grimal 2002, p. 96


  93. ^ Grimal 2002, pp. 96 e sgg.


  94. ^ Grimal 2002, p. 96


  95. ^ Grimal 2002, p. 97


  96. ^ Grimal 2002, p. 97


  97. ^ Grimal 2002, p. 96


  98. ^ Grimal 2002, p. 99


  99. ^ Grimal 2002, p. 100


  100. ^ Grimal 2002, p. 101


  101. ^ Grimal 2002, p. 102


  102. ^ Grimal 2002, p. 102


  103. ^ Grimal 2002, p. 105


  104. ^ Grimal 2002, p. 105


  105. ^ Dall'autobiografia di Uni, nella sua tomba di Abido, traduzione di Alessandro Roccati (1982), p. 194.


  106. ^ Grimal 2002, p. 108


  107. ^ Grimal 2002, p. 110


  108. ^ Grimal 2002, p. 111


  109. ^ Grimal 2002, p. 111


  110. ^ traduzione di Edda Bresciani (1999), pp102-117.


  111. ^ http://dlib.nyu.edu/awdl/sites/dl-pa.home.nyu.edu.awdl/files/admonitionsofegy00gard/admonitionsofegy00gard.pdf


  112. ^ http://www.reshafim.org.il/ad/egypt/texts/ipuwer.htm


  113. ^ , § 7, righe 2-4, nella traduzione di Alan Gardiner (1909).


  114. ^ Grimal 2002, p. 184


  115. ^ Barbara Bell (1971), The Dark Ages in Ancient History: the First Dark Age in Egypt, in American Journal of Archaeology n. 75, pp. 1-26.


  116. ^ L.L. Giddy (1987), Egyptian Oases, Baharya, Dakhla, Farafra and Kharga, during Pharaonic times", Warminster, pp. 206 e sgg.


  117. ^ Grimal 2002, p. 185


  118. ^ Grimal 2002, p. 185


  119. ^ Grimal 2002, p. 186


  120. ^ Grimal 2002, pp. 188-190


  121. ^ Grimal 2002, p. 206


  122. ^ Grimal 2002, p. 205


  123. ^ Grimal 2002, p. 206


  124. ^ Grimal 2002, p. 206


  125. ^ Grimal 2002, p. 223


  126. ^ Grimal 2002, p. 207


  127. ^ Grimal 2002, p. 207


  128. ^ Grimal 2002, p. 208


  129. ^ Grimal 2002, p. 208


  130. ^ Grimal 2002, p. 208


  131. ^ Grimal 2002, p. 209


  132. ^ Bresciani 1999, pp. 122 e sgg.


  133. ^ Grimal 2002, p. 210


  134. ^ Grimal 2002, p. 210


  135. ^ Grimal 2002, p. 214


  136. ^ Grimal 2002, p. 211


  137. ^ Nella traduzione di Wolfgang Helcke (1969), VIIIa - IXb.


  138. ^ Grimal 2002, pp. 211-214


  139. ^ Grimal 2002, pp. 211-213


  140. ^ Nella traduzione di Gustave Lefebvre (1949), Romans et contes égyptiens de l'époque pharaonique, Librairie d'Amerique et d'Orient, Parigi, ISBN 2-7200-1002-2.


  141. ^ Grimal 2002, pp. 210 e sgg.


  142. ^ Grimal 2002, pp. 223-227


  143. ^ da "L'Oasita Eloquente", rigo 1, traduzione e traslitterazione da M. Chioffi e G.Rigamonti (2007), Antologia della Letteratura Egiziana del Medio Regno, Vol. I, Ananke Edizioni, Torino.


  144. ^ P. Warren (1995), Minoan Crete and Pharaonic Egypt, in Egypt the Aegean and the Levant, pp. 1 e pp. 1-28


  145. ^ J. Phillips (1991), The Minoan origin of some so called "Egyptianizing" features, in Atti del 7º Congresso internazionale di cretologia.


  146. ^ Grimal 2002, p. 216


  147. ^ Grimal 2002, p. 216


  148. ^ Grimal 2002, p. 217


  149. ^ Grimal 2002, p. 219


  150. ^ Grimal 2002, p. 221


  151. ^ Grimal 2002, pp. 217-218


  152. ^ Grimal 2002, p. 221


  153. ^ Grimal 2002, p. 223


  154. ^ Grimal 2002, p. 223


  155. ^ Grimal 2002, p. 239


  156. ^ I.E.S. Edwards, C.J. Gadd, N.G.L. Hammond (1923), The Cambridge Ancient History, Cambridge University Press, vol. II, pp. 13, 42 e sgg.


  157. ^ Grimal 2002, p. 240


  158. ^ Grimal 2002, p. 240


  159. ^ Paolo Matthiae (1984), I tesori di Ebla, Laterza, Bari, ISBN 88-420-2508-9.


  160. ^ Grimal 2002, p. 247


  161. ^ Grimal 2002, p. 243


  162. ^ Grimal 2002, p. 243


  163. ^ Grimal 2002, p. 243


  164. ^ Grimal 2002, p. 245


  165. ^ Grimal 2002, p. 245


  166. ^ Grimal 2002, p. 245


  167. ^ Grimal 2002, p. 246


  168. ^ Tabella ricavata, per pronta reperibilità, dalla voce Geografia dell'antico Egitto


  169. ^ Grimal 2002, p. 246


  170. ^ Grimal 2002, p. 246


  171. ^ Grimal 2002, p. 247


  172. ^ Grimal 2002, p. 247


  173. ^ Grimal 2002, p. 247


  174. ^ Grimal 2002, p. 248


  175. ^ Grimal 2002, p. 249


  176. ^ dal Papiro Sellier I, British Museum, nella traduzione di Edda Bresciani (1999), "Letteratura e poesia dell'Antico Egitto", Torino, p. 400.


  177. ^ Grimal 2002, pp. 249-250


  178. ^ Bresciani 1999, p. 246.


  179. ^ Grimal 2002, p. 251


  180. ^ Traduzione di Wolfgang Helk (1975), "Historisch-biographische Texte der 2. Zwischenzeit und neue Texte der 18. Dynastie", Wiesbaden, p. 94.


  181. ^ Grimal 2002, p. 252


  182. ^ Grimal 2002, p. 252


  183. ^ Grimal 2002, p. 252


  184. ^ Grimal 2002, p. 252


  185. ^ Traduzione da Kurt Sethe (1914), "Urkunden der 18. Dynastie: Historisch-biographische", cap. I, §§ 1-11.


  186. ^ abc Kurt Sethe (1914)


  187. ^ Oggi conservato in Germania, presso la biblioteca dell'Università di Lipsia.


  188. ^ Grimal 2002, p. 261


  189. ^ Grimal 2002, p. 261


  190. ^ Grimal 2002, p. 262


  191. ^ Grimal 2002, p. 264


  192. ^ Grimal 2002, p. 264


  193. ^ traduzione Kurt Sethe (1914) in Nicolas Grimal (2002), p. 265.


  194. ^ Tabella ricavata, per pronta reperibilità, dalla voce Hatshepsut


  195. ^ Grimal 2002, p. 265


  196. ^ Grimal 2002, p. 270


  197. ^ Grimal 2002, p. 270


  198. ^ Grimal 2002, p. 270


  199. ^ Nella traduzione di Reginald Engelbach (1923), "The problem of the obelisks", T.Fisher Unwin, p. 102.


  200. ^ Grimal 2002, p. 270


  201. ^ Joyce Tyldesley (1998), "Hatchepsut the Female Pharaoh", Penguin Books, p. 210.


  202. ^ Joyce Tyldesley (2006), "Chronicle of the Queens of Egypt", Thames & Hudson, p. 106.


  203. ^ Thutmose III The Napoleon of Ancient Egypt, su discoveringegypt.com.


  204. ^ Grimal 2002, p. 271


  205. ^ Grimal 2002, p. 273


  206. ^ Grimal 2002, p. 273


  207. ^ Grimal 2002, p. 274


  208. ^ Nicholas Reeves e Richard Wilkinson (2000), "The complete Valley of the Kings", New York, Thames & Hudson, p. 91.


  209. ^ Grimal 2002, p. 275


  210. ^ Reginald Engelbach (1922), p. 43.


  211. ^ Reginald Engelbach (1922), p. 43


  212. ^ Reeves e Wilkinson (2000), p. 99.


  213. ^ Grimal 2002, p. 275


  214. ^ Grimal 2002, p. 276


  215. ^ Grimal 2002, p. 277


  216. ^ Nicholas Reeves e Richard Wilkinson (2000), The complete valley of the Kings, New York, Thames & Hudson, p. 198.


  217. ^ Grimal 2002, p. 278


  218. ^ Bresciani 1999, p. 272.


  219. ^ Grimal 2002, p. 280


  220. ^ Grimal 2002, p. 281


  221. ^ E.Edel (1966), Die Ortsamenlisten aus dem Totentempel Amenophis III, Bonn.


  222. ^ E.Edel (1966), pp. 1-36.


  223. ^ Hourig Sourouzian, "Beyond Memnon: Buried for more than 3,300 years, remnants of Amenhotep III's extraordinary mortuary temple at Kom el-Hettan rise from beneath the earth," ICON Magazine, Estate 2004, p.10-17., su wmf.org.


  224. ^ Edward Cline (1987), "Amenhotep III and the Aegeans" in "Orientalia", n. 56, pp. 1-36.


  225. ^ E. Cline e S. Stannish (2011), "Sailing the Great Green Sea: Amenhotep III Aegean List from Kom el-Hettan" in "Journal of Ancient Egyptian Archaeology" vol. 3, pp. 6-16.


  226. ^ Grimal 2002, p. 283


  227. ^ Grimal 2002, p. 285


  228. ^ Grimal 2002, p. 282


  229. ^ Grimal 2002, p. 282


  230. ^ Grimal 2002, p. 281


  231. ^ Tabella ricavata, per pronta reperibilità, dalla voce Akhenaton


  232. ^ Grimal 2002, p. 287


  233. ^ Grimal 2002, p. 288


  234. ^ Grimal 2002, p. 288


  235. ^ Grimal 2002, p. 289


  236. ^ Tabella ricavata, per pronta reperibilità, dalla voce Akhenaton


  237. ^ Grimal 2002, p. 289


  238. ^ Grimal 2002, p. 291


  239. ^ Grimal 2002, p. 291


  240. ^ Grimal 2002, p. 292


  241. ^ Grimal 2002, p. 293


  242. ^ Grimal 2002, p. 293


  243. ^ Grimal 2002, p. 294


  244. ^ Grimal 2002, p. 300


  245. ^ Franco Cimmino (1993), p. 71.


  246. ^ Grimal 2002, p. 302


  247. ^ Grimal 2002, p. 301


  248. ^ Franco Cimmino (2003), Dizionario delle dinastie faraoniche, Milano, Bompiani, p.267, ISBN 88-452-5531-X.


  249. ^ Franco Cimmino (1993), Tutankhamon, Rusconi, p. 75.


  250. ^ tra gli altri J.R. Harris (1973), "Neferneferuaten Rediviva". in "Acta Orientalia" 35 pp. 5–13.


  251. ^ J. Samson (1972), "City of Akhenaten and Nefertiti", Aris & Phillips Ltd, ISBN 978-0-85668-000-7.


  252. ^ Alan Gardiner (1989), La civiltà egizia, Einaudi, Milano, p. 212.


  253. ^ Franco Cimmino (1993), pp. 52-64.


  254. ^ Nicholas Reeves (1981), A reappraisal of the Tomb 55 in the Valley of the Kings, JEA n. 67, pp. 48-55.


  255. ^ Franco Cimmino (1993), p. 78.


  256. ^ Franco Cimmino (1993), p. 89 e p. 104.


  257. ^ Franco Cimmino (1993), pp. 89-95.


  258. ^ Franco Cimmino (1993), p. 102.


  259. ^ Franco Cimmino (1993), p. 103.


  260. ^ Nicholas Reeves (2003), pp. 123-125


  261. ^ Mario Liverani, "Le lettere di el-Amarna", 2 voll.-"Lettere dei piccoli re" (1998) e "Lettere dei grandi re"(1999)-, Paideia, Brescia.


  262. ^ Rinvenuti nel 1907.


  263. ^ Note anche come "Annali di Mursilis II", Tavoletta VII/KBO2003


  264. ^ Christine el-Mahdy, "Tutankhamon", Sperling & Kupfer, p. 228


  265. ^ ab Christine el-Mahdy, "Tutankhamon", Speriling & Kupfer, p. 228


  266. ^ Christine el-Mahdy, p. 64.


  267. ^ Christine el-Mahdy, p. 228.


  268. ^ Grimal 2002, p. 315


  269. ^ Christine el-Mahdy, p. 228 citando Bob Brier (1999), "L'omicidio di Tutankhamon", Corbaccio.


  270. ^ Christine el-Madhy, p. 229.


  271. ^ ab Jaros-Deckert, B., Statuen des Mittleren Reichs und der 18. Dynastie. Corpus Antiquitatum Aegyptiacarum (CAA) 1 (1987) 154-9.


  272. ^ Grimal 2002, p. 315


  273. ^ Grimal 2002, p. 315


  274. ^ Theban Mapping Project.


  275. ^ Grimal 2002, p. 316


  276. ^ Toby Wilkinson (2011), The Rise and Fall of Ancient Egypt, Bloomsbury, ISBN 978-1-4088-1002-6. pp.308-312.


  277. ^ Grimal 2002, p. 316


  278. ^ Grimal 2002, p. 316


  279. ^ Aidan Dodson e Dyan Hilton (2004), The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson, p.153.


  280. ^ Toby Wilkinson (2011), pp. 310-312.


  281. ^ Grimal 2002, p. 316


  282. ^ Grimal 2002, p. 316


  283. ^ Tabella ricavata, per pronta reperibilità, dalla voce Horemheb.


  284. ^ KV T57 di Horemheb,Parete Est


  285. ^ Jacobus Van Dijk (2008), New Evidence on the Length of the Reign of Horemheb, Journal of the American Research Centre in Egypt (JARCE) n. 44, p.195.


  286. ^ Mario Tosi (2006), Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, Ananke, vol. II, p. 288.


  287. ^ Edda Bresciani (2005), Grande enciclopedia illustrata dell'antico Egitto, De Agoatini, NOvara, p. 319.


  288. ^ Grimal 2002, p. 316


  289. ^ Grimal 2002, p. 317


  290. ^ Grimal 2002, p. 317


  291. ^ Grimal 2002, p. 318


  292. ^ Grimal 2002, p. 317


  293. ^ Grimal 2002, p. 328


  294. ^ Grimal 2002, p. 319


  295. ^ Grimal 2002, p. 320


  296. ^ Grimal 2002, pp. 322-323


  297. ^ Grimal 2002, p. 326


  298. ^ Grimal 2002, p. 326


  299. ^ Grimal 2002, pp. 326-327


  300. ^ Joyce Tildesley (2003), Il Faraone, Piemme, pp. 109 e sgg.


  301. ^ Kenneth Kitchen (2000), Il faraone trionfante -Ramses II e il suo tempo-, Laterza, Bari, pp. 99 e sgg.


  302. ^ Franco Cimmino (1984), Ramesses II il Grande, Rusconi, Milano, pp. 81 e sgg.


  303. ^ Bresciani 1999, pp. 286 e sgg.


  304. ^ Grimal 2002, p. 327


  305. ^ Bresciani 1999, pp. 286 e sgg.


  306. ^ Bresciani 1999, pp. 286 e sgg.


  307. ^ Grimal 2002, pp. 332 e sgg.


  308. ^ Grimal 2002, p. 335


  309. ^ Grimal 2002, p. 335


  310. ^ La clausola si ripete invertendo i paesi per la parte hittita.


  311. ^ Bresciani 1999, pp. 286 e sgg.


  312. ^ Grimal 2002, p. 342


  313. ^ Grimal 2002, pp. 338-339


  314. ^ Grimal 2002, p. 339


  315. ^ Grimal 2002, p. 340


  316. ^ Grimal 2002, p. 341


  317. ^ Grimal 2002, p. 350


  318. ^ Grimal 2002, p. 351


  319. ^ Grimal 2002, p. 351


  320. ^ Grimal 2002, p. 352


  321. ^ Grimal 2002, p. 352


  322. ^ Tra gli altri Grimal (2002), p. 352.


  323. ^ Grimal 2002, p. 352


  324. ^ (EN) Amenmesse Project, su kv-10.com.


  325. ^ Dodson & Hilton (2004), pp. 175, 178-80.


  326. ^ Grimal 2002, pp. 353-355


  327. ^ Grimal 2002, p. 355


  328. ^ Libro dell'Esodo, Esodo (evento)


  329. ^ Tra gli altri John Van Seters (2005), The quest for the historical Moses is a futile exercise. He now belongs only to legend, nella voce "Moses", in Encyclopedia of Religions, vol. 9, MacMillan, New York, p. 6199; Mario Liverani (2009), Oltre la Bibbia, Laterza, Bari, pp. VII-VIII.


  330. ^ Così Manfred Bietak (2003), The sinchronisation of Civilisations in the Eastern Mediterranean in the Second Millennium B.C., Vienna, pp. 269-300.


  331. ^ Così Friedrich et al. (2006), Santorini Eruption Radiocarbon dated to 1627-1600 b.C., in "Science", vol. 312, pp. 548 e sgg.


  332. ^ Friedrich et al. (2006), pp. 548 e sgg.


  333. ^ Claude Vandersleyen(1995), L'Exode biblique, dans L'Égypte et la vallée du Nil : Tome 2. De la fin de l'Ancien Empire à la fin du Nouvel Empire, PUF, pp. 232-237, ISBN 2130465528.


  334. ^ Grimal 2002, pp. 335-338


  335. ^ Grimal 2002, p. 336


  336. ^ Frédéric Servajean (2014), Mérenptah et la fin de la XIXe dynastie, Pygmalion, Paris, pp. 147-148, ISBN 9782756409917.


  337. ^ Philipp Vandenberg (1992), Ramsete il Grande, SugarCo, Milano, p. 305.


  338. ^ Nicolas Grimal (2002), pp. 352-355.


  339. ^ http://www.thebanmappingproject.com/sites/browse_tomb_828.html Theban Mapping Project: KV14


  340. ^ Nicholas Reeves e Richard Wilkinson (2000), The complete valley of the Kings, New York, Thames & Hudson, p. 156.


  341. ^ Grimal 2002, p. 354


  342. ^ Grimal 2002, p. 355


  343. ^ Grimal 2002, p. 355


  344. ^ Grimal 2002, p. 357


  345. ^ Grimal 2002, p. 359


  346. ^ Grimal 2002, p. 358


  347. ^ Papiro Harris I.


  348. ^ Wolja Erichsen (1933), Papyrus Harris I. Hieroglyphische Transkription, Ed. de la Fondation Egyptologique Reine Elisabeth, Brxelles.


  349. ^ nella traduzione di Alan Gardiner (1948), Ramesside Administrative Documents, Londra, riportata da Pietro Testa (2009), Cospirazioni e furti nell'Egitto della XX dinastia, Aracne, Roma, pp. 53-68.


  350. ^ Grimal 2002, p. 362


  351. ^ Pietro Testa (2013?),Cospirazioni e furti nell'Egitto della XX dinastia, Aracne, Cap. VI, Scioperi a Tebe, pp. 51 e sgg. Il volume contiene il testo in geroglifico e la traduzione del medesimo tratta da Alan Gardiner (1948), Ramesside Administrative Documents, Londra.


  352. ^ Pietro Testa (2009), Cap. VI, p. 51.


  353. ^ Grimal 2002, p. 362


  354. ^ Grimal 2002, p. 362


  355. ^ Grimal 2002, p. 363


  356. ^ Pietro Testa (2009), Cap. VII, pp. 71 e sgg.


  357. ^ Entrambi i papiri, Lee e Rollin, sono riportati in Pietro Testa (2009), rispettivamente da pag. 95 il papiro Lee, e da pag. 99 il Rollin.


  358. ^ Grimal 2002, p. 362


  359. ^ Pietro Testa (209), pp. 72 e sgg.


  360. ^ Grimal 2002, p. 363


  361. ^ Grimal 2002, p. 363


  362. ^ AAVV (2012), Revisiting the harem conspiracy and death of Ramesses III: anthropological, forensic, radiological, and genetic study in British Medical Journal (BMJ), 17/12/2012 n. 345.


  363. ^ Nicholas Reeves e Richard Wilkinson (2000), The complete Valley of the Kings, Thames & Hudson, New York, isbn= 0-500-05080-5, pp. 51 e 160.


  364. ^ Grimal 2002, p. 363


  365. ^ Grimal 2002, p. 375


  366. ^ Grimal 2002, p. 364


  367. ^ Grimal 2002, p. 375


  368. ^ Pietro Testa (2009), p. 101.


  369. ^ Pietro Testa (2009), p. 103.


  370. ^ Pietro Testa (2009), p. 104.


  371. ^ Pietro Testa (2009), pp. 101-110.


  372. ^ Grimal 2002, p. 375


  373. ^ Grimal 2002, p. 375


  374. ^ Grimal 2002, p. 375


  375. ^ Grimal 2002, p. 375


  376. ^ Grimal 2002, p. 376


  377. ^ Fonti della situazione economica dell'Egitto, e dell'aumento dei prezzi al consumo, sono rilevabili da documenti del villaggio operaio di Deir el-Medina.


  378. ^ Grimal 2002, p. 376


  379. ^ Grimal 2002, p. 376


  380. ^ Thomas Eric Peet (1930), The grat tomb-robberies of the 20th Egyptian Dynasty, Oxford.


  381. ^ Pietro Testa (2009), "papiro BM 10054",pp. 111-125 e 229-233; "papiro BM 10221 Abbott", pp. 133-160; "papiro Leopold II", pp. 161-170; "papiro BM 10053", pp. 171-199 e 235-252; "papiro BM10068 ro.", pp. 201-227 e 253-278.


  382. ^ Grimal 2002, p. 379


  383. ^ Grimal 2002, p. 379


  384. ^ Grimal 2002, p. 379


  385. ^ Grimal 2002, p. 379


  386. ^ Grimal 2002, p. 379


  387. ^ Grimal 2002, p. 379


  388. ^ Grimal 2002, pp. 379-380


  389. ^ http://www.thebanmappingproject.com/sites/browse_tomb_818.html


  390. ^ Grimal 2002, p. 380


  391. ^ Grimal 2002, p. 380


  392. ^ Grimal 2002, p. 399


  393. ^ Grimal 2002, p. 399


  394. ^ Grimal 2002, p. 399


  395. ^ Grimal 2002, p. 401


  396. ^ Grimal 2002, p. 400


  397. ^ Grimal 2002, p. 400


  398. ^ Grimal 2002, pp. 400 e sgg.


  399. ^ Grimal 2002, pp. 400-403


  400. ^ Grimal 2002, p. 402


  401. ^ Grimal 2002, p. 403


  402. ^ Stele del Louvre C256.


  403. ^ Grimal 2002, p. 403-404


  404. ^ Grimal 2002, p. 404


  405. ^ Grimal 2002, p. 407


  406. ^ Grimal 2002, p. 407


  407. ^ Grimal 2002, p. 407


  408. ^ Grimal 2002, pp. 407-410


  409. ^ Bibbia, Libro dei Re, I Re 9-16.


  410. ^ Grimal 2002, p. 410


  411. ^ Grimal 2002, p. 410


  412. ^ Grimal 2002, p. 411


  413. ^ Grimal 2002, p. 411


  414. ^ Grimal 2002, p. 411


  415. ^ Bibbia, Libro dei Re, I Re 14, 25


  416. ^ Jean Yoyotte (1987), Tanis l'or des pharaons, catalogue de l'exposition, Paris, Grand-Palais, Association française d'action artistique, Parigi, p. 66.


  417. ^ Grimal 2002, p. 413


  418. ^ Grimal 2002, p. 411


  419. ^ Grimal 2002, p. 414


  420. ^ Grimal 2002, p. 413


  421. ^ Grimal 2002, p. 413


  422. ^ Grimal 2002, p. 414


  423. ^ Grimal 2002, p. 415


  424. ^ Grimal 2002, p. 415


  425. ^ Grimal 2002, pp. 416-417


  426. ^ Grimal 2002, p. 417


  427. ^ Grimal 2002, p. 417


  428. ^ Grimal 2002, p. 418


  429. ^ Grimal 2002, p. 418


  430. ^ Grimal 2002, p. 418


  431. ^ Grimal 2002, p. 414


  432. ^ Grimal 2002, p. 419


  433. ^ Grimal 2002, pp. 419-420


  434. ^ Grimal 2002, p. 421


  435. ^ Grimal 2002, pp. 422-423


  436. ^ Grimal 2002, pp. 414 e 429


  437. ^ Grimal 2002, pp. 427-428


  438. ^ Grimal 2002, p. 428


  439. ^ Grimal 2002, pp. 428-429


  440. ^ Grimal 2002, p. 430-433


  441. ^ Grimal 2002, p. 430


  442. ^ Nicolas Grimal (1981), Études sur la propagande royale égyptienne, vol. 1, La stèle triomphale de Pi-ânkh-y au musée du Caire, JE 48862 et 47086-47089, n°105, MIFAO, il Cairo, stralcio dalle righe 8-14


  443. ^ Nicolas Grimal (1981), stralcio dalle righe 71-76, riportato in Grimal (2002), p. 431.


  444. ^ Grimal 2002, p. 431


  445. ^ Nicolas Grimal (1981), stralcio dalle righe 130-140, riportato in Grimal (2002), p. 433.


  446. ^ Grimal 2002, p. 434


  447. ^ Grimal 2002, p. 434


  448. ^ Nicolas Grimal (1986),Les termes de la propagande royale égyptienne de la XIXe dynastie à la conquête d'Alexandre, n°6: Mémoires de l'académie des inscriptions et belles-lettres, Nuova serie, Imprimerie nationale, Parigi, pp. 217-218, riportate in Grimal (2002), pp. 434-435.


  449. ^ Grimal 2002, p. 434


  450. ^ Grimal 2002, p. 434


  451. ^ Grimal 2002, p. 436


  452. ^ Grimal 2002, p. 436


  453. ^ Grimal 2002, p. 440


  454. ^ Grimal 2002, p. 441


  455. ^ Grimal 2002, p. 441


  456. ^ Grimal 2002, p. 442


  457. ^ Grimal 2002, pp. 442-443


  458. ^ riportati in Grimal (2002), p. 443.


  459. ^ Grimal 2002, p. 445


  460. ^ Grimal 2002, p. 447


  461. ^ Grimal 2002, p. 447


  462. ^ Grimal 2002, pp. 447-448


  463. ^ Grimal 2002, p. 448


  464. ^ Grimal 2002, p. 448


  465. ^ Stele del sogno di Tantamani nel tempio di Amon a Gebel Barkal


  466. ^ Grimal 2002, p. 450


  467. ^ Grimal 2002, p. 451


  468. ^ Grimal 2002, p. 452


  469. ^ Grimal 2002, p. 452


  470. ^ Grimal 2002, p. 452


  471. ^ Grimal 2002, p. 453


  472. ^ Grimal 2002, p. 453


  473. ^ G. Jeffreys and H.S. Smith (1988), The Anubieion at Saqqara I. The Settlement and the Temple Predinct, Londra.


  474. ^ Lisa Geddy (1992), The Anubieion at Saqqara II. The Cemeteries, Londra.


  475. ^ Grimal 2002, p. 429


  476. ^ Grimal 2002, p. 457


  477. ^ Grimal 2002, p. 457


  478. ^ Grimal 2002, p. 458


  479. ^ Grimal 2002, p. 458


  480. ^ Grimal 2002, p. 459


  481. ^ Grimal 2002, p. 459


  482. ^ Bibbia, Libro dei Re, II Re 23, 29-35


  483. ^ Grimal 2002, p. 460


  484. ^ Grimal 2002, p. 460


  485. ^ Grimal 2002, p. 460


  486. ^ Grimal 2002, pp. 460-461


  487. ^ Angelo Solomon Rappoport (1904), History of Egypt, Volume 12, parte B, capitolo V: "The Waterways of Egypt", Londra, The Grolier Society, pp. 248–257.


  488. ^ Grimal 2002, p. 461


  489. ^ Grimal 2002, p. 462


  490. ^ Grimal 2002, p. 463


  491. ^ Grimal 2002, p. 463


  492. ^ Grimal 2002, p. 463


  493. ^ Christelle Fischer-Bovet (2013), Egyptian warriors: the Machimoi of Herodotus and the Ptolemaic Army, The Classical Quarterly n.ro 63 (01), pp. 209–236.


  494. ^ Grimal 2002, p. 464


  495. ^ Grimal 2002, p. 464


  496. ^ Grimal 2002, p. 464


  497. ^ Grimal 2002, pp. 464-465


  498. ^ Grimal 2002, p. 465


  499. ^ Grimal 2002, p. 469


  500. ^ Georges Posener (1936), La première domination Perse En Égypte, Institut Français d'Archéologie Orientale, p. 7.


  501. ^ Grimal 2002, p. 469


  502. ^ Grimal 2002, p. 471


  503. ^ Grimal 2002, p. 471


  504. ^ Georges Posener (1936), La première domination Perse En Égypte, Institut Français d'Archéologie Orientale, p. 7.


  505. ^ Grimal 2002, p. 471


  506. ^ Wilhelm Spiegelberg (1914), Die sogenannte Demotische Chronik des Pap. 215 der Bibliothèque Nationale zu Paris nebst den auf der Rückseite des Papyrus stehenden Texten, in Demotische Studien (DeSt), Leipzig, capitolo 7.


  507. ^ Citando Albert Ten Eyck Olmstead (1948), History of the Persian Empire, Chicago, p. 142.


  508. ^ Grimal 2002, p. 470


  509. ^ Grimal 2002, p. 472


  510. ^ Grimal 2002, p. 472


  511. ^ Grimal 2002, p. 472


  512. ^ Grimal 2002, pp. 472-473


  513. ^ Grimal 2002, p. 472


  514. ^ Grimal 2002, p. 473


  515. ^ Grimal 2002, p. 473


  516. ^ Grimal 2002, p. 474


  517. ^ Grimal 2002, p. 474


  518. ^ Grimal 2002, p. 470


  519. ^ Grimal 2002, pp. 474-475


  520. ^ Grimal 2002, p. 475


  521. ^ Tra gli altri Nicolas Grimal (2002), p. 475 e Claude Traunecker (1979), Essai sur l'histoire de la XXIX dynastie, in Bulletin de l'Institut Français d'Archéologie Orientale (BIFAO), n. 79, il Cairo, pp. 432 e sgg.


  522. ^ Grimal 2002, p. 470


  523. ^ Grimal 2002, p. 475


  524. ^ Grimal 2002, p. 478


  525. ^ Grimal 2002, p. 479


  526. ^ Grimal 2002, p. 479


  527. ^ Grimal 2002, p. 479


  528. ^ Christelle Fischer-Bovet (2013), pp. 209-236.


  529. ^ Grimal 2002, pp. 480-481


  530. ^ Grimal 2002, p. 480


  531. ^ Plutarco, Vite parallele - Alcibiade, Agesilao, Pelopida -, 26-40


  532. ^ Grimal 2002, p. 480


  533. ^ Grimal 2002, p. 481


  534. ^ Grimal 2002, p. 480


  535. ^ Grimal 2002, p. 480


  536. ^ Grimal 2002, p. 480


  537. ^ Grimal 2002, pp. 482-483


  538. ^ Grimal 2002, p. 483


  539. ^ Grimal 2002, p. 483


  540. ^ Grimal 2002, p. 483


  541. ^ Plutarco (XXIII ed. 2009), Vite parallele: Alessandro, Cesare, Rizzoli, p. 99.


  542. ^ Alan Gardiner (1961, riedizione 1985), La civiltà egizia, Milano, Einaudi, p. 342.


  543. ^ Jürgen von Beckerath (1999), Handbuch der ägyptischen Königsnamen, Mainz am Rhein, pp. 232-233.


  544. ^ Per le datazioni multiple, si rimanda alle pagine relative ai singoli "tolomei".


  545. ^ Grimal 2002, p. 484


  546. ^ Enrichetta Leospo, Mario Tosi, Il potere del re, il predominio del dio: Amenofi III e Akhenaton, Ananke


  547. ^ Grimal 2002, pp. 484-485


  548. ^ Grimal 2002, p. 485


  549. ^ Grimal 2002, p. 485


  550. ^ Grimal 2002, pp. 485-486


  551. ^ Grimal 2002, pp. 486 e sgg.


  552. ^ Grimal 2002, p. 488


  553. ^ Grimal 2002, p. 488


  554. ^ Grimal 2002, p. 488


  555. ^ Grimal 2002, p. 488


  556. ^ Grimal 2002, p. 489



Fonti storiche |



Sulle dinastie egizie |




  • Papiro dei Re: elenco di tutti i sovrani, compresi quelli minori e quelli considerati usurpatori (redatto durante il regno di Ramses II);


  • cronaca di Manetone: suddivisione della storia dell'Egitto in 30 dinastie, da Menes ad Alessandro Magno (redatta durante il regno dei primi due Tolomei). Nessuna copia originale ci è pervenuta e se ne conosce l'esistenza poiché riportata da scrittori e storici successivi quali Sesto Giulio Africano (inizio del III secolo d.C.) ed Eusebio di Cesarea (inizio del IV secolo d.C.);


  • Lista di Abido: elenco di 76 antenati di Seti I inciso sulle pareti del tempio della città;


  • Lista di Saqqara: riporta i cartigli di 57 sovrani omaggiati da Ramses II;


  • Sala degli antenati: elenco di 61 antenati di Thutmose III (rilievo nel tempio di Luxor);


  • Pietra di Palermo: lista dei re, dei nomi delle loro madri e, di anno in anno, del livello raggiunto dalla piena del Nilo.



Sulla giustizia |



  • Papiro giuridico di Torino: relativo agli scioperi degli operai di Deir el-Medina e alla Congiura dell'harem


Bibliografia |




In italiano |



Storia |



  • AA.VV., Egitto - la terra dei faraoni, Könemann/Gribaudo

  • AA.VV. (2001), La descrizione dell'Egitto pubblicata per ordine di Napoleone Bonaparte, Bibliothèque de l'image

  • AA.VV., L'antico Egitto di Napoleone, Mondadori

  • Alan Gardiner, La civiltà egizia, I edizione: Egypt of the Pharaohs, Torino, Einaudi, 1961, ISBN 88-06-13913-4.

  • Alessandro Roccati, Egittologia, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS).

  • Brian Fagan, Alla scoperta dell'antico Egitto, (I edizione originale: The Rape of the Nile: Tomb Robbers, Tourists, and Archaeologists in Egypt, Charles Scribner's Sons, New York, 1975), Roma, Newton & Compton, 1996, ISBN 88-8183-286-0.

  • Christian Jacq, L'Egitto dei grandi faraoni, Milano, Mondadori.

  • Claudio Barocas, L'antico Egitto, Roma, Newton & Compton, 1978.

  • C.W. Ceram, Civiltà sepolte, Roma, Einaudi.

  • C.W. Ceram, Civiltà al sole, (I edizione 1958), Milano, Mondadori, 1969.

  • Cyril Aldred, Gli Egiziani - tre millenni di civiltà, (I edizione originale: The Egyptians, Thames and Hudson, Londra, 1961), Roma, Newton & Compton, 1966, ISBN 88-8183-281-X.

  • Cyril Aldred, Christiane Desroches Noblecourt et al. (1999), I faraoni l'impero dei conquistatori', Rizzoli

  • David Silverman, Antico Egitto, Milano, Mondadori.

  • Edda Bresciani, Sulle rive del Nilo, Bari, Laterza.

  • Elio Moschetti, Lungo il Nilo. Navigando nella realtà e nell'immaginario dell'Antico Egitto, Torino, Ananke.

  • Federico Arborio Mella, L'Egitto dei faraoni, Milano, Mursia, 1976, ISBN 88-425-3328-9.

  • Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Milano, Bompiani, 2003, ISBN 88-452-5531-X.

  • Franco Cimmino, Vita quotidiana degli egizi, Milano, Rusconi.

  • Giacomo Cavillier, Egittologia, Torino, Ananke.

  • Manfred Clauss, Antico Egitto, Roma, Newton & Compton, 2007.

  • Nicolas Grimal, Storia dell'Antico Egitto, traduzione di G. Scandone Matthiae, Bari, Laterza, 2002, pp. 619, ISBN 978-88-420-5651-5.

  • Sergio Donadoni, L'Egitto, Torino, UTET, 1982, ISBN 88-02-03571-7.

  • Sophie Desplancques, L'antico Egitto, (I edizione originale: L'Égypte ancienne, PUF, 2005), Roma, Newton & Compton, 2006, ISBN 88-541-0512-0.

  • T.G. Henry James, L'archeologia dell'Egitto antico, (I edizione originale: Introduction to Ancient Egypt, British Museum Press, 1972), Roma, Newton & Compton, 1996, ISBN 88-8183-283-6.

  • Toby Wilkinson, L'antico Egitto: storia di un impero millenario, (I edizione The rise and fall of Ancient Egypt, Bloomsbury, 2010), Milano, Einaudi, 2012.



Antico Regno |



  • Christine El Mahdy, Il costruttore della Grande Piramide, Corbaccio


Medio Regno |


  • Franco Cimmino, Sesostris - storia del Medio Regno egiziano, Rusconi


Nuovo Regno |



  • AAVV (2009), Akhenaton faraone del sole, Silvana Editrice

  • Alessia Amenta e Araldo del Luca (2009), Tutankhamon, Mondadori, Milano


  • Bob Brier (1999), L'omicidio di Tutankhamon, Corbaccio, ISBN 88-7972-339-1

  • Charlotte Booth (2011), Tutankhamon. Il ragazzo dietro la maschera, Mondadori, Milano


  • Christian Jacq, La grande sposa Nefertiti, Mondadori

  • Christian Jacq, Tutankhamen il faraone dimenticato, Sugar


  • Christiane Desroches Noblecourt, La regina misteriosa: storia di Hatshepsut, Sperling & Kupfer

  • Christiane Desroches Noblecourt, Ramsete - il figlio del sole, Sperling & Kupfer

  • Christiane Desroches Noblecourt, Tutankhamon, Silvana Editrice

  • Christine El Mahdy, Tutankhamon, Sperling & Kupfer, ISBN 978-88-20030-094


  • Claire Lalouette, L'impero dei Ramses, Newton & Compton

  • Cyril Aldred (1979), Akhenaton, il faraone del sole, Newton & Compton, Roma (I edizione originale: Akhenaten, Pharaoh of Egypt: a New Study, Thames & Hudson, Londra, 1968)

  • Elio Moschetti, Horemhab - talento, fortuna e saggezza di un re, Ananke

  • Elio Moschetti, La Valle dei Re e la Valle delle Regine, Ananke, Torino


  • Enrichetta Leospo, Mario Tosi, Il potere del re, il predominio del dio: Amenhotep III e Akhenaton, Ananke

  • Franco Cimmino, Akhenaton e Nefertiti - storia dell'eresia amarniana, Rusconi/Bompiani

  • Franco Cimmino, Hašepsowe e Tuthmosis III, Rusconi

  • Franco Cimmino, Ramesses II il Grande, Rusconi

  • Franco Cimmino, Tutankhamon, Rusconi


  • Giacomo Cavillier, Il faraone guerriero - i sovrani del nuovo regno alla conquista dell'Asia, Tirrenia Stampatori

  • Giacomo Cavillier, La Battaglia di Qadesh, Tirrenia Stampatori

  • Giacomo Cavillier, Tuthmosi III: immagine e strategia di un condottiero, Tirrenia Stampatori

  • Graziella Busi (2002), Nefertiti: l'ultima dimora, il giallo della tomba KV55, Ananke

  • Henry James, Antonio De Luca, Tutankhamon, White Star

  • Henry James, Ramesse II, White Star


  • Howard Carter, Tutankhamen, Garzanti


  • (EN) Joyce Tildesley, Hatchespsut: the female Pharaoh, Londra, Viking, 1996, ISBN 0-670-85976-1. Ediz. ital. Hatshepsut, l'unica donna che fu Faraone, traduzione di Franca Genta Bonelli, Milano, Piemme, 2000, ISBN 88-384-4890-6.

  • Joyce Tyldesley, L'età dell'oro dell'Antico Egitto, Newton & Compton

  • Joyce Tyldesley (2003), Il Faraone, Piemme

  • Kenneth Kitchen (2000), Il faraone trionfante - Ramses II ed il suo tempo, Laterza, Bari, ISBN 88-420-4262-5


  • Mario Liverani, "Le lettere di el-Amarna", 2 voll.-"Lettere dei piccoli re" (1998) e "Lettere dei grandi re"(1999)-, Paideia, Brescia.


  • Philipp Vandenberg (1980), Ramsete il grande, Sugarco, Milano

  • Philipp Vandenberg, Tutankhamon - il faraone dimenticato, Sugarco, Milano


  • Philipp Vandenberg, Nefertiti, Sugarco

  • Pietro Testa (2009), Cospirazioni e furti nell'Egitto della XX Dinastia, Aracne, Roma, ISBN 978-88-548-2834-6.


  • Thomas Hoving, Tutankhamon, Mondadori

  • T.G. Henry James, L'Egitto dei faraoni: Tutankhamon", White Star

  • T.G. Henry James, L'Egitto dei faraoni: Ramesse II", White Star



Periodo Tardo |




  • Antonio Spinosa (2004), Cleopatra, la regina che ingannò se stessa, Mondadori, Milano

  • E. Bradford, Cleopatra, Rusconi

  • Edith Flammarion (2003), Cleopatra, l'ultimo dei faraoni, Electa

  • Jean Yves Empereur, Alessandria Riscoperta, IPZS



Arte, Monumenti, Cultura e Vita quotidiana |



  • AAVV, Come riconoscere l'arte egizia, Rizzoli

  • AAVV (2000), Egitto, Touring Club d'Italia

  • AAVV, Gli artisti del faraone (Deir el-Medina e la Valli dei Re e delle Regine), Electa

  • AAVV (2001), I tesori dell'Antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo, White Star

  • AAVV (2003), Kemet: alle sorgenti del tempo, Electa

  • AAVV, L'Antico Egitto di Ippolito Rosellini, De Agostini, Novara

  • Alessandro Roccati (2003), Museo Egizio di Torino, IPZS

  • Cyril Aldred, Arte dell'antico Egitto, traduzione di Massimo Parizzi, Rizzoli, 2002, pp. 278, ISBN 88-7423-063-X.

  • Christian Jacq, I grandi monumenti dell'Antico Egitto, Mondadori, Milano

  • Christian Jacq, L'insegnamento del saggio Ptahotep, Mondadori, Milano


  • Curt Sachs, Storia degli strumenti musicali, Mondadori


  • Elvira D'Amicone (2007), Nefer: la donna dell'Antico Egitto, Federico Motta Editore, Milano, ISBN 978-88-7179-539-3

  • Franco Cimmino, Vita quotidiana degli egizi", Rusconi

  • Joyce Tildesley (2001), Vita privata dei faraoni, Piemme

  • Loredana Sist (2001), Museo Barraco: Arte Egizia, IPZS

  • Massimo Jevolella, I papiri della sapienza", Boroli

  • Peter Tompkins (2002), La magia degli obelischi, Marco Tropea Editore


  • Sergio Donadoni (1986), Cultura dell'antico Egitto, Roma, La Sapienza


  • Sergio Donadoni (1982), L'arte dell'antico Egitto, Tea



Lingua |



  • Alessandro Roccati (2005), Elementi di lingua egizia, Thèléme

  • Christian Jacq, Il segreto dei geroglifici, Piemme

  • Edda Bresciani, Letteratura e poesia dell'Antico Egitto, Milano, Einaudi, 1999, ISBN 88-06-14892-3.

  • Giacomo Cavillier, Sulle tracce di Champollion, Tirrenia Stampatori

  • Hilary Wilson, I segreti dei geroglifici, Newton & Compton

  • Pierre Grandet e Bernard Mathieu (2007), Corso di egiziano geroglifico, Ananke

  • Roberto Elli (2003), Guida ai geroglifici, Vallardi Editore

  • Robert Solè e Dominique Valbelle (2000), La stele di Rosetta, Pratiche Editrice

  • Sergio Donadoni, La letteratura egizia, Sansoni



Piramidi e Tombe |



  • Alberto Siliotti (2001), Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane, White Star

  • Alberto Siliotti e Christiane Leblanc (2002), Nefertari e la Valel delle Regine, Giunti

  • Alberto Siliotti e Zahi Hawass (2001), Guida alle piramidi d'Egitto", White Star

  • Alessandro Bongioanni (2005), Luxor e la Valle dei Re, White Star

  • André Pochan (1998), L'enigma della Grande Piramide, MEB

  • Christian Jacq, La Valle dei Re, Mondadori, Milano


  • Christine El Mahdy, Il costruttore della Grande Piramide, Corbaccio

  • Corinna Rossi (2005), Piramidi, White Star

  • David Macauley, La piramide, Nuove Edizioni Romane

  • Franco Cimmino (2001), Storia delle piramidi, Rusconi

  • G. Goyon, Il segreto delle grandi piramidi, Newton & Compton, Roma

  • Heather Pringle (2004), I segreti delle mummie", Piemme

  • Kurt Mendelsshon, L'enigma delle piramidi, Mondadori, Milano

  • Renato Grilletto (2011), Il mistero delle mummie: dall'antichità ai nostri giorni attraverso il tempo e lo spazio, Newton & Compton, Roma

  • Anna Maria Donadoni Roveri (1969), I sarcofagi egizi dalle origini alla fine dell'Antico Regno, Università "La Sapienza", Istituto di Studi del Vicino Oriente



In inglese |



  • (EN) Aidan Dodson e Dyan Hilton (2004), The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson, New York, ISBN 0-500-05128-3.

  • (EN) Alan Gardiner (1926), Egyptian Grammar, Griffith Institute -Ashmolean Museum Oxford

  • (EN) Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, from the earliest times to the XVI th Dinasty, Methuen & Co., London.

  • (EN) Flinders Petrie (1897), A history of Egypt, Vol. I, Methuen & Co., London.

  • (EN) Flinders Petrie (1909), The arts & crafts of ancient Egypt, T.N. Foulis, Edinburgh & London.

  • (EN) Flinders Petrie (1891), Ten years' digging in Egypt (1881-1891) , Fleming H. Revell Co., New York & Chicago.

  • (EN) Flinders Petrie (1917), Tools and Weapons, British School of Archaeology in Egypt

  • (EN) Flinders Petrie (1896), Naqada and Ballas, Bernard Quaritch, Londra

  • (EN) Flinders Petrie (1906), Hyksos and Israelite Cities, Bernard Quaritch, Londra

  • (EN) Iorwerth E.S. Edwards (1971), The early dynastic period in Egypt, The Cambridge Ancient History, Cambridge, Cambridge University Press

  • (EN) James Henry Breasted (1984), "The Special Edition Of The Edwin Smith Surgical Papyrus", Division of Gryphon Edition, The Classic of Medicine Library.

  • (EN) Jamieson Boyd Hurry (1926), "Imhotep, the Vizier and Physician of King Zoser and Afterwards the Egyptian God of Medicine", Londra, Oxford University Press.

  • (EN) Joyce Tyldesley (1998), Nefertiti: Egypt's Sun Queen, Penguin. ISBN 0-670-86998-8

  • (EN) L.L. Giddy (1987), Egyptian Oases, Baharya, Dakhla, Farafra and Kharga, during Pharaonic times", Warminster.

  • (EN) Nicholas Reeves, Akhenaten: Egypt's False Prophet, Thames & Hudson, 2000. pp.75-8. ISBN 0-500-05106-2.

  • (EN) Nicolas Reeves, The complete Tutankhamon, Thames & Hudosn

  • (EN) Nicholas Reeves e Richard Wilkinson, The complete Valley of the Kings, New York, Thames & Hudson, 2000, ISBN 0-500-05080-5.

  • (EN) Peter N. Stearns (2001), The Encyclopedia of World History

  • (EN) Reginald Engelbach (1922), The Aswan Obelisk", Institut francais d'Archeologie Orientale

  • (EN) Reginald Engelbach (1923), The problem of the Obelisks", T. Fisher Unlimited, Londra

  • (EN) Richard Pococke (1743), A description of the east and some other Countries, vol. V, Observations on Egypt, W, Bowyer, Londra

  • (EN) Stephen R.K. Glanville (1933), The Egyptians, Black LTD, Londra

  • (EN) Stephen R.K. Glanville (1942), The legacy of Egypt, Clarendon Press, Oxford



In francese |



  • (FR) AAVV, La Description de l'Égypte publiée par les ordres de Napoléon Bonaparte, Taschen


  • August Choisy (1904), L'art de batir chez le ègyptiens, Edouard Rouveyre editeur, Parigi

  • (FR) Fernand Crombette, Livre des noms des Rois d'Égypte, 14 voll., (voll. dal I al V disponibili in facsimile del manoscritto, cod. da 2.01 a 2.05), CESHE a.s.b.l., Tournai, varie edizioni

  • (FR) Fernand Crombette, Chronologie de l'Égypte pharaonique, CESHE a.s.b.l., Tournai, cod. 2.17 - 1998ISBN 2-9600093-7-1

  • (FR) Fernand Crombette, Véridique histoire de l'Égypte antique, 3 voll., CESHE a.s.b.l., Tournai, cod. da 2.18 a 2.20 - 1997ISBN 2-9600093-2-0

  • (FR) Altair4 Multimedia, Égypte Antique, CD-ROM, Réunion des Musées Nationaux, 2004



In tedesco |


  • (DE) Steve Pasek, Griechenland und Ägypten im Kontexte der vorderorientalischen Großmächte. Die Kontakte zwischen dem Pharaonenreich und der Ägäis vom 7. bis zum 4. Jahrhundert vor Christus, Peter Lang, Monaco di Baviera, 2011, ISBN 978-3-89975-744-6.



Voci correlate |




  • Antico Regno dell'Egitto

  • Arte egizia

  • Collezioni egizie in Italia

  • Cronologia di Glasgow

  • Dinastia tolemaica

  • Egitto (provincia romana)

  • Egitto tolemaico

  • Letteratura dell'antico Egitto

  • Lista dei musei di antichità egizie

  • Lista di Abido

  • Lista di Saqqara


  • Medio Regno dell'Egitto

  • Necropoli tebana


  • Nuovo Regno dell'Egitto


  • Papiro dei Re, o Papiro, o Canone di Torino

  • Papiro giuridico di Torino

  • Periodo arcaico dell'Egitto

  • Periodo predinastico dell'Egitto

  • Periodo tardo dell'Egitto

  • Pietra di Palermo

  • Piramidi egizie


  • Primo periodo intermedio dell'Egitto

  • Sala degli antenati di Thutmose III


  • Secondo periodo intermedio dell'Egitto


  • Terzo periodo intermedio dell'Egitto

  • Testi di esecrazione

  • Tombe dei Nobili

  • Valle dei Re



Altri progetti |



Altri progetti



  • Wikiquote

  • Wikimedia Commons





  • Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni sull'storia dell'antico Egitto


  • Collabora a Wikimedia CommonsWikimedia Commons contiene immagini o altri file riguardanti l'storia dell'antico Egitto



  • Open book nae 02.svg Questa voce è inclusa nel libro di Wikipedia Da quando le mummie cominciarono a parlare....


Collegamenti esterni |





  • Progetto di mappatura delle tombe della Valle dei re, su thebanmappingproject.com.

  • Portale italiano dedicato all'Antico Egitto, su egittologia.net.

  • Portale dedicato all'Antico Egitto, su aton-ra.com.

  • Piccolo glossario di Egittologia, su glossari.it.

  • Approfondimento storico, su storiafilosofia.it.

  • Cartigli e Faraoni d'Egitto, su cartigli.it.

  • (EN) Il sito dell'Antico Egitto, su ancient-egypt.org.

  • (EN) La storia antica del medio oriente, su ancientneareast.tripod.com.



Musei egizi |



  • (EN) Museo Egizio de Il Cairo, su eternalegypt.org.

  • Museo Egizio di Torino, su museoegizio.it.

  • Museo egizio di Firenze, su polomusealetoscana.beniculturali.it.

  • Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Sezione Egizia-, su museoarcheologiconapoli.it.

  • (EN) Museo Egizio di Berlino, su smb.museum.

  • (DE) Museo Egizio di Monaco di Baviera, su smaek.de.

  • Museo Gregoriano Egizio presso i Musei Vaticani, su museivaticani.va.

  • Museo del Louvre-Dipartimento Egizio-, su louvre.fr.


.mw-parser-output .navbox{border:1px solid #aaa;clear:both;margin:auto;padding:2px;width:100%}.mw-parser-output .navbox th{padding-left:1em;padding-right:1em;text-align:center}.mw-parser-output .navbox>tbody>tr:first-child>th{background:#ccf;font-size:90%;width:100%}.mw-parser-output .navbox_navbar{float:left;margin:0;padding:0 10px 0 0;text-align:left;width:6em}.mw-parser-output .navbox_title{font-size:110%}.mw-parser-output .navbox_abovebelow{background:#ddf;font-size:90%;font-weight:normal}.mw-parser-output .navbox_group{background:#ddf;font-size:90%;padding:0 10px;white-space:nowrap}.mw-parser-output .navbox_list{font-size:90%;width:100%}.mw-parser-output .navbox_odd{background:#fdfdfd}.mw-parser-output .navbox_even{background:#f7f7f7}.mw-parser-output .navbox_center{text-align:center}.mw-parser-output .navbox .navbox_image{padding-left:7px;vertical-align:middle;width:0}.mw-parser-output .navbox+.navbox{margin-top:-1px}.mw-parser-output .navbox .mw-collapsible-toggle{font-weight:normal;text-align:right;width:7em}.mw-parser-output .subnavbox{margin:-3px;width:100%}.mw-parser-output .subnavbox_group{background:#ddf;padding:0 10px}





















Antico EgittoPortale Antico Egitto: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di antico Egitto



Popular posts from this blog

Create new schema in PostgreSQL using DBeaver

Deepest pit of an array with Javascript: test on Codility

Costa Masnaga