Corsia del Gambero




Coordinate: 45°32′12.52″N 10°13′10.83″E / 45.536812°N 10.219675°E45.536812; 10.219675




La galleria sotto l'ex albergo Gambero







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La corsia del Gambero è una via di Brescia che collega, in direzione nord-sud, corso Giuseppe Zanardelli e via Moretto, passando per piazza Bruno Boni. Aperta nel Quattrocento come passaggio di servitù al secolare albergo Gambero, è stata rivalutata alla fine del Novecento nell'ambito dei lavori di riqualificazione urbanistica di questo isolato della città, a lungo dismesso.




Indice






  • 1 Storia


  • 2 Descrizione


  • 3 L'albergo Gambero


  • 4 Note


  • 5 Bibliografia


  • 6 Altri progetti





Storia |


La via nasce nel XV secolo come collegamento tra corso Zanardelli, all'epoca solo uno slargo alla base delle mura della Cittadella nuova, e l'albergo Gambero, dalla quale trae il nome. Configurata come un passaggio per la maggior parte coperto incuneato tra le abitazioni, dopo un percorso di pochi metri sboccava sotto un lungo portico sopra il quale si sviluppava l'albergo, affacciato su una corte stretta e lunga della quale il portico costituiva appunto un fronte. Il resto degli ambienti affacciati sulla corte erano quasi tutti, a loro volta, di pertinenza dell'albergo. Una muraglia a sud divideva la corte dal giardino privato di palazzo Bettoni Cazzago, a sua volta incuneato tra l'albergo Gambero e il convento degli Umiliati, del XII secolo, cui faceva capo la chiesa di Santa Maria Maddalena[1].


Questa situazione muta radicalmente a partire dall'Ottocento, con la demolizione del convento di Santa Maria Maddalena e il decadimento di palazzo Bettoni Cazzago, alienato a privati: solo l'albergo Gambero rimane nella sua sede storica. Con il passare del tempo, il diaframma tra la corte e il giardino del palazzo viene abbattuto, creando un unico spazio e aprendo il collegamento verso via Moretto, mentre nel 1847, sui resti del convento abbattuto, viene edificato il teatro Sociale[1].


L'area, ormai molto dismessa perché estranea dalle normali direttrici del movimento cittadino, ma vicinissima ai "salotti" cittadini di corso Giuseppe Zanardelli e via Dieci Giornate, entra nei progetti di riqualificazione urbanistica della città a partire dal Piano di Ricostruzione del 1950, ma il concreto intervento sarà condotto solo negli anni '90 del secolo. Con l'inaugurazione di piazza Bruno Boni nel 1998, nata sull'area dell'ex giardino privato di palazzo Bettoni Cazzago, la corsia del Gambero trova piena rivalutazione, sebbene l'albergo Gambero fosse già ormai chiuso da tempo[1].



Descrizione |


Il maggior pregio architettonico dell'antico passaggio coperto si trova nel portico dell'ex albergo Gambero, caratterizzato da archi ribassati poggianti su poderosi pilastri in medolo, il tutto risalente al XV secolo[2].


In fondo al portico è ancora visibile, all'interno di uno degli esercizi commerciali qui presenti, un frammento di affresco religioso che si sviluppa entro un arco rinvenuto durante i lavori di restauro. L'affresco, databile al XII secolo per le influenze bizantine riscontrabili nella fissità delle figure e nella preziosa scelta cromatica, rappresenta Gesù affiancato da due probabili figure femminili, che sono state interpretate come Maria e Maddalena. Sarebbe questa l'unica testimonianza del passaggio porticato tra l'albergo e la chiesa di Santa Maria Maddalena, la cui esistenza è però dubbia[2][3].



L'albergo Gambero |




Il fronte dell'ex albergo sulla piazzetta antistante


Si trattava della più antica locanda della città, che prendeva il nome dalla caratteristica insegna del Gambero. A sua volta, l'insegna traeva ispirazione dallo stemma dei nobili Gambara che avevano forse una proprietà nella zona o, più probabilmente, dalla presenza degli Umiliati del convento di Santa Maria Maddalena, provenienti da Gambara, centro della pianura bresciana. Per estensione, vennero definite Case del Gambero anche le abitazioni costruite nel XVI secolo lungo l'ultimo tratto di corso Palestro, davanti all'albergo[1][2].


L'albergo ebbe ospiti illustri, tra i quali la duchessa di Mantova Isabella d'Este, che l'aveva prescelto per non scontentare i nobili bresciani durante un soggiorno in città nel 1539. Anche Silvio Pellico, nel volume autobiografico Le mie prigioni del 1832, accenna indirettamente alla locanda, descrivendo la breve permanenza in città al seguito del bresciano Andrea Tonelli, come lui reduce dalla detenzione nella fortezza dello Spielberg[2].


La locanda, fino a quel momento gestita da conduttori scelti dall'Ospedale Maggiore, che ne deteneva la proprietà, venne poi acquistato dalla famiglia Urgnani nel 1882 e, agli inizi del Novecento, passò in conduzione alla famiglia Zanotti, che lo resse fino alla chiusura definitiva avvenuta negli anni Sessanta. L'albergo fu anche al centro di un fatto drammatico, avvenuto durante il bombardamento del 13 luglio 1944: dei circa duecento bresciani che morirono in quel frangente, molti furono quelli rimasti seppelliti nei sotterranei dell'albergo Gambero dove avevano trovato rifugio, crollati dopo che l'edificio fu colpito da una bomba[2].



Note |




  1. ^ abcd Braga, Simonetto, p. 73


  2. ^ abcde Braga, Simonetto, p. 74


  3. ^ Braga, Simonetto, p. 75



Bibliografia |


  • Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Le quadre di Sant'Alessandro in Brescia Città Museo, Sant'Eustacchio, Brescia 2004


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