Giovanni Antonio Pilacorte




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Giovanni Antonio Pilacorte (Carona, 1455 ca. – Pordenone, dopo il 21 novembre 1531) è stato uno scultore italiano di origine ticinese.



Biografia |


Nacque infatti a Carona, sul lago di Lugano, intorno al 1455. Il suo cognome effettivo era Bassini (o Di o De Bassini). "Pilacorte", come per altri scalpellini originari della sua zona natale, era in realtà uno pseudonimo, che Giovanni Antonio adottò come sua denominazione professionale, scolpendolo a firma di molte sue opere.


Si trasferì presto a Spilimbergo, nel Friuli occidentale, dove stabilì la sua bottega e dove abitò con la moglie Perina e la figlia Anna, che in seguito avrebbe sposato Donato Casella, anch'egli lapicida. Nell'ultimo periodo della propria vita il Pilacorte si spostò a Pordenone, a casa del genero.


Dalla sua bottega uscirono un'abbondante quantità di opere, gran parte delle quali si trovano in diverse chiese del Friuli e dei paesi limitrofi: Spilimbergo, Pordenone, Cordenons, Sequals, Valeriano, Clauzetto, Travesio, Vito d'Asio, San Vito al Tagliamento, Camino al Tagliamento e nelle chiese delle ville vicine (Pieve di Rosa e Villa di Rosa), Varmo, Rivignano, Fagagna, Sedegliano e nelle sue frazioni di Coderno, Gradisca, Grions, Redenzicco e Turrida, Beano e Goricizza (frazioni di Codroipo), Ragogna, Rive d'Arcano, Flaibano, Sant'Andrât del Cormôr (frazione di Talmassons), San Pietro al Natisone.


Sue sculture si trovano anche a Portogruaro e nella cattedrale di Acqui Terme. Sono presenti elementi realizzati dal Pilacorte anche a Tolmezzo (particolare di testa incastonata in alto nella facciata della chiesa di Santa Caterina) e a Santa Maria oltre But (Caneva).
Uno dei suoi segni distintivi sono i cherubini alati, scolpiti un po' dappertutto, spesso con strane e simpatiche espressioni (assorta, stupita, assonnata, stralunata). Molti dei lavori riportano espressamente la sua firma ed altri riferimenti (data di produzione - committente - motivazioni dell'opera).


L'operosità della sua bottega spilimberghese, da cui poteva agevolmente accedere alle vicine cave di pietra pedemontane (in particolare quelle di Meduno e Travesio) per acquisire la materia prima, costituisce quindi un importante riferimento storico per diversi paesi, gran parte dei quali raccolti lungo le sponde del medio Tagliamento.


Meno significativa la sua opera da un punto di vista strettamente artistico, tanto che quasi tutti gli studiosi lo definiscono come valente "lapicida" o "artigiano", raramente come "scultore".


Fra i suoi lavori più riusciti vengono citati la cappella del Carmine del duomo di Spilimbergo, il portale della chiesa di Gradisca di Sedegliano, l'altare della pieve di S. Martino d'Asio, ubicata fra Clauzetto e Vito d'Asio, e l'acquasantiera della chiesa di Beano e la fonte battesimale della chiesa Santa Maria Maggiore di Meduno.


Fece testamento il 21 novembre 1531, lasciando beni e bottega a favore di Anna, sua unica figlia (e moglie dello scultore Donato Casella). Presumibilmente morì poco dopo a Pordenone.



Galleria d'immagini |




Bibliografia |



  • La Rosa erosa - studi su una comunità fra le acqua (P.G. Sclippa ed altri) - 1997 Ellerani Editore (San Vito al Tagliamento)

  • Giovanni Antonio Pilacorte lapicida (Giuseppe Bergamini), 1970 SFF (Udine)

  • Guida artistica del Friuli-Venezia Giulia (a cura di Giuseppe Bergamini), 1999 Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia (Passariano)

  • Paolo Goi, PILACORTE, Giovanni Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 83, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015. URL consultato il 25 marzo 2018.


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