Eugenio di Savoia
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Eugenio di Savoia | |
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Il principe Eugenio di Savoia-Soissons, ritratto di Jacob van Schuppen del 1718 (Rijksmuseum di Amsterdam). | |
18 ottobre 1663 – 21 aprile 1736 | |
Soprannome | Principe Sole Marte senza Venere Gran Capitano der edle Ritter (il nobile cavaliere) roi des honnêtes gens (re degli onesti) |
Nato a | Parigi, Regno di Francia |
Morto a | Vienna, Austria, Sacro Romano Impero |
Cause della morte | naturali |
Luogo di sepoltura | Duomo di Vienna |
Dati militari | |
Paese servito | Sacro Romano Impero |
Forza armata | Esercito del Sacro Romano Impero |
Grado | generale |
Guerre | Guerra austro-turca (1683-1699) Guerra di successione spagnola |
Battaglie | Battaglia di Vienna Battaglia di Blenheim Battaglia di Zenta Assedio di Torino Assedio di Belgrado |
Decorazioni | cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro |
cfr. la bibliografia | |
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Eugenio di Savoia-Soissons, noto come Principe Eugenio (Parigi, 18 ottobre 1663 – Vienna, 21 aprile 1736), è stato un generale italiano al servizio dell'Esercito del Sacro Romano Impero.
Sebbene fosse un rampollo della famiglia dei Savoia-Soissons, militò giovanissimo al servizio degli Asburgo ed intraprese la carriera militare divenendo ben presto comandante dell'esercito imperiale. È da molti considerato l'ultimo dei capitani di ventura; fu anche un abile riformatore dell'esercito austriaco, vero precursore della guerra moderna. Conosciuto anche come il "Gran Capitano", combatté la sua ultima battaglia a 72 anni. Fu uno dei migliori strateghi del suo tempo e con le sue vittorie e la sua opera di politico assicurò agli Asburgo e all'Austria la possibilità di imporsi in Italia e nell'Europa centrale e orientale. Per le sue imprese, soprattutto per la Battaglia di Belgrado, gli venne dedicata la Prinz Eugen Marsch.
Indice
1 Infanzia e gioventù
2 Alla corte degli Asburgo
2.1 Le battaglie
2.1.1 1683-1689
2.1.2 1690-1699
2.1.3 1701-1709
2.1.4 1714-1734
2.2 Lernet-Holenia su Eugenio
2.3 La residenza e la diplomazia
3 Soprannomi
4 La fine
5 Navi
6 Onorificenze
7 Ascendenza
8 Stemma
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni
Infanzia e gioventù |
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Eugenio era figlio del principe Eugenio Maurizio di Savoia-Soissons e di Olimpia Mancini, una nipote del cardinale Mazzarino. Nel 1673, all'età di dieci anni, rimase orfano di padre, e fu affidato dalla madre (la quale preferiva organizzare i divertimenti del re a Versailles e fu successivamente coinvolta nell'affaire des poisons, che la indusse ad auto-esiliarsi a Bruxelles nel 1680 per sfuggire ad un processo che l'avrebbe vista verosimilmente perdente[1]) alla zia Luisa Cristina del Baden e in particolare alla severa nonna paterna Maria di Borbone-Soissons, le quali peraltro erano troppo occupate con la vita di corte per badare ai figli di Olimpia, per cui fu di fatto allevato dal personale di servizio dell'hôtel de Soissons, il palazzo parigino di famiglia.
Furono pertanto anni dettati dal rigore e dalla carenza d'affetto, che determinarono il carattere del futuro condottiero, freddo e sicuro a un tempo. Nella prima adolescenza, Eugenio si ammalava frequentemente, soggetto a gravi febbri. Il suo aspetto fisico non era avvenente; aveva « un brutto naso camuso », cui si aggiunse molto presto una « andatura un po' sghemba, conseguenza di una leggera scoliosi ». Tra i precettori che si occuparono della sua educazione figura il matematico Sauveur, destinato ad avere un'importante influenza sul giovane.[2]
Destinato dalla famiglia alla carriera ecclesiastica, ricevette appena quindicenne la tonsura, .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}anche se il suo comportamento di adolescente a Parigi fu piuttosto scandaloso e dissoluto[senza fonte]. Assolutamente non interessato alla vita ecclesiastica, non ancora ventenne si presentò al re Luigi XIV, di cui suo padre era stato uno stimato generale, per ottenere un comando nell'esercito francese.
Il re però non gli diede alcuna risposta, di fatto rifiutando di accoglierlo nell'esercito, non, come si disse poi diffamandolo, a causa delle voci sui suoi gusti omosessuali (il monarca aveva ammesso nell'esercito Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme, sulle preferenze del quale non c'erano semplici voci ma certezze assolute e tangibili), ma per la disgrazia in cui si trovava tutta la sua famiglia in seguito al coinvolgimento della madre nello scandalo dei veleni con la famosa avvelenatrice Voisin. La leggenda vuole che il Re Sole abbia esclamato[3];
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(FR) «Est-ce-que j'ai fait la plus grande gaffe de ma vie?» | (IT) «Che abbia commesso la più grande sciocchezza della mia vita?» |
In realtà il giovane aveva messo la testa a partito e fu profondamente influenzato dalle letture di La Rochefoucauld, di San Francesco di Sales, di Racine ed altri, s'era imposto l'ideale dell'honnête homme (l'uomo onesto, la persona perbene), cui sarebbe stato fedele per il resto della sua vita.
Deciso ad intraprendere la carriera militare, Eugenio fuggì da Parigi insieme al cugino, principe Luigi-Armando I di Borbone-Conti alla volta della Germania. Venuto a conoscenza della loro fuga, Luigi XIV mandò a cercarli da uno dei nobili della sua corte, che li raggiunse a Francoforte, con l'ordine per il principe Luigi Armando e la preghiera per Eugenio di tornare indietro. Il primo obbedì, il secondo scelse di proseguire per Vienna[4].
Alla corte degli Asburgo |
Il suo peregrinare si fermò alla corte dell'imperatore d'Austria Leopoldo I d'Asburgo, presso il quale già aveva militato il fratello maggiore Luigi Giulio, comandante di un reggimento di dragoni, che, ferito combattendo contro i turchi a Petronell, era deceduto qualche giorno prima a seguito delle ferite riportate.
L'imperatore, profondamente legato al predetto fratello di Eugenio, da sempre impressionato dalle doti militari e strategiche dei membri di Casa Savoia, lo accolse subito nel suo esercito, nominandolo Aiutante di Campo al servizio del suo Comandante supremo Carlo V di Lorena, cognato dello stesso imperatore, che era impegnato nel corso della nuova guerra contro i turchi a liberare Vienna dall'assedio posto dalle truppe turche di Maometto IV.
Eugenio fu presente alla vittoriosa giornata che pose termine all'assedio di Vienna (12 settembre 1683). Si distinse quindi in alcune battaglie minori durante l'inseguimento dell'esercito turco in ritirata verso l'Ungheria (battaglia di Parkany e conquista di Gran). Si rivelò così sul campo il valore di questo nobile ventenne che combatteva sempre in prima linea spronando i suoi soldati. Al termine di quello stesso anno fu nominato colonnello e ricevette il comando di un reggimento di dragoni imperiali.[5]
Le battaglie |
1683-1689 |
La vittoria sui Turchi nel 1683 a fianco del re polacco Giovanni III Sobieski, venuto in aiuto dell'Imperatore Leopoldo I, inaugura per Eugenio una vita intera dedicata alla guerra, alla diplomazia ed alle vittorie. Promosso maggior generale e membro di diritto dello Stato Maggiore si distingue nella successiva campagna contro i turchi (1687), portando con i suoi due reggimenti un contributo determinante alla vittoria di Mohács e guadagnandosi la promozione a tenente generale.
Partecipa quindi sotto il comando del Principe Elettore di Baviera Massimiliano II Emanuele all'assedio di Belgrado ed alla sua conquista (6 settembre 1688), rimanendo ferito ad una gamba da una pallottola di moschetto. L'anno successivo, al comando di tre reggimenti di cavalleria, partecipa attivamente all'offensiva contro i francesi sul Reno ed è nuovamente ferito da una pallottola, questa volta alla testa.
1690-1699 |
Nominato comandante generale di cavalleria nel maggio 1690, è inviato in Italia Settentrionale in soccorso del cugino Vittorio Amedeo II, Duca di Savoia che, passato all'alleanza imperiale austro-spagnola (Guerra della Lega di Augusta) contro la Francia di Luigi XIV, si trova il Piemonte invaso dalle truppe francesi comandate dal generale Nicolas de Catinat de La Fauconnerie.[6]
Combatté qui, normalmente in subordine al maresciallo imperiale Carafa, per sei anni con alterne fortune (il contingente affidatogli dall'Imperatore non ebbe mai l'organico e l'armamento giudicato necessario da Eugenio) restando suo malgrado coinvolto nelle sconfitte subite dall'esercito alleato presso l'abbazia di Staffarda e poi alle cascine Marsaglia di Orbassano, vicino a Torino, (4 ottobre 1693), ma condusse delle ottime operazioni contro Susa e altre fortezze piemontesi occupate dai francesi, finché il 30 agosto 1696 Vittorio Amedeo II stipulò con la Francia un trattato di pace e d'alleanza e unì le proprie truppe a quelle del Catinat, assumendo il comando delle operazioni contro l'ex alleato imperiale (cosa che Eugenio aveva previsto e dalla quale aveva già messo in guardia l'Imperatore, sollecitandolo senza successo ad inviargli rinforzi in uomini e mezzi).
Intanto l'Impero Ottomano si era riavuto dalle perdite, aveva riconquistato Belgrado ed era già entrato in Ungheria. L'esercito che doveva fronteggiare i turchi era stato posto sotto il comando del Principe Elettore di Sassonia, Federico Augusto I. Richiamato in Austria, Eugenio viene insignito del titolo di feldmaresciallo ed inviato come affiancato a Federico Augusto I.[7]
Poco dopo però Federico Augusto viene eletto re di Polonia e così il comando passa esclusivamente nelle mani di Eugenio. Il nuovo comandante guida un esercito male armato di poco più di 50.000 uomini, che devono fronteggiare l'esercito turco di Mustafa II forte di 100.000 uomini (fra i quali i temibili giannizzeri), dotato di potenti artiglierie.
L'11 settembre 1697, presso Zenta, grazie ad un'abile e spregiudicata azione strategica, Eugenio attacca di sorpresa i turchi che stavano attraversando il Tibisco su un ponte di barche e li mette in rotta. Era infatti consapevole del fatto che se avesse affrontato i turchi in campo aperto, il suo esercito avrebbe sicuramente avuto la peggio. Muove così una spettacolare imboscata.
Rimangono sul campo i corpi di 30.000 turchi, dei quali 20.000 caduti in battaglia e 10.000 affogati nel Tibisco. Le perdite imperiali furono al contrario irrisorie: 28 ufficiali e 401 soldati uccisi e poco più di 1.000 feriti[8]. Un centinaio di pezzi di artiglieria e la cassa dell'esercito cadono nelle mani di Eugenio che non può inseguire immediatamente il nemico a causa della cattiva stagione e della mancanza di rinforzi, ma che in seguito lo attacca pesantemente in Bosnia inseguendolo fin alle porte di Sarajevo.
Il 26 gennaio 1699 viene stipulata con i turchi la Pace di Carlowitz, con la quale l'Austria ottiene la Transilvania, tutta l'Ungheria, la Croazia e la Slavonia.
1701-1709 |
La vittoria di Zenta ha grande risonanza in tutta Europa e la fama di Eugenio sale alle stelle, destando naturalmente anche parecchia invidia. Scoppia nel 1701 la guerra di successione spagnola, si riforma la grande alleanza già avutasi dal 1690 al 1696 fra Austria, Inghilterra, Paesi Bassi ed alcuni stati dell'impero tedesco contro la Francia, adesso alleata a Spagna e Baviera. Eugenio, sceso in Italia per prendere la Lombardia, si scontra coll'esercito francese del Maresciallo di Francia Nicolas de Catinat de La Fauconnerie, sconfigge a Carpi d'Adige (dove durante una carica rimane ferito ad un ginocchio) ed a Chiari i francesi e ne blocca i progressi a Luzzara, operando, senza totale successo, anche un'incursione a Cremona.
Nel 1703 Eugenio viene nominato dall'Imperatore Presidente del Consiglio aulico di guerra, per sovrintendere per conto dell'Imperatore stesso a tutta l'amministrazione e la conduzione dell'esercito austriaco. Il 13 agosto 1704, insieme al vecchio e fedele amico inglese John Churchill, I duca di Marlborough (antenato di Winston Churchill che ne sarà anche il biografo), sconfigge le truppe franco-bavaresi a Blindheim - per gli inglesi Blenheim -, sul Danubio superiore. Nominato esecutore del Trattato di Ildesheim, con il quale la Baviera viene sottomessa all'autorità austriaca, dimostra il suo pugno di ferro reprimendo le rivolte dei bavaresi contro le imposte ed i reclutamenti forzati, voluti dall'Imperatore, a Sendling e ad Aidenbach.
Ad aprile 1705 torna in Italia, ove nel frattempo Vittorio Amedeo II di Savoia dal 1703 ha nuovamente cambiato alleati ed è passato alla coalizione imperiale, per liberare il cugino dalla presenza delle truppe francesi.
Sconfitto a Cassano sull'Adda, si rifà a settembre dell'anno successivo, sconfiggendo i francesi sotto Torino, liberando la città dall'assedio delle truppe del duca La Feuillade, che dura sin dai primi giorni di giugno, e di fatto eliminando i francesi dall'Italia.[6]
Nel 1707 compie per pressione degli inglesi un'incursione su Tolone; non prende la città, ma il bombardamento a cui la sottopone è talmente pesante che distrugge completamente la flotta francese del Mediterraneo; poi viene nominato governatore del ducato di Milano, carica che manterrà fino al 1716. L'11 luglio 1708 sconfigge, ancora insieme all'amico John Churchill, I duca di Marlborough, le truppe francesi del Maresciallo di Francia Luigi Giuseppe di Borbone, duca di Vendôme e del duca di Borgogna a Oudenaarde nelle Fiandre, assedia ed espugna la città di Lilla (9 dicembre 1708). L'anno successivo combatte e sconfigge, sempre a fianco dell'amico Duca di Marlborough, i francesi del maresciallo Claude Louis Hector conte di Villars a Malplaquet nei pressi di Mons: una vittoria costata tuttavia all'esercito imperiale molto cara per l'entità delle perdite subite.
1714-1734 |
All'inizio del 1714 conduce le trattative di pace con la Francia (l'Inghilterra e le altre potenze hanno già concluso la pace ad Utrecht l'anno precedente) che porta a termine il 6 marzo 1714 (pace di Rastatt).
Nel 1716 lascia il governatorato del ducato di Milano e diviene governatore dei Paesi Bassi ex spagnoli (fino al 1714), carica che eserciterà per interposta persona da Vienna, fino al 1724, quando venne sostituito dalla sorella dell'imperatore Carlo VI, Maria Elisabetta. I turchi di Ahmed III dichiarano guerra alla Repubblica di Venezia alleata dell'Austria, che viene coinvolta nel conflitto (Seconda guerra di Morea). Violati i patti della pace di Carlowitz, i turchi guidati dal Gran visir Damad Alì Kumurçi, si avvicinano con un esercito di oltre 100.000 uomini alle postazioni di Eugenio nei pressi di Petervaradino e cominciano l'accerchiamento delle truppe austriache, ma Eugenio con una sortita audace ed improvvisa il 5 agosto 1716 li sconfigge pesantemente. Il resto dell'anno lo impiega a sottomettere il Banato e ad espugnare la fortezza di Temesvar (14 ottobre 1716).
L'anno successivo marcia su Belgrado, ancora in mano ai turchi, e il 16 agosto 1717 strappa la città ai turchi dopo un breve assedio, comprensivo di un attacco di sorpresa contro forze numericamente superiori. Il 21 luglio 1718 viene firmata la pace di Passarowitz, con la quale l'Austria ottiene a spese dell'impero Ottomano il Banato, Belgrado e la Serbia settentrionale (Voivodina), la Valacchia ed altri territori circostanti. L'Impero raggiunge così, grazie ad Eugenio di Savoia, la sua massima espansione. Nel 1726 rientra attivamente alla guida della politica estera dell'Impero e conclude nell'agosto 1726 un patto che prevede un'alleanza con Russia e Danimarca. Nell'arco di due anni riesce a staccare la Prussia dalla vicinanza diplomatica ai francesi ed il 23 dicembre 1728 viene firmato il trattato di Berlino che sancisce il riavvicinamento della Prussia all'Austria. Quindi con tenace azione diplomatica riesce ad operare anche un riavvicinamento all'Inghilterra, con la quale viene firmato a marzo 1731 a Vienna un trattato di alleanza.
Scoppiata la guerra di successione polacca (1733), assume nel 1734 il comando supremo del fronte del Reno, ove dà ulteriore prova della sua abilità, riuscendo a bloccare sulla sponda destra del Reno stesso oltre 90.000 francesi, avendo sotto di sé meno di 30.000 imperiali ed alle spalle la minaccia dell'entrata in guerra contro di lui di 50.000 bavaresi. Nelle successive trattative di pace, l'ormai settantenne guerriero e diplomatico non è più coinvolto, anche perché muore nel 1736, due anni prima della firma della pace.
Lernet-Holenia su Eugenio |
L'Enciclopedia Britannica contiene un articolo su Eugenio scritto da Alexander Lernet-Holenia (1897-1976), uno scrittore, drammaturgo e poeta austriaco. Lernet-Holenia scrive:
(EN) «Even as he faced a world of foes before him, he had a world of enemies at his back, nourished by the "hereditary curse" of Austria: slothful souls and thoughtless minds, low intrigue, envy, jealousy, foolishness, and dishonesty. He served three emperors: Leopold I, Joseph I, and Charles VI. Toward the end of his life, Eugene observed that, whereas the first had been a father to him and the second a brother, the third (who was perhaps least worthy of so great a servant) had been a master.» | (IT) «Mentre affrontava un mondo di nemici davanti, aveva un mondo di nemici alla sua schiena, nutriti dalla "maledizione ereditaria" dell'Austria: anime pigre e menti senza pensieri, bassi intrighi, invidia, gelosia, sciocchezza, e disonestà. Servì tre imperatori: Leopoldo I, Giuseppe I, e Carlo VI. Verso la fine della sua vita, Eugenio osservò che, mentre il primo gli fu un padre e il secondo un fratello, il terzo (che era forse il meno degno di un servo così grande) fu un padrone.» |
(Alexander Lernet-Holenia, Encyclopaedia Britannica) |
La residenza e la diplomazia |
Un incarico prestigioso portava molto onore, ma soprattutto molto denaro, specialmente in caso di vittorie. Eugenio di Savoia, partito praticamente da zero, riuscì nel giro degli anni ad accumulare grandi ricchezze.
Eugenio era un amante delle arti e della lettura ed era un appassionato collezionista di libri e quadri: possedeva, alla morte, una collezione di 15.000 volumi, che è tuttora conservata all'Hofburg. Fu un grande appassionato d'architettura e come i suoi cugini piemontesi ordinò e fece costruire numerose residenze, le delizie, tra Vienna e l'Ungheria. La sua residenza ufficiale e certo la più famosa è il Palazzo del Belvedere, una magnifica costruzione, connubio tra barocco italiano e mitteleuropeo: in questa dimora egli riceveva visite diplomatiche e manteneva rapporti epistolari con generali e regnanti di molti stati europei.
In Ungheria, invece, si fece costruire la Villa di Ráckeve, sull'isola di Csepel, nell'attuale Budapest.
Morto senza eredi diretti, i suoi beni passarono alla nipote cinquantaduenne Vittoria, figlia del defunto fratello Luigi Tommaso di Savoia-Soissons, che, diventata improvvisamente ricca, trovò subito marito: il principe Giuseppe Federico di Sassonia-Hildburghausen, di vent'anni più giovane. La coppia si stabilì nel castello di Schlosshof, acquistato da Eugenio nel 1725 e fatto restaurare ed ampliare secondo il progetto dell'architetto Johann Lucas von Hildebrandt. Eugenio considerava tale castello la propria residenza estiva. Separatasi la coppia nel 1744, la suddivisione dei beni vide l'assegnazione della splendida dimora al marito di Vittoria. Parte dell'eredità andò perduta con le alienazioni effettuate dall'erede, ma alla sua morte rimanevano ancora parecchie dimore, che vennero acquistate, insieme ad altri beni mobili annessi, dall'imperatore Francesco I, marito di Maria Teresa d'Austria.
La collezione di quadri fu invece acquistata da Carlo Emanuele III di Savoia, dietro consiglio dell'ambasciatore del Regno di Sardegna a Vienna e una parte è tutt'oggi esposta nella Galleria Sabauda a Torino.
Soprannomi |
Nel corso della sua vita ad Eugenio di Savoia Carignano Soissons vennero dati molti soprannomi, alcuni segno di grande rispetto, altri connessi alla sua pretesa ed infondata omosessualità, voce dovuta più che altro alle affermazioni della Principessa Palatina, che lo odiava intensamente e che parlò di lui nel suo epistolario in termini ovviamente ostili, narrando alcuni aneddoti omosessuali del periodo in cui Eugenio viveva in Francia; va però notato che già la prima biografa della Palatina stessa, Arvéde Barin, scrisse chiaramente che nulla di ciò che la Palatina affermava nelle sue lettere poteva essere preso per buono senza almeno un riscontro documentale, tale ne era l'inaffidabilità e la propensione alla calunnia.
I francesi, di cui Eugenio è stato tutta la vita nemico, ne approfittarono comunque per ingigantire tali voci nel tentativo di screditarlo ma, alla corte asburgica, dove sotto il religiosissimo imperatore Leopoldo in materia non si scherzava affatto, specie ai tempi dell'inizio della carriera quando ancora le sue qualità militari erano del tutto ignote, mai Eugenio sarebbe stato accettato se non avesse avuto una condotta men che perfetta. Fu anche soprannominato Principe Sole, con una non tanto vaga allusione alle voci che lo volevano figlio naturale di Luigi XIV.
Fu chiamato inoltre Marte senza Venere, il suo nomignolo più famoso, non per le sue tendenze sessuali ma per l'essersi tenuto costantemente alla larga dai guai evitando il matrimonio, che per il suo lignaggio e il suo livello diveniva un affare di stato sempre più difficile man mano che passava il tempo. D'altra parte, già alla fine del secolo XVII, aveva provato a sposarsi: la madre gli aveva trovato due possibili mogli in Spagna, entrambe nobilissime e ricchissime, ma era stato Vittorio Amedeo II, nella sua qualità di capo della Casata, a negargli il permesso di sposarsi.
Ad ogni modo, grazie al suo grande aplomb ed alla sua serietà e correttezza di comportamento, fu anche detto der edle Ritter (il nobile cavaliere)[9] e roi des hônnetes gens. Eugenio fu anche insignito dell'Ordine del Toson d'oro da Carlo II di Spagna.
La fine |
Negli ultimi anni della sua vita abitò con la grande amica contessa Eleonore Batthyány, figlia del suo vecchio amico consigliere von Strattmann. Alcuni ipotizzarono anche che la bella contessa ne sia stata l'amante segreta.
Morì nel 1736, nel sonno, dopo aver passato la giornata in consiglio coi ministri e la serata giocando a carte con la contessa; i suoi funerali furono solennemente celebrati a Vienna e a Torino. Una leggenda vuole che la notte della sua morte fosse spirato anche uno dei leoni nel serraglio del suo palazzo.
I funerali viennesi, su richiesta della famiglia imperiale asburgica, vennero celebrati con gli onori di stato e la partecipazione di tutte le cancellerie europee, equiparandolo di fatto ai familiari dell'Imperatore. Carlo VI vi presenziò di persona e definì la sua dipartita una grave perdita per l'Impero. Anche i Savoia, memori del grande aiuto avuto da Eugenio durante l'assedio francese di Torino, tributarono i giusti onori all'illustre membro della loro casata.
Il suo corpo fu tumulato nella cattedrale viennese di Santo Stefano, ed il cuore, per volere dei Savoia, nella cripta della Basilica di Superga. Riguardo appunto al cuore, c'è tuttora un mistero, in quanto si ritiene che sia stato riportato a Vienna, o addirittura che non sia mai stato portato via dall'Austria.
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Sono state battezzate in onore di Eugenio di Savoia quattro diverse navi da guerra da quattro diverse marine.
SMS Prinz Eugen, k.u.k. Kriegsmarine: nave da battaglia classe Viribus Unitis varata nel 1912;
HMS Prince Eugene, Royal Navy: nave tipo monitor classe Lord Clive varata nel 1915;
Eugenio di Savoia, Regia Marina: incrociatore leggero classe Condottieri tipo Duca d'Aosta varato nel 1935;
Prinz Eugen, Kriegsmarine: incrociatore pesante classe Hipper varato nel 1938;
La Kriegsmarine, la marina militare tedesca prebellica, ha onorato in più occasioni la memoria di Eugenio di Savoia, intestandogli almeno due incrociatori, denominati "Prinz-Eugen".
Onorificenze |
Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro | |
Ascendenza |
Eugenio di Savoia | Padre: Eugenio Maurizio di Savoia-Soissons | Nonno paterno: Tommaso Francesco di Savoia | Bisnonno paterno: Carlo Emanuele I di Savoia |
Bisnonna paterna: Caterina Michela d'Asburgo | |||
Nonna paterna: Maria di Borbone-Soissons | Bisnonno paterno: Carlo di Borbone-Soissons | ||
Bisnonna paterna: Anna di Montafià | |||
Madre: Olimpia Mancini | Nonno materno: Michele Lorenzo Mancini | Bisnonno materno: Paolo Mancini | |
Bisnonna materna: Vittoria Capocci | |||
Nonna materna: Geronima Mazarino | Bisnonno materno: Pietro Mazarino | ||
Bisnonna materna: Ortensia Bufalini |
Stemma |
Image | Stemma | |
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Eugenio di Savoia Principe di Carignano, Feldmaresciallo del Sacro Romano Impero, Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro |
Note |
^ W. Oppenheimer, Eugenio di Savoia, Milano 1981, p. 34. Beninteso, l'esilio fu l'unica soluzione che il re le concesse per evitare il processo.
^ Le due citazioni sono tratte da W. Oppenheimer, cit., p. 34
^ W. Oppenheimer, cit., p. 37.
^ Il Principe di Conti, cugino di Eugenio per parte di madre, essendo figlio di Anna Maria Martinozzi, sorella del cardinale Mazarino e zia della mamma di Eugenio, aveva sposato Maria Anna di Borbone-Francia, detta Mademoiselle de Blois, figlia (legittimata) che Luigi XIV aveva avuto dall'amante Luisa Francesca de la Baume Le-Blanc La Vallière, ed era quindi anche genero del re
^ Si trattava del reggimento che già era stato sotto il comando del fratello di Eugenio, Luigi Giulio, deceduto il 13 luglio dello stesso anno a seguito delle ferite riportate pochi giorni prima combattendo i turchi presso Petronell, al comando dello stesso reggimento, denominato pertanto Dragoni di Savoia.
^ ab Alessandro Barbero, Eugenio, il Savoia austriaco che sconfisse l’esercito del Re Sole, in Corriere della Sera. URL consultato il 12 ottobre 2016.
^ In effetti egli andò a sostituire il generale austriaco, di origine italiana, Enea Silvio Caprara, che era stato suo comandante ai tempi della Battaglia della Marsaglia (1693) e che non nutriva per lui alcuna simpatia. Il motivo della sostituzione stava nel fatto che il Caprara non andava appunto d'accordo con Federico Augusto I. La sua nomina fu caldamente raccomandata dal feldmaresciallo conte Ernst Rüdiger von Starhemberg, allora presidente del Consiglio Aulico e quindi voce considerata autorevolissima in materia.
^ A. Petacco, L'ultima crociata, Milano 2007, p. 198
^ Così il primo verso della canzone popolare tedesca Prinz Eugen Lied, comparsa nel 1719 per celebrare la vittoria di Belgrado. La melodia è attualmente la marcia ufficiale dell'Arma di cavalleria dell'Esercito Italiano.
Bibliografia |
- Savòia, Eugenio di, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011. URL consultato il 22 gennaio 2015.
- AA.VV, Principe Eugenio di Savoia (1663-1736) nel 250º anniversario della morte. Atti del Simposio (1986). Ediz. bilingue Italiano-tedesco, Accademia Studi Italo-Tedeschi, Collana dei Simposi, 1988, p. XI-81
- Johnson Cesare, Una possibile "storia medallica" del Principe Eugenio di Savoya Soisson, in Medaglia 18, Milano, 1983.
- Sara Comoglio, "Eugenio di Savoia, condottiero collezionista. Nuovi documenti dagli Archivi Viennesi", in: "Studi Piemontesi", vol. XXXIX, fasc. 1, giugno 2010, p. 18.
- Cornelia Diekamp, La galleria del principe Eugenio di Savoia nel Belvedere Superiore a Vienna. Storia e ricostruzione, in: Gustavo Mola di Nomaglio, Roberto Sandri Giachino e a. (a cura di), Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706 tra spirito europeo e identità regionale, Atti del Convegno, Torino 29-30 settembre 2006, Torino, Centro Studi Piemontesi - Associazione Torino 1706-2006, 2007, vol. II, pp. 741-799. ISBN 978-88-8262-107-0
- Divisione Storica Militare dell'I. e R. Archivio di Guerra Austro-Ungarico di Vienna, Campagne del Principe Eugenio di Savoia, 20 voll., 16 atlanti, Edizione Italiana, Torino 1889 - 1902
- Guidonus Ferrarius, De Rebus gestis Eugenii Principis a Sabaudiae, Roma, 1747;
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- Efisio Giglio-Tos, Liberatione de l'assedio di Torino seguito li 7 settembre 1706 sotto il comando del serenissimo principe Eugenio di Savoia, et di S. A. R. Con la sconfitta dell'esercito gallispano, diretto dal duca d'Orleans nipote del Re XIV et dal duca della Fogliada, genero del signor di Ciamillard segretario di guerra, Tipografia Subalpina, Torino, 1905
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Voci correlate |
- Castello del Belvedere
- Palazzo d'Inverno del Principe Eugenio
- Österreichische Galerie Belvedere
- Principe Eugenio, il nobile cavaliere
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Collegamenti esterni |
Julius Evola, Eugenio di Savoia.
Alfonso Piscitelli, Saggio su Eugenio di Savoia.
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