Partito Repubblicano (Stati Uniti d'America)




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Partito Repubblicano
(EN) Republican Party
Republican Disc.svg
Presidente Ronna Romney McDaniel
Vicepresidente Bob Paduchik
Portavoce Kayleigh McEnany
Stato
Stati Uniti Stati Uniti
Sede 310 First St. SE,
Washington D.C., 20003
Abbreviazione GOP
Fondazione 20 marzo 1854 (164 anni fa)
Ideologia
Moderna


  • Conservatorismo[1]


  • Conservatorismo fiscale[2][3]


  • Conservatorismo liberale[4]


  • Conservatorismo sociale[5][6]


  • Federalismo[7]


  • Liberismo[8]


Fazioni interne




  • Conservatorismo nazionale[9]


  • Libertarianismo[10]


  • Libertarianismo conservatore[11][12]


  • Nazionalismo[13][14]


  • Neoconservatorismo[15]


  • Paleoconservatorismo[16]


  • Populismo di destra[17][18]


Storica




  • Abolizionismo[19][20]


  • Conservatorismo[21]


  • Liberalismo[19]


  • Paleoconservatorismo[22]


  • Progressismo[23]


  • Sistema aureo[24]


Fazioni interne




  • Carpetbagger[25][26]


  • Half-breed[27]


  • Liberali[28][29][30]


  • Moderati[31][32][28]


  • Radicali[33]


  • Rockefeller[34]


  • Scalawag[35][36]


  • Stalwart[37]


Collocazione
Moderna

  • Destra[38][39][40][41][42]

Storica


  • Vedi nota[43]

Partito europeo
Alleanza dei Conservatori e Riformisti Europei (associato regionale)[44]
Affiliazione internazionale Unione Democratica Internazionale[45]
Seggi Camera



197 / 435

Seggi Senato



53 / 100

Seggi Camere statali



2773 / 5411

Seggi Senati statali



1080 / 1972

Organizzazione giovanile
College Republicans
Teen Age Republicans
Young Republicans
Iscritti 32 807 417 (2017)
Colori
     Rosso[46]
Sito web gop.com

Il Partito Repubblicano (in inglese: Republican Party), popolarmente noto come «Grand Old Party» (GOP), è insieme al Partito Democratico uno dei due principali partiti del sistema politico degli Stati Uniti.


Venne fondato nel 1854 per contrastare la temuta espansione nell'Ovest del sistema schiavistico degli Stati meridionali, posizionandosi alla sinistra del Partito Democratico nelle questioni economiche e sociali. Tuttavia nel contesto politico statunitense odierno il Partito Repubblicano è ormai considerato come il partito della destra conservatrice (pur con le sue fazioni interne di centro-destra e della destra cristiana e libertariana) in contrapposizione al Partito Democratico, che è invece diventato il partito liberale (in realtà un'unione del liberalismo sociale e del progressismo).


Perlomeno fino alla scissione del 1912 (con il posizionamento contemporaneo dei Democratici sul fronte di sinistra) e negli anni trenta fino all'avvento del New Deal del Democratico Franklin Delano Roosevelt il Partito Repubblicano era considerato (a livello locale lo rimase per più tempo) un partito più liberale degli avversari (i Democratici del Sud spesso appoggiarono la segregazione razziale). Fu dalla presidenza di Dwight D. Eisenhower in un clima di guerra fredda caratterizzato dall'intensificarsi dell'anticomunismo e dalla presa di distanza dalla politica statalista del New Deal, oltre che il movimento per i diritti civili degli anni sessanta (approvato dal Partito Democratico) e della cosiddetta strategia del Sud che prevedeva una retorica razzista per attirarsi il consenso dei bianchi del Sud, che il partito assunse definitivamente la fisionomia conservatrice moderna. Nel Congresso in carica il Partito Repubblicano dispone della maggioranza dei rappresentanti al Senato, oltre che del presidente Donald Trump.




Indice






  • 1 Struttura


  • 2 Storia


    • 2.1 Fondazione e primi consensi


    • 2.2 Guerra di secessione e predominio Repubblicano


    • 2.3 Era progressista


    • 2.4 Opposizione al New Deal


    • 2.5 Dopoguerra


    • 2.6 Anni di Reagan


    • 2.7 Da Bush a Trump




  • 3 Ideologia


    • 3.1 Correnti interne




  • 4 Comitato nazionale repubblicano


    • 4.1 Presidenti del comitato nazionale




  • 5 Storia elettorale


    • 5.1 Nelle elezioni congressuali


    • 5.2 Nelle elezioni presidenziali




  • 6 Membri del Partito Repubblicano presidenti degli Stati Uniti


    • 6.1 Galleria d'immagini




  • 7 Note


  • 8 Bibliografia


  • 9 Voci correlate


  • 10 Altri progetti





Struttura |




L'elefantino Repubblicano in una statua di propaganda elettorale


Come è tipico dei partiti politici degli Stati Uniti, il Partito Repubblicano non ha forme di iscrizione a livello nazionale e l'unica forma riconosciuta di adesione è quindi una dichiarazione di appartenenza (non vincolante) ai Democratici, ai Repubblicani oppure come indipendente all'atto della registrazione per il voto (che negli Stati Uniti avviene solo su richiesta). Tale dichiarazione in alcuni Stati federati è necessaria per la partecipazione alle primarie di partito (primarie chiuse).


A livello locale il Partito Repubblicano ha comunque partiti affiliati (uno per ogni Stato federato), ciascuno dei quali può prevedere forme di adesione di vario tipo, ma in generale l'appartenenza a un partito comporta obblighi meno stringenti rispetto ai partiti politici europei. L'unico organismo centrale al vertice del partito è il Comitato nazionale Repubblicano, che non ha però il compito di fissazione del programma o di controllo dell'operato degli eletti, bensì quello di raccolta fondi e di coordinamento delle campagne elettorali nazionali e può appoggiare ufficialmente la campagna elettorale di un candidato, ma non ha la possibilità di selezionare le candidature.


Il simbolo tradizionale del Partito Repubblicano è il cosiddetto elefantino con i colori nazionali statunitensi.



Storia |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Partito Repubblicano (Stati Uniti d'America).


Fondazione e primi consensi |


Il partito fu fondato il 20 marzo 1854[47] da ex esponenti dei Whig e del Suolo Libero nonché militanti di preesistenti movimenti antischiavisti che si unirono per dare vita a un raggruppamento in grado di opporsi all'allora in governo Partito Democratico. Il primo raduno in cui si propose di costituire un nuovo partito si tenne il 28 febbraio 1854 a Ripon (nel Wisconsin), mentre la prima manifestazione ufficiale del partito avvenne il 6 luglio a Jackson (nel Michigan).[48] Entrambe le località si trovano nel Stati Uniti medio-occidentali (Midwest) e proprio questa regione fu la prima base elettorale dei Repubblicani in quanto popolata prevalentemente da agricoltori indipendenti, che guardavano con preoccupazione alle mire espansionistiche dei grandi proprietari di schiavi del Sud in direzione dei territori dell'Ovest, da poco aperti alla colonizzazione. Successivamente ottennero consensi anche tra i ceti industriali presenti nel Stati Uniti nord-orientali, anch'essi divisi dai grandi latifondisti del Sud per ragioni economiche. Inoltre il partito ebbe l'adesione dei membri di varie chiese protestanti, contrari allo schiavismo per ragioni morali. Il primo candidato Repubblicano alle elezioni presidenziali fu John Charles Frémont, che in quelle del 1856 ottenne il 33% dei voti: troppo poco per essere eletto come presidente, ma sufficiente per dare al partito lo stato di maggiore rivale dei Democratici in una fase di trasformazione del sistema politico statunitense.



Guerra di secessione e predominio Repubblicano |


La candidatura di Abraham Lincoln alle elezioni presidenziali del 1860 ebbe successo con il 40% dei voti grazie alla spaccatura tra i Democratici del Nord e del Sud, che presentarono due candidati contrapposti. Il partito era composto da una fazione conservatrice guidata da Francis Preston Blair, una liberale con Lincoln e una radicale con a capo Thaddeus Stevens. Lincoln quindi fu il primo presidente Repubblicano (il partito si fregia infatti del titolo di «partito di Lincoln») e si trovò ad affrontare la secessione degli Stati del Sud e la guerra che ne seguì.





Abraham Lincoln


Lincoln vinse anche le elezioni presidenziali del 1864 tenutesi solo nel Nord e nelle quali ebbe l'appoggio di una parte dei Democratici nel nome dell'unità nazionale e il 55% dei voti. Dopo la guerra nella fase detta della Ricostruzione egemonizzò il sistema politico dato il discredito dei Democratici, considerati da molti come i responsabili della guerra.





Ulysses S. Grant


La presidenza del generale Ulysses S. Grant (eletto nel 1868) fu caratterizzata da un forte ricorso al patronaggio e una parte dei Repubblicani contestarono il presidente, accusando di favorire in tal modo la corruzione attraverso la promozione dell'appartenenza al partito anziché della competenza dei funzionari. Grant fu comunque rieletto alle elezioni presidenziali del 1872. Una volta conclusasi la fase di occupazione militare nel Sud i Repubblicani finirono col rinunciare a proteggere gli ex schiavi neri liberati, che quindi non poterono godere di un reale riconoscimento di pieni diritti civili e politici, ma nel 1872 i primi senatori e deputati di colore erano Repubblicani.


I Repubblicani vinsero anche le elezioni presidenziali del 1876 e quelle del 1880, mantenendo una posizione favorevole agli interessi dell'industria del Nord, con il sostegno al sistema aureo, a politiche protezioniste in fatto di commercio internazionale e finanziamenti pubblici e leggi di favore per università e infrastrutture ferroviarie. Sconfitti alle elezioni presidenziali del 1884 per la prima volta da un quarto di secolo dal Democratico Grover Cleveland, i Repubblicani tornarono al governo con le elezioni presidenziali del 1888.


Nel 1890 i Repubblicani fecero passare la prima legge antimonopolio, ma l'introduzione di una forte tariffa protezionistica favorì una nuova vittoria di Cleveland alle elezioni presidenziali del 1892. I consensi dei Democratici furono però indeboliti da una grave crisi economica scoppiata nel 1893, confermando in molti la reputazione dei Repubblicani come unico partito in grado di favorire l'industria.


A parte il caso particolare del Sud nel quale il Partito Repubblicano era praticamente inesistente, nel resto degli Stati Uniti le divergenze tra i due grandi partiti erano comunque legate, oltre che alle scelte di politica economica (con i Repubblicani tendenzialmente protezionisti e i Democratici favorevoli al libero commercio), all'appartenenza etnica e religiosa degli elettori. I Repubblicani tendevano infatti a essere protestanti provenienti dalla Gran Bretagna o dalla Scandinavia (tra i quali erano forti le posizioni dei proibizionisti) mentre gli immigrati cattolici irlandesi e italiani e gli immigrati tedeschi erano prevalentemente Democratici.



Era progressista |





Theodore Roosevelt


La crisi economica del 1893 consentì al Repubblicano William McKinley di vincere le elezioni presidenziali del 1896 con il 51% dei voti, un risultato che fu una svolta nella storia politica degli Stati Uniti in quanto segnò un periodo di netta prevalenza di consensi per il Partito Repubblicano. McKinley affrontò la crisi economica puntando sui tradizionali temi dei Repubblicani: protezionismo e sistema aureo.


Rieletto nel 1900, McKinley fu ucciso da un anarchico l'anno seguente e sostituito alla presidenza dal vicepresidente Theodore Roosevelt, che si caratterizzò per l'ampio ricorso alla legge antimonopolio del 1890 che fin lì aveva trovato poca applicazione, venendo confermato alle elezioni presidenziali del 1904. Roosevelt lasciò il posto nelle elezioni presidenziali del 1908 a William Howard Taft, ma in quelle del 1912 decise di ricandidarsi come capo politico della sinistra dei Repubblicani. Il vertice del partito ricandidò Taft e Roosevelt si presentò come Progressista, con il voto Repubblicano che si trovò così spaccato in due.


Dopo la vittoria del Democratico Wilson alle elezioni presidenziali del 1920 il Repubblicano Warren G. Harding vinse con il 60% dei voti con una campagna critica nei confronti della Società delle Nazioni e per il ritorno al protezionismo e a una politica favorevole agli interessi della grande industria. Tuttavia Harding morì nel 1923 mentre la sua amministrazione era colpita da accuse di corruzione e fu quindi sostituito dal vicepresidente Calvin Coolidge. Coolidge venne confermato nelle elezioni presidenziali del 1924 con il 54% dei voti mentre i Repubblicani Progressisti presentarono una candidatura autonoma con a capo Robert La Follette che ottenne il 17%.


Coolidge non si ripresentò alle elezioni presidenziali del 1928 e venne eletto Herbert Hoover con il 58%. Proprio sotto Hoover però si verificò il grande crollo di Wall Street del 1929, cui fece seguito la grande depressione, che segnò una grande svolta nella storia politica degli Stati Uniti. Infatti il Partito Democratico ottenne la presidenza alle elezioni presidenziali del 1932 con Franklin Delano Roosevelt (lontano cugino del presidente Theodore Roosevelt) ed egemonizzò il sistema politico per circa trent'anni. Il voto delle grandi città si spostò massicciamente verso i Democratici, così come quello degli afroamericani, che dalla fine della guerra di secessione votavano tradizionalmente per i Repubblicani.



Opposizione al New Deal |


Entrato in carica nel 1933, Roosevelt presentò una serie di riforme incentrate sull'ampliamento dell'intervento pubblico nell'economia, il cosiddetto New Deal (nuovo corso).


Il consenso di queste misure fu mostrato dal trionfo Democratico alle elezioni intermedie del 1934. La seconda fase del New Deal provocò una divisione in entrambi i partiti, in quanto una minoranza di Repubblicani era sostanzialmente favorevole, mentre una parte dei Democratici del Sud si avvicinò alle posizioni dei Repubblicani conservatori guidati da Robert Taft (figlio dell'ex presidente William Howard Taft).


Di conseguenza sebbene i Democratici avessero la maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti sia al Senato, in pratica dal 1937 fino al 1964 il Congresso fu controllato da una maggioranza di fatto conservatrice.



Dopoguerra |





Dwight D. Eisenhower





Richard Nixon


Dopo la seconda guerra mondiale e la morte di Roosevelt i Repubblicani riconquistarono il Congresso nel 1946 con una campagna elettorale volta a ridurre il potere dei sindacati. Tuttavia solamente alle elezioni presidenziali del 1952 i Repubblicani riguadagnarono la presidenza con l'ex generale Dwight D. Eisenhower, il quale comunque mantenne sostanzialmente il New Deal e si schierò a favore di una politica attiva sulla scena internazionale contro l'isolazionismo di molti Repubblicani. Dopo avere rivinto le elezioni presidenziali del 1956 i Repubblicani attesero quelle del 1968 per riottenere la presidenza con Richard Nixon, già vicepresidente con Eisenhower. Affossato dallo scandalo Watergate, Nixon fu costretto a dimettersi nel 1974 e a lasciare la presidenza a Gerald Ford, sconfitto elezioni presidenziali del 1976.


Alle elezioni presidenziali del 1980 Ronald Reagan riportò una netta vittoria da parte del Partito Repubblicano. Questo risultato provocò una svolta nel Partito Repubblicano in quanto mise definitivamente in minoranza la corrente dei moderati, tendenzialmente favorevoli al New Deal e contrari a tagli alle tasse che potessero provocare debito nel bilancio pubblico.


La vittoria di Reagan fu dovuta anche al completamento di un processo di spostamento dell'elettorato iniziato nei decenni precedenti che vide da una parte il passaggio di voti dal Partito Democratico al Partito Repubblicano nel Sud e dall'altra uno spostamento dal Partito Repubblicani al Partito Democratico nel Nordest del Paese.



Anni di Reagan |





Ronald Reagan


L'elezione di Reagan nel 1980 fu l'inizio di un profondo mutamento nel comportamento elettorale degli statunitensi e nei programmi politici Repubblicani, che portò a uno spostamento di settori della classe operaia e del ceto medio bianco, nazionalista e timoroso di riforme troppo liberali nel settore dei diritti civili, a favore dei Repubblicani (i cosiddetti Democratici di Reagan).


Peraltro molte delle riforme di Reagan furono appoggiate al Congresso da molti deputati e senatori Democratici. La prima ampia vittoria di Reagan nel 1980 fu seguita da una seconda e ancora più ampia vittoria alle elezioni presidenziali del 1984, dove Reagan prevalse in 49 Stati federati su 50 (gli sfuggì solo il Minnesota, lo Stato natale dello sfidante, il Democratico Walter Mondale).





George H. W. Bush


In campo economico l'era reaganiana si caratterizzò per il successo nella riduzione dell'inflazione e nel secondo mandato una buona crescita del prodotto interno lordo (a fronte di un notevole incremento del debito di bilancio e commerciale). In politica estera Reagan scelse la linea dura nei confronti del blocco sovietico e fortemente interventista in Sud America, ma al tempo stesso instaurò un rapporto di collaborazione con il capo sovietico Michail Gorbačëv. Con il successore di Reagan, George H. W. Bush, la guerra fredda terminò con la vittoria degli Stati Uniti.


Alle elezioni presidenziali del 1992 fu eletto presidente il Democratico Bill Clinton, ma nelle elezioni di metà mandato del 1994 i Repubblicani conquistarono la maggioranza in entrambi rami del Congresso per la prima volta dal 1954 grazie all'efficace campagna guidata dal presidente del partito alla Camera Newt Gingrich e caratterizzata da un programma definito Contratto con l'America che conteneva in campo economico idee ispirate alla scuola dell'economia dell'offerta (supply-side economics), ossia meno tasse e meno regolamentazione.


I Repubblicani mantennero la doppia maggioranza fino al 2006 (tranne che nel 2001 e 2002 al Senato), ma Clinton fu rieletto alle elezioni presidenziali del 1996.



Da Bush a Trump |





George W. Bush


Alle elezioni presidenziali del 2000 fu eletto George W. Bush (figlio di George H. W. Bush), rappresentante del conservatorismo sociale e sostenitore degli alti valori morali del cristianesimo statunitense, soprattutto nella sua componente evangelica. Gli attentati dell'11 settembre spinsero Bush a porre l'accento soprattutto sui temi di politica estera con la cosiddetta guerra al terrorismo globale, il concetto di guerra preventiva e il rafforzamento del potere esecutivo in nome della difesa della sicurezza nazionale. Alle elezioni presidenziali del 2004 Bush fu confermato alla presidenza, ma nella elezioni di metà mandato del 2006 il partito perse il controllo di entrambi rami del Congresso. Alle elezioni presidenziali del 2008 il candidato Repubblicano John McCain, senatore dell'Arizona presentatosi con la governatrice dell'Alaska Sarah Palin come vice presidente, fu sconfitto da Barack Obama (46% contro il 53% dei voti popolari e 173 grandi elettori contro i 365 di Obama).


Battuti da Obama, primo presidente statunitense afroamericano eletto, i Repubblicani furono spinti dal nuovo movimento protestatario originato dal basso (il Tea Party), contrario sia alle misure economiche intraprese dall'amministrazione Obama e soprattutto alla contestatissima riforma sanitaria, vincendo alcune elezioni parziali già nel 2009, tra cui la carica di governatore della Virginia con Bob McDonnell e il seggio vacante, occupato per decenni da Ted Kennedy, come senatore del Massachusetts (uno Stato storicamente a maggioranza Democratica) con Scott Brown nel gennaio 2010. Questi successi anticiparono il trionfo delle elezioni di metà mandato del 2010, consentendo tra l'altro ai Repubblicani la riconquista della maggioranza alla Camera e di molte importanti cariche a livello statale, con dimensioni che il Partito Repubblicano non aveva più conosciuto dai tempi del New Deal. Nonostante tali successi, il Partito Repubblicano subì una nuova sconfitta alle elezioni presidenziali del 2012 in cui il presidente uscente Obama batté la coppia Repubblicana Mitt Romney-Paul Ryan con il 51% dei voti contro il 47,2% e 302 grandi elettori contro 206.





Donald Trump


In vista delle elezioni presidenziali del 2016 il miliardario newyorchese Donald Trump, senza avere mai ricoperto alcuna carica politica, si è imposto inaspettatamente dopo aver eliminato alle primarie sedici candidati. Con lo slogan «Make America Great Again!» («Facciamo tornare grande l'America!») il programma economico è centrato sul messaggio del declino economico e commerciale degli Stati Uniti e denuncia come scelte sbagliate la politica estera delle amministrazioni Obama e Bush, soprattutto nel caos in cui versa il Medio Oriente dopo le guerre in Iraq e Libia e l'affermazione del califfato islamico. Il duo Repubblicano formato da Trump e dal suo candidato come vicepresidente Mike Pence, governatore dell'Indiana, ha sconfitto quello Democratico formato dall'ex Segretario di Stato Hillary Clinton e Tim Kaine, Senatore della Virginia. Aggiudicandosi 306 grandi elettori contro i 232 della sconfitta Clinton, Trump ha conquistato Stati dei Grandi Laghi come il Wisconsin (prima vittoria dal 1984 per un candidato Repubblicano), la Pennsylvania e il Michigan (entrambi prima vittoria dal 1988 per i Repubblicani), pur perdendo il voto popolare complessivo per più di due milioni. Il Partito Repubblicano è così tornato alla Casa Bianca dopo otto anni, mantenendo il controllo sia della Camera sia del Senato, estendendo inoltre il controllo della maggioranza dei governatorati e delle legislature statali (68 delle 98 assemblee sono a maggioranza Repubblicana). Mai dal 1928 il Partito Repubblicano aveva concentrato tanto potere a livello statale e federale, ma nelle elezioni di metà mandato del 2018 ha perso il controllo della Camera (42 seggi in meno rispetto al precedente Congresso) e sei governatori, pur aumentando la maggioranza in Senato di un seggio, la prima volta dal 2002 che i Repubblicani guadagnano seggi al Senato con il presidente in carica anch'esso Republicano.



Ideologia |


Storicamente il partito era stato fondato per contrastare la temuta espansione nell'Ovest del sistema schiavistico degli Stati meridionali Democratici, quindi era inizialmente più liberale di quello Democratico, adottando una politica abolizionista e liberale (nel senso classico del termine), con anche alcune sue correnti più radicali. Tuttavia il partito si è spostato sempre più a destra sin dai primi decenni del ventesimo secolo, criticando il New Deal e diventando il partito conservatore moderno. Nonostante posizioni a volte discordanti il partito moderno esprime infatti una linea sostanzialmente unitaria e i suoi valori rispecchiano una coerente e variegata impostazione conservatrice, riconducibile alle sue fazioni interne.[49][50][51]


In ambito economico si riscontra ormai la consapevolezza che il libero mercato, la libertà d'impresa e la deregolazione siano gli unici fondamenti per una vera prosperità economica. Sulla base di tali posizioni c'è l'opposizione alle politiche da parte di Barack Obama, attuate tra il 2009 e il 2017 e considerate assistenzialiste. Alcuni suoi autorevoli membri, tra i quali Paul Ryan, presidente della Camera dei rappresentanti, propongono inoltre l'abolizione delle tasse sul guadagno in conto capitale, quella riguardante l'imposta sul reddito delle società e la privatizzazione di Medicare. Le opinioni in materia di matrimoni omosessuali, aborto, eutanasia e antiproibizionismo riflettono un'impostazione di matrice conservatrice e della destra religiosa statunitense, sempre più presente all'interno del partito.



Correnti interne |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Correnti del Partito Repubblicano (Stati Uniti d'America).


  • Estremisti e tradizionalisti: gli estremisti rappresentano l'ala di estrema destra del partito. Sono indicati con il nome di Tea Party e si distinguono per un marcato populismo e un orientamento conservatore radicale in ambito fiscale, economico, religioso, ambientale e sociale. I tradizionalisti sono una delle correnti più antiche del conservatorismo, risalenti al nuovo umanesimo di Irving Babbitt e Paul Elmer More, gli agrari del Sud, T. S. Eliot, il distributismo britannico e i primi neoconservatori.

  • Neoconservatori e paleoconservatori: rappresentano l'ala destra del partito. I neoconservatori sono a favore di una politica estera interventista, comprendendo anche l'azione militare preventiva contro precise nazioni nemiche in alcune circostanze. Molti di loro erano inizialmente legati al Partito Democratico o erano visti come liberali, ma sono ritenuti artefici della conversione dei Repubblicani a una più attiva politica estera, essendo propensi ad azioni d'attacco unilaterali con l'intento di esportare democrazia. I paleoconservatori sono tradizionalisti con una forte diffidenza delle strutture di governo, che considerano uno Stato manageriale, oltre alle moderne ideologie. In genere sono conservatori sulle questioni sociali (porto d'armi, uso di droghe, multiculturalismo e immigrazione illegale), ma al contrario dei neoconservatori sono anche a favore del protezionismo e di una politica estera non-interventista.

  • Moderati: sono noti per essere fiscalmente conservatori e socialmente liberali, oppure socialmente conservatori e fiscalmente centristi.

  • Libertariani: rappresentano la parte libertariana del partito enfatizzando il libero mercato e minori controlli sulla società. Come i conservatori fiscali si oppongono alle spese governative, alle regolamentazioni e alle tasse, ma a differenza di altri membri del partito (soprattutto i conservatori sociali) sono a favore dei diritti dei gay, della ricerca sulle cellule staminali e dell'aborto, oltre alle privatizzazioni e del libero scambio.



Comitato nazionale repubblicano |


Il Comitato nazionale repubblicano (Republican National Committee) è l'organo politico di direzione. È responsabile dello sviluppo e della promozione della piattaforma programmatica, coordina la raccolta fondi e la strategia elettorale e organizza il comitato nazionale.



Presidenti del comitato nazionale |





Ronna Romney McDaniel, presidente in carica del Comitato nazionale repubblicano































































































































































































































































































































































































































































































N.
Nome
Periodo
Stato[52]
Note[53]
1 Edwin D. Morgan 1856–1864 New York
2 Henry J. Raymond 1864–1866 New York
3 Marcus L. Ward 1866–1868 New Jersey
4 William Claflin 1868–1872 Massachusetts
5 Edwin D. Morgan 1872–1876 New York Secondo mandato
6 Zachariah Chandler 1876–1879 Michigan
7 James Donald Cameron 1879–1880 Pennsylvania
8 Marshall Jewell 1880–1883 Connecticut
9 Dwight M. Sabin 1883–1884 Minnesota
10 Benjamin F. Jones 1884–1888 New Jersey
11 Matthew S. Quay 1888–1891 Pennsylvania
12 James S. Clarkson 1891–1892 Iowa
13 William J. Campbell 1892 Illinois Eletto nel giugno 1892, vi rinuncia a luglio
14 Thomas H. Carter 1892–1896 Montana
15 Marcus A. Hanna 1896–1904 Ohio
16 Henry Clay Payne 1904 Wisconsin
17 George Bruce Cortelyou 1904–1907 New York
18 Harry S. New 1907–1908 Indiana
19 Frank Harris Hitchcock 1908–1909 Ohio
20 John Fremont Hill 1909–1912 Maine
21 Victor Rosewater 1912 Nebraska
22 Charles D. Hilles 1912–1916 New York
23 William R. Wilcox 1916–1918 New York
24 William Harrison Hays 1918–1921 Indiana
25 John T. Adams 1921–1924 Iowa
26 William M. Butler 1924–1928 Massachusetts
27 Hubert Work 1928–1929 Colorado
28 Claudius H. Huston 1929–1930 Tennessee
29 Simeon D. Fess 1930-1932 Ohio
30 Everett Sanders 1932–1934 Indiana
31 Henry P. Fletcher 1934–1936 Pennsylvania
32 John D. M. Hamilton 1936–1940 Kansas
33 Joseph W. Martin Jr. 1940–1942 Massachusetts
34 Harrison E. Spangler 1942–1944 Iowa
35 Herbert Brownell 1944–1946 New York
36 Carroll Reece 1946–1948 Tennessee
37 Hugh D. Scott Jr. 1948–1949 Pennsylvania
38 Guy G. Gabrielson 1949–1952 New Jersey
39 Arthur E. Summerfield 1952–1953 Michigan
40 Wesley Roberts 1953 Kansas
41 Leonard W. Hall 1953–1957 New York
42 Meade Alcorn 1957–1959 Connecticut
43 Thruston B. Morton 1959–1961 Kentucky
44 William E. Miller 1961–1964 New York
45 Dean Burch 1964–1965 Arizona
46 Ray C. Bliss 1965–1969 Ohio
47 Rogers C. B. Morton 1969–1971 Maryland
48 Bob Dole 1971–1973 Kansas
49 George H. W. Bush 1973–1974 Texas
50 Mary Louise Smith 1974–1977 Iowa Prima donna presidente
51 William E. Brock III 1977–1981 Tennessee
52 Richard Richards 1981–1983 Utah
53 Frank J. Fahrenkopf Jr. 1983–1989 Nevada Insieme a Paul Laxalt fino al 1987
54 Lee Atwater 1989–1991 Carolina del Sud
55 Clayton Keith Yeutter 1991–1992 Nebraska
56 Richard Bond 1992–1993 Missouri
57 Haley Barbour 1993–1997 Mississippi
58 Jim Nicholson 1997–2001 Colorado
59 Jim Gilmore 2001–2002 Virginia
60 Marc Racicot 2002–2003 Montana
61 Ed Gillespie 2003–2005 Virginia
62 Ken Mehlman 2005–2007 Washington
63 Mel Martinez 2007 Florida
63 Mike Duncan 2007–2009 Kentucky
64 Michael Steele 2009–2011 Maryland Primo afroamericano eletto presidente
65 Reince Priebus 2011–2017 Wisconsin
66 Ronna Romney McDaniel 2017–in carica Michigan


Storia elettorale |



Nelle elezioni congressuali |























































































































































































































































































































Camera dei rappresentanti

Presidente

Senato
Anno
Seggi
+/–
Seggi
+/–
Anno

1950




199 / 435



Green Arrow Up.svg 28

Harry Truman




47 / 96



Green Arrow Up.svg 5

1950

1952




221 / 435



Green Arrow Up.svg 22

Dwight D. Eisenhower




49 / 96



Green Arrow Up.svg 2

1952

1954




203 / 435



Red Arrow Down.svg 18




47 / 96



Red Arrow Down.svg 2

1954

1956




201 / 435



Red Arrow Down.svg 2




47 / 96



Straight Line Steady.svg 0

1956

1958




153 / 435



Red Arrow Down.svg 48




34 / 98



Red Arrow Down.svg 13

1958

1960




175 / 435



Green Arrow Up.svg 22

John Fitzgerald Kennedy




35 / 100



Green Arrow Up.svg 1

1960

1962




176 / 435



Green Arrow Up.svg 1




34 / 100



Red Arrow Down.svg 1

1962

1964




140 / 435



Red Arrow Down.svg 36

Lyndon B. Johnson




32 / 100



Red Arrow Down.svg 2

1964

1966




187 / 435



Green Arrow Up.svg 47




38 / 100



Green Arrow Up.svg 6

1966

1968




192 / 435



Green Arrow Up.svg 5

Richard Nixon




42 / 100



Green Arrow Up.svg 4

1968

1970




180 / 435



Red Arrow Down.svg 12




44 / 100



Green Arrow Up.svg 2

1970

1972




192 / 435



Green Arrow Up.svg 12




41 / 100



Red Arrow Down.svg 3

1972

1974




144 / 435



Red Arrow Down.svg 48

Gerald Ford




38 / 100



Red Arrow Down.svg 3

1974

1976




143 / 435



Red Arrow Down.svg 1

Jimmy Carter




38 / 100



Straight Line Steady.svg 0

1976

1978




158 / 435



Green Arrow Up.svg 15




41 / 100



Green Arrow Up.svg 3

1978

1980




192 / 435



Green Arrow Up.svg 34

Ronald Reagan




53 / 100



Green Arrow Up.svg 12

1980

1982




166 / 435



Red Arrow Down.svg 26




54 / 100



Green Arrow Up.svg 1

1982

1984




182 / 435



Green Arrow Up.svg 16




53 / 100



Red Arrow Down.svg 1

1984

1986




177 / 435



Red Arrow Down.svg 5




46 / 100



Red Arrow Down.svg 7

1986

1988




175 / 435



Red Arrow Down.svg 2

George H. W. Bush




45 / 100



Red Arrow Down.svg 1

1988

1990




167 / 435



Red Arrow Down.svg 8




44 / 100



Red Arrow Down.svg 1

1990

1992




176 / 435



Green Arrow Up.svg 9

Bill Clinton




43 / 100



Red Arrow Down.svg 1

1992

1994




230 / 435



Green Arrow Up.svg 54




52 / 100



Green Arrow Up.svg 9

1994

1996




227 / 435



Red Arrow Down.svg 3




55 / 100



Green Arrow Up.svg 3

1996

1998




223 / 435



Red Arrow Down.svg 4




55 / 100



Straight Line Steady.svg 0

1998

2000




221 / 435



Red Arrow Down.svg 2

George W. Bush




50 / 100



Red Arrow Down.svg 5[54]

2000

2002




229 / 435



Green Arrow Up.svg 7




51 / 100



Green Arrow Up.svg 1

2002

2004




232 / 435



Green Arrow Up.svg 3




55 / 100



Green Arrow Up.svg 4

2004

2006




202 / 435



Red Arrow Down.svg 30




49 / 100



Red Arrow Down.svg 6

2006

2008




178 / 435



Red Arrow Down.svg 24

Barack Obama




41 / 100



Red Arrow Down.svg 8

2008

2010




242 / 435



Green Arrow Up.svg 64




47 / 100



Green Arrow Up.svg 6

2010

2012




234 / 435



Red Arrow Down.svg 8




45 / 100



Red Arrow Down.svg 2

2012

2014




247 / 435



Green Arrow Up.svg 13




54 / 100



Green Arrow Up.svg 9

2014

2016




241 / 435



Red Arrow Down.svg 6

Donald Trump




52 / 100



Red Arrow Down.svg 2

2016

2018




199 / 435



Red Arrow Down.svg 42




53 / 100



Green Arrow Up.svg 1

2018


Nelle elezioni presidenziali |







































































































































































































































































































































































































































Anno
Candidato
Voti
%
Voti elettorali
%
+/–
Risultato

1856

John Charles Frémont
1 342 345
33,11




114 / 296


38,51

Green Arrow Up.svg 114
Sconfitta

1860

Abraham Lincoln
1 865 908
39,82




180 / 303


59,41

Green Arrow Up.svg 66
Vittoria

1864

Abraham Lincoln
2 218 388
55,03




212 / 233


91,63

Green Arrow Up.svg 32
Vittoria

1868

Ulysses S. Grant
3 013 421
52,66




214 / 294


72,79

Green Arrow Up.svg 2
Vittoria

1872

Ulysses S. Grant
3 598 235
55,58




286 / 352


81,25

Green Arrow Up.svg 72
Vittoria

1876

Rutherford Hayes
4 034 142
47,92




185 / 369


50,14

Red Arrow Down.svg 134
Vittoria[55]

1880

James A. Garfield
4 454 443
48,32




214 / 369


57,99

Green Arrow Up.svg 29
Vittoria

1884

James Blaine
4 856 905
48,28




182 / 401


45,39

Red Arrow Down.svg 32
Sconfitta

1888

Benjamin Harrison
5 443 892
47,80




233 / 401


58,10

Green Arrow Up.svg 51
Vittoria[56]

1892

Benjamin Harrison
5 176 108
43,01




145 / 444


32,66

Red Arrow Down.svg 88
Sconfitta

1896

William McKinley
7 111 607
51,02




271 / 447


60,63

Green Arrow Up.svg 126
Vittoria

1900

William McKinley
7 228 864
51,64




292 / 447


65,32

Green Arrow Up.svg 21
Vittoria

1904

Theodore Roosevelt
7 630 457
56,42




336 / 476


70,59

Green Arrow Up.svg 44
Vittoria

1908

William Howard Taft
7 678 395
51,57




321 / 483


66,46

Red Arrow Down.svg 15
Vittoria

1912

William Howard Taft
3 486 242
23,17




8 / 531


1,51

Red Arrow Down.svg 313
Sconfitta

1916

Charles Evans Hughes
8 548 728
46,12




254 / 531


47,83

Green Arrow Up.svg 246
Sconfitta

1920

Warren G. Harding
16 144 093
60,32




404 / 531


76,08

Green Arrow Up.svg 150
Vittoria

1924

Calvin Coolidge
15 723 789
54,04




382 / 531


71,94

Red Arrow Down.svg 22
Vittoria

1928

Herbert Hoover
21 427 123
58,21




444 / 531


83,63

Green Arrow Up.svg 62
Vittoria

1932

Herbert Hoover
15 761 254
39,65




59 / 531


11,11

Red Arrow Down.svg 385
Sconfitta

1936

Alf Landon
16 679 543
36,54




8 / 531


1,51

Red Arrow Down.svg 51
Sconfitta

1940

Wendell Willkie
22 347 744
44,78




82 / 531


15,44

Green Arrow Up.svg 74
Sconfitta

1944

Thomas Dewey
22 017 929
45,89




99 / 531


18,64

Green Arrow Up.svg 17
Sconfitta

1948

Thomas Dewey
21 991 292
45,07




189 / 531


35,59

Green Arrow Up.svg 90
Sconfitta

1952

Dwight D. Eisenhower
34 075 529
55,18




442 / 531


83,24

Green Arrow Up.svg 253
Vittoria

1956

Dwight D. Eisenhower
35 579 180
57,37




457 / 531


86,06

Green Arrow Up.svg 15
Vittoria

1960

Richard Nixon
34 108 157
49,55




219 / 537


40,78

Red Arrow Down.svg 238
Sconfitta

1964

Barry Goldwater
27 175 754
38,47




52 / 538


9,67

Red Arrow Down.svg 167
Sconfitta

1968

Richard Nixon
31 783 783
43,42




301 / 538


55,95

Green Arrow Up.svg 249
Vittoria

1972

Richard Nixon
47 168 710
60,67




520 / 538


96,65

Green Arrow Up.svg 219
Vittoria

1976

Gerald Ford
38 148 634
48,02




240 / 538


44,61

Red Arrow Down.svg 280
Sconfitta

1980

Ronald Reagan
43 903 230
50,75




489 / 538


90,89

Green Arrow Up.svg 249
Vittoria

1984

Ronald Reagan
54 455 472
58,77




525 / 538


97,58

Green Arrow Up.svg 36
Vittoria

1988

George H. W. Bush
48 886 097
53,37




426 / 538


79,18

Red Arrow Down.svg 99
Vittoria

1992

George H. W. Bush
39 104 550
37,45




168 / 538


31,23

Red Arrow Down.svg 258
Sconfitta

1996

Bob Dole
39 197 469
40,71




159 / 538


29,55

Red Arrow Down.svg 9
Sconfitta

2000

George W. Bush
50 456 002
47,87




271 / 538


50,37

Green Arrow Up.svg 112
Vittoria[57]

2004

George W. Bush
62 040 610
50,73




286 / 538


53,16

Green Arrow Up.svg 15
Vittoria

2008

John McCain
59 948 323
45,65




173 / 538


32,16

Red Arrow Down.svg 113
Sconfitta

2012

Mitt Romney
60 933 500
47,20




206 / 538


38,29

Green Arrow Up.svg 33
Sconfitta

2016

Donald Trump
62 984 828
46,09




304 / 538


56,51

Green Arrow Up.svg 98
Vittoria[58]


Membri del Partito Repubblicano presidenti degli Stati Uniti |




  1. Abraham Lincoln (1861–1865)


  2. Ulysses S. Grant (1869–1877)


  3. Rutherford Hayes (1877–1881)


  4. James A. Garfield (1881)


  5. Chester Alan Arthur (1881–1885) – non eletto, subentra a Garfield come presidente


  6. Benjamin Harrison (1889–1893)


  7. William McKinley (1897–1901)


  8. Theodore Roosevelt (1901–1909)


  9. William Howard Taft (1909–1913)


  10. Warren G. Harding (1921–1923)


  11. Calvin Coolidge (1923–1929)


  12. Herbert Hoover (1929–1933)


  13. Dwight D. Eisenhower (1953–1961)


  14. Richard Nixon (1969–1974)


  15. Gerald Ford (1974–1977) – non eletto, subentra prima a Spiro Agnew come vicepresidente e poi a Nixon come presidente


  16. Ronald Reagan (1981–1989)


  17. George H. W. Bush (1989–1993)


  18. George W. Bush (2001–2009)


  19. Donald Trump (2017–in carica)



Galleria d'immagini |




Note |




  1. ^ (EN) Paul Gottfried, Conservatism in America: Making Sense of the American Right, Palgrave Macmillan, 15 luglio 2007, p. 9.


  2. ^ (EN) Marcus Hawkins, What is Fiscal Conservatism?, su ThoughtCo., 29 aprile 2017.


  3. ^ (EN) Marcus Hawkins, What is a "Conservatarian" Anyway?, su ThoughtCo., 17 maggio 2017.


  4. ^ (EN) Paul Gottfried, Conservatism in America: Making Sense of the American Right, Palgrave Macmillan, 15 luglio 2007, p. 9.


  5. ^ (EN) Paul Gottfried, Theologies and Moral Concern, Transaction Publishers, 1995, p. 12.


  6. ^ (EN) Devi N. Nair, No Country for Old Social Conservatives?, in The Harvard Crimson, 5 febbraio 2013.


  7. ^ (EN) A Rebirth of Constitutional Government, GOP, 25 maggio 2011. URL consultato il 27 dicembre 2016.


  8. ^ (EN) Laissez-faire capitalism and economic liberalism, su Jstor.com. URL consultato il 12 agosto 2014.


  9. ^ (EN) Geoffrey Gertz, Renegotiating NAFTA: Options for Investment Protection (PDF), nº 7, Brookings Institution, marzo 2017, p. 5.


  10. ^ (EN) William J. Miller, The 2012 Nomination and the Future of the Republican Party, Lexington Books, 2013, p. 39.


  11. ^ (EN) Donald Devine, A New Birth of Fusionism, in The American Conservative, 16 aprile 2015. URL consultato il 16 aprile 2015.


  12. ^ (EN) Jonah Goldberg, Fusionism, 60 Years Later, in National Review, 5 novembre 2015. URL consultato il 5 novembre 2015.


  13. ^ (EN) McKay Coppins, The Trumpist Temptation, in The Atlantic, 25 febbraio 2017. URL consultato il 18 settembre 2018.


  14. ^ (EN) Jonathan Allen, Conservative clash over Trump sets stage for CPAC gathering, su NBC News, 22 febbraio 2018. URL consultato il 18 settembre 2018.


  15. ^ (EN) William J. Miller, The 2012 Nomination and the Future of the Republican Party, Lexington Books, 2013, p. 39.


  16. ^ (EN) Gregory Schneider, Conservatism in America Since 1930: A Reader, New York University Press, 2003, p. 387.


  17. ^ (EN) John Cassidy, Donald Trump is Transforming the G.O.P. Into a Populist, Nativist Party, in The New Yorker, 29 febbraio 2016. URL consultato il 23 ottobre 2017.


  18. ^ (EN) J. J. Gould, Why Is Populism Winning on the American Right?, in The Atlantic, 2 luglio 2016. URL consultato il 23 ottobre 2017.


  19. ^ ab (EN) Lewis Gould, Grand Old Party: A History of the Republicans, capitolo 1, 2003.


  20. ^ James M. McPherson, The Abolitionist Legacy: From Reconstruction to the Naacp, Princeton University Press, 1995, p. 4.


  21. ^ (EN) George H. Nash, "The Republican Right from Taft to Reagan", Reviews in American History, volume 12, numero 2 (inverno 1984), pp. 261–265. Vedi anche David W. Reinhard, The Republican Right since 1945, University Press of Kentucky, 1983.


  22. ^ (EN) David W. Reinhard, The Republican Right since 1945, University Press of Kentucky, 1983.


  23. ^ (EN) John D. Buenker, John C. Boosham e Robert M. Crunden, Progressivism, 1986.


  24. ^ (EN) Karl Rove, 1896, William McKinley Defeats William Jennings Bryan: The Gold Standard vs. Bimetallism – Guest Essayist: Karl Rove, Constituting America, 27 aprile 2016. URL consultato il 7 gennaio 2018.


  25. ^ (EN) Gienapp Davidson e Lytle Stoff Heyrman, Nation of Nations: A Concise Narrative of the American Republic, terza edizione, New York, McGraw Hill, 2002.


  26. ^ Richard Nelson Current, Those Terrible Carpetbaggers, Oxford University Press, 1988.


  27. ^ "Petition of 1905 for Scrip From the Half Breeds of Moose Factory", 1905.


  28. ^ ab (EN) Nicol C. Rae, The Decline and Fall of the Liberal Republicans: From 1952 to the Present, 1989.


  29. ^ (EN) Beyond Red vs Blue: The Political Typology, Pew Research Center, 26 giugno 2014. URL consultato il 12 novembre 2018.


  30. ^ (EN) Mario R. DiNunzio, "Lyman Trumbull, the States' Rights Issue, and the Liberal Republican Revolt", Journal of the Illinois State Historical Society (1908-1984), volume 66, numero 4, 1973, pp. 364–375.


  31. ^ (EN) C. Vann Woodward, Reunion and Reaction: The Compromise of 1877 and the End of Reconstruction, 1956, pp. 3–15.


  32. ^ (EN) John G. Sproat, "'Old Ideals' and 'New Realities' in the Gilded Age", Reviews in American History, volume 1, numero 4, dicembre 1973, pp. 565–570.


  33. ^ (EN) Hans L. Trefousse, The Radical Republicans, p. 20, 1969.


  34. ^ (EN) Rockefeller Republican, su Oxford Dictionaries. URL consultato il 7 gennaio 2018.


  35. ^ (EN) Sarah Woolfolk Wiggins, The Scalawag in Alabama Politics. 1865–1881, University of Alabama Press, 1991.


  36. ^ (EN) Jack P. Maddex, 1980, More Facts of Reconstruction The Day of the Carpetbagger: Republican Reconstruction in Mississippi, William C. Harris Jr. Reviews in American History, volume 8, numero 1 (marzo 1980), pp. 69–73.


  37. ^ (EN) Stalwart (American political faction), su Britannica.com. URL consultato il 7 gennaio 2018.


  38. ^ (EN) David Roberts, How conservative media helped the far-right take over the Republican Party, su Vox, 30 luglio 2014. URL consultato il 13 novembre 2015.


  39. ^ (EN) Lawrence Davidson, Three Extreme Right-Wing Ideologies Have Taken Over the Republican Party -- and Could Destroy It Forever, su Alternet, 22 ottobre 2013. URL consultato il 13 novembre 2015.


  40. ^ (EN) Elizabeth Tandy Shermer, A political historian explains why Republicans' shift to the extreme right could backfire, in Dissent, 14 novembre 2016. URL consultato l'11 novembre 2018.


  41. ^ (EN) Heather Cox Richardson, Party Crashers: How Far-Right Demagogues Took Over the GOP, in Quartz, 24 febbraio 2017. URL consultato l'11 novembre 2018.


  42. ^ (EN) Katherine Pickering Antonova, The GOP Is No Longer A 'Conservative' Party, in The Huffington Post, 25 luglio 2017. URL consultato l'11 novembre 2018. Vedi: (EN) Douglas LaBier, Why Tea Party/Republican Ideology Is Rooted In Fears Of A Transforming America, in Psychology Today, 12 aprile 2011. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Alan Abramowitz, Partisan Polarization and the Rise of the Tea Party Movement (PDF), Department of Political Science Emory University, 1º agosto 2011. URL consultato il 13 novembre 2015. (EN) Cass Mudde, The Far Right in America, 1ª ed., Routledge, 18 settembre 2017. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Lee Drutman, Yes, the Republican Party has become pathological. But why?, Vox, 22 settembre 2017. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Philip Bump, What will the Republican Party look like after Trump?, in The Washington Post, 23 gennaio 2018. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Edward-Isaac Divere, The GOP 'Has Become the Caricature the Left Always Said It Was', in Politico, 17 aprile 2018. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) How California Could Bust Up the Two-Party System, in The New York Times, 12 maggio 2018. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Jane Coaston, In 2018, the Tea Party is all in for Trump, Vox, 16 maggio 2018. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Nico Hines, Steve Schmidt: Why I Quit the 'Vile' Republican Party, in The Daily Beast, 20 giugno 2018. URL consultato l'11 novembre 2018. (EN) Max Boot, I left the Republican Party. Now I want Democrats to take over., in The Washington Post, 4 luglio 2018. URL consultato l'11 novembre 2018.


  43. ^ Collocazione storica:


    • Centro-destra (1964–1980)


    • Centro (1944–1964)


    • Centro-destra (1912–1944)


    • Centro-sinistra (1896–1912)


    • Sinistra (1854–1896)


    Fonti: (EN) Theodore Caplow, Howard M. Bahr, Bruce A. Chadwick e John Modell, Recent Social Trends in the United States, 1960–1990, McGill-Queen's Press, 1994, p. 337. (EN) Roger Chapman, Culture Wars: An Encyclopedia, 2010. (EN) Andrew Gelman, The Twentieth-Century Reversal: How Did the Republican States Switch to the Democrats and Vice Versa? (PDF), American Statistical Association, 2014. URL consultato il 13 novembre 2015. (EN) Matt Grossman e David Hopkins, The Ideological Right vs. The Group Benefist Left: Asymmetric Politics in America (PDF), Università statale del Michigan, 2014. URL consultato il 13 novembre 2015. (EN) James A. Haught, How Democrats and Republicans switched beliefs, in Houston Chronicle, 15 settembre 2016. URL consultato l'11 novembre 2018.



  44. ^ (EN) Members, Alleanza dei Conservatori e Riformisti Europei. URL consultato il 6 novembre 2018.


  45. ^ (EN) Members, Unione Democratica Internazionale (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2015).


  46. ^ Altri tipi di colore rosso includono sfumature più scure in mappe elettorali come questa o più chiare in mappe elettorali come quest'altra o quest'ultima.


  47. ^ (EN) A. F. Gilman, The Origin of the Republican Party, Ripon College, 1914.


  48. ^ Per le origini del partito vedi The Origins of the Republican Party.


  49. ^ (EN) Ellen Grigsby, Analyzing Politics: An Introduction to Political Science, Florence, Cengage Learning, 2008, pp. 106–7, ISBN 0-495-50112-3.
    «In the United States, the Democratic Party represents itself as the liberal alternative to the Republicans, but its liberalism is for the most the later version of liberalism—modern liberalism». «Negli Stati Uniti il Partito Democratico si presenta come un'alternativa liberale ai Repubblicani, ma il suo liberalismo è per la maggior parte la versione successiva del liberalismo: il liberalismo moderno».



  50. ^ (EN) N. Scott Arnold, Imposing values: an essay on liberalism and regulation, Florence, Oxford University Press, 2009, p. 3, ISBN 0-495-50112-3.
    «Modern liberalism occupies the left-of-center in the traditional political spectrum and is represented by the Democratic Party in the United States». «Negli Stati Uniti il liberalismo moderno occupa il centro-sinistra dello spettro politico tradizionale ed è rappresentato dal Partito Democratico».



  51. ^ (EN) Jonah Levy, The State After Statism: New State Activities in the Age of Liberalization, Florence, Harvard University Press, 2006, p. 198, ISBN 0-495-50112-3.
    «In the corporate governance area, the center-left repositioned itself to press for reform». «Nell'area del governo societario il centro-sinistra si è riposizionato per premere per la riforma».



  52. ^ (EN) A Database of Historic Cemeteries, su politicalgraveyard.com. URL consultato il 17 luglio 2006.


  53. ^ (EN) U.S. government departments and offices, etc., su rulers.org, B. Schemmel. URL consultato il 30 gennaio 2009.


  54. ^ Il vicepresidente degli Stati Uniti e presidente del Senato Dick Cheney aveva il voto decisivo, dando di fatto ai Repubblicani una maggioranza.


  55. ^ Sebbene Hayes avesse vinto la maggioranza di voti del collegio elettorale, il Democratico Samuel Tilden vinse la maggioranza del voto popolare.


  56. ^ Sebbene Harrison avesse vinto la maggioranza di voti del collegio elettorale, il Democratico Grover Cleveland vinse la maggioranza del voto popolare.


  57. ^ Sebbene Bush avesse vinto la maggioranza di voti del collegio elettorale, il Democratico Al Gore vinse la maggioranza del voto popolare.


  58. ^ Sebbene Trump avesse vinto la maggioranza di voti del collegio elettorale, la Democratica Hillary Clinton vinse la maggioranza del voto popolare.



Bibliografia |



  • Claudio Lodici, Governare l'America - Enciclopedia della politica USA, il glifo, Roma, 2011, ISBN 978-88-97527-02-2.

  • William P. Meyers, Brief History of the Republican Party.



Voci correlate |



  • Candidati alla presidenza degli Stati Uniti d'America per il Partito Repubblicano

  • Correnti del Partito Repubblicano (Stati Uniti d'America)

  • Joe Wilson

  • Partito Democratico (Stati Uniti d'America)



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