Eddy Merckx
Eddy Merckx | ||
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Eddy Merckx nel 1973 | ||
Nazionalità | Belgio | |
Ciclismo | ||
Specialità | Strada, pista, ciclocross | |
Ritirato | 1978 | |
Carriera | ||
Squadre di club | ||
1965 | Solo | |
1966-1967 | Peugeot | |
1968-1969 | Faema | |
1970 | Faemino | |
1971-1976 | Molteni | |
1977 | Fiat France | |
1978 | C & A | |
Nazionale | ||
1964-1977 | Belgio | |
Carriera da allenatore | ||
1986-1996 | Belgio | |
1998-2000 | Vlaanderen 2002 | |
2001-2004 | Vlaanderen | |
Palmarès | ||
Mondiali su strada | ||
Oro | Sallanches 1964 | In linea dil. |
Oro | Heerlen 1967 | In linea |
Oro | Mendrisio 1971 | In linea |
Oro | Montreal 1974 | In linea |
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Eddy Merckx, pseudonimo di Édouard Louis Joseph Merckx (Meensel-Kiezegem, 17 giugno 1945), è un ex ciclista su strada, pistard e ciclocrossista belga. Soprannominato il "Cannibale" per la voglia di vincere sempre e di non lasciare nulla agli avversari,[1][2][3] è considerato da molti il più forte ciclista di tutti i tempi, vantando numerosi record, e il miglior sportivo belga di sempre.
Professionista dal 1965 al 1978, si aggiudicò il Tour de France per cinque volte (1969, 1970, 1971, 1972 e 1974), un record condiviso con Jacques Anquetil, Bernard Hinault e Miguel Indurain. Vinse anche cinque Giri d'Italia (1968, 1970, 1972, 1973 e 1974), eguagliando il primato di successi di Alfredo Binda e Fausto Coppi, e una Vuelta a España, nel 1973. Tra le corse di un giorno fece invece suoi quattro campionati del mondo su strada, di cui tre per professionisti (1967, 1971 e 1974) e uno per dilettanti (1964), oltre a ventisette classiche[4], tra le quali spiccano sette Milano-Sanremo, due Giri delle Fiandre, tre Gand-Wevelgem, tre Parigi-Roubaix, due Amstel Gold Race, tre Freccia Vallone, cinque Liegi-Bastogne-Liegi e due Giri di Lombardia.[5] Per sette anni consecutivi, dal 1969 al 1975, fu suo il Super Prestige Pernod, sorta di coppa del mondo a punti su strada.[3] Per quanto concerne l'attività su pista fu invece primatista dell'ora su bicicletta tradizionale per ventotto anni, dal 1972 al 2000 (percorse 49,432 km)[6], vincendo inoltre diciassette Sei giorni.[3][5][7][8]
È uno dei sette ciclisti ad aver conquistato tutti i tre grandi Giri,[9] e l'unico ad essere riuscito a realizzare l'accoppiata Giro-Tour per tre volte (1970, 1972 e 1974); inoltre è l'unico ad aver aggiunto ai tre Grandi Giri la vittoria del Giro di Svizzera, considerato la quarta corsa a tappe per importanza. Nel 1974 vinse, nella stessa stagione, Giro d'Italia, Tour de France e campionato mondiale su strada: soltanto l'irlandese Stephen Roche, nel 1987, è riuscito ad eguagliarlo. È anche uno dei tre corridori ad essere riuscito ad imporsi in tutte le cinque classiche monumento[10]e l'unico ad averle vinte tutte almeno due volte. Al Tour detiene il record di tappe vinte in totale (34)[3] e in una sola edizione (8), e il maggior numero di maglie gialle (111);[11] al Giro vinse invece 25 tappe e vestì di rosa per 77 volte, anche quest'ultimo è un record.[2][3][12]
Per avere un'idea di che cosa è stato Eddy Merckx per il ciclismo basta guardare al suo inarrivabile palmarès: in 1800 corse su strada, Merckx ha riportato 525 vittorie, di cui 445 tra i professionisti, 57 tra i dilettanti, e le restanti nelle varie categorie giovanili.[13]
Jacques Goddet, storico patron del Tour de France, indicò Fausto Coppi come «il più grande» ed Eddy Merckx come «il più forte» ciclista di sempre.[14]
Indice
1 Carriera
1.1 Gli esordi e le prime vittorie
1.2 1968-1970: le tre stagioni alla Faema
1.2.1 1968: il primo trionfo al Giro
1.2.2 1969: il caso doping e il dominio al Tour
1.2.3 1970: la prima doppietta Giro-Tour
1.3 1971-1976: i sei anni alla Molteni
1.3.1 1971: il terzo Tour e il secondo mondiale
1.3.2 1972: la seconda doppietta Giro-Tour e il record dell'ora
1.3.3 1973: la doppietta Vuelta-Giro
1.3.4 1974: la storica tripletta Giro-Tour-mondiale
1.3.5 1975-1976: le ultime vittorie nelle classiche
1.4 Gli ultimi due anni
2 Dopo il ritiro
3 Palmarès
3.1 Strada
3.1.1 Altri successi (parziale)
3.2 Pista
3.3 Ciclocross
4 Piazzamenti
4.1 Grandi Giri
4.2 Classiche monumento
4.3 Competizioni mondiali
5 Onorificenze
6 Riconoscimenti
7 Note
8 Bibliografia
9 Altri progetti
10 Collegamenti esterni
Carriera |
Gli esordi e le prime vittorie |
Dopo aver praticato calcio e pugilato,[3] Édouard Louis Joseph Merckx si dedicò al ciclismo, al quale si era avvicinato già all'età di otto anni: suo idolo di allora era Stan Ockers, poi tragicamente deceduto in un incidente in pista nel 1956.[15] Merckx acquisì licenza di ciclista debuttante il 23 giugno 1961, all'età di sedici anni, con il club Evere Kerkhoek Sportif, e il mese dopo, precisamente il 16 luglio, fece il proprio esordio a Laeken.[5] Il primo successo targato Merckx arrivò il 1º ottobre dello stesso anno, a Petit-Enghien, seguito nel 1962 da altre 23 vittorie nella medesima categoria, e tra esse il titolo nazionale.[5] L'8 gennaio 1963 prese licenza di corridore dilettante; in quella stagione disputò 72 corse e se ne aggiudicò ben 28 tra strada e pista, il più prestigioso dei quali fu la vittoria al Campionato Nazionale belga su pista, titolo che conquisterà ben nove volte in carriera. L'anno dopo aggiunse al proprio palmarès altri 24 successi, il più importante dei quali fu quello nella prova in linea dilettanti ai campionati mondiali di Sallanches.[5] In ottobre si piazzò quindi dodicesimo nella corsa olimpica su strada dei Giochi di Tokyo.
Merckx aprì la stagione 1965 con quattro ulteriori trionfi in gare dilettantistiche.[5] Il 27 aprile 1965, neanche ventenne, fece il suo passaggio tra i professionisti, voluto dalla Solo-Superia,[5] squadra belga capitanata da Rik Van Looy e diretta da Hugo Marien. Fece il suo esordio nella Freccia Vallone, dove fu costretto a ritirarsi dopo cento chilometri. Al Tour de France dello stesso anno Van Looy regalò una vittoria al suo gregario Edward Sels, designandolo così suo naturale successore,[16] ma Merckx, in breve tempo, fu tuttavia in grado di sovvertire le gerarchie iniziali e al primo anno da pro ottenne nove vittorie su strada, tutte in competizioni di secondo piano, e il secondo posto ai campionati belgi su strada.[5] In quell'anno, Merckx non poté partecipare alle grandi classiche perché costretto ad assolvere il servizio di leva militare, all'epoca obbligatorio per i belgi[17]. Partecipò tuttavia al suo primo mondiale professionistico in linea, dove però non si piazzò fra i primi.
Nel 1966 si trasferì in Francia, alla Peugeot-BP-Michelin diretta da Gaston Plaud. In quell'annata arrivò per lui, a venti anni di età e dopo il terzo posto alla Omloop Het Volk, il primo successo in una grande classica: alla Milano-Sanremo batté infatti, con una lunga volata, dieci atleti tra cui Adriano Durante e campioni affermati come Raymond Poulidor, Herman Van Springel, Michele Dancelli e Franco Balmamion.[7][8][18] Nella stessa stagione debuttò anche nella Parigi-Roubaix concludendo quindicesimo, dopodiché, prese parte al Giro delle Fiandre, dove subì un grave incidente dal quale però riuscì a riprendersi nel giro di pochi giorni;[5] fu inoltre dodicesimo ai Mondiali su strada del Nürburgring, secondo al Giro di Lombardia, preceduto dal solo Felice Gimondi, e primo, in coppia con Ferdinand Bracke, nel Trofeo Baracchi.
Nel 1967 fece il bis alla "Classicissima" sanremese: sul traguardo di Via Roma batté allo sprint tre italiani, Motta, Bitossi e Gimondi, facendo segnare anche il nuovo record di velocità media della corsa, 44,805 km/h;[8][19] successivamente si aggiudicò la Gand-Wevelgem e la Freccia Vallone, e raggiunse il podio sia al Giro delle Fiandre che alla Liegi-Bastogne-Liegi. Già veniva indicato come l'erede di Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy, e i più pensavano che fosse un corridore adatto solo alle corse di un giorno, e non alle gare a tappe di tre settimane.[20][21][22] Al Giro d'Italia, invece, il fiammingo si mise in luce con la vittoria di due tappe, una al Lido degli Estensi in volata e una sul Blockhaus della Majella in salita; ciò nonostante non riuscì a dare il meglio, causa una bronchite, si staccò sulle montagne e concluse "solo" nono.[20][22][23] Ai campionati del mondo su strada di Heerlen, nei Paesi Bassi, divenne quindi campione del mondo professionisti, dopo il successo di tre anni prima tra i dilettanti; soltanto Jean Aerts e Hans Knecht erano riusciti nell'impresa di vincere la prova in linea in entrambe le categorie. Nella prova in linea iridata, egli superò allo sprint i tre compagni di fuga Jan Janssen, Ramón Sáez e Gianni Motta. Chiuse l'annata bissando, ancora con Bracke, il successo nel Trofeo Baracchi: 26 fu il bottino complessivo di vittorie stagionali su strada per lui.[5]
1968-1970: le tre stagioni alla Faema |
1968: il primo trionfo al Giro |
Nel 1968 passò tra le file della nuovissima formazione milanese Faema, voluto dal manager Vincenzo Giacotto e dai direttori sportivi Jean Van Buggenhout, suo procuratore fin dall'esordio nei professionisti, e Marino Vigna.[15][21][24] Lo seguirono in Italia altri nove ciclisti belgi, tra cui Martin Van Den Bossche, Patrick Sercu e Guido Reybrouck, e al nuovo sodalizio si unì anche un altro atleta affermato, Vittorio Adorni, già vincitore del Giro d'Italia 1965.[25] Nella prima annata con la squadra italiana Merckx mancò il tris alla Sanremo (anche a causa un infortunio rimediato alla Parigi-Nizza),[25] ma fece sua per la prima volta la Parigi-Roubaix, battendo il connazionale Herman Van Springel.
Tra maggio e giugno dominò il Giro d'Italia – batté il compagno di stanza Adorni[21] – diventando il primo belga a vincere la "Corsa Rosa"[15][24] e ottenendo al contempo il primo di undici successi nei Grand Tours.[7] In quel Giro indossò per tredici giorni la maglia rosa,[24] conquistò quattro tappe e primeggiò pure nella graduatoria dei Gran Premi della Montagna e in quella a punti. Il suo fu strapotere, e lo dimostrano azioni come quella che, sulle Tre Cime di Lavaredo, lo portò ad indossare per la prima volta il simbolo del primato al Giro:[26] quel giorno, sotto la neve delle Dolomiti, andò prima a recuperare nove minuti sul fuggitivo Franco Bitossi e sui suoi quindici compagni d'avventura, e poi staccò di quattro minuti Motta e Zilioli, di sei il rivale Gimondi e la maglia rosa Michele Dancelli, di otto Julio Jiménez.[21][26] Cominciò in quel momento, a detta di molti, l'era Merckx.[3][7] Concluse la stagione 1968 con l'ottavo posto ai mondiali di Imola (inseritosi nella fuga vincente, arrivò soltanto ottavo, in chiusura del suo drappello), la vittoria alla Volta a Catalunya e alla Tre Valli Varesine, il terzo posto al Giro di Lombardia; inoltre, vinse la medaglia d'argento ai Campionati Europei di ciclismo su pista in coppia con Patrick Sercu [5]
1969: il caso doping e il dominio al Tour |
Nel 1969, dopo essersi aggiudicato i campionati europei di americana, in coppia con Patrick Sercu,[5] completò il tris alla Milano-Sanremo, eguagliando Fausto Coppi. Decisivo quel giorno fu il suo attacco sulle ultimissime rampe del Poggio e una discesa a tutta verso via Roma: sul traguardo Merckx andò così a precedere di 12" Roger De Vlaeminck e gli altri inseguitori.[27] Ma in quasi tutte le gare di quell'inizio di stagione il fiammingo seppe essere protagonista, dal momento che conquistò anche Parigi-Nizza, Giro delle Fiandre (con 5 minuti su Gimondi e otto su Basso dopo un attacco solitario, sotto la pioggia e il vento, cominciato a 70 chilometri dall'arrivo) e Liegi-Bastogne-Liegi, oltre a piazzarsi secondo alla Roubaix e terzo all'Amstel Gold Race. Stante l'ottima condizione di forma, al Giro d'Italia sembrava avviato verso un altro trionfo, ma così non fu. Prima dell'inizio della diciassettesima tappa che, quel 2 giugno, avrebbe portato il gruppo da Celle Ligure a Pavia, Merckx venne infatti escluso dalla corsa perché trovato positivo, nel controllo antidoping svolto dai commissari dell'UCI il giorno prima, alla fencamfamina, un anfetaminico commercializzato sotto i marchi Ritolin, Reactivan o Euvitol.[28][29][30][31] In quel momento stava vestendo la maglia rosa per il sesto giorno, e aveva già vinto quattro tappe.
La notizia suscitò grande scalpore,[28] e la stampa belga parlò subito di una "macchinazione": per Le Soir l'allontanamento del campione fu un «colpo di teatro» che «decapitava» il Giro, Les Sports sottolineò che Merckx doveva «essere vittima di un complotto», La Lanterne parlò di «scandalo», chiedendosi chi avesse dopato clandestinamente il belga, Le Peuple giudicò «incredibile» la vicenda e La Cité etichettò i fatti come una «mostruosa cabala».[32] Anche in Italia, comunque, quotidiani come Stadio e Il Corriere dello Sport presero le difese del belga, presumendo la sua innocenza e parlando di una «sanzione assurda», sia perché Merckx era il corridore più forte di quegli anni, sia perché la tappa in cui risultò positivo era pianeggiante, quindi non ci sarebbero stati distacchi, se non minimi.[32] La televisione diede risonanza mediatica ai fatti: Sergio Zavoli realizzò in quell'occasione, per il Processo alla tappa, uno dei suoi servizi più celebri, andando ad intervistare il campione in lacrime nella sua stanza d'albergo, la numero 11 dell'Excelsior di Albisola Superiore.[30][33][34] Merckx si difese, professò la propria innocenza, parlò di una congiura contro di lui:[24][32] secondo il belga infatti i controlli si svolsero in modo irregolare, poiché sia le analisi che le controanalisi vennero effettuate senza la presenza di un membro del suo team, che avrebbe potuto difenderlo, avendolo tenuto sotto controllo nei giorni di corsa.[35][36] Il direttore della corsa, Vincenzo Torriani, cercò di convincere la Federciclismo a lasciar partire il ciclista, ma invano: il belga dovette fare le valigie e, a bordo dell'aereo reale, tornare a casa. La Faema a quel punto decise di effettuare a sua volta un controllo antidoping, al quale Merckx risultò poi negativo, convincendo il direttore Giacotto a non farsi licenziare dalla squadra.[37] Gimondi, a quel punto nuovo leader della generale (inseguiva a 1'41" dal belga), rifiutò di indossare la maglia rosa: vincerà comunque quel Giro.[30]
Doveva essere sospeso per un mese, Merckx, e non avrebbe di conseguenza potuto correre il Tour de France; un'inchiesta ordinata dall'allora presidente UCI Adriano Rodoni (che chiamò in causa anche i ministri degli Esteri di Italia e Belgio, vale a dire Pierre Harmel e Pietro Nenni) stabilì però che il campione di Meensel aveva agito in buona fede e che poteva dunque essere riammesso alle gare, giusto in tempo per la corsa francese.[31][38] Il fiammingo rientrò così al Tour, cui partecipava per la prima volta, e semplicemente lo dominò, con una grinta mai mostrata prima.[28] Indossò la maglia gialla per venti giorni, staccò il secondo classificato, Roger Pingeon, di ben 17'54" (otto dei quali solo nel tappone pirenaico di Mourenx, durante il quale fu in avanscoperta per 140 km), stabilì il record di scalata del Colle del Galibier[11][15] e vinse anche la classifica a punti, quella scalatori, quella combinata, il Premio della Combattività e, con la sua Faema, la graduatoria a squadre. Fu durante quel Tour che nacque il soprannome di "Cannibale",[11] presto ripreso da tutti i media: alla figlia dodicenne che gli aveva chiesto come stesse andando la corsa, Christian Raymond, corridore francese della Peugeot-BP, aveva infatti esclamato, riferito a Merckx e al suo dominio: «non ci lascia neanche le briciole!» e lei aveva ribattuto: «ma allora è proprio un cannibale!».[12]Jacques Goddet, direttore della Grande Boucle, in un suo celebre editoriale su L'Équipe, parlò invece dell'esplosione del "Merckxismo".[39]
Ai successivi campionati del mondo, tenutisi sul circuito di Zolder, tuttavia, Merckx preferì ritirarsi durante l'ultima tornata, scarsamente supportato dai compagni di Nazionale e controllato da moltissimi avversari in qualità di favorito.[40] Il 9 settembre seguente, inoltre, il campione fiammingo rischiò di compromettere seriamente la propria carriera, vittima di un incidente durante una prova dietro derny nel velodromo di Blois.[41][42] Nella caduta, che coinvolse anche la moto che lo guidava – e che risultò fatale per il pilota in sella, l'allenatore ed ex ciclista Fernand Wambst – Merckx si procurò una profonda ferita alla testa, rimanendo a terra privo di sensi.[41][43] Si riprese, seppur a fatica, in poche settimane, ma gli venne diagnosticato uno spostamento al bacino e una contusione vertebrale, che gli causeranno, nel prosieguo di carriera, un lieve problema di posizionamento in sella e dolori alla schiena[15][41][44] (dirà Merckx a tal proposito che prima della caduta pedalare in salita era per lui un piacere, mentre dopo, un continuo dolore).[42] La sua stagione agonistica si concluse con il primo posto nella speciale classifica combinata del Super Prestige Pernod, e con un bilancio di 43 successi.[5]
1970: la prima doppietta Giro-Tour |
Nel 1970 fu ancora plurivittorioso nelle classiche di primavera: si aggiudicò infatti Gand-Wevelgem, Parigi-Roubaix con 5'21" sullo specialista Roger De Vlaeminck, che avrebbe poi trionfato quattro volte nella Regina delle classiche;[45] e, successivamente, la Freccia Vallone, concluse inoltre terzo sia al Giro delle Fiandre che alla Liegi-Bastogne-Liegi, oltre a vincere il Giro del Belgio. Ma in quella stagione centrò soprattutto la prima doppietta Giro-Tour, impresa fino ad allora riuscita solo a Fausto Coppi e Jacques Anquetil. La corsa italiana inizialmente non rientrava nei suoi programmi: la vicenda dell'anno precedente lo aveva scosso – la considerò a lungo un affronto – e in Belgio era stato messo in guardia da possibili nuovi trabocchetti.[45] Alla fine, convinto dai dirigenti della Faema e dagli organizzatori, si presentò al via e ancora una volta diede una dimostrazione di forza.[45] Vinse tre tappe, prese la leadership della generale al termine della prima settimana di gara, staccando tutti sulla Cima Polsa nella tappa di Brentonico, e ipotecò il successo due giorni dopo nella cronometro di Treviso: indossò la maglia rosa per un totale di quattordici giorni, e sul podio finale di Bolzano precedette Gimondi di 3'14" e il connazionale (suo futuro gregario) Martin Van Den Bossche.[3][45] Prima di andare in Francia a vincere conquistò per la prima e unica volta il campionato nazionale belga su strada.[46]
Al Tour dominò dal primo all'ultimo giorno: fece suo il prologo di Limoges, la cronometro a squadre con la sua Faemino-Faema, le frazioni in linea con arrivo a Forest, nel suo Belgio, Divonne-les-Bains, Grenoble e Mont Ventoux (dove ottenne il record sul tempo di scalata),[11] e le cronometro di Divonne-les-Bains, Bordeaux e Parigi, quest'ultima nella giornata conclusiva. In totale, esclusa la cronosquadre, conquistò otto vittorie di tappa, come già aveva fatto il solo Charles Pélissier al Tour 1930 (li eguaglierà Maertens nel 1976). Fu inoltre di giallo vestito per ventitré tra tappe e semitappe, si aggiudicò pure la classifica del Gran Premio della Montagna, quella combinata e il Premio della Combattività, e nella generale andò a precedere Joop Zoetemelk di quasi tredici minuti. Dopo aver partecipato a numerosi criterium, deluse le attese al campionato mondiale su strada di Leicester, ove, pur partendo da favorito, si piazzò solo ventinovesimo, anche a causa dello scarso sostegno ricevuto dai compagni di Nazionale.[47] In ottobre vinse la Coppa Agostoni – 52 i suoi trionfi in quella stagione[5] – e chiuse quarto, battuto da Motta nella volata per il terzo posto, al Giro di Lombardia,[48] conquistando così il suo secondo Super Prestige Pernod. Sul finire dell'anno colse anche la sua prima vittoria nel ciclocross, al GP Eeklo, in coppia con Eric De Vlaeminck[5]. Nella seconda parte dell'anno Merckx subì diverse cadute, che negli anni successivi penalizzarono le sue prestazioni in salita, tanto che su quel terreno d'ora in poi divenne attaccabile da diversi corridori, e non riuscirà più a vincere la classifica scalatori in nessuno dei Grandi Giri, e fonderà i suoi successivi trionfi sugli altri terreni.
1971-1976: i sei anni alla Molteni |
1971: il terzo Tour e il secondo mondiale |
Per l'annata 1971 Merckx si trasferì alla Molteni: nella squadra arcorese, attiva nel professionismo dal 1958 sotto la guida degli ex ciclisti Giorgio Albani e Marino Fontana, confluirono anche parte dello staff della Faemino-Faema, tra cui il direttore sportivo Guillaume Driessens, e ben otto gregari del "Cannibale", tra cui Joseph Bruyère, Julien Stevens e Roger Swerts. In apertura di stagione Merckx conquistò il Gran Premio Città di Camaiore, la Het Volk, e vinse in solitaria la sua quarta Milano-Sanremo, dopo aver ripreso e staccato Gimondi sulla salita del Poggio.[49] Fu costretto a saltare la Freccia Vallone a causa di un'influenza, ma poche settimane dopo, nonostante la scarsa forma fisica, riuscì a battere Georges Pintens in uno sprint a due che gli valse per la seconda volta la Liegi-Bastogne-Liegi,[50] oltre a conquistare il suo secondo Giro del Belgio. Albani quell'anno aveva intenzione di farlo esordire al Giro dell'Appennino, una tra le più prestigiose corse a livello internazionale, ma Merckx non accettò mai, nemmeno negli anni successivi, secondo lo stesso Albani per motivi di ingaggio.[51] Nei mesi successivi non partecipò neppure alla Vuelta a España e al Giro d'Italia, vinse invece il Giro del Delfinato (batté Ocaña e Thévenet) e il Midi Libre, presentandosi quindi in gran forma al cinquantottesimo Tour de France.
Ma proprio in quella Grande Boucle Merckx rischiò seriamente, e per la prima volta, di perdere. L'inizio sembrava presagire un andamento "consueto": il fiammingo infatti prese la leadership dopo il prologo a squadre, vinto dalla sua Molteni, e guidò la corsa ininterrottamente, esclusa la semitappa di Basilea (quando, grazie ai piazzamenti, in giallo andò il suo gregario Marinus Wagtmans), per quasi due settimane;[46] questo fino alla decima frazione, quando, per il ritardo accumulato a causa di due forature e una caduta, dovette cedere il simbolo del primato all'olandese Joop Zoetemelk.[52] L'indomani si affrontava l'ultima delle tappe alpine, partenza da Grenoble e arrivo in quota a Orcières-Merlette. Già sulla Côte de Laffrey, la prima delle tre salite in programma, Ocaña, Zoetemelk, Van Impe e Agostinho staccarono tutti: Merckx non reagì prontamente, complice anche la mancanza di alleati in gruppo, e il quartetto prese il largo.[46] A 60 dall'arrivo Ocaña staccò i tre compagni di fuga e si involò verso la vittoria; il "Cannibale", dal canto suo, provò a recuperare qualcosa sull'ultima ascesa, riagguantò solo Agostinho e Zoetemelk ma dovette arrendersi: sul traguardo fu terzo, pagando ben 8'42" al vincitore di giornata, mentre secondo fu Van Impe, a più di sei minuti. La maglia gialla passava proprio sulle spalle di Ocaña, forte di un vantaggio di 8'43" su Zoetemelk e di 9'46" su Merckx.[46][53]
Dopo la giornata di riposo il belga seppe comunque rispondere, lanciando, insieme ad altri otto atleti, un'incredibile fuga di 250 km[11] che lo portò a recuperare, sul traguardo di Marsiglia, quasi due dei nove minuti che lo separavano dalla maglia gialla.[46] Si arrivò alla quattordicesima frazione, un percorso pirenaico con i colli del Portet-d'Aspet, di Menté e del Portillon, e l'arrivo a Luchon. Quel giorno il fiammingo tentò di nuovo l'attacco, prima sulla salita del Menté, ma senza risultati, poi, sotto un violento nubifragio, in discesa. Fu nella discesa del colle, resa difficile dal fondo stradale bagnato, che Merckx e Ocaña caddero: il primo ripartì subito, mentre lo spagnolo, appena rialzatosi, venne travolto da Zoetemelk e da Agostinho.[46] Ridotto in coma, venne portato via in ambulanza e ricoverato in ospedale a Saint-Gaudens: si riprese in pochi giorni, ma ovviamente fu costretto a ritirarsi e a dire addio alle velleità di vittoria, lasciando a Merckx il primato definitivo. Il fiammingo si dimostrò pur tuttavia capace di legittimare il successo finale, prima nella tappa di Bordeaux – con un attacco da lontano prese ancora tre minuti su tutti i rivali – e poi nella cronometro finale di Parigi, ove inflisse quattro minuti a Thévenet e a Zoetemelk e cinque a Van Impe. Proprio questi ultimi due atleti, nell'ordine, completarono un podio di Parigi che per la terza volta consecutiva vide Merckx in giallo e trionfatore.[46] Il "Cannibale" fece sue in totale quattro tappe e indossò la maglia del primato per diciassette giorni.
Nel finale di stagione, sull'impegnativo tracciato intorno a Mendrisio, in Svizzera, Merckx conquistò anche il suo secondo titolo mondiale su strada. Questa volta, dopo aver fatto selezione ed essere rientrato sui quattro fuggitivi del mattino, scattò a 56 km dall'arrivo insieme ad altri cinque atleti, il connazionale Georges Pintens, il danese Leif Mortensen, il francese Cyrille Guimard e gli italiani Giancarlo Polidori e Felice Gimondi: i primi quattro li staccò al penultimo passaggio sulla salita della Torrazza, l'ultimo, lo storico rivale Gimondi, lo batté invece in una volata a due sul vialone di Vignalunga.[54][55] Alcune settimane dopo ottenne infine la prima affermazione, in solitaria, nella "Classica delle foglie morte", il Giro di Lombardia. Chiuse l'anno solare con all'attivo ben cinquantaquattro successi stagionali,[5] un record poi eguagliato, nel 1976, dal solo Freddy Maertens.[56]
1972: la seconda doppietta Giro-Tour e il record dell'ora |
Nella primavera 1972 ottenne la quinta vittoria alla Sanremo: nell'occasione, dopo uno scatto sul Poggio rintuzzato da Gösta Pettersson, il fiammingo se ne andò in discesa riuscendo ad arrivare al traguardo con una cinquantina di metri di vantaggio sugli inseguitori.[57][58] A seguire vinse per la prima volta la Scheldeprijs e la Freccia del Brabante, e per la terza volta sia la Liegi-Bastogne-Liegi che la Freccia Vallone, completando poi, come già fatto nel 1970, la sua seconda personale accoppiata Giro-Tour.[5] Al Giro, una corsa ricca di montagne come da tempo non si vedeva,[59] dovette soprattutto difendersi dagli attacchi del forte scalatore José Manuel Fuente. Già nella quarta tappa, sul Block Haus, il belga perse 2'36" dallo spagnolo, nuova maglia rosa; la risposta non si fece attendere e arrivò, a sorpresa, tre giorni dopo, nella tappa di Catanzaro: l'attacco portato da Gösta Pettersson e dal "Cannibale" permise ai due di infliggere ben 4'13" a Fuente, e al belga di salire in vetta alla generale.[59] Il Tarangu non si arrese, ma la risposta non diede gli effetti sperati: perse infatti ancora 2'36" nella cronometro di Forte dei Marmi, andò in crisi sull'inedito Jafferau e subì quindi un ulteriore sconfitta nella tappa di Livigno.[59] Fuente tentò allora il tutto e per tutto nella breve frazione con arrivo sullo Stelvio, attaccò dopo pochi chilometri e andò a vincere con un vantaggio di 2 05":[59] pochi, e fu così il "Cannibale" a festeggiare il terzo successo al Giro, accompagnato da quattro vittorie di tappa e da quindici giorni in maglia rosa. Il terzo posto, appannaggio dell'altro spagnolo Francisco Galdós, completò un podio finale per la prima volta senza italiani.[3]
In Francia si ripropose ancora la sfida Ocaña-Merckx, con il primo intenzionato a stare a ruota e ad attaccare solo sulle montagne, e il secondo deciso invece a forzare con l'intento di sfibrare subito il rivale.[60] Sui Pirenei, a cominciare dalla tappa di Pau, ebbe inizio il "duello". Ocaña forò sulla discesa dell'Aubisque, Merckx attaccò, lo spagnolo tentò l'inseguimento ma cadde ancora, come l'anno prima, e all'arrivo perse quasi due minuti.[60] L'indomani il belga vinse e prese la maglia gialla, lo spagnolo limitò i danni e la carovana cominciò il trasferimento verso le Alpi. Le prime due tappe alpine non portarono grandi novità in classifica, con Merckx sempre a condurre con tre minuti su un Ocaña nettamente meno incisivo rispetto al 1971;[60] le altre due, la tredicesima, con il Vars e l'Izoard, e la quattordicesima, suddivisa in due frazioni, la prima con il Galibier e la seconda con il Télégraphe, diedero però un'importante scossone alla graduatoria. La maglia gialla infatti si mosse e attaccò i rivali: a Briançon vinse con più di un minuto e mezzo sui vari Gimondi, Poulidor, Van Impe, Ocaña; a Valloire e ad Aix-les-Bains, i traguardi della due semitappe dell'indomani, inflisse invece un totale di sette minuti e mezzo allo spagnolo. Al termine di quella giornata Ocaña optò per il ritiro, debilitato da un'infezione polmonare.[60][61] In particolare evidenza in quelle tappe (vinse ad Aix-les-Bains e Le Revard) fu anche il venticinquenne francese Cyrille Guimard, capace di salire, complice la défaillance di Ocaña sul Galibier, al secondo posto nella graduatoria provvisoria: la sua permanenza in classifica non durò molto, anch'egli fu infatti costretto all'abbandono, durante la diciottesima frazione, a causa di persistenti problemi al ginocchio.[60][62] A Parigi il vincitore fu ancora, per la quarta volta consecutiva, il "Cannibale": quell'anno vestì diciassette volte la maglia gialla e fece sue ben sei tappe, lasciando i primi inseguitori, Gimondi e Poulidor, a più di 10 minuti.
Trascorsero solo due settimane e, ai primi di agosto, il fresco vincitore del Tour si presentò, da favorito, al Campionato mondiale su strada di Gap, intenzionato a completare la tripletta Giro-Tour-mondiale e a bissare il titolo iridato. L'attacco finale nella gara iridata venne portato da Franco Bitossi: il belga si lanciò all'inseguimento seguito alla ruota da Marino Basso e da Cyrille Guimard, ma non riuscì a ricucire. Sulla linea d'arrivo solo Basso, con un ultimo colpo di reni, superò Bitossi, mentre Merckx fu quarto, battuto, a chiudere il drappello.[54][63] Quello del 1972 fu il miglior autunno di sempre per il belga: il 10 settembre vinse la prima edizione del Gran Premio di Mendrisio, il 4 ottobre vinse il Giro dell'Emilia (primo non italiano a conquistare la corsa), il 7 ottobre il Giro di Lombardia, primo non italiano a centrare la doppietta Giro-Lombardia,[2][64] il 9 il Giro del Piemonte e l'11, in coppia con Roger Swerts, il prestigioso Trofeo Baracchi a cronometro.[5] Il 25 ottobre seguente, nel Velodromo olimpico di Città del Messico, la sua splendida annata, 50 vittorie all'attivo,[5][65] venne coronata dal nuovo record dell'ora: quel giorno Merckx percorse infatti, in sessanta minuti, la distanza di 49,43195 chilometri,[3][66] superando di 779 metri quella coperta il 10 ottobre 1968 dal danese Ole Ritter. In una sola prova mise a referto, oltre al primato dell'ora, anche altri otto record, precisamente quelli sulle distanze dei 10, 15, 20, 25, 30, 35, 40 e 45 chilometri.[67] La prestazione sull'ora, pur effettuata senza una preparazione adeguata (aveva concluso l'attività su strada da soli otto giorni)[65] e su una bicicletta tradizionale,[11] resisterà per più di undici anni: soltanto nel gennaio 1984 Francesco Moser sarà in grado di andare oltre, percorrendo, sempre a Città del Messico, 50,808 km. Dopo però che l'UCI dichiarò non più validi i record dell'ora ottenuti con biciclette diverse da quelle tradizionali, con ciò qualificando non più come record dell'ora ma come "migliore prestazione umana" la performance di Francesco Moser a Città del Messico e quelle che lo hanno seguito da parte di altri atleti fino al 2000, in pratica il record di Eddy Merckx è durato ben 28 anni: infatti solo Chris Boardman riuscì il 27 ottobre 2000 a battere il record del "Cannibale" al velodromo di Manchester per soli 10 m, ottenendo il nuovo record dell'ora con 49,441 km.
[68]
1973: la doppietta Vuelta-Giro |
La stagione 1973 cominciò per Merckx con i consueti, e numerosi, trionfi nelle classiche: dopo aver saltato la Milano-Sanremo per un attacco di angina tonsillare,[69] dominò infatti la Het Volk, la Gand-Wevelgem, la Parigi-Roubaix, la Liegi-Bastogne-Liegi per la quarta volta e l'Amstel Gold Race. A fine aprile si presentò per la prima volta alla Vuelta a España, convinto dall'ingente somma di denaro messa sul piatto dall'organizzazione in cambio della sua partecipazione.[70] Allo strapotere che presto palesò pure in Spagna provarono ad opporsi Luis Ocaña e Bernard Thévenet, ma la scarsità di montagne e l'abbondanza di abbuoni in quell'edizione della Vuelta non li favorì di certo.[70] Ocaña andò all'attacco in solitaria sulla salita del Puerto de Orduña, ma venne ripreso; Merckx dal canto suo vinse il prologo e ben cinque tappe, vestì la maglia gialla per sette giorni e oltre alla classifica generale finale, in cui precedette di circa quattro minuti proprio Ocaña e Thévenet, fece sue le graduatorie a punti, combinata e degli sprint.[70] Divenne, vincendo la Vuelta 1973, il terzo ciclista, dopo Jacques Anquetil e Felice Gimondi, capace di aggiudicarsi tutti e tre i Grandi Giri.
Meno di un mese dopo vinse il suo quarto Giro d'Italia. In quell'edizione, partita dal suo Belgio, a Verviers,[24] Merckx indossò per venti giorni, dalla prima all'ultima tappa, la maglia rosa,[71][72] un'impresa riuscita fino ad allora solo a Costante Girardengo e ad Alfredo Binda (nel 1990 anche Gianni Bugno si unirà allo speciale "club"). Nonostante non mancassero avversari di rango come Gimondi, Motta, Fuente, di quella "Corsa rosa" il belga fu autentico padrone, aggiudicandosi ben sei tappe. La frazione con arrivo sul Monte Carpegna fu indicativa del suo dominio: se il solo Battaglin fu in grado di tenere testa e di perdere solo 45", tutti gli altri pretendenti al titolo – Zilioli, Motta, Gimondi, Bitossi – chiusero a più di quattro minuti dal "Cannibale", e Fuente a nove.[71][73] Alla fine il primo dei battuti risultò ancora una volta Gimondi, a quasi otto minuti di distacco ma con la piccola soddisfazione di aver inflitto 31" alla maglia rosa nella cronometro di Forte dei Marmi.[3] Il "Cannibale" scelse quindi di non partecipare al Tour. Prese invece il via al mondiale su strada di Barcellona, e, pur essendosi procurato una ferita al ginocchio nella fasi iniziali della corsa, si fece promotore della decisiva fuga che portò quattro uomini, dei sette che inizialmente ne facevano parte, a giocarsi il titolo: la gara si risolse con il successo allo sprint di Gimondi – una rivincita per lui dopo la sconfitta al Giro – davanti a Freddy Maertens, a Ocaña e allo stesso Merckx.[54]
Il fiammingo si rifece nelle classiche, tra fine settembre e inizio ottobre, aggiudicandosi la Parigi-Bruxelles, oltre ad importanti piazzamenti come il quarto posto alla Milano-Torino e il sesto alla Parigi-Tours, conquistò il Grand Prix des Nations e, per la terza volta consecutiva, il Giro di Lombardia. Il "mondiale d'autunno", gara conclusiva della stagione, si decise già a sessanta chilometri dall'arrivo: Merckx attaccò, staccò tutti, proseguì in solitaria e giunse sul traguardo di Como con 4'15" sul primo inseguitore, Gimondi. Ma sulla carta il risultato fu un altro. Era già trascorso quasi un mese dalla gara, quando, l'8 novembre 1973, un comunicato dell'Unione Ciclismo Italiano Professionistico annunciò la positività del "Cannibale" al test antidoping effettuato al termine della competizione. Il belga, in quei giorni impegnato nella Sei giorni di Dortmund, ammise subito che l'assunzione di norefedrina, la sostanza incriminata, era stata causata dall'utilizzo di Mucantyl, un farmaco prescrittogli dal medico della Molteni, Angelo Cavalli, al mero fine di curare una lieve forma di bronchite.[38][74] Nonostante la presunta buona fede il regolamento dell'Unione Ciclistica Internazionale venne applicato senza sconti e il campione belga squalificato per un mese, multato di 150 mila lire e declassato: la vittoria andò a Gimondi.[74]
1974: la storica tripletta Giro-Tour-mondiale |
Nel 1974 Merckx si rifece e centrò una storica tripletta, vincendo nello stesso anno Giro d'Italia, Tour de France e mondiale su strada. La sua stagione non era però cominciata bene. In primavera, cosa che non gli era mai accaduta dal primo anno di professionismo, non aveva vinto alcuna classica di prestigio: aveva infatti saltato la Milano-Sanremo per una bronchite[75][76] ed era stato "solo" secondo alla Gand-Wevelgem, terzo al Fiandre e quarto alla Roubaix.[77] Si presentava comunque al Giro d'Italia con il ruolo di favorito d'obbligo: in quella corsa, piena di montagne, venne però messo in seria difficoltà da un giovane scalatore bergamasco, il neoprofessionista Gianbattista Baronchelli.[78][79] Merckx guidava la classifica con ampio vantaggio durante la sedicesima tappa, con arrivo sul Monte Generoso, dove andò in crisi perdendo oltre due minuti dai rivali Gimondi e Baronchelli. Cruciale fu dunque la ventesima tappa, la più dura di quell'edizione, con arrivo alle Tre Cime di Lavaredo: al mattino il belga guidava la generale con 31" su Gimondi e 41" sul giovane Baronchelli, mentre lo spagnolo Fuente, che pure lo aveva più volte staccato sulle montagne, era più indietro in classifica, avendo perso 10 minuti nella tappa di Sanremo.[26] Proprio Fuente andò all'attacco a otto chilometri dal traguardo; Merckx rispose, Baronchelli tentò un primo allungo, poi di nuovo, a due dall'arrivo: il belga questa volta sembrò andare in crisi, ma proprio negli ultimi metri, con uno sforzo enorme, reagì e riuscì a conservare la maglia rosa per soli 12 secondi.[3][7][26] Fu proprio quello il distacco finale a Milano tra il "Cannibale" e GBB, secondo minor margine tra i primi due classificati nella storia della "Corsa Rosa".[24] Merckx, che vinse anche due tappe e fu per nove giorni in rosa, andò comunque ad eguagliare i cinque successi di Alfredo Binda e Fausto Coppi.
Concluso il Giro d'Italia, in giugno si aggiudicò anche il Giro di Svizzera, sua prima e unica affermazione nella corsa, per sottoporsi quindi, il 22 giugno, ad un intervento chirurgico al perineo, il cosiddetto "sopra-sella".[77] Nel successivo Tour de France il belga, complici le assenze di Luis Ocaña e Joop Zoetemelk (entrambi incidentati prima della grande corsa a tappe), di Bernard Thevénet e di Felice Gimondi ebbe meno difficoltà ad affermarsi.[77] Conquistò la maglia gialla nel prologo di Brest, la cedette al suo gregario Joseph Bruyère, la riprese e la perse nuovamente, per poi reindossarla dopo aver vinto lo sprint di gruppo a Châlons-sur-Marne, nella settima tappa.[77] Da lì in poi nessuno fu più in grado di togliergli il primato. Sulle Alpi Merckx si aggiudicò due frazioni, senza però staccare né l'ormai trentottenne Poulidor né lo spagnolo Gonzalo Aja, poi venne battuto da Vicente López Carril nel tappone con Télégraphe e Galibier (ma Poulidor quel giorno perse quasi sei minuti dal belga).[77] Sui Pirenei il belga vinse ancora, nella tappa di La Seu d'Urgell, battendo allo sprint tutti i migliori; durante le due giornate seguenti perse però quasi tre minuti dallo scatenato Poulidor, capace di staccarlo sia sull'erta di Pla d'Adet che sul Tourmalet.[11][39] Le giornate finali di gara furono però un monologo del campione belga, vincitore di tre delle ultime cinque tappe, compresa quella finale sul Velodromo di Vincennes. Pur non dominando, insomma, Merckx fece sue, come nel 1970, otto frazioni, fu per ventidue giorni in maglia gialla, batté di otto minuti il secondo e il terzo classificato, Raymond Poulidor e López Carril, e poté infine festeggiare il quinto successo – eguagliò Jacques Anquetil – in cinque partecipazioni alla Grande Boucle.[77] A fine agosto si aggiudicò per la terza volta, così come già fatto da Alfredo Binda e Rik Van Steenbergen, il titolo mondiale su strada: nell'occasione fu il più forte, andando a riprendere il fuggitivo Bernard Thévenet e staccando quindi gli altri inseguitori. Gli restò a ruota solo Poulidor, ma nella volata a due in vista del traguardo Merckx ebbe facilmente la meglio, vestendo ancora l'iride.[54]
1975-1976: le ultime vittorie nelle classiche |
Nel 1975 ottenne 38 vittorie. La stagione iniziò al meglio,[50] con il sesto successo alla Milano-Sanremo (vinse in una volata a cinque ed eguagliò lo storico record di trionfi di Costante Girardengo),[80] il secondo al Giro delle Fiandre, il quinto alla Liegi-Bastogne-Liegi e il secondo all'Amstel Gold Race, e con due piazzamenti di prestigio quali il secondo posto alla Roubaix, alle spalle di Roger De Vlaeminck e dopo aver patito una foratura nel finale,[81] e il terzo alla Freccia Vallone. Come già nel 1971, non partecipò né alla Vuelta de España né, al Giro d'Italia a causa di un infortunio.[82] il suo obiettivo era infatti il sesto trionfo al Tour de France, come nessuno aveva mai fatto. Appena prima della partenza venne insignito della croce di Cavaliere della Legion d'Onore,[83] poi cominciò la corsa vera. Per le prime cinque giornate fu un giovane Francesco Moser a guidare il gruppo in maglia gialla; al termine della cronometro di Merlin Plage, però, l'italiano dovette abdicare e il primato passò a Merckx.[50] Il belga si ripeté ancora a cronometro aggiudicandosi la frazione di Auch, tenne sui Pirenei – pur perdendo una cinquantina di secondi da Zoetemelk e Thévenet nel tappone con arrivo a Saint-Lary-Soulan – e si presentò ai piedi del Massiccio Centrale con un vantaggio di un minuto e mezzo sul francese della Peugeot e di quasi quattro su Zoetemelk.[50] Nella tappa di Puy-de-Dôme, la seconda sul Massiccio, Thévenet e Van Impe attaccarono e staccarono la maglia gialla sull'erta finale. Merckx si lanciò all'inseguimento, ma a poche centinaia di metri dalla vetta venne colpito all'addome da uno spettatore a bordo strada;[83] nonostante il dolore riuscì a concludere, perdendo "solo" 49 secondi da Van Impe e quindici in meno dal francese, e conservò la maglia.[50] Appena tagliato il traguardo venne anche colto da un attacco di vomito: fu costretto ad assumere prima degli antidolorifici e poi anche degli anticoagulanti, con un ovvio calo delle successive prestazioni.[50]
Il 13 luglio 1975, due giorni dopo quei fatti, si affrontava la Nizza-Pra Loup, 217 chilometri con sei colli da scalare e un dislivello complessivo di 5 266 metri. Sulla quinta delle sei salite, l'Allos, davanti erano rimasti solo in cinque, Gimondi, Thévenet, Van Impe, Zoetemelk e Merckx: proprio la maglia gialla, con uno scatto a 800 metri dalla vetta, scollinò per primo e, dopo una discesa a tutta, si presentò all'inizio dell'ultima ascesa con un minuto e mezzo sui primi inseguitori. Sembrava un vantaggio ragguardevole, ma proprio sulle rampe verso Pra Loup il belga andò improvvisamente in crisi: lo sorpassarono prima un incredulo Gimondi, poi Thévenet, che andrà a vincere la tappa, poi gli altri due del gruppetto. Al traguardo perse ben 1'56" dal francese, nuova maglia gialla.[50] Già l'indomani, sul traguardo di Serre Chevalier, Thévenet fece il bis, staccò tutti i rivali sull'Izoard e inflisse loro ben 2'22", rafforzando il primato.[50] Merckx non riuscì a rimontare, ma anzi cadde nella cronometro di Châtel, procurandosi una frattura alla mandibola:[50][84] in classifica chiuderà al secondo posto, a 2'47" da Thévenet, per la prima volta battuto al Tour e per l'ultima volta veramente competitivo nella grande corsa a tappe francese. Ai mondiali su strada di Yvoir fu ottavo, dopo aver corso a sostegno di Maertens e De Vlaeminck, e in chiusura di stagione si confermò per la settima e ultima volta leader annuale del Super Prestige Pernod, un record ancora ineguagliato per il mondiale a punti di ciclismo.
Nel 1976 partecipò per l'unica volta in carriera alla Tirreno-Adriatico, piazzandosi secondo.[85]
Nel mese di marzo le sue vittorie alla Sanremo diventarono sette su nove partecipazioni, un record assoluto: quell'anno in Via Roma precedette il neoprofessionista Jean-Luc Vandenbroucke, poi declassato, e Wladimiro Panizza, più staccato.[8][11][86] Corse ancora il Giro d'Italia ma concluse solo ottavo: ad aggiudicarsi la gara fu, per la terza volta in carriera, il suo rivale di sempre, Felice Gimondi.[24] A fine stagione il bottino delle sue sei annate con la Molteni sarà di ben 246 successi.[87]
Gli ultimi due anni |
Nel 1977, dopo l'addio al ciclismo della famiglia Molteni, Merckx si accasò alla Fiat France, squadra diretta da Robert Lelangue, con cui già aveva collaborato alla Molteni, e da Raphaël Géminiani. Il suo inizio di stagione fu molto difficile, non riuscì ad ottenere nessun risultato rilevante, scoprendo inoltre di essere affetto da un virus debilitante;[88] nonostante ciò riuscì ad arrivare sesto alla Liegi-Bastogne-Liegi, ma non poté prendere parte al Giro d'Italia. Nella Freccia Vallone risultò positivo alla penipropanolamina insieme ad altri quindici corridori, per errore del medico dei belgi Michel Debackere, che ritenne lecito l'uso di questa sostanza che in quegli anni era oggetto di sperimentazione.[36] Si piazzò sesto anche al Tour de France (a 12'38" dal vincitore Thévenet); vestì inoltre per la tredicesima volta consecutiva la maglia del Belgio ai campionati mondiali su strada professionisti di San Cristóbal, nei quali si classificò trentatreesimo, ultimo ma comunque all'arrivo:[89] fu la sua ultima apparizione nella gara iridata. La sua stagione si concluse conquistando per la seconda volta i Campionati europei su pista nell'Americana, ancora in coppia con Patrick Sercu.
Ottenne la sua ultima vittoria su strada al Giro di Svizzera; su pista riuscì ad aggiudicarsi la sua ultima sei giorni prima del ritiro, a Zurigo.[5][90]
Passato al team C & A per la nuova stagione, disputò l'ultima gara su strada, l'Omloop van het Waasland a Kemzeke, il 19 marzo 1978,[15] dopodiché nemmeno trentatreenne abbandonò le competizioni agonistiche.[5][90] L'addio formale alle corse arrivò meno di due mesi dopo, il 18 maggio.[90] In carriera prese parte a 220 competizioni nelle categorie minori (debuttanti e dilettanti) cogliendo 80 vittorie,[5] tra i professionisti partecipò invece a 1800 competizioni ottenendo 525 vittorie,[91][92] con i record di 217 frazioni vinte, di 425 successi complessivi su strada (comprese le vittorie nelle classifiche finali),[5][93] e di 67 gare a cronometro vinte[5], ottenne inoltre 97 successi su pista (17 Sei giorni, 67 omnium, 9 campionati nazionali, 3 campionati europei, oltre al record dell'ora, valido come vittoria) e due nel ciclocross.[5]
Dopo il ritiro |
Nel dicembre 1967 sposò Claudine Acou, figlia dell'allora selezionatore della Nazionale dilettantistica belga, Lucien Acou. I due hanno avuto due figli, Sabrina, nata nel 1970, e Axel, nato nel 1972 e anch'egli, tra il 1993 e il 2007, ciclista professionista.[5] Sabrina è a sua volta madre di Lucas Masso, vincitore della medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro del 2016 nell'hockey su prato con la nazionale dell'Argentina, paese natale del padre Eduardo, tennista[94].
Tre anni dopo il ritiro dalle corse, nel 1980, Eddy Merckx ha fondato a Meise, vicino Bruxelles, una casa di produzione di biciclette da corsa, la Eddy Merckx Cycles.[15][95] La società, negli anni, ha fornito le biciclette anche a numerose squadre professionistiche quali Kelme, Lotto, 7-Eleven/Motorola, Telekom, Topsport Vlaanderen e Quickstep; i velocipedi Merckx sono stati portati più volte alla vittoria nelle classiche del Nord, in due Giri delle Fiandre (Eddy Planckaert nel 1988 e Peter Van Petegem nel 2003) e in tre Parigi-Roubaix (Dirk Demol nel 1988, Servais Knaven nel 2001 e Johan Museeuw nel 2002).
Tra il 1986 e il 1996 Merckx è stato commissario tecnico della Nazionale belga per le prove mondiali e olimpiche su strada. Durante la sua gestione la rappresentativa ottenne due titoli iridati, nel 1990 con Rudy Dhaenens (un altro belga, Dirk De Wolf, fu secondo) e nel 1996 con Johan Museeuw. Dal 1998 al 2004 Merckx ha invece ricoperto la carica di responsabile finanziario per la Vlaanderen, formazione professionistica belga da lui patrocinata. Il 21 luglio 1996, in occasione della festa nazionale belga, è stato insignito del titolo di barone dal Re Alberto II: è in tal modo diventato il primo atleta in Belgio ad assumere un titolo nobiliare per meriti sportivi.[96] Gli è stato inoltre assegnato dall'Unione Ciclistica Internazionale, nell'aprile 2000, il premio di Ciclista del secolo.[97]
Nel settembre 2003 è stata aperta una fermata, a lui intitolata, sulla Linea 5 della Metropolitana di Bruxelles: nel padiglione centrale della stazione, sita nel comune di Anderlecht, è esposta la bicicletta (la Mexico Oro di Colnago)[98] utilizzata dal campione per il record dell'ora del 1972. Nel 2004 a Merckx è stato intitolato anche il velodromo Blaarmeersen di Gand: il nuovo complesso, reinaugurato il 17 febbraio 2006 al termine dei lavori per la costruzione della copertura, ha preso il nome di Vlaams Wielercentrum Eddy Merckx (Centro ciclistico fiammingo Eddy Merckx).[99] Nel 2005, nell'ambito di una serie di documentari prodotta dall'emittente radiofonica belga Radio 1 e dal canale televisivo Canvas, è stato uno dei 111 nominati nel sondaggio sul "più grande belga" (De Grootste Belg) della storia: nel voto fiammingo ha ottenuto il terzo posto, in quello vallone il quarto.[15][100] Nel maggio 2010 le poste belghe hanno infine emesso, al termine di una cerimonia cui ha presenziato anche il primo ministro Yves Leterme, una serie limitata di francobolli raffiguranti Merckx.[101]
Palmarès |
Strada |
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Altri successi (parziale) |
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Pista |
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Ciclocross |
- 1970
GP Eeklo (con Eric De Vlaeminck)
- 1971
- Cyclo-cross de Mazé
Piazzamenti |
Grandi Giri |
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Classiche monumento |
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Competizioni mondiali |
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Onorificenze |
Ufficiale dell'Ordine di Leopoldo | |
Cavaliere della Legion d'Onore | |
— 1975[102] |
Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana | |
Commendatore della Legion d'Onore | |
— Parigi, 15 dicembre 2011[102] |
Riconoscimenti |
Mendrisio d'Oro del Velo Club Mendrisio nel 1972 e 2011
Gan Challenge dal 1973 al 1975
Super Prestige Pernod dal 1969 al 1975
Sportivo belga dell'anno dal 1969 al 1974
Trofeo belga per il Merito sportivo nel 1967
Gran Premio Serge Kampf dell'Accademia dello Sport nel 1969- Atleta belga del XX secolo
Atleta UCI del XX secolo[97]
Premio Marca nel 2000
Premio Sport del Comune di Camaiore nel 2001
Premio Vincenzo Torriani nel 2001
Premio Sport e Civiltà nel 2011- Inserito nella Hall of Fame del Giro d'Italia nel 2012
- Collare d'argento dell'Ordine olimpico
- Inserito nella Top 25 della Cycling Hall of Fame
Note |
^ Bartali, Coppi, Merckx, Moser, in archiviostorico.gazzetta.it, 17 gennaio 1998. URL consultato il 19 agosto 2011.
^ abc Sessant' anni da cannibale, in archiviostorico.gazzetta.it, 11 giugno 2005. URL consultato il 19 agosto 2011.
^ abcdefghijkl Luca Gialanella, Merckx signor Cannibale, in archiviostorico.gazzetta.it, 12 maggio 2004. URL consultato il 18 agosto 2011.
^ Auguri Jan Raas, su cyclingtime.it.
^ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz (FR) Palmarès d'Eddy Merckx (Bel), www.memoire-du-cyclisme.eu. URL consultato il 18 agosto 2011.
^ Albo d'oro record dell'ora .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}
[collegamento interrotto], in Sportlive.it, 11 giugno 2005. URL consultato il 22 giugno 2015.
^ abcde (EN) The Belgian Italians couldn't resist - Eddy Merckx, in autobus.cyclingnews.com, 28 maggio 2009. URL consultato il 18 agosto 2011.
^ abcd Gianfranco Josti, Sanremo vuole un uomo solo al comando, in archiviostorico.corriere.it, 23 marzo 1996. URL consultato il 20 agosto 2011.
^ Oltre a Merckx, Jacques Anquetil, Felice Gimondi, Bernard Hinault, Alberto Contador, Vincenzo Nibali e Chris Froome
^ Oltre a Merckx, Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck
^ abcdefgh (FR) Revivez en seize clichés les temps forts de la carrière du champion cycliste Eddy Merckx., www.lequipe.fr. URL consultato il 19 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 22 maggio 2011).
^ ab Marco Pastonesi, Giro d'Italia -4 Ecco la top five, in www.gazzetta.it, 18 ottobre 2010. URL consultato il 19 agosto 2011.
^ http://www.gazzetta.it/Ciclismo/16-06-2015/merckx-eddy-tour-giro-italia-vuelta-roubaix-sanremo-120191791448.shtml
^ Pier Bergonzi, Coppi o Merckx? Vota chi è più forte, in www.gazzetta.it, 23 gennaio 2010. URL consultato il 19 agosto 2011.
^ abcdefgh (EN) Eddy Merckx Cycles - Biography, www.eddymerckx.be. URL consultato il 19 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2013).
^ I giri sfimiti di Van Looy, su tuttobiciweb.it. URL consultato il 4 maggio 2015.
^ I settant'anni di Eddy Merckx, su repubblica.it. URL consultato il 17 giugno 2015.
^ Il giovane Merckx vince la Milano-Sanremo, cinquantamila.corriere.it. URL consultato il 20 luglio 2012.
^ Storico bis di Merckx a Sanremo (44,805 km/h!), cinquantamila.corriere.it. URL consultato il 20 luglio 2012.
^ ab Beppe Conti, 100 storie del Giro, Torino, Graphot Editrice, 2008, pp. 105-107, ISBN 88-89509-67-8.
^ abcd Beppe Conti, 100 storie del Giro, Torino, Graphot Editrice, 2008, pp. 107-108, ISBN 88-89509-67-8.
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Collegamenti esterni |
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Eddy Merckx, su sitodelciclismo.net, de Wielersite.
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