Televisione via cavo
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La televisione via cavo, o TV via cavo, è la televisione che giunge agli utenti utilizzando come mezzo trasmissivo un cavo per telecomunicazioni.
La televisione è diffusa agli utenti attraverso reti per telecomunicazioni che possono utilizzare metodi di trasmissione diversi in diversi tratti della rete. In base al metodo di trasmissione utilizzato nel tratto di rete che giunge all'utente la televisione si distingue infatti in:
televisione terrestre se il metodo di trasmissione utilizza onde radio emesse da trasmettitori posti sulla superficie terrestre;
televisione satellitare se il metodo di trasmissione utilizza onde radio emesse da trasmettitori posti su satelliti per telecomunicazioni geostazionari;- televisione via cavo se il metodo di trasmissione utilizza un cavo coassiale per telecomunicazioni.
Indice
1 Tecnica
2 Standard televisivi
2.1 Standard televisivi per la televisione analogica via cavo
2.2 Standard televisivi per la televisione digitale via cavo
3 Storia della televisione via cavo
3.1 La nascita
3.2 Il grande boom
3.3 La televisione via cavo come strumento di comunicazione sociale
3.4 La diffusione in Europa
4 La televisione via cavo nel mondo
4.1 Stati Uniti d'America
4.2 Gran Bretagna
4.3 Germania
4.4 Paesi Bassi
4.5 Altri paesi
5 La televisione via cavo in Italia
5.1 Gli inizi: l'epoca del cavo coassiale
5.1.1 Elenco delle televisioni via cavo del 1966-74
5.2 La rinascita: fibra ottica e ADSL
6 Sistemi di trasmissione e ricezione dei programmi televisivi
6.1 I servizi offerti
7 Prospettive di sviluppo della televisione via cavo
7.1 Il futuro delle trasmissioni via cavo
8 Note
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni
Tecnica |
La tv via cavo funziona con tre elementi: il canale, la rete cablata e il televisore.
Questo tipo di televisione usa il seguente sistema:
- delle antenne e delle parabole catturano i segnali delle emittenti televisive, delle stazioni radiofoniche e dei servizi interattivi
- dopo esser stati catturati, questi segnali vengono rielaborati, filtrati e convertiti in altre frequenze, riordinati e, se il provider vuole trasmettere a pagamento questi canali, criptati.
Standard televisivi |
Standard televisivi per la televisione analogica via cavo |
Gli standard di televisione analogica via cavo sono:
- PAL
- SÉCAM
- NTSC
Standard televisivi per la televisione digitale via cavo |
Gli standard di televisione digitale via cavo sono:
- DVB-C
- ATSC
- ISDB-C
Lo standard DVB-C è lo standard diffuso nel maggior numero di nazioni del mondo. Lo standard ATSC è utilizzato solo in America del Nord. Lo standard ISDB-C è invece utilizzato in Giappone.
Storia della televisione via cavo |
La nascita |
La televisione via cavo è uno strumento di trasmissione delle immagini televisive, che nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni Quaranta, quando, in alcuni paesi che per ragioni geografiche non ricevevano bene i segnali televisivi, i commercianti di elettrodomestici si accorsero che potevano incrementare le vendite di ricevitori, installando una potente antenna ricevente sull'altura più vicina e portando il segnale, fortemente amplificato, alle case poste nelle cosiddette zone d'ombra, tramite un cavo coassiale. Questa iniziativa diffuse la televisione in molti piccoli villaggi degli Stati Uniti che prima non potevano averla. Per buona parte degli anni cinquanta, perciò, la televisione via cavo fu un fatto marginale, un puro espediente tecnico per la ripetizione dei programmi emessi dai grandi network o dalle stazioni locali, nelle aree geograficamente isolate.
Il grande boom |
Il grande boom della televisione via cavo si ha a partire dal 1957, quando negli Stati Uniti si incomincia a diffondere la televisione a colori. E la sinergia cavo-televisione a colori diventa molto importante perché quest'ultima riusciva ad arrivare nelle case con una maggior qualità se si usava il cavo. Soprattutto nelle grandi città, dove c'erano alti grattacieli che facevano da schermo a molte abitazioni e quindi impedivano che le trasmissioni a colori arrivassero in modo qualitativamente accettabile. Il cavo diventa dunque uno strumento molto adatto a diffondere rapidamente il colore nelle grandi città, a dispetto dei prezzi ancora molto elevati dei TV-color.
La televisione via cavo come strumento di comunicazione sociale |
Una terza fase del cavo, importante, è quella in cui esso diventa un potente strumento di comunicazione sociale, a livello di quartiere e a livello di città. Questa terza fase si sviluppa in Canada, dove nella regione del Québec, che ha una tradizione culturale diversa dal resto del Canada - perché nel Quebec si parla il francese - nasce il desiderio di utilizzare la televisione come strumento di rivitalizzazione culturale, di riaggregazione sociale nei quartieri periferici delle grandi città, dove i rapporti sociali e la vita culturale del quartiere si stavano disgregando. In quegli anni, la televisione via etere non permetteva di avere molti canali, e le frequenze via etere erano utilizzate soprattutto per i tre o quattro canali a livello nazionale; era impensabile avere delle frequenze sufficienti per fare televisione locale.
Il cavo diventa, quindi, l'unico strumento adatto a creare dei canali televisivi di dimensioni locali, che nel Canada incominciano ad essere dati in gestione a delle comunità di base. Nasce in Canada, con la televisione via cavo, la prima idea di televisioni comunitarie: televisioni dove le comunità locali, i gruppi culturali, i gruppi sociali di base trovano l'occasione di informare gli altri delle proprie attività, di riflettere insieme sui problemi del quartiere, sui problemi della città, e anche di produrre approfondimenti di tipo culturale sulla storia locale, sulla geografia, sugli aspetti più interessanti anche dal punto di vista espressivo e artistico, legati alla capacità produttiva locale. In questa prospettiva, le comunità locali delle grandi città mettono a disposizione dei cittadini e dei gruppi di base anche le strutture per produrre. E questo avviene grazie al fatto che il processo di miniaturizzazione elettronica e di riduzione dei costi porta sul mercato dei mezzi di produzione televisiva che oggi sono largamente diffusi, ma che iniziano a essere presenti sul mercato nella seconda metà degli anni Sessanta. Questi sono i videotape, i video-registratori portatili, che permettono di decentrare la produzione televisiva, e quindi di alimentare la televisione via cavo anche a livello locale.
La televisione via cavo è, insomma, utilizzata come una sorta di "specchio" socio-culturale e politico di una comunità locale.
La diffusione in Europa |
Sull'onda della televisione comunitaria canadese, anche in Europa si incomincia a scoprire la televisione via cavo come veicolo per creare televisioni locali regionali. Nel corso degli anni settanta approda in Europa: prima in Belgio, poi in Francia, in Regno Unito, in Germania, e infine in Italia. Nei Paesi Bassi, in Belgio e in Svizzera lo sviluppo della tv via cavo avviene più rapidamente; in Inghilterra e in Francia si è sviluppata con maggiori difficoltà. Il paese dove ha avuto più successo è la Germania, dove nel 2015 circa il 41% della popolazione è allacciata ad una rete via cavo.
Lo sviluppo della tv via cavo ha svolto diverse funzioni: la prima, tecnologica, poi quella sociale e poi ancora la funzione di comunicazione a fianco della televisione tradizionale. L'Italia cominciò tra gli anni ottanta e novanta a studiare gli aspetti della codifica del segnale video sulla rete SIP presso i laboratori CSELT dove Leonardo Chiariglione avviò il gruppo internazionale MPEG con l'obiettivo della standardizzazione della codifica del segnale audio-video. Nell'ottica di indirizzare il servizio della Tv via cavo, la STET avviò nel 1995 l'ambizioso «Progetto Socrate», con il fine di stendere la fibra ottica lungo tutta la penisola. Tale progetto venne interrotto due anni dopo a seguito della ristrutturazione e fusione in Telecom Italia (1997).
La televisione via cavo nel mondo |
Lo sviluppo della televisione via cavo è stato reso possibile dai progressi della tecnologia satellitare e dal crescente desiderio di molti governi di liberalizzare la trasmissione televisiva. Nella sua forma moderna e multicanale, il cavo apparve negli anni settanta negli Stati Uniti. Nel 1995 più di 60 milioni di famiglie (quasi il 65% delle case dotate di un televisore) ricevevano i programmi televisivi via cavo.
Stati Uniti d'America |
Sono 80 milioni le famiglie statunitensi che possiedono un contratto per vedere la tv via cavo, ovvero il 72% del totale delle famiglie statunitensi provviste di un apparecchio televisivo. La maggior parte delle reti via cavo viene trasmessa ora anche via satellite, ma il 90% delle prime 20 reti via cavo può contare su un'audience potenziale di oltre 90 milioni di famiglie americane anche perché il 95% delle case è cablata, pronta per ospitare le trasmissioni. Negli Stati Uniti vi sono più di 300 canali via cavo attualmente disponibili sull'intero territorio nazionale.
Le piattaforme televisive via cavo statunitensi hanno come unico introito gli abbonamenti pagati dalle famiglie che hanno un contratto per la visione dei canali.
Tutte le piattaforme ogni mese pagano la rete televisiva per poterla distribuire ed averla nel proprio pacchetto, garantendole una percentuale delle revenue provenienti dalla raccolta degli abbonamenti.
Il cable operator quindi raccoglie più Cable Networks (ovvero i canali) e vende al consumatore un “pacchetto mensile” di canali, un bouquet. Restano esclusi dal fee mensile alcune reti considerate premium che si devono pagare sempre a parte.
In genere il prezzo dei vari pacchetti è molto basso poiché gli abbonati alle varie piattaforme sono molti.
Gran Bretagna |
Mancando la concorrenza del DTH (che fu lanciato solo nel 1994), il cavo si sviluppò rapidamente nel mondo. In Gran Bretagna la trasmissione via cavo, dopo un esordio poco promettente, iniziò ad affermarsi nel 1983: tuttavia, i grossi investimenti nel settore partirono solo con i primi anni novanta, quando gli imprenditori vennero incentivati dalla possibilità di offrire, congiuntamente ai servizi televisivi, anche quelli telefonici.
Nel 1989 il cavo si trovò a competere con il sistema DTH fornito da Rupert Murdoch, il quale era al tempo stesso il principale provider, ossia fornitore di programmi, e dunque occupava sul mercato una posizione di predominio. I lunghi tempi di costruzione dei sistemi via cavo e il prezzo più alto della programmazione ridussero, alla fine del 1995, gli abbonati al sistema via cavo a meno di 1.300.000, mentre il British Sky Broadcasting (BSkyB), che trasmetteva in DTH, ne contava 3.600.000. Ciononostante, il successo della telefonia via cavo (il cui numero di abbonati è di gran lunga superiore a quello della televisione via cavo), insieme alla speranza nei futuri servizi interattivi, hanno mantenuto in vita l'industria della televisione via cavo.
Germania |
La televisione via cavo è cresciuta con più facilità in Germania, dove il governo, in collaborazione con Deutsche Telekom, ha deciso di coprire con una rete di fibre ottiche gran parte del territorio nazionale. Alla fine del 1995, 15.800.000 case erano cablate, equivalenti al 42% dei possessori di un televisore. Questa scelta si spiega anche con il fatto che le dimensioni della Germania generano un mercato considerevolmente esteso, che può soddisfare anche gli operatori del sistema DTH, che attualmente serve oltre 6.500.000 abbonati.
Paesi Bassi |
I Paesi Bassi sono il secondo paese più cablato d'Europa. La tecnologia via cavo venne introdotta negli anni sessanta collegando tutti i televisori di un comune, o di un distretto, ad un'unica antenna, poiché troppe antenne non solo rovinavano l'estetica delle case, ma erano anche pericolose (soprattutto durante il maltempo).
Alla fine degli anni settanta cominciarono a trasmettere via cavo le prime emittenti private locali; nacque anche una pay tv, "FilmNet".
Nel corso degli anni novanta le emittenti via cavo sono aumentate notevolmente.
Dalla fine degli anni novanta è disponibile la televisione digitale via cavo.
Altri paesi |
Al momento molti paesi europei stanno scegliendo la diffusione di sistemi via cavo o DTH su base topografica. In Italia, ad esempio, si prevede che nei prossimi anni prevarrà il sistema DTH.
Lo sviluppo maggiore si è avuto nell'area asiatica, dove Murdoch e gli operatori statunitensi stanno espandendo il mercato dei servizi DTH e il sistema di diffusione via cavo contemporaneamente.
In Argentina la televisione via cavo arrivò negli anni sessanta.
Il Belgio è il paese più cablato d'Europa con il 99 per cento delle famiglie collegate a reti televisive via cavo.
La Romania è un esempio della forte penetrazione della televisione via cavo in Europa, con il 79 per cento delle famiglie collegate alla televisione via cavo.
La Svizzera è il terzo paese più cablato in Europa.
La televisione via cavo in Italia |
Gli inizi: l'epoca del cavo coassiale |
Con l'inizio di un ciclo regolare di trasmissioni televisive in Italia, nel 1954, l'esercizio di queste trasmissioni è riservato allo Stato, che lo dà in concessione alla Rai, società pubblica, già monopolista della radiodiffusione. La Rai è l'unica società ammessa a irradiare programmi radio e TV nel Paese.
La normativa di riferimento è la disciplina della polizia postale (Codice Postale), redatta essenzialmente nel 1936. Il codice elencava espressamente i mezzi di comunicazione a distanza, aggiungendo che ciascuno di essi deve essere sottoposto a preventiva autorizzazione statale. La televisione via cavo, che non esisteva nel 1936, non è menzionata. Per chi vuole entrare nel mercato televisivo, il cavo è l'unica via praticabile.
Intorno al 1970 iniziano i tentativi di interconnettere uno studio televisivo con le abitazioni private tramite cavo coassiale, in particolare a Torino e a Napoli. Il protagonista della lotta contro il monopolio televisivo è Giuseppe Sacchi, che a Biella fonda Telebiella e ha l'entusiastico appoggio di un personaggio popolare come Enzo Tortora, vicepresidente dell'emittente durante il suo periodo di esilio dalla Rai.
Sacchi viene denunciato per violazione del Codice Postale, ma il 24 gennaio 1973 ottiene l'archiviazione del procedimento perché il cavo non rientra tra le attività per le quali il Codice Postale richiede un'autorizzazione. La reazione della Rai e dei fautori del monopolio televisivo è immediata. Con la Legge 28 ottobre 1970, n. 775 il Parlamento delega al Governo il potere di emanare:
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«uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per disciplinare i singoli procedimenti amministrativi nei vari settori. [Lo scopo era la] eliminazione delle duplicazioni di competenze e dei concerti non necessari. [La norma delegava inoltre il Governo a provvedere] alla raccolta in testi unici, delle disposizioni in vigore concernenti le singole materie, apportando alle stesse [se necessario, le] modificazioni e integrazioni necessarie per il loro coordinamento e ammodernamento» |
(Art 6, Legge 28/10/1970, n° 775) |
In forza di tale delega il governo emana il Decreto del presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, in materia di "Testo unico in materia di comunicazioni", che unifica nella voce "telecomunicazioni" tutti i mezzi di comunicazione a distanza. Con decreto 9/5/1973 il ministro delle poste Giovanni Gioia dispone quindi la disattivazione dell'impianto realizzato da Sacchi, non essendo stata rilasciata la concessione e lo diffida a procedere entro dieci giorni, decorsi i quali, in difetto, si procederà alla disattivazione d'ufficio.
L'iniziativa del ministro provocò una decisa reazione del Partito Repubblicano che, pur facendo parte della coalizione del governo presieduto da Giulio Andreotti, non era stato informato dell'introduzione nel nuovo testo unico e delle modifiche in materia di telecomunicazioni: il suo leader Ugo La Malfa chiese le dimissioni del ministro Gioia e, non avendole ottenute, uscì dal governo. Andreotti fu così costretto a dimettersi nel successivo mese di giugno.
Sacchi omette di ottemperare all'ordine di smantellamento, eseguito coattivamente dai funzionari dell'Escopost (ufficio del Ministero PPTT delegato alla vigilanza sulle radiofrequenze) il 1º giugno 1973 tagliando il cavo che collega l'emittente televisiva alla rete cittadina, e nei suoi confronti viene presentata una nuova denuncia. È ciò che si aspetta Sacchi, che ha così legittimazione per sollevare il problema della costituzionalità della normativa, in particolare la violazione dell'articolo 21 della Costituzione perché il monopolio televisivo riservato allo stato limita la libera espressione di pensiero attraverso il mezzo televisivo stesso.
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.» |
(Art 21 Costituzione) |
Con la sentenza n. 225 del 1974,[1] la Corte Costituzionale, accogliendo in gran parte le motivazioni di Sacchi, dichiara in riferimento al cavo l'illegittimità costituzionale degli articoli 1, 183 e 195 del Testo Unico approvato con il Decreto del presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, che riservano allo stato il monopolio radiotelevisivo. La bravura dei legali di Telebiella è proprio quella di spostare il tema dello scontro sul cavo, solo a diffusione geografica locale, che spazza via tutte le motivazioni a favore del monopolio espresse nei precedenti pronunciamenti della Corte Costituzionale.
L'anno successivo una nuova legge, la (cosiddetta "Legge di riforma"), regolamenta il cavo concedendo anche all'iniziativa privata la realizzazione della TV via cavo, anche se con molti limiti. In parlamento infatti le forze che difendono il monopolio televisivo della RAI sono ancora preponderanti e, non potendo mantenere il monopolio radiotelevisivo riservato alla stato dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale a sfavore di tale monopolio inerente al cavo, fissano comunque forti limitazioni: ogni TV via cavo può essere diffusa ad un solo comune o a più comuni contigui se questi non hanno una popolazione complessiva superiore a 150.000 abitanti; ogni rete per telecomunicazioni (necessaria per la diffusione del segnale televisivo agli utenti) realizzata può diffondere solo una singola televisione (cavo monocanale).
Nonostante la liberalizzazione parziale non è però l'inizio di un fiorire della televisione via cavo in quanto, a seguito di altre denunce per assenza di concessione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni riguardanti televisioni via etere, una nuova sentenza della Corte Costituzionale, la n. 202 del 15 luglio 1976, dichiara l'illegittimità del monopolio radiotelevisivo anche relativamente alla televisione via etere in ambito locale.[2]
In seguito a questa nuova evoluzione in campo legislativo la televisione via etere diventa la soluzione preferita dall'iniziativa privata. La stessa Telebiella in seguito passò alla trasmissione via etere. A sfavore della televisione via cavo, rispetto a quella via etere, c'era il maggior costo della rete per telecomunicazioni necessaria, ma anche limiti tecnologici dell'epoca che non permettevano di ovviare alla degradazione del segnale televisivo nelle lunghe distanze se non a costi insostenibili per le realtà imprenditoriali interessate dell'epoca.
A cavallo di questi anni vi è un ampio proliferare di televisioni via cavo, realtà più amatoriali che industriali, semi però delle realtà industriali di oggi. Milano 2, la nuova città satellite costruita da Silvio Berlusconi, ad esempio, per scelta urbanistica degli architetti progettisti, adotta una rete in cavo coassiale per la diffusione delle televisioni via etere all'interno del quartiere, in modo da evitare l'antiestetico proliferare di antenne. Il cavo coassiale adottato consente la diffusione di un ulteriore canale oltre a quelli già diffusi. Nasce così, per iniziativa di Giacomo Properzj, l'idea di realizzare una televisione via cavo di quartiere, diffusa attraverso la rete cablata già esistente. Telemilanocavo inizia le trasmissioni nel 1974; sei anni dopo diventerà Canale 5, il primo network privato a diffusione nazionale.
Elenco delle televisioni via cavo del 1966-74 |
Telediffusione Italiana Telenapoli (data inizio trasmissioni: 1966. Registrata con atto notarile il 17 dicembre 1970)
Telebiella (data inizio trasmissioni: 20 aprile 1971. Registrata in tribunale il 30 aprile 1971 come "Telebiella A-21 Tv, giornale periodico a mezzo video")
Telelaser Salerno (data inizio trasmissioni: dicembre 1970)- Telegenova
- Tele Ivrea
- Tele Alessandria
- Tele Vercelli
Canale 3 (Inizio trasmissioni: settembre 1973. Sede: Torino. Direttore: Renato Tagliani)- Telemilanocavo
- Telereggio (Calabria)
TeleVeneto
- Filiazioni: TeleVenezia, TeleBelluno, TelePadova, TeleRovigo, TeleMestre, TeleVerona, TeleVicenza, TeleTreviso.
- Tele Udine
- Tele Bologna
Tele Ravenna (inizio trasmissioni nel 1975; dal 1976 passò alle trasmissioni via etere)[3]
Teleromagna cavo a Forlì (inizio trasmissioni nel 1973; dal 1976 passò alle trasmissioni via etere)[4]
Tele Rubicone cavo (data inizio trasmissioni: 1º settembre 1974; dal 1976 passò alle trasmissioni via etere)[5]
Video Giornale Adriatico (VGA) TeleRimini
TeleAncona-Conero 3- TeleFirenze
- Tele Piombino-Costa Etrusca
- TeleRomacavo
- Telecolor TVP di San Benedetto del Tronto
TeleAbruzzo
- Filiazioni: TelePescara e TeleChieti.
- Telebari
- TeleFoggia
- EuroTele Crotone Libera
- Telereggiocalabria - Video Fata Morgana
- Tele Messina
- Telenissa
- Tele Palermo
- TeleVisione Cavo Siracusa
- TeleSassari
La rinascita: fibra ottica e ADSL |
Il quadro viene ad essere mutato nello sviluppo attuale.
Nei primi anni 90 la Telecom avviò un servizio sperimentale chiamato Progetto Socrate che avrebbe portato la tv via cavo, tramite fibra ottica, inizialmente nei grandi nuclei urbani. Il progetto venne accantonato, di fronte alla esorbitante spesa di posa dei cavi, a favore del satellite dove venne trasmesso il bouquet Stream.
La cablatura con fibra ottica della città di Milano operata da Fastweb, che aveva lanciato con grandi prospettive la TV di Fastweb, lasciava sperare in un rilancio alla grande della televisione via cavo. L'esperienza però ha avuto un brusco rallentamento: il progetto di estendere la cablatura a fibra ottica alle altre città italiane è stato molto rallentato e ha trovato una alternativa nel miglioramento tecnologico dell'ADSL, che "viaggia" su cavo telefonico tradizionale.
Sembrava che la televisione via cavo rimanesse soccombente rispetto alla televisione satellitare e alla televisione digitale terrestre, ma all'inizio di ottobre 2006 il gigante mondiale Sky del magnate australiano Rupert Murdoch ha stretto una alleanza commerciale con Fastweb: agli utenti internet di Fastweb sono stati offerti i canali della piattaforma Sky prima disponibili solo tramite TV satellitare e in cambio Sky offre ai suoi clienti nuovi servizi, come le comunicazioni telefoniche non veicolate da Telecom.
Durante il 2008, tre importanti providers Internet nazionali, Telecom, Tiscali e Infostrada hanno lanciato i loro servizi IPTV, contribuendo quindi alla diffusione su scala nazionale della TV via ADSL in Italia.
Sistemi di trasmissione e ricezione dei programmi televisivi |
A monte della trasmissione dei programmi televisivi via cavo sta la diffusione via satellite, un sistema di distribuzione dei segnali televisivi che opera anche indipendentemente dal successivo trasferimento via cavo. I satelliti infatti possono anche inviare il segnale direttamente agli apparecchi riceventi: il sistema viene definito direct-to-home (DTH, che vuol dire direttamente a casa), o anche direct-broadcast satellite (DBS, ossia trasmissione diretta satellitare), e funziona mediante la cattura dei dati da parte di singole antenne paraboliche installate nelle abitazioni. Con il sistema DTH si possono tuttavia ricevere i canali trasmessi da un solo satellite, perché si dipende dal puntamento della propria parabola, mentre con il sistema via cavo si può ricevere il segnale di più satelliti. Poiché sia il sistema DTH che il sistema via cavo (inteso come ridiffusione ADSL dei segnali satellitari) captano i canali da satelliti, si usa talvolta indifferentemente il termine “televisione via satellite” per designare entrambi i metodi di trasmissione.
I servizi offerti |
La digitalizzazione dei sistemi via cavo e la crescente diffusione dell'utilizzo delle fibre ottiche permetteranno in futuro di offrire servizi di diverso genere: “pay-per-view”, nei quali lo spettatore paga per il singolo programma che desidera vedere; “video on demand”, nel quale vengono offerti programmi a scelta dello spettatore, e un'ampia gamma di servizi interattivi, tra cui lo “home banking” (gestione da casa del proprio conto bancario), lo home shopping, e servizi similari.
Anche il sistema DTH può offrire alcuni di questi servizi, ma allo stato attuale esso non permette il “video on demand” e le forme più sofisticate di interattività. È probabile che, in un futuro assai prossimo, nelle aree in cui l'installazione di sistemi via cavo risulterà essere troppo costosa, il DTH sarà il mezzo principale per convogliare i segnali televisivi e interattivi; ma in altre zone, soprattutto nelle aree urbane, dove le reti già installate potranno costituire l'infrastruttura che faciliterà l'allacciamento capillare via cavo, sarà quest'ultimo metodo di trasmissione a prevalere.
Prospettive di sviluppo della televisione via cavo |
Il limite principale della televisione via cavo è l'alto costo della cablatura e la necessità che sia pianificata a livello collettivo. In concreto può quindi nascere solo nell'ambito di un sistema di mezzi di telecomunicazioni (telefono, internet a banda larga, televisione) che giustifichi la portata degli investimenti.
Un esempio concreto in Italia lo abbiamo a Torino dove Fastweb ha provveduto a cablare pressoché interamente la città e il suo circondario.
Da diverse analisi, tra cui una dell'Università di Roma Tre, si evince come il futuro della Tv via cavo in Italia sarà segnato dallo sviluppo delle offerte IPTV, che prevedono la trasmissione del segnale video su doppino telefonico tramite ADSL e apposito decoder digitale.
Tra l'altro l'IPTV è l'unica che permette di offrire il servizio VOD (Video on Demand).
Il futuro delle trasmissioni via cavo |
Il futuro delle trasmissioni via cavo dipende dall'offerta concorrenziale del sistema DTH. La lentezza di costruzione dei sistemi via cavo implica la necessità di partire con un forte anticipo sui tempi di messa in opera, che si traduce, ad esempio, in un maggior ventaglio di offerte, ma il sistema DTH resta ancora molto avvantaggiato, specie se il fornitore del segnale è anche il possessore delle reti televisive.
Una battuta d'arresto nello sviluppo del sistema via cavo si è verificata nel 1994, con il lancio negli Stati Uniti della DirecTv in DTH. Il servizio ha ottenuto un grande successo, raccogliendo un milione di abbonati nei primi 18 mesi di vita. In effetti, la capacità del sistema DTH di offrire i vantaggi di una nuova tecnologia (175 canali digitali) su un'area di grande ampiezza costituisce un forte handicap per lo sviluppo dei sistemi via cavo. Se la limitata interattività della trasmissione DTH sarà sufficiente a soddisfare i desideri del pubblico, gli operatori via cavo dovranno ricreare il proprio mercato di abbonati, soprattutto offrendo servizi specializzati a tipologie particolari di utenti.
Note |
^ Sentenza n. 225 del 1974 della Corte costituzionale
^ Sentenza n. 202 del 1976 della Corte costituzionale
^ Tele Ravenna, su storiaradiotv.it. URL consultato il 1º luglio 2017.
^ Teleromagna cavo, su storiaradiotv.it. URL consultato il 1º luglio 2017.
^ Tele Rubicone, su storiaradiotv.it. URL consultato il 1º luglio 2017.
Voci correlate |
- Normativa della radiotelevisione terrestre
- Televisione analogica
- Televisione digitale
- Televisione terrestre
- Televisione satellitare
- TV di Fastweb
- Alice Home TV
- Tiscali TV
Altri progetti |
Altri progetti
- Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Televisione via cavo
Collegamenti esterni |
Televisione via cavo, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
- AIIP, su aiip.it (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2006).
- Iptv o TV via internet, quali differenze, su masternewmedia.org.
- Intervista a Giuseppe Richeri sulla TV via cavo nel '96, su mediamente.rai.it.
- Sentenza n. 156 del 1973 della Corte costituzionale
- Sentenza n. 226 del 1974 della Corte costituzionale
- Sentenza n. 202 del 1976 della Corte costituzionale
- Legge 17/4/75 n. 103, su agcom.it. URL consultato il 10 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 2 marzo 2009).
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