Vegetazione










Veduta aerea della taiga in Alaska


Vegetazione è un termine generale che riguarda la vita vegetale di una regione, componente della biosfera; fa riferimento alla copertura del suolo da parte di piante, ed è, di gran lunga, il più abbondante elemento della biosfera. La vegetazione è un insieme di piante o comunità vegetali che popolano un
certo territorio [1]. È stata definita come l'insieme di individui vegetali viventi o fossili, coerenti con il sito nel quale sono cresciuti e nella disposizione spaziale assunta spontaneamente.[2]. Le specie coltivate o piantate non costituiscono dunque vegetazione, in quanto non spontanee.


La vegetazione può essere naturale (non influenzata dall'uomo), subnaturale (influenzata dall'uomo, ma conservando la struttura del tipo di formazione vegetale da cui deriva), seminaturale (una specie spontanea dall'aspetto alterato, ad esempio un prato falciato) ed antropogena (specie presenti a causa dell'uomo, ad esempio le infestanti in un campo di cereali).




Indice






  • 1 Importanza


  • 2 Classificazione


  • 3 Struttura della vegetazione


  • 4 I processi della vegetazione


    • 4.1 Dinamiche temporali


      • 4.1.1 Situazione europea: il disturbo antropico




    • 4.2 Dinamiche spaziali




  • 5 Pattern e determinanti globali della vegetazione


  • 6 Lo studio scientifico


    • 6.1 Storia


      • 6.1.1 Prima del 1900


      • 6.1.2 Dopo il 1900




    • 6.2 Concetti, teorie e metodi più recenti




  • 7 Note


  • 8 Bibliografia


  • 9 Voci correlate


  • 10 Altri progetti


  • 11 Collegamenti esterni





Importanza |


Nella Biosfera la vegetazione svolge molte funzioni fondamentali, a tutte le scale spaziali definibili.



  • Regola il flusso di numerosi cicli biogeochimici (vedi biogeochimica), fra i più importanti dei quali il ciclo dell'acqua, del carbonio e dell'azoto; ha anche grande importanza nel bilancio energetico locale e generale.

  • Ha una forte influenza sulle caratteristiche del suolo, compresi il suo volume, composizione chimica e struttura, con retroazione che agisce su varie caratteristiche della vegetazione stessa, comprese la sua produttività e la sua struttura.

  • Svolge il ruolo di habitat per gli esseri viventi e come fonte energetica per l'intero, vasto insieme degli animali sul pianeta.

  • Ha anche un'importanza critica per l'economia mondiale, particolarmente per quanto riguarda l'uso dei combustibili fossili come fonte energetica, ma anche per la produzione di alimenti, legno, combustibili e altri materiali.

  • La funzione più importante, spesso sottovalutata, è di essere la fonte primaria di ossigeno nell'atmosfera, permettendo ai sistemi di metabolismo aerobio di adattarsi e di sopravvivere.

  • Infine, la vegetazione è importante dal punto di vista psicologico per l'uomo, che si è evoluto a contatto diretto con essa, diventando strettamente dipendente per il cibo e i medicinali.



Classificazione |




Una foresta temperata decidua durante la stagione di riposo


La gran parte del lavoro sulla classificazione delle vegetazioni proviene da ecologi Europei e Nordamericani, che usano un approccio diverso, più puntuale in Europa, più generico in Nordamerica. Ciò può essere una conseguenza del fatto che in Europa la vegetazione è molto frammentata, mentre in Nordamerica si hanno vaste aree in apparenza uniformi.



  • In Europa la classificazione si basa perlopiù sul metodo fitosociologico, tenendo conto essenzialmente della composizione floristica delle fitocenosi rilevate in campo a livello topografico, mentre sono posti in risalto a posteriori gli aspetti strutturali delle diverse tipologie, sulla base dei dati raccolti per ciascun popolamento esaminato. Allo stesso modo se ne mettono in evidenza le differenze ecologiche, climatologiche, fenologiche, eccetera. I tipi di fitocenosi sono detti syntaxa, e per ciascuno di essi sono indicate le specie caratteristiche o differenziali che li separano. La classificazione è di tipo gerarchico e sono previsti diversi livelli di approfondimento e generalizzazione: le associazioni sono le tipologie più precise e rappresentano fitocenosi di composizione floristica ed habitat molto simili, la classe è invece il livello più elevato (vedi "Fitosociologia").

  • Anche in Nordamerica la vegetazione viene classificata secondo categorie gerarchiche, ma queste sono meno precise rispetto alle categorie della Fitosociologia, prendendo a base soprattutto caratteri strutturali e funzionali, quali forme di crescita e fenologia, specie dominanti e caratteri esterni alla vegetazione, come il clima. Le categorie superiori, soprattutto, sono simili a quelle che si usano in Fitogeografia per descrivere la vegetazione della Terra, cioè le grandi formazioni vegetali del mondo. Nello standard corrente (USA Federal Geographic Data Committee(FDDC) e originalmente sviluppato dall'UNESCO e da The Nature Conservancy), la classificazione comprende criteri non floristici nei primi cinque livelli, più generali, e limitati criteri floristici nei due ultimi livelli, più analitici. Nello stesso standard FGDC, i livelli gerarchici, dal più generale al più specifico, sono sistema, classe, sottoclasse, gruppo, formazione, alleanza e associazione. Il livello più basso, o associazione, è quindi quella definita con maggiore precisione, e incorpora i nomi delle specie dominanti, da una a tre (generalmente due). Rispetto alla Fitosociologia, dove si tiene conto di tutte le specie, la definizione rimane comunque molto generica. Un esempio di tipi di vegetazione definito al livello di classe potrebbe essere Foresta, copertura arborea >60%; al livello di formazione potrebbe essere Clima a precipitazioni invernali, a latifoglie, sclerofille, foresta chiusa; a livello di alleanza, foresta a "Arbutus menziesii"; e a livello di associazione, foresta "Arbutus menziesii-Lithocarpus densiflora". In pratica, sono maggiormente utilizzati i livelli di alleanza e di associazione, soprattutto nella cartografia della vegetazione. La nomenclatura binomiale latina è utilizzata solo per discutere particolari specie in tassonomia e nella comunicazione generale. Spesso gli autori americani non usano neppure questa, avvalendosi solo di nomi del linguaggio comune.

  • Nel senso comune, in base a dimensioni e aspetto, si suole distinguere in generale tra vegetazione prativa, arbustiva e arborea.



Struttura della vegetazione |




Vegetazione di area umida a acqua dolce


Una caratteristica primaria della vegetazione è la sua struttura tridimensionale, talora citata come fisionomia, o come architettura. La maggior parte delle persone ha una chiara idea al proposito con termini come giungla,bosco,prateria, o prato; questi termini sono collegati a un'immagine mentale dell'aspetto di quel tipo di vegetazione. Così, i prati sono erbosi ed aperti, le foreste tropicali umide sono dense, alte ed oscure, e le savane sono un paesaggio erboso punteggiato di alberi, e così via.


Ovviamente, una foresta ha una struttura molto diversa da un deserto o da un prato rasato dietro casa. Gli ecologisti vegetazionali distinguono la struttura a livelli molto più dettagliati, ma il principio è lo stesso. Per cui, differenti tipi di foresta possono avere strutture molto diverse; le foreste tropicali umide sono molto diverse dalle foreste di conifere boreali, ed entrambe differiscono molto dalle foreste temperate decidue. Le praterie primarie del Dakota del Sud, Arizona, e Indiana sono visibilmente diverse una dall'altra, il deserto di bassa quota differisce da quello di alta quota, e così via.


La struttura è determinata dagli effetti combinati di fattori ambientali e storici, e dalla composizione in specie. È caratterizzata innanzitutto dalla distribuzione orizzontale e verticale della biomassa vegetale, ed in particolare dalla biomassa del fogliame. La distribuzione orizzontale si riferisce al pattern di disposizione spaziale dei fusti delle piante sul suolo. Le piante possono essere spaziate molto regolarmente, come in una piantagione di alberi, o molto irregolarmente, come in molte foreste su terreno roccioso e montagnoso, dove si alternano aree a bassa e a alta densità in base al pattern spaziale del suolo e a variabili climatiche. Si riconoscono tre larghe categorie di distribuzione spaziale: uniforme, casuale e a gruppi. Corrispondono strettamente alla variabilità della distanza fra punti casuali dell'area e la pianta più vicina. La distribuzione verticale della biomassa è determinata dalla produttività intrinseca dell'area, dall'altezza potenziale della specie dominante, e dalla presenza/assenza di specie tolleranti l'ombra nella flora. Le comunità ad alta produttività e in cui c'è almeno una specie di alberi tolleranti l'ombra hanno alti livelli di biomassa, a causa di alte densità del fogliame entro un'area verticale piuttosto larga.


Nonostante questa discussione sia focalizzata sulla biomassa, in pratica è difficile misurarla in pratica. Spesso gli ecologi misurano un suo surrogato, la copertura, definita come percentuale di area al suolo che ha biomassa vegetale (in genere fogliame) sulla sua verticale. Se la distribuzione del fogliame è suddivisa in strati ben definiti a varia altezza, la copertura può essere stimata per ognuno degli starti, e il valore di copertura totale può superare 100; altrimenti, i valori variano da 0 a 100. Questa misura è stata ideata come un'approssimazione grossolana, ma utile, dell'entità della biomassa.


In alcuni tipi di vegetazione, anche la distribuzione della biomassa sotterranea ne può identificare tipi diversi. Quindi, una vegetazione prativa che forma zolle ha un sistema radicale più continuo e intrecciato, mentre un prato a ciuffi ne ha molto di meno, avendo più spazi aperti fra le singole piante (nonostante la spaziatura sotterranea sia spesso meno evidente, poiché i sistemi radicali in genere sono meno limitati dei fusti nella loro crescita orizzontale). Tuttavia, l'architettura sotterranea è talmente più laboriosa da misurare, che quasi sempre la struttura della vegetazione è descritta solo basandosi sulla parte aerea della comunità vegetale.



I processi della vegetazione |


Come tutti i sistemi biologici, le comunità delle piante mostrano un dinamismo temporale e spaziale; mostrano cambiamenti da tutti i possibili punti di vista. Il dinamismo della vegetazione è innanzitutto descritto come cambiamenti nella sua composizione in specie e nella sua struttura.



Dinamiche temporali |




Vegetazione erbacea delle dune costiere sulla costa del Pacifico, USA


Da punto di vista temporale, molti tipi di processo o di evento possono causare un cambiamento, ma per semplicità possono essere distinti grossolanamente in improvvisi e graduali. I cambiamenti improvvisi sono definiti disturbi; comprendono cose come gli incendi, forti venti, frane, inondazioni, valanghe e simili. Le loro cause sono in genere esterne alla comunità; sono processi naturali che avvengono per lo più indipendentemente dai processi naturali all'interno della comunità (come la germinazione, la crescita, la morte ecc.). Questi eventi possono modificare la struttura e la composizione della vegetazione velocemente e per lunghi periodi di tempo, e possono estendersi su ampie aree. Solo pochi ecosistemi sono esenti da qualche tipo di disturbo come parte regolare e ricorrente, nel lungo periodo, della loro dinamica. Gli incendi e l'azione del vento sono particolarmente comuni in molte vegetazioni in tutto il mondo. Gli incendi sono particolarmente efficaci, per la loro capacità di distruggere non solo le piante, ma anche le spore e i semi che costituiscono la generazione successiva potenziale, e per l'impatto del fuoco sulla fauna e sulle caratteristiche del suolo.


I cambiamenti temporali a un ritmo più lento sono ubiquitari; comprendono l'argomento delle successioni ecologiche. La successione è un cambiamento relativamente graduale nella struttura e nella composizione della vegetazione, che deriva dai cambiamenti in molto caratteristiche ecologiche, come l'umidità, l'illuminazione e i nutrienti, causati dalla vegetazione stessa con il passare del tempo. Questi cambiamenti modificano l'elenco delle specie più adatte a crescere, sopravvivere e riprodursi in un'area, causando alterazioni della flora. Questi cambiamenti della flora contribuiscono a modificazioni della struttura della vegetazione, già inerenti nella crescita delle piante anche indipendentemente dal cambiamento floristico (soprattutto nei casi in cui le piante abbiano un'elevata dimensione massima, come gli alberi), causando lente e generalmente prevedibili cambiamenti nella vegetazione.


La successione può essere interrotta in qualsiasi momento da un disturbo, riportando il sistema indietro, ad uno stadio precedente, o facendogli imboccare un percorso diverso. Per questo, il sistema delle successioni possono raggiungere o meno un qualche stato finale stabile. Inoltre, l'accurata previsione di un eventuale stato finale, anche si viene raggiunto, non è sempre possibile. In breve, le comunità vegetali sono soggette a numerose e imprevedibili variabili, cosa che limita la loro prevedibilità.



Situazione europea: il disturbo antropico |


In Europa, ed in particolare nei paesi più densamente popolati ed industrializzati, il tipo di disturbo predominante è il disturbo antropico. Anche non considerando gli effetti a distanza dell'attività umana (cambiamenti climatici; inquinamento chimico globale; piogge acide) ma solo quelli diretti che agiscono localmente, il disturbo antropico è praticamente ubiquitario, e risparmia solo aree estreme (aree di alta montagna; aree ad accentuato dinamismo geologico intrinseco, come alcune zone umide e parti di alcuni letti fluviali). L'intero paesaggio della pianura, della collina e della bassa e media montagna sono ricoperte da vegetazione che risente, a diversa scala temporale e spaziale, del disturbo antropico pregresso o in atto; molti paesaggi ritenuti "naturali" e vivamente apprezzati (i pascoli montani; il paesaggio collinare tosco-emiliano; la landa carsica; molti boschi) sono completamente artificiali o in uno stadio di naturalizzazione spontanea più o meno avanzata. La vegetazione potenziale della pianura italiana (foresta temperata a querce) è praticamente scomparsa e sopravvive solo in minimi lembi o nei toponimi di alcune località.



Dinamiche spaziali |


Come regola generale, più ampia è l'area presa in considerazione, più all'interno di essa la vegetazione sarà eterogenea. Agiscono soprattutto due fattori. Primo, è sempre più improbabile che le dinamiche temporali del disturbo siano contemporanee in un'area, man mano che la sua dimensione cresce. Per cui, singole porzioni dell'area saranno in stadi di sviluppo diversi in base alla loro storia locale, soprattutto per quanto riguarda il tempo trascorso dall'ultimo evento disturbatore maggiore. Secondo, esiste una variabilità ambientale intrinseca, anch'essa funzione dell'ampiezza dell'area, con cui il primo fattore interagisce. La variabilità ambientale limita la lista delle specie che possono occupare una determinata area, e i due fattori interagiscono insieme nel determinare un mosaico di situazioni vegetazionali all'interno del paesaggio. Solo nelle aree coltivate la vegetazione si avvicina ad un'uniformità completa. Nei sistemi naturali, esiste sempre eterogeneità, nonostante che la sua scala e la sua intensità varino molto ampiamente. Un prato naturale può sembrare relativamente omogeneo se confrontato con la stessa superficie di una foresta parzialmente bruciata, ma possiede una diversità e un'eterogeneità notevolmente maggiore del campo di grano che gli sta accanto.



Pattern e determinanti globali della vegetazione |


A scala regionale e globale alcune caratteristiche della vegetazione sono prevedibili, specialmente quelle fisionomiche, correlate alla prevedibilità di alcune caratteristiche ambientali. Gran parte delle variazioni in questi pattern globali sono direttamente spiegabili dai pattern corrispondenti di temperatura e di precipitazioni (talora indicati come bilanci dell'energia e dell'umidità). Questi due fattori sono altamente interattivi fra loro nell'effetto sulla crescita delle piante, e la loro relazione nel corso dell'anno è critica. Queste relazioni sono rappresentate graficamente nel diagrammi del clima. Rappresentando graficamente le medie mensili a lungo termine di una variabile in funzione della seconda, si evidenzia se avvengono o meno precipitazioni quando sono utili, ossia nella stagione calda, e di conseguenza che tipo di vegetazione ci si può attendere. Per esempio, due località possono avere analoghe medie nelle precipitazioni e nella temperatura annuale, ma se fra loro differisce notevolmente l'entità delle precipitazioni nella stagione calda, la struttura, la crescita e lo sviluppo delle loro vegetazioni saranno molto diverse.



Lo studio scientifico |




Vegetazione di area umida salmastra (Isola della Cona, Staranzano)


Gli scienziati della vegetazione studiano le cause dei pattern e dei processi osservati nella vegetazione a varie scale spaziali e temporali. Sono di particolare interesse le domande sul ruolo relativo delle caratteristiche del clima, suolo, topografia, e storia della vegetazione, comprendendo sia la sua composizione floristica che la sua struttura. Domande del genere sono spesso di larga scala, e non possono essere oggetto di sperimentazione in modo significativo. Quindi, gli studi osservazionali, supportati dalla conoscenza della botanica, paleobotanica, ecologia, pedologia (scienza del suolo) ecc. sono la regola nella scienza vegetazionale.



Storia |



Prima del 1900 |


La scienza della vegetazione trae origine dal lavoro dei botanici e dei naturalisti del XVIII secolo, o, in alcuni casi, precedentemente. Molti studiosi hanno viaggiato nel corso di spedizioni esplorative nell'Era delle esplorazioni, e il loro lavoro era una combinazione di botanica e geografia che oggi prende il nome di biogeografia o fitogeografia. A quel tempo, poco era noto sui pattern floristici o vegetazionali su scala mondiale, per cui gran parte del loro lavoro era costituito dalla raccolta, classificazione e denominazione di campioni vegetali. Fino al XIX secolo non fu quasi svolto lavoro di tipo teorico. Il più produttivo dei primi naturalisti fu Alexander von Humboldt, che raccolse 60.000 campioni di piante durante un viaggio di cinque anni nel Centroamerica e nel Sudamerica, svoltosi dal 1799 to 1804. Humboldt fu uno dei primi a documentare la corrispondenza fra clima e pattern della vegetazione, nel suo mastodontico lavoro durato tutta la sua vita "Voyage to the Equinoctial Regions of the New Continent", che scrisse con Aimé Bonpland, il botanico che l'aveva accompagnato. Humboldt ha anche descritto l vegetazione in termini fisionomici piuttosto che in modo meramente tassonomico. Il suo lavoro anticipava l'intensa attività scientifica sul rapporto fra ambiente e vegetazione che continua fino ai nostri giorni (Barbour et al, 1987)



Dopo il 1900 |


I primi studi della vegetazione come la conosciamo oggi cominciarono in Europa e in Russia alla fine del XIX secolo, particolarmente per merito di Jozef Paczoski, polacco, e di Leonid Ramensky, russo. Entrambi sono stati grandi anticipatori, avendo messo le basi o avendo elaborato quasi tutti gli argomenti collegati oggi a questo campo di ricerca, molto prima che avvenisse in America. Questi argomenti comprendono l'analisi delle associazioni vegetali, o fitosociologia, la successione, e argomenti riguardanti l'ecofisiologia vegetale e l'ecologia funzionale. A causa della lingua usata e/o di fattori politici, gran parte del loro lavoro restò sconosciuto al resto del mondo, specialmente quello anglofono, per buona parte del XX secolo.


Negli Stati Uniti, Henry Cowles e Frederic Clements svilupparono l'idea delle successioni vegetali all'inizio del Novecento. Clements è famoso per la sua ipotesi, attualmente non condivisa, della comunità vegetale come "superorganismo". Ipotizzava che, come il sistema degli organi di un individuo devono cooperare per far funzionare l'insieme del corpo, e si sviluppano in modo coordinato man mano che l'individuo cresce, così anche le specie individuali in una comunità di piante si sviluppano e cooperano in modo strettamente coordinato e sinergico, portando la comunità vegetale verso uno Stato finale definito e prevedibile. Nonostante Clements abbia svolto un grande lavoro sulla vegetazione del Nord America, il suo attaccamento alla teoria del superorganismo ha rovinato la sua reputazione, poiché numerosi scienziati hanno dimostrato che non è supportata da fatti concreti.


In opposizione a Clements, molti ecologisti hanno invece dimostrato la validità dell'ipotesi individualistica, che afferma che le comunità delle piante sono semplicemente la sommatoria di una serie di specie che reagiscono individualmente all'ambiente, e coesistendo nel tempo e nello spazio. Ramensky ha formulato quest'idea in Russia, e nel 1926, Henry Gleason (Gleason, 1926) la sviluppò in un articolo negli Stati Uniti. Le idee di Gleason furono categoricamente respinte per molti anni, a causa della potente influenza delle idee di Clements. Tuttavia, negli anni cinquanta e sessanta, una serie di studi ben disegnati di Robert Whittaker fornì una forte evidenza a favore delle argomentazioni di Gleason, e contro quelle di Clements. Whittaker, considerato uno dei più brillanti e più produttivi fra gli ecologi vegetali americani, sviluppò e propose l'analisi dei gradienti, nella quale l'abbondanza delle singole specie sono misurate in funzione di variabili ambientali quantificabili o dei loro surrogati ben correlati. Nello studio di tre ecosistemi montani molto diversi, Whittaker dimostrò con chiarezza che le specie rispondono in modo prevalente all'ambiente, e non in modo necessariamente correlato con altre specie coesistenti. Altri lavori, soprattutto in paleobotanica, hanno portato altri elementi a questa teoria nelle larghe scale temporali e spaziali.



Concetti, teorie e metodi più recenti |


Fino agli anni sessanta, una gran parte della ricerca nel campo della vegetazione ha riguardato temi di ecologia funzionale. In una rete funzionale, la botanica tassonomica è relativamente meno importante; gli studi si concentrano sulla classificazione morfologica, anatomica e fisiologica delle specie, con l'obiettivo di predire come particolari gruppi risponderanno a vari fattori ambientali (cause). La base di questo approccio è l'osservazione che, a causa di fenomeni di evoluzione convergente e (d'altro lato) della divergenza adattativa, c'è spesso una mancanza di forte correlazione fra la parentela filogenetica e l'adattamento all'ambiente, specialmente ai più alti livelli della tassonomia filogenetica, e su larga scala spaziale. Le classificazioni funzionali cominciarono negli anni trenta con la suddivisione di Raunkiaer delle piante in base alla posizione del loro meristema apicale (germogli) dalla superficie del suolo (vedi forma biologica). Questo anticipava classificazioni successive come quella che suddivide specie r e specie K (applicata a tutti gli organismi, non solo alle piante) di Macarthur e Wilson (1967) e la strategia "C-S-R" proposta da Grime (1987) nel quale le specie sono messe in uno di tre gruppi in base alla loro capacità di tollerare lo stress e alla predittività delle loro condizioni ambientali.


Le classificazioni funzionali sono cruciali nella costruzione di modelli sulle interazioni vegetazione/ambiente, che è diventata un argomento portante nell'ecologia vegetale nel corso degli ultimi 30 anni. Al momento, c'è una forte tendenza a studiare modelli dei cambiamenti locali, regionali e globali della vegetazione in risposta a cambiamenti climatici globali, in particolare a cambiamenti nella temperatura, nelle precipitazioni e nei caratteri dei fattori di disturbo. È improbabile che le classificazioni funzionali analoghe agli esempi sopra citati, che tentano di classificare tutte le piante in un numero molto piccolo di gruppi, posano essere efficaci per l'ampia gamma di modelli che esistono o esisteranno in futuro. È generalmente riconosciuto che le classificazioni semplici, adatte ad ogni uso, dovranno essere rimpiazzate da classificazioni più dettagliate e specifiche per funzione, per rispondere alle necessità della modellistica corrente. Questo richiederà una comprensione molto più approfondita della fisiologia, dell'anatomia e della biologia dello sviluppo di quella attualmente disponibile, per un gran numero di specie, anche se verranno prese in considerazione solo le specie dominanti dei più importanti tipi di vegetazione.



Note |




  1. ^ Rivas-Martínez, 2004


  2. ^ Westhoff, 1970



Bibliografia |



  • (IT) Giacomini, V. La Flora. Milano, T.C.I., 1958. (Il titolo è ingannevole: il testo tratta della Vegetazione, in particolare italiana)

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  • (EN) Vankat, J. L. The Natural Vegetation of North America. Krieger Publishing Co., 1992.



Voci correlate |



  • Biocenosi

  • Bioma

  • Ecoregione

  • Successione ecologica

  • Ecosistema

  • Flora

  • Scienze forestali



Altri progetti |



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  • Wikizionario



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Collegamenti esterni |


Classificazione:






  • Vegetazione, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Vegetazione, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata

  • Società Italiana di Scienza della Vegetazione, su scienzadellavegetazione.it.

  • (EN) Terrestrial Vegetation of the United States Volume I – The National Vegetation Classification System: Development, Status, and Applications (PDF)

  • (EN) Federal Geographic Data Committee Vegetation Subcommittee, su biology.usgs.gov. URL consultato il 6 dicembre 2005 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2005).

  • (EN) Vegetation Classification Standard [FGDC-STD-005, June 1997] (PDF)


Cartografia:



  • (EN) USGS - NPS Vegetation Mapping Program, su biology.usgs.gov. URL consultato il 6 dicembre 2005 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2011).

  • (EN) Checklist of Online Vegetation and Plant Distribution Maps, su lib.berkeley.edu.

  • (EN) Free Vegetation Distribution Site – "free access to almost the entire Spot Vegetation ten daily synthesis archive"


Diagrammi del clima:



  • (EN) Climate Diagrams Explained, su zoolex.org.

  • (EN) WBCS Worldwide Climate Diagrams, su globalbioclimatics.org.


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