Apartheid
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L'apartheid (in italiano, letteralmente "separazione", "partizione") era la politica di segregazione razziale istituita nel 1948[1] dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta in vigore fino al 1994.[2][3][4][5]
Fu applicato dal governo sudafricano anche alla Namibia, fino al 1990 amministrata dal Sudafrica. L'apartheid fu dichiarato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall'assemblea generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid), e quindi successivamente inserito nella lista dei crimini contro l'umanità. Per estensione il termine è oggi utilizzato per rimarcare qualunque forma di segregazione civile e politica a danno di minoranze, ad opera del governo di uno stato sovrano, sulla base di pregiudizi etnici e sociali.
Indice
1 Origini
1.1 Istituzione dell'apartheid
1.2 La lotta contro l'apartheid
1.3 Fine dell'apartheid
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Altri progetti
6 Collegamenti esterni
Origini |
Il termine apartheid fu utilizzato, in senso politico, per la prima volta nel 1917 dal primo ministro sudafricano Jan Smuts, ma solo dopo la vittoria del Partito Nazionale nelle elezioni del 1948, l'idea venne trasformata in un sistema legislativo compiuto.[6] I principali ideologi dell'apartheid furono i primi ministri Daniel François Malan (in carica dal 1948 al 1954), Johannes Gerhardus Strijdom (dal 1954 al 1958) e Hendrik Frensch Verwoerd (vero e proprio "architetto dell'apartheid"), in carica dal 1958 fino al suo accoltellamento nel 1966 da parte di Dimitri Tsafendas, un semplice uomo di fatica del parlamento sud africano.
Verwoerd definiva l'apartheid come "una politica di buon vicinato".[7]
L'apartheid aveva due manifestazioni:
- la separazione dei bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto all'uso di mezzi e strutture pubbliche);
- l'istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti a trasferirsi.
In Sudafrica, mentre i neri e i meticci costituivano l'80% circa della popolazione, i bianchi si dividevano in coloni di origine inglese ed afrikaner. Gli afrikaner, che costituivano la maggioranza della popolazione bianca, erano da sempre favorevoli ad una politica razzista, mentre i sudafricani di origine inglese, malgrado il sostanziale appoggio dell'apartheid, erano più concilianti nei confronti dei connazionali neri.
Con le elezioni del 1928 vennero introdotti nel paese i primi elementi di segregazione razziale, ma nel 1939 Jan Smuts (ex capo del governo sudafricano) tornò al potere e il nazionalismo afrikaner non poté proseguire il suo progetto politico.
Durante la seconda guerra mondiale un gruppo di intellettuali afrikaner influenzati dal nazismo completò la teorizzazione del progetto dell'apartheid. La filosofia dell'apartheid affermava di voler dare ai vari gruppi razziali la possibilità di condurre il proprio sviluppo sociale in armonia con le proprie tradizioni.
Istituzione dell'apartheid |
L'apartheid prese definitivamente forma nel 1948. Le principali leggi che costituivano il sistema erano[8]:
- proibizione dei matrimoni interrazziali;
- legge secondo la quale avere rapporti sessuali con una persona di "razza" diversa diventava un fatto penalmente perseguibile;
- legge che imponeva ai cittadini di essere registrati in base alle loro caratteristiche razziali (Population Registration Act);
- legge che permetteva di bandire ogni opposizione che venisse etichettata dal governo come "comunista" (usata per mettere fuorilegge nel 1960 l'African National Congress (ANC), la più grande organizzazione politica che includeva i neri, di stampo socialista, ma non comunista);
- legge che proibiva alle persone di colore di entrare in alcune aree urbane;
- legge che proibiva a persone di colore diverso di utilizzare le stesse strutture pubbliche (fontane, sale d'attesa, marciapiedi, etc.);
- legge che prevedeva una serie di provvedimenti tutti tesi a rendere più difficile per i neri l'accesso all'istruzione;
- legge che sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo;
- legge che istituiva i bantustan, ghetti per la popolazione nera, nominalmente indipendenti ma in realtà sottoposti al controllo del governo sudafricano;
- legge che privava della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi gli abitanti dei bantustan;
- legge che costringeva la popolazione nera a poter frequentare i quartieri della gente "bianca" solo con degli speciali passaporti.
Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore, compresi gli asiatici.
Negli anni '60, 3,5 milioni di neri, chiamati bantu, furono sfrattati con la forza dalle loro case e deportati nelle "homeland del sud". I neri furono privati di ogni diritto politico e civile. Potevano frequentare solo l'istituzione di scuole agricole e commerciali speciali. I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri. Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena l'arresto.
La lotta contro l'apartheid |
In un primo tempo sia neri che bianchi organizzarono proteste contro l'apartheid, in genere brutalmente soffocate dalle forze di sicurezza governative. Nei primi anni sessanta l'Umkhonto we Sizwe, l'ala armata dell'ANC, iniziò a usare la forza, limitandosi però ad azioni di sabotaggio contro obiettivi strategici come centrali elettriche e altre infrastrutture. Nel 1975, i burocrati decisero di fare rispettare una legge a lungo dimenticata: ogni norma doveva essere scritta in lingua afrikaans. La legge fu estesa a tutte le scuole, imponendo che le lezioni fossero tenute metà in inglese e metà in afrikaans.[9]
La comunità internazionale varò una serie di sanzioni al regime segregazionista sudafricano. Anche gli Stati inizialmente ostili a tali misure, come Stati Uniti e Gran Bretagna che preferirono una politica conciliante nota come constructive engagement, a metà degli anni ottanta si allinearono agli altri Paesi.
Forti furono anche le pressioni internazionali anche nel mondo dello sport, con il Sudafrica escluso fino agli anni ottanta dalle partecipazioni alle Olimpiadi a causa dell'apartheid. Inoltre ci fu il boicottaggio di 33 nazioni africane alle Olimpiadi del 1976, in segno di protesta contro la nazionale di rugby neozelandese che aveva accettato di giocare alcune partite contro la squadra sudafricana.
La prima iniziativa ufficiale volta all'isolamento sportivo venne adottata con l'accordo di Gleneagles ratificato dal Commonwealth delle nazioni nel 1977.
Fine dell'apartheid |
La liberazione di Nelson Mandela, avvenuta nel 1990 dopo 27 anni di prigionia (dovuti al rinnegamento dei "crimini" da lui commessi), e la sua successiva elezione a capo dello Stato decretarono la fine dell'apartheid e l'inizio di una nuova era.
Le elezioni del 1994 videro la schiacciante vittoria dell'ANC[10][11] con il 62,65% dei voti, al di sotto però della soglia dei due terzi necessaria per modificare la costituzione, permettendo ai neri di ricominciare una vita normale. Da allora l'ANC governa ininterrottamente il paese, prima con Nelson Mandela (ridisegnando la bandiera simboleggiando la pace nel mondo), poi con Thabo Mbeki e successivamente con Kgalema Motlanthe, Jacob Zuma e Cyril Ramaphosa. La Commissione per la verità e la riconciliazione, istituita nel 1995, si è occupata di raccogliere testimonianze sulle violazioni dei diritti umani e ha concesso l'amnistia a chi confessasse spontaneamente e pienamente i crimini commessi contro i neri agli ordini del governo.
Il Sudafrica post-apartheid, aggiungendo nove lingue africane come ndebele, sesotho del nord, sesotho, swati, tsonga, stwana, xhosa e zulu, ha portato il totale degli idiomi ufficiali a undici. Un altro gesto del nuovo governo è stato l'abbattimento dell'arsenale bellico sudafricano e la scomparsa dell'ala armata dell'ANC.
L'anniversario delle elezioni del 27 aprile è giorno festivo in Sudafrica, la Festa della libertà.
Note |
^ [1]
^ [2]
^ [3]
^ [4]
^ [5]
^ The 1948 election and the National Party Victory, South African History Online.
^ Keyan Tomaselli, Culture, Communication and Media Studies - Freedom Square-Back to the Future, su ccms.ukzn.ac.za, 1990 (archiviato dall'url originale il 22 agosto 2009).
^ Alistair Boddy-Evans. .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}
/bl/blsalaws.htm African History: Apartheid Legislation in South Africa[collegamento interrotto], About.Com.
^ The Afrikaans Medium Decree, About.com.
^ Elections '94, Independent Electoral Commission (IEC) (archiviato dall'url originale il 28 giugno 2008).
^ Arend Lijphart, Spotlight Three: South Africa's 1994 Elections, FairVote.
Bibliografia |
- Dominique Lapierre, Un arcobaleno nella notte, Il Saggiatore, 2008.
- James A. Michener, L'alleanza, Bompiani, 1983.
- Danilo Franchi, Raccontare la verità. Sudafrica 1996-1998. La commissione per la verità e la riconciliazione, Mimesis 2010
Voci correlate |
- Bantustan
- Congresso Nazionale Africano
- Partito Nazionale (Sudafrica)
- Nelson Mandela
- Razzismo scientifico
- Stephen Biko
- Commissione per la verità e la riconciliazione (Sudafrica)
- Disuguaglianza nel Sud Africa dopo l'apartheid
Altri progetti |
Altri progetti
- Wikiquote
- Wikizionario
- Wikimedia Commons
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Collegamenti esterni |
Apartheid, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
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