Giacomo Mancini
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Giacomo Mancini | |
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Sindaco di Cosenza | |
Durata mandato | 20 settembre 1985 – 2 marzo 1986 |
Predecessore | Claudio Giuliani |
Successore | Claudio Giuliani |
Durata mandato | 5 dicembre 1993 – 8 aprile 2002 |
Predecessore | Luigi Serra |
Successore | Sergio Luciano Crea (facente funzioni) |
Segretario del Partito Socialista Italiano | |
Durata mandato | 23 aprile 1970 – 13 marzo 1971 |
Predecessore | Francesco De Martino |
Successore | Francesco De Martino |
Ministro dei lavori pubblici | |
Durata mandato | 22 luglio 1964 – 4 giugno 1968 |
Presidente | Aldo Moro |
Predecessore | Giovanni Pieraccini |
Successore | Lorenzo Natali |
Durata mandato | 12 dicembre 1968 – 5 agosto 1969 |
Presidente | Mariano Rumor |
Predecessore | Lorenzo Natali |
Successore | Lorenzo Natali |
Ministro della sanità | |
Durata mandato | 4 dicembre 1963 – 22 luglio 1964 |
Presidente | Aldo Moro |
Predecessore | Angelo Raffaele Jervolino |
Successore | Luigi Mariotti |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 8 maggio 1948 – 22 aprile 1992 |
Legislature | I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X |
Gruppo parlamentare | P.S.I. |
Circoscrizione | Calabria |
Collegio | Catanzaro |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Socialista Italiano |
Titolo di studio | Laurea in Giurisprudenza |
Professione | Avvocato |
Giacomo Mancini (Cosenza, 21 aprile 1916 – Cosenza, 8 aprile 2002) è stato un politico italiano, esponente di primo piano del Partito Socialista Italiano e suo segretario, ex-sindaco di Cosenza e Ministro della Repubblica.
Indice
1 Biografia
2 Filmografia
3 Note
4 Voci correlate
5 Altri progetti
6 Collegamenti esterni
Biografia |
Avvocato, antifascista, figlio di Pietro Mancini, uno dei fondatori del PSI, nel 1944 entrò a far parte dell'organizzazione militare clandestina a Roma. Dopo la liberazione, rientrato a Cosenza, diventò segretario, fino al 1947, della locale federazione socialista e membro della direzione nazionale del partito fino al 1948. Consigliere comunale di Cosenza dal 1946 al 1952, alla Camera entrò nel 1948, con 26 000 voti di preferenza tra la sua gente, eletto nelle liste del Fronte Democratico Popolare: ci restò per dieci legislature.
Nel gennaio del 1953 venne eletto segretario regionale del PSI. Nel 1956, all'indomani della repressione sovietica della rivoluzione ungherese, le strade dei socialisti e dei comunisti si separarono e Mancini fu chiamato da Pietro Nenni a occuparsi dell'organizzazione del PSI.
Autonomista, nenniano, uomo di governo nel centrosinistra, fu Ministro della sanità nel primo governo Moro e Ministro dei Lavori pubblici nel secondo e terzo governo Moro e nel primo governo Rumor, diventando poi Ministro degli Interventi straordinari nel Mezzogiorno nel quinto governo Rumor. Da ministro della Sanità impose tra l'altro l'introduzione del vaccino antipolio Sabin.
Da ministro dei Lavori pubblici realizzò l'autostrada Salerno-Reggio Calabria[1] e fu durissimo verso gli speculatori dopo la frana di Agrigento del 1966[2]. Consapevole di non disporre di tempi tecnici per poter varare una riforma organica della legge urbanistica del 1942, portò in Parlamento un disegno di legge che, facendo da "ponte" all'auspicata riforma urbanistica, introduceva nella normativa in vigore una serie di disposizioni all'avanguardia (repressione dell'abusivismo, standard urbanistici, obbligatorietà dei piani urbanistici, eccetera). Fu così che nacque la legge 6 agosto 1967 n. 765, detta "legge-ponte": essa fu il risultato della tenacia di Giacomo Mancini[3] contro le resistenze di numerosi settori della Democrazia Cristiana, coadiuvato dall'allora direttore generale per l'urbanistica Michele Martuscelli, principale ispiratore della nuova normativa. La legge è tuttora (2012) in vigore.
Già in questo periodo era indicato, con Riccardo Misasi, uno dei due esponenti politici di maggior rilievo in Calabria[4].
Diventò vicesegretario nazionale del PSI il 9 giugno del 1969[5]. Si batté per l'unificazione tra PSI e PSDI[6], ma quando questa rapidamente fallì non arrestò la sua corsa[7] e, il 23 aprile del 1970, divenne segretario del partito. Ha scritto Paolo Franchi sul Corriere:
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«Durò solo un paio di anni, ma furono anni importanti. Qualcuno, più tardi, vi scorse anche una premessa, un'anticipazione della stagione di Craxi, una sorta di variante meridionale di quella politica di collaborazione sì, ma anche di competizione a muso duro con la DC che Bettino avrebbe condotto in stile milanese. Di certo Mancini non apprezzò affatto la linea del suo successore, Francesco De Martino, di cui pure era personalmente amico: né la teoria degli «equilibri più avanzati» né, tanto meno, l'idea che il compito dei socialisti fosse essenzialmente quello di favorire l'imminente compimento dell'evoluzione del PCI.» |
Si batté sempre in primissima linea per i diritti civili: a cominciare dalla battaglia per il divorzio. Fu lui, nel luglio del 1976, a pilotare il Comitato centrale del Midas, che dopo la sconfitta elettorale aveva defenestrato De Martino, verso l'elezione di Craxi: un po' perché quel suo vicesegretario che conosceva così poco non gli dispiaceva, molto perché pensava che, debole come all'epoca Craxi era, sarebbe stato facile guidarlo da padre nobile. Un altro errore, in tutta evidenza, scontato con una rapida emarginazione nel partito.
Negli anni di piombo non si associò al fronte della fermezza contro il terrorismo, e gli furono rimproverate, in specie dal PCI, debolezze e simpatie personali verso esponenti di primo piano dell'Autonomia operaia (Franco Piperno su tutti). La sinistra extraparlamentare gli era lontana mille miglia: ma per libertarismo e anche per calcolo politico non le sbatté mai la porta in faccia. Non riconfermato alle politiche del 1992, rese a Milano in Procura la testimonianza decisiva per impedire a Bettino Craxi di nascondersi dietro il segretario amministrativo nelle inchieste sui finanziamenti illeciti del PSI (a differenza di quanto avveniva nella DC, dove resse lo scudo rappresentato dal segretario amministrativo Severino Citaristi): affermò infatti che la gestione di Vincenzo Balzamo si limitava alla tenuta della cassa, ma che il potere assoluto sulle finanze del partito era del segretario politico.
Non lasciò l'attività politica legata alla terra d'origine: dopo esserlo stato pochi mesi nel 1985, nel 1993 venne rieletto sindaco di Cosenza, alla testa di alcune liste civiche non collegate ai partiti tradizionali. Fu proprio in quell'anno, però, che prese l'avvio la sua vicenda giudiziaria, quando alcuni pentiti lo accusarono di presunti rapporti con cosche mafiose del reggino e di Cosenza. Mancini respinse sdegnosamente le accuse che gli venivano rivolte, ma il Tribunale di Palmi, il 25 marzo 1996, lo condannò per concorso esterno in associazione mafiosa[8]. Un anno dopo, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, il 24 giugno 1997, annullò la sentenza per incompetenza territoriale, rimandando tutti gli atti a Catanzaro. Una prima conclusione della vicenda giudiziaria arrivò il 19 novembre 1999, con l'assoluzione da parte del giudice per l'udienza preliminare, Vincenzo Calderazzo, che dichiarò estinto per prescrizione il reato di associazione per delinquere, mentre per quello di concorso esterno in associazione mafiosa, Mancini venne assolto perché il fatto non sussiste. Il processo d'appello, fissato a fine giugno del 2000, venne rinviato a nuovo ruolo e non ha mai avuto inizio.
Dopo le vicende giudiziarie, Mancini riprese l'attività politica ed amministrativa, dopo un periodo di sospensione dalla carica di sindaco. Ritornò a guidare l'amministrazione comunale cosentina e venne rieletto sindaco al primo turno nel 1997, sostenuto anche dalla coalizione dell'Ulivo. Dopo la dissoluzione del PSI fonda il PSE-Lista Mancini, che si propone di portare nella politica italiana i valori del socialismo europeo.
Ebbe come stretto collaboratore, compagno di tante battaglie, Antonio Landolfi, divenuto il suo biografo, che, dopo la sua morte, creò e guidò la Fondazione Mancini con l'intento di conservare il patrimonio umano e politico dell'esponente socialista. È morto l'8 aprile del 2002, all'età di 86 anni. Ha un nipote, omonimo, Giacomo Mancini Jr, che si occupa di politica, erede della Lista Mancini, già deputato nazionale.
Filmografia |
1992, regia di Giuseppe Gagliardi - Serie TV con Pietro Biondi nei panni di Giacomo Mancini (2015)
Note |
^ L’A3: storia di mazzette, pizzo, sprechi, errori, morti (bianche, ammazzati, travolti da frane) La volle Mancini. E Craxi disse: "con 1000 miliardi la finiremo", su Corriere della Sera. URL consultato il 12 maggio 2016.
^ "Agrigento To Get £12M." Times [London, England] 5 Aug. 1966: 8. The Times Digital Archive.
^ Corwin R. Mocine, Urban Growth and a New Planning Law in Italy, Land Economics, Vol. 41, No. 4 (Nov., 1965), pp. 347-353.
^ Region of Despair, Economic and Political Weekly, Vol. 6, No. 7 (Feb. 13, 1971), pp. 438-439.
^ Alberto Spreafico, Franco Cazzola, CORRENTI DI PARTITO E PROCESSI DI IDENTIFICAZIONE, Il Politico, Vol. 35, No. 4 (DICEMBRE 1970), pp. 695-717.
^ Stephen P. Koff, Sondra Z. Koff, FACTIONALISM : OBSTACLE TO ITALIAN SOCIALIST UNITY, The Indian Journal of Political Science, Vol. 34, No. 3 (JULY-SEPTEMBER 1973), pp. 251-280.
^ Tumiati, Peter. "Concern over Failure to Form Italian Coalition." Financial Times [London, England] 26 Feb. 1970: 7. The Financial Times Historical Archive, 1888-2010.
^ "Mafia sentence." Times [London, England] 27 Mar. 1996: 12. The Times Digital Archive.
Voci correlate |
- Giacomo Mancini (1972)
- Governo Moro I
- Governo Moro II
- Governo Moro III
- Governo Rumor I
- Ministri dei lavori pubblici della Repubblica Italiana
- Ministri della sanità della Repubblica Italiana
- Sindaci di Cosenza
- Partito Socialista Italiano
Altri progetti |
Altri progetti
- Wikiquote
- Wikimedia Commons
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Collegamenti esterni |
Mancini, Giacomo la voce nella Treccani.it - L'Enciclopedia Italiana.URL visitato il 18 febbraio 2014.
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