Lingua giapponese






























































Giapponese
日本語 [Nihongo]
Parlato in
Giappone Giappone
Brasile Brasile
Stati Uniti Stati Uniti (California, Guam, Hawaii)
Isole Marshall Isole Marshall
Palau Palau
Locutori
Totale 127 milioni
Classifica 10
Altre informazioni
Scrittura sillabari hiragana e katakana, alfabeto latino (rōmaji) e ideogrammi (kanji)
Tipo
SOV agglutinante - flessiva
Statuto ufficiale

Ufficiale in

Giappone Giappone
Palau Palau (Angaur)[1][2]
Regolato da Governo giapponese
Codici di classificazione
ISO 639-1 ja
ISO 639-2 jpn
ISO 639-3
jpn (EN)
ISO 639-5 jpx
Glottolog
nucl1643 (EN)
Estratto in lingua

Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
全ての人間は、生まれながらにして自由であり、かつ、尊厳と権利とについて平等である。人間は、理性と良心とを授けられており、互いに同胞の精神をもって行動しなければならない。

Traslitterazione
Subete no ningen wa, umare nagara ni shite jiyū de ari, katsu, songen to kenri to ni tsuite byōdō de aru. Ningen wa, risei to ryōshin to o sazukerarete ori, tagai ni dōhō no seishin o motte kōdō shinakereba naranai.

La lingua giapponese (日本語 Nihongo?) è una lingua parlata in Giappone e in numerose aree di immigrazione giapponese. Insieme alle lingue ryūkyūane forma la famiglia linguistica delle lingue nipponiche.


Poco si conosce della preistoria della lingua, o di quando essa apparve per la prima volta in Giappone. I documenti cinesi del III secolo registravano alcune parole giapponesi, ma testi sostanziali non apparvero prima dell'VIII secolo. Durante il periodo Heian (794-1185), il cinese ebbe considerevole influenza sul vocabolario e sulla fonologia del giapponese antico. Il giapponese tardomedio (1185–1600) vide cambiamenti nelle caratteristiche che lo portarono più vicino alla lingua moderna, nonché la prima apparizione di prestiti linguistici europei. Il dialetto standard si spostò dalla regione di Kansai alla regione di Edo (la moderna Tokyo) nel periodo del giapponese moderno iniziale (inizio del XVII secolo-metà del XIX secolo). In seguito alla fine nel 1853 dell'isolamento autoimposto del Giappone, il flusso dei prestiti linguistici dalle lingue europee aumentò significativamente. I prestiti linguistici inglesi in particolare sono diventati frequenti e le parole giapponesi con radici inglesi sono proliferate.


Dal punto di vista filogenetico il giapponese si considera solitamente una lingua isolata, per l'impossibilità di ricostruire con sicurezza la sua origine. Alcune delle teorie proposte ipotizzano che il giapponese possa avere origini comuni con la lingua ainu (parlata dalla popolazione indigena Ainu tuttora presente nell'isola di Hokkaidō), con le lingue austronesiane oppure con le lingue altaiche. Le ultime due ipotesi sono attualmente le più accreditate: molti linguisti concordano nel ritenere che il giapponese sarebbe costituito da un substrato austronesiano a cui si è sovrapposto un apporto di origine altaica. Evidenti sono le somiglianze sintattiche e morfologiche con il coreano, trattandosi di lingue agglutinanti (che formerebbe con il giapponese il gruppo macro-tunguso), da cui differisce sul piano lessicale.


Vari studiosi utilizzano il termine protogiapponese per indicare la protolingua di tutte le varietà delle lingue moderne del Giappone, ovvero la lingua moderna giapponese, i dialetti del Giappone e tutte le forme di lingua parlata nelle isole Ryukyu.[3] Dal punto di vista tipologico il giapponese presenta molti caratteri propri delle lingue agglutinanti del tipo SOV, con una struttura "tema-commento" (simile a quella del coreano). La presenza di alcuni elementi tipici delle lingue flessive ha spinto tuttavia alcuni linguisti a definire il giapponese una lingua "semi-agglutinante".




Indice






  • 1 Distribuzione geografica


  • 2 Storia della lingua giapponese


    • 2.1 Preistoria


    • 2.2 Giapponese antico


    • 2.3 Giapponese medio iniziale


    • 2.4 Giapponese tardomedio


    • 2.5 Giapponese moderno




  • 3 Fonologia


    • 3.1 Vocali


    • 3.2 Consonanti




  • 4 Grammatica


    • 4.1 Parti del discorso


      • 4.1.1 Sostantivi


        • 4.1.1.1 Pronomi personali




      • 4.1.2 Verbi


      • 4.1.3 Aggettivi


      • 4.1.4 Avverbi


      • 4.1.5 Particelle


        • 4.1.5.1 Particelle di caso


        • 4.1.5.2 Particelle enfatiche


        • 4.1.5.3 Particelle finali






    • 4.2 Sintassi


      • 4.2.1 Modelli di proposizioni


      • 4.2.2 Modelli di periodo






  • 5 Sistema di scrittura


    • 5.1 Kana


    • 5.2 Kanji


    • 5.3 Traslitterazione o rōmaji


    • 5.4 Convenzioni ortografiche


    • 5.5 Scrivere senza spazi




  • 6 Altre particolarità della lingua giapponese


  • 7 Premi Nobel per la letteratura di lingua giapponese


  • 8 Note


  • 9 Bibliografia


  • 10 Voci correlate


  • 11 Altri progetti


  • 12 Collegamenti esterni





Distribuzione geografica |


Il giapponese è lingua ufficiale nell'arcipelago giapponese e nell'isola di Angaur (Palau), dove condivide lo status con l'angaur e l'inglese. Esistono inoltre numerose comunità di lingua giapponese nelle aree di immigrazione, in Brasile, in Perù e negli Stati Uniti (soprattutto nelle Hawaii e in California). Gli immigrati giapponesi di queste comunità sono chiamati nisei (二世? letteralmente "seconda generazione") ed è raro che parlino giapponese correntemente.



Storia della lingua giapponese |



Preistoria |


Si pensa che un antenato comune del giapponese e delle lingue o dialetti ryukyuani sia stato portato in Giappone da colonizzatori provenienti dall'Asia continentale o dalle vicine isole del Pacifico (o da entrambe) in qualche momento tra l'inizio e la metà del II secolo a.C. (il periodo Yayoi), sostituendo le lingue degli originari abitanti Jōmon,[4] incluso l'antenato della moderna lingua ainu. Molto poco si sa del giapponese di questo periodo. Poiché la scrittura doveva ancora essere introdotta in Cina, non ci sono prove dirette, e qualsiasi cosa si possa discernere di questo periodo del giapponese deve basarsi sulle ricostruzioni del giapponese antico.



Giapponese antico |



Pagina dal Man'yōshū

Una pagina dal Man'yōshū, la più antica antologia di poesia giapponese classica


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Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua giapponese antica.

Il giapponese antico è il più antico stadio attestato della lingua giapponese. Attraverso la diffusione del buddhismo, il sistema di scrittura cinese fu importato in Giappone. I primi testi trovati in Giappone sono scritti in cinese classico, ma può darsi che fossero destinati a essere letti come giapponesi mediante il metodo kanbun. Alcuni di questi testi cinesi mostrano le influenze della grammatica cinese, come l'ordine delle parole (ad esempio, porre il verbo dopo l'oggetto). In questi testi ibridi, i caratteri cinesi sono usati occasionalmente anche foneticamente per rappresentare particelle giapponesi. Il primo testo, il Kojiki, risale all'inizio dell'VIII secolo, ed era scritto interamente in caratteri cinesi. La fine del giapponese antico coincide con la fine del periodo Nara nel 794. Il giapponese antico usa il sistema di scrittura man'yōgana, che impiega i kanji per i loro valori fonetici oltre che semantici. In base al sistema man'yōgana, si può ricostruire che il giapponese antico avesse 88 sillabe distinte. I testi scritti con i man'yōgana usano due diversi kanji per ciascuna delle sillabe ora pronunciate き ki, ひ hi, み mi, け ke, へ he, め me, こ ko, そ so, と to, の no, も mo, よ yo e ろ ro.[5] (Il Kojiki ne ha 88, ma tutti i testi successivi ne hanno 87. La distinzione tra mo1 e mo2 apparentemente fu persa immediatamente dopo la sua composizione.) Questo insieme di sillabe si contrasse a 67 nel giapponese medio iniziale, sebbene alcune siano state aggiunte attraverso l'influenza cinese.


A causa di queste sillabe extra, si è ipotizzato che il sistema vocalico del giapponese fosse più ampio di quello del giapponese moderno – forse conteneva fino a otto vocali. Secondo Shinkichi Hashimoto, le sillabe extra nel Man'yōgana derivano da differenze tra le vocali delle sillabe in questione.[6] Queste differenze indicherebbero che il giapponese antico avesse un sistema di otto vocali,[7] in contrasto con le cinque vocali del giapponese più tardo. Il sistema vocalico dovrebbe essersi contratto in qualche momento tra questi testi e l'invenzione dei kana (hiragana e katakana) all'inizio del IX secolo. Secondo questa visione, il sistema a otto vocali del giapponese antico assomiglierebbe a quello delle famiglie delle lingue uraliche e altaiche.[8] Tuttavia, non è completamente certo che l'alternanza tra le sillabe rifletta necessariamente una differenza tra le vocali piuttosto che tra le consonanti – al momento, il solo fatto incontestato è che sono sillabe diverse.


Il giapponese antico non ha /h/, ma piuttosto /ɸ/ (preservata nel moderno fu, /ɸɯ/), che è stato ricostruito in un anteriore */p/. Il Man'yōgana ha anche un simbolo per /je/, che si fonde con /e/ prima della fine del periodo.


Parecchie fossilizzazioni degli elementi grammaticali del giapponese antico rimangono in quello moderno – la particella del genitivo tsu (soppiantata dal moderno no) è preservata in parole come matsuge ("ciglio", lett. "peli dell'occhio"); i moderni mieru ("essere visibile") e kikoeru ("essere udibile") conservano quello che può essere un suffisso mediopassivo -yu(ru) (kikoyukikoyuru (la forma attributiva, che sostituì lentamente la forma ordinaria a partire dal tardo periodo Heian) > kikoeru (tutti i verbi shimo-nidan nel giapponese moderno lo fanno); e la particella del genitivo ga rimane nella parlata intenzionalmente arcaica.



Giapponese medio iniziale |



Due pagine dal rotolo emaki del Genji Monogatari

Due pagine da un rotolo emaki del XII secolo del of Genji monogatari dell'XI secolo






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Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua giapponese media iniziale.

Il giapponese medio iniziale è il giapponese del periodo Heian, dal 794 al 1185. Esso vede una significativa influenza cinese sulla fonologia della lingua – le distinzioni di lunghezza diventano fonemiche sia per le consonanti sia per le vocali, e sono aggiunte serie di consonanti sia labializzate (ad es. kwa) sia palatalizzate (kya). Il /ɸ/ intervocalico si fonde con /w/ verso l'XI secolo. La fine del giapponese medio iniziale vede l'inizio di un mutamento dove la forma attributiva (giapponese rentaikei) sostituisce lentamente la forma non flessa (shūshikei) per quelle classi verbali dove le due erano distinte.



Giapponese tardomedio |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua giapponese tardomedia.

Il giapponese tardomedio copre gli anni dal 1185 al 1600 ed è diviso normalmente in due sezioni, grosso modo equivalenti al periodo Kamakura e al periodo Muromachi, rispettivamente. Le forme posteriori di giapponese tardomedio sono le prime ad essere descritte da fonti non native, in questo caso i missionari gesuiti e francescani; e in tal modo vi è una migliore documentazione della fonologia per il giapponese tardomedio che per le forme precedenti (ad esempio, l'Arte da Lingoa de Iapam). Tra gli altri cambiamenti di suono, la sequenza /au/ si finde in /ɔː/, in contrasto con /oː/; /p/ è reintrodotta dal cinese; e /we/ si fonde con /je/. Alcune forme alquanto più familiari ai parlanti del giapponese moderno cominciano ad apparire – la terminazione continuativa -te comincia a ridursi sul verbo (ad es. yonde per l'anteriore yomite), la -k- nella sillaba finale degli aggettivi cade (shiroi per l'anteriore shiroki); ed esistono alcune forme dove il giapponese standard moderno ha conservato la forma anteriore (ad es. hayaku > hayau > hayɔɔ, dove il giapponese moderno ha solo hayaku, benché la forma alternativa sia preservata nel saluto standard o-hayō gozaimasu "buon giorno"; questa terminazione si vede anche in o-medetō "congratulazioni", da medetaku).


Il giapponese mediotardo ha i suoi prestiti linguistici dalle lingue europee – parole ora comuni prese a prestito dal giapponese in questo periodo includono pan ("pane") e tabako ("tabacco", ora "sigaretta"), entrambi dal portoghese.



Giapponese moderno |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua giapponese moderna.

Si ritiene che il giapponese moderno sia iniziato con il periodo Edo, che durò fra il 1603 e il 1868. A partire dal giapponese antico, il giapponese standard de facto era stato il dialetto di Kansai, specialmente quello di Kyoto. Tuttavia, durante il periodo Edo, Edo (ora Tokyo) si sviluppò nella più grande città del Giappone, e il dialetto dell'era Edo divenne il giapponese standard. A partire dalla fine dell'isolamento autoimposto del Giappone nel 1853, il flusso di prestiti linguistici dalle lingue europee è aumentato significativamente. Il periodo a partire dal 1945 ha visto un numero maggiore di parole prese in prestito dall'inglese,[9] specialmente con riferimento alla tecnologia — as esempio, pasokon (abbreviazione per "personal computer"); intānetto ("internet") e kamera ("macchina fotografica"). A causa della grande quantità di prestiti linguistici inglesi, il giapponese moderno ha sviluppato una distinzione tra /tɕi/ e /ti/, e tra /dʑi/ e /di/, con l'ultima che in ciascuna coppia si trova solo nei prestiti linguistici.



Fonologia |






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Lo stesso argomento in dettaglio: fonologia della lingua giapponese.

In giapponese esistono cinque fonemi vocalici e ventisei fonemi consonantici differenti. Questi ultimi, però, non si presentano mai da soli ma hanno sempre bisogno di una vocale a cui appoggiarsi (l'unica eccezione è /ɴ/, che può apparire isolato). Si usa dire a questo proposito che il giapponese è una lingua sillabica: l'elemento fondamentale della parola non è infatti la lettera, ma la mora. Le more sono composte sempre secondo lo schema [consonante] + [vocale] oppure secondo lo schema [consonante] + /j/ + [vocale]. Questo limita notevolmente la possibilità di comporre parole usando i fonemi.


Nella traslitterazione della scrittura giapponese (secondo i sistemi ufficiali Hepburn e Kunrei) sono impiegate soltanto ventidue delle ventisei lettere dell'alfabeto latino, cinque vocali e diciassette consonanti (alcune delle quali corrispondono a più di un fonema).



Vocali |


Vocali della lingua giapponese

I fonemi vocalici giapponesi, in trascrizione IPA, sono /a/ /e/ /i/ /o/ /u/, che vengono abitualmente traslitterati rispettivamente come a, e, i, o, u. L'unica vocale caratteristica della lingua giapponese è la realizzazione di /u/ in [ɯᵝ], fono arrotondato esolabiale.


In ambiente sordo, ovvero quando precedute e seguite da consonanti sorde o in fine di frase, la pronuncia di alcune vocali (principalmente /i/ e /u/, ma in alcuni parlanti anche /a/ e /o/) è desonorizzata (con vibrazione delle corde vocali solo parziale o totalmente assente). L'accento regionale della zona del Kansai (Ōsaka, Kyōto), molto caratteristico, invece tende a pronunciare marcatamente anche le vocali desonorizzate della lingua standard.


Alcuni esempi (le vocali tra parentesi sono da pronunciare senza far vibrare le corde vocali):



  • /u/ desonorizzata ([ɯᵝ]):


    • desu (copula) è pronunciato [de̞s(ɯᵝ)]

    • Asuka (nome proprio) è pronunciato [äs(ɯᵝ) ka]



  • /i/ desonorizzata ([i̥]):


    • deshita (copula al passato) è pronunciato [de̞ɕ(i̥) tä]


    • kita ("nord") è pronunciato [ki̥tä]



  • /a/ e /o/ desonorizzate:


    • kakaru (verbo dai molteplici significati) è pronunciato [k(ä) kärɯᵝ]


    • kokoro ("cuore") è pronunciato [k(o̞) ko̞ro̞]




Le vocali possono essere allungate con la ripetizione della stessa o con l'aggiunta di altre vocali. Non esiste un accento tonico come concepito nelle lingue neolatine: l'accento potrebbe cadere su qualunque sillaba della parola in base alla musicalità che assume all'interno della frase.



Consonanti |


Di seguito vengono riportati i fonemi base (tra /.../) e i foni (tra [...]) del consonantismo giapponese:





















































































Bilabiali
Dentali
Alveolari
Alveolo-palatali
Palatali
Velari
Uvulare
Glottali

Nasali
          /m/

           /n/


          [ŋ]
          [ɴ]


Occlusive

/p/       /b/

/t̪/       /d̪/




/k/       /ɡ/

     [ː]

Affricate

[ʦ̪]       [ʣ̪]


[ʨ]      [ʥ]






Fricative

[ɸ]       [β]

/s̪/       /z̪/


[ɕ]       [ʑ]

[ç]
          [ɣ]


/h/

Approssimanti




          /j/
          /w/



Vibranti


           /r/






I fenomeni più comuni sono l'assimilazione di alcune consonanti e la sonorizzazione di altri in contesti vocalici.



Grammatica |



Parti del discorso |


Le parti del discorso presenti nella lingua giapponese sono cinque: sostantivo, verbo, aggettivo, avverbio, particella. Quest'ultima categoria racchiude le definizioni italiane di preposizione, congiunzione e interiezione. I pronomi non esistono come categoria a sé stante, ma sono trattati secondo i casi come sostantivi o come aggettivi. Gli articoli sono del tutto inesistenti.



Sostantivi |


Il sostantivo giapponese, nella maggior parte dei casi, non presenta distinzioni di genere e numero: sensei significa indistintamente "maestro", "maestra", "maestri" o "maestre". Quando si vuole caratterizzare un nome di persona secondo il genere, si possono far precedere le specificazioni otoko no (maschio) e onna no (femmina): Ko (bambino) diviene perciò otoko no ko (bambino maschio, ragazzo) oppure onna no ko (bambina, ragazza) a seconda dei casi. Un ristretto numero di sostantivi presenta una forma plurale ottenuta per raddoppiamento, che può essere considerata alla stregua di un nome collettivo: hito (persona) diviene hitobito (persone, gente).



Pronomi personali |

Rientrano fra i sostantivi anche i pronomi personali, che presentano numerose forme per ciascuna persona (utilizzate a seconda del contesto per esprimere il grado di familiarità fra i parlanti):

























































Formale Neutro Informale
Io watakushi
watashi, boku (solo maschile)

ore (solo maschile), atashi (solo femminile)
Tu otaku anata
kimi, omae, anta
Egli kare
aitsu
Ella kanojo
yatsu
Noi watakushi-tachi
watashi-tachi, boku-tachi (solo maschile)

boku-ra, ware-ware, ore-tachi
Voi anata-gata anata-tachi
omae-tachi , kimi-tachi
Essi kare-ra
Esse kanojo-tachi

Alcune precisazioni:



  • ll pronome di prima persona watakushi è una forma molto formale e ormai caduta in disuso; anche watashi è formale ma in misura minore rispetto a watakushi. Boku e atashi invece sono abbastanza informali e usati perlopiù tra amici e in famiglia. Ore è invece ancora più informale e talvolta considerato maleducato;

  • riguardo ai pronomi di seconda persona c'è da aggiungere che esistono ulteriori forme: otaku (da non confondere con l'altro significato otaku) è un'altra forma estremamente formale, al pari di watakushi e in disuso. Anche anata è sempre formale ma meno di otaku. Kimi è la forma informale standard, mentre omae e anta sono ancora più colloquiali. Inoltre, ancora più in basso, vi sono le forme temee e kisama, che sono considerati dei veri e propri insulti (come per dire: "Tu, bastardo!"). Kisama è più offensivo di temee;

  • i pronomi di terza persona sono quelli che hanno meno forme. Le forme esistenti sono kare e kanojo, il cui grado di formalità/informalità è neutro. A questi però vi sono da aggiungere altre due forme, molto informali, aitsu e yatsu.


Lo stesso, con l'aggiunta del suffisso -tachi, vale per le forme plurali.



Verbi |


Il verbo giapponese presenta una coniugazione che permette di distinguere il modo e il tempo dell'azione (presente o passato), ma non la persona. La coniugazione segue le regole proprie delle lingue agglutinanti: i suffissi si uniscono alla radice del verbo senza fondersi e contengono ciascuno un'unica informazione semantica. La vocale radicale dei verbi può mantenersi invariata in tutta la coniugazione (verbi ichi-dan o ad una uscita) oppure variare a seconda del suffisso a cui è collegata (verbi go-dan o a cinque uscite). Sono ichi-dan i verbi che alla forma non caratterizzata (corrispondente spesso all'indicativo presente italiano) escono in -eru o -iru (la vocale radicale è evidenziata in grassetto):
Esempio: taberu, mangiare




  • tabe: davanti a tutti i suffissi (tranne ba);


  • taberu: forma non caratterizzata;


  • tabere: usata anche davanti al suffisso ba;


  • tabero: forma imperativa


Sono go-dan tutti gli altri verbi:
Esempio: kaku, scrivere




  • kaka: davanti ai suffissi nai, reru, seru;


  • kaki: davanti al suffisso masu, tai;


  • kai: davanti ai suffissi ta, tara, tari, te;


  • kaku: forma non caratterizzata;


  • kake: forma imperativa; usata anche davanti al suffisso ba e ru;


  • kako: utilizzata solo per l'esortativo Kakō


Elenchiamo di seguito i suffissi più comuni:




  • ta: passato (corrispondente a tutte le forme passate dei verbi italiani);


  • te: gerundio, sospensivo (usato in proposizioni coordinate), imperativo gentile;


  • nai: negativo;


  • tai: è uno dei modi per indicare la volontà di compiere un'azione;


  • masu: forma gentile;


  • ba: condizionale (usato nel periodo ipotetico);


  • reru (rareru per i verbi ichi-dan): passivo;


  • ru (rareru per i verbi ichi-dan): potenziale (posso mangiare, posso scrivere);


  • seru (saseru per i verbi ichi-dan): causativo (faccio mangiare, faccio scrivere).


Il suffisso nai si coniuga come un aggettivo, mentre il suffisso reru, ru e seru si coniugano come normali verbi ichi-dan.


In tabella diamo la coniugazione completa di due verbi ichi-dan e di nove verbi go-dan (si presti attenzione alle modifiche eufoniche, evidenziate dal grassetto):

























































































































































mangiare vedere scrivere andare nuotare far uscire stare morire chiamare leggere attraversare comprare
Forma non caratterizzata taberu miru kaku iku oyogu dasu tatsu shinu yobu yomu wataru
kau
Passato tabeta mita kaita itta oyoida dashita tatta shinda yonda yonda watatta
katta
Gerundio tabete mite kaite itte oyoide dashite tatte shinde yonde yonde watatte
katte
Negativo tabenai minai kakanai ikanai oyoganai dasanai tatanai shinanai yobanai yomanai wataranai
kawanai
Forma gentile tabemasu mimasu kakimasu ikimasu oyogimasu dashimasu tachimasu shinimasu yobimasu yomimasu watarimasu
kaimasu
Condizionale tabereba mireba kakeba ikeba oyogeba daseba tateba shineba yobeba yomeba watareba
kaeba
Passivo taberareru mirareru kakareru - - - - - yobareru yomareru watarareru
kawareru
Potenziale taberareru mirareru kakeru ikeru oyogeru daseru tateru shineru yoberu yomeru watareru
kaeru
Causativo tabesaseru misaseru kakaseru ikaseru oyogaseru - tataseru shinaseru yobaseru yomaseru wataraseru
kawaseru

Diamo anche la coniugazione di suru (fare) e kuru (venire), gli unici due verbi irregolari giapponesi, della copula da (contrazione di dearu) e del suffisso masu:


































































Forma non caratterizzata suru kuru da
masu
Passato shita kita datta
mashita
Gerundio shite kite
datte, de
-
Negativo shinai konai de(wa) nai
masen
Forma gentile shimasu kimasu desu -
Condizionale sureba kureba nara(ba) -
Passivo sareru korareru - -
Potenziale dekiru ko(ra) reru - -
Causativo saseru kosaseru - -

Le forme dubitative di da e masu (rispettivamente darō e mashō) sono frequentemente usate, la prima per esprimere l'incertezza nel futuro (viene posposta alla forma non caratterizzata dei verbi: taberu darō, forse mangerò), la seconda per esprimere un'esortazione gentile (tabemashō, mangiamo).



Aggettivi |


Gli aggettivi giapponesi possono essere utilizzati come attributi o predicati nominali. Si osservi l'esempio con l'aggettivo samui (freddo):




  • samui tokoro: un luogo che è freddo > un luogo freddo;


  • samukatta tokoro: un luogo che era freddo;


  • kyō wa samui: oggi è freddo;


  • kinō wa samukatta: ieri era freddo.


In tutti i casi si può immaginare che il verbo essere sia incluso nell'aggettivo che termina in-i, unico tipo di aggettivo che subisce vere e proprie variazioni morfologiche.


Altri aggettivi si legano al nome che modificano tramite il gancio na. Sono chiamati anche aggettivi impropri o "nomi aggettivali".


Gli aggettivi in -i hanno una coniugazione a sé stante, mentre i secondi utilizzano la coniugazione della copula da (tranne che nella forma attributiva non determinata, che esce appunto in na). Riportiamo in tabella le due coniugazioni:
















































felice bello
Forma attributiva non caratterizzata ureshii
kirei na
Forma predicativa non caratterizzata ureshii
kirei da
Passato ureshikatta
kirei datta
Gerundio ureshikute
kirei de
Negativo ureshiku(wa)nai
kirei de(wa)nai
Forma gentile ureshiidesu
kirei desu
Condizionale ureshikereba
kirei nara(ba)
Esortativo ureshii darō
kirei darō

L'ausiliare negativo nai, già incontrato con i verbi, si coniuga come un normale aggettivo in i. Per questo motivo la coniugazione completa di un verbo, che comprende anche tutte le forme gentili e tutte le forme negative, è sviluppata utilizzando anche alcune forme della coniugazione dell'aggettivo (evidenziate in grassetto):









































































mangiare non mangiare mangiare (gentile) non mangiare (gentile)
Forma non caratterizzata taberu tabenai tabemasu
tabemasen o tabenaidesu
Passato tabeta tabenakatta tabemashita
tabemasendeshita o tabenakattadesu
Gerundio tabete tabenakute - -
Condizionale tabereba tabenakereba - -
Passivo taberareru taberarenai taberaremasu
taberaremasen
Potenziale taberareru taberarenai taberaremasu
taberaremasen
Causativo tabesaseru tabesasenai tabesasemasu
tabesasemasen
Dubitativo taberu darō tabenai darō taberu deshō
tabenai deshō
Esortativo tabeyō - tabemashō -


Avverbi |


Gli avverbi giapponesi si formano per lo più dagli aggettivi, cambiando la desinenza da i in ku (per i veri aggettivi) e da na in ni (per gli aggettivi impropri):




  • ureshii, felice > ureshiku, felicemente;


  • shizuka na, tranquillo > shizuka ni, tranquillamente.


Altri avverbi sono indipendenti dagli aggettivi, e la loro forma può variare (zenbu, completamente; ima, ora). Frequenti sono le forme avverbiali raddoppiate, spesso con curiosi effetti onomatopeici (tabitabi, a volte; pikapika, in modo scintillante; nikoniko, con il sorriso)



Particelle |


Le particelle giapponesi svolgono diverse funzioni all'interno della frase:



  • determinano il caso del sostantivo a cui sono poste (particelle di caso);

  • servono ad enfatizzare particolari elementi della frase (particelle enfatiche);

  • poste alla fine del periodo, ne caratterizzano l'intonazione complessiva (particelle finali).



Particelle di caso |

In giapponese il caso dei sostantivi è sempre espresso attraverso la posposizione di particelle. Alcune di queste particelle (per lo più quelle per il soggetto, il complemento oggetto e il complemento di termine) vengono talvolta tralasciate nel linguaggio colloquiale. Le particelle di caso sono nove: ga, o(a volte scritto come wo), no, ni, e, de, kara, made, yori. Di seguito elenchiamo le loro funzioni principali.




  • Ga: scritto con il kana が indica il soggetto (tenki ga yoi, "il tempo è bello"). Si noti che alle volte il soggetto giapponese non coincide con quello italiano: in presenza di un verbo alla forma potenziale, ad esempio, ga può individuare il complemento oggetto italiano (Nihongo ga hanaseru, "sa parlare il giapponese").


  • O: si scrive con il kana を (propriamente wo) e indica il complemento oggetto (Ringo o tabemasu, "mangio una mela"). A volte si usa per il complemento di moto per luogo (mori o arukimasu, "cammino nel bosco").


  • No: si scrive con il kana の e indica il complemento di specificazione (Kyōko no hon, "il libro di Kyōko"). È usato di frequente per indicare una relazione di dipendenza tra due sostantivi, anche quando in italiano si utilizza un complemento differente da quello di specificazione (go-kai no apāto, "l'appartamento al quinto piano").


  • Ni: si scrive con il kana に e indica il complemento di termine (Tanaka-san ni tegami o kakimasu, "scrivo una lettera al signor Tanaka"), il complemento di moto a luogo (ie ni kaerimasu, "torno a casa") e con i verbi di stato anche il complemento di stato in luogo (ie ni imasu, "sono in casa"). Con i verbi alla forma passiva o causativa può indicare il reale soggetto dell'azione, che in italiano è espresso rispettivamente dal complemento di agente e dal complemento di termine.


  • E: si scrive con il kana へ (propriamente he) e indica il complemento di moto a luogo e può essere usata in sostituzione di ni per esprimere avvicinamento (ie e ikimasu, "vado verso casa"). A volte si usa in composizione con no (Tōkyō e no densha, *"il treno di verso Tōkyō" > "il treno diretto a Tōkyō").


  • De: si scrive con il kana で e indica il complemento di mezzo (enpitsu de kakimasu, "scrivo a matita") e il complemento di stato in luogo con i verbi di azione (daigaku de benkyō shimasu, "studio all'università").


  • To: si scrive con il kana と e indica il complemento di compagnia (Aiko to asondeimasu, "gioco con Aiko"), funge da congiunzione (inu to neko o mimashita, "ho visto un cane e un gatto"), è usato in modo simile alla congiunzione che o alla preposizione di italiane quando introducono il discorso indiretto (kare wa Aiko ga kuroi neko o mita to iimasu, "lui ha detto che Aiko ha visto un gatto nero").


  • Kara: si scrive con i kana から e indica il complemento di moto da luogo (Tōkyō kara shūppatsu shimasu, "parto da Tōkyō"). Con i verbi alla forma passiva può indicare il complemento di agente.


  • Made: si scrive con i kana まで e significa fino a. In composizione con kara può indicare un intervallo temporale (jugyō ga 11-ji kara 12-ji made desu, "la lezione è dalle 11 alle 12").


  • Yori: si scrive con i kana より e significa da parte di ed è di uso molto limitato. Si utilizza nelle lettere per indicare il mittente (Suzuki Tarō yori, "da parte di Tarō Suzuki"). Si utilizza inoltre per specificare il secondo termine in un paragone (hana yori dango, "i ragazzi sono meglio dei fiori"), più facile da ricordare se tradotto come piuttosto che.



Particelle enfatiche |

Alcune particelle, dette enfatiche non sono utilizzate per indicare il caso, ma piuttosto per focalizzare l'attenzione su qualche elemento della frase. Esse si presentano in sostituzione di ga e o oppure in aggiunta alle altre particelle di caso. Le più importanti sono wa e mo, descritte di seguito.



  • Wa: si scrive con il kana は (propriamente ha) e indica il tema della frase, ossia all'elemento che risponde alla domanda implicita da cui scaturisce il messaggio espresso nella frase. Spesso il tema coincide con il soggetto, ma non sempre è così. Si confrontino i due esempi:



Neko wa niwa ni imasu: "il gatto è in giardino" (domanda implicita: Dov'è il gatto?, tema: Il gatto);


Niwa ni wa neko ga imasu: "in giardino c'è un gatto" (domanda implicita: Che cosa c'è in giardino?, tema: Il giardino).



  • Mo: si scrive con il kana も e significa anche (watashi mo ikimasu, "vado anch'io") oppure sia, se raddoppiato (Yukiko-chan ni mo Satoshi-kun ni mo denwa shimashita, "ho telefonato sia a Yukiko sia a Satoshi").


Particelle finali |

Soprattutto nel linguaggio parlato, si tende a sottolineare l'intonazione di un periodo aggiungendo una o più particelle finali. La scelta di queste particelle dipende dal sesso di chi parla e dall'intento espressivo che si vuole ottenere. Ricordiamo di seguito le più importanti.




  • Ka: si scrive con il kana か e indica una domanda, e si usa soprattutto nel linguaggio cortese o formale (nan desu ka, "che cos'è?"). Nel linguaggio informale può essere sostituita da kai (maschile) o da no (femminile), oppure essere del tutto assente. Alla fine delle domande non è necessario mettere il punto interrogativo visto che la particella か fa già il suo lavoro, ma comunque lo si vede spesso.


  • Ne: si scrive con il kana ね e indica una richiesta di conferma nei confronti di chi ascolta (atsui ne, "fa caldo, eh?"). Nel linguaggio colloquiale può essere enfatizzata e assumere la forma allungata .


  • Yo: si scrive con il kana よ e sottolinea che si tratta dell'opinione di chi parla (kawaii yo, "(per me) è carino!"). Nel linguaggio femminile, provoca spesso la caduta dell'eventuale da che lo precede. Può essere usata in combinazione con ne (samui yo ne, "fa freddo, eh!?").


  • Wa: propria del linguaggio femminile, indica una leggera esclamazione o un coinvolgimento da parte di chi parla (tsukareta wa, "come sono stanca"). Si scrive con il kana わ e non va confusa con la particella enfatica wa は.


  • Zo: utilizzata specialmente dai maschi, si scrive con il kana ぞ e conferisce alla frase un tono di avvertimento o anche di minaccia (kore de sumanai zo, "non finisce qui!").



Sintassi |


La struttura della frase giapponese obbedisce al seguente schema generale:



[Tema] + wa + [soggetto] + ga + [complementi + particelle di caso] + [complemento di termine] + ni + [complemento oggetto] + o + [predicato] + [particelle finali]
È consentita una certa elasticità nella successione dei complementi, ma il tema si trova sempre in prima posizione e il verbo sempre alla fine. Inoltre, tutto ciò che ha la funzione di specificare precede rigorosamente l'elemento a cui è riferito (gli attributi e i complementi di specificazione precedono i nomi, gli avverbi precedono i verbi, le proposizioni subordinate precedono la principale). Questi vincoli fanno sì che la disposizione delle parole in un periodo giapponese sia spesso l'opposto di quella italiana:


Kyō wa Tōkyō no tomodachi ni nagai tegami o kakimasu, "oggi scrivo una lunga lettera a un amico di Tōkyō" (letteralmente: Oggi-(tema)-Tōkyō-di-amico-a-lunga-lettera-(oggetto)-scrivo);


Ame ga futte iru kara, dekakemasen, "non esco perché piove" (letteralmente: pioggia-(soggetto)-cadendo sta-poiché-non esco)


In giapponese tutto ciò che è superfluo viene solitamente tralasciato. Il soggetto, per esempio, viene espresso soltanto nei casi in cui la sua mancanza renderebbe il messaggio incomprensibile. Questa caratteristica, unita alla tendenza a mettere in risalto ciò che è secondario, fa sì che l'espressione del pensiero in giapponese risulti generalmente più sfumata e ambigua di quanto non avvenga in italiano.



Modelli di proposizioni |


Frase copulativa: utilizza la copula da(colloquiale) / desu(formale) che può essere tradotta come "essere".


  • Affermativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + だ da / です desu.


Watashi wa gakusei da, Io sono uno studente (colloquiale); Maria-san wa itariajin desu, Maria è italiana (formale).

  • Negativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + じゃない janai / じゃありません ja arimasen / ではない dewa nai / で(は) ありません de(wa) arimasen.


Watashi wa sensei janai, Io non sono un professore (colloquiale); Maria-san wa nihonjin dewa arimasen, Maria non è giapponese (formale).

  • Interrogativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + ですか desu ka / ではありませんか de(wa) arimasen ka (il punto interrogativo è opzionale).


Anata wa gakusei desu ka?, Tu sei uno studente?; Maria-san wa itariajin desu ka?, Maria è italiana?.

Frase esistenziale: utilizza i verbi imasu e arimasu (esserci, esistere), il primo per gli esseri animati, il secondo per quelli inanimati. Essi sono di solito scritti solo in kana, rispettivamente います e あります, ma anche se raramente è possibile vederli scritti come 居ます e 有ります.


  • Affermativa: [Soggetto] + wa / ga + います imasu / あります arimasu.


Isu ga arimasu, C'è una sedia; Sensei ga imasu, C'è il professore.

  • Negativa: [Soggetto] + wa / ga + いません imasen / ありません arimasen.


Isu wa arimasen, Non ci sono sedie; Sensei wa imasen, Non ci sono professori.

  • Interrogativa: [Soggetto] + wa / ga + いますか imasu ka / ありますか arimasu ka / いませんか imasen ka / ありませんか arimasen ka.


Isu wa arimasu ka?, Ci sono sedie?; Sensei ga imasen ka?, Non c'è il professore?.


Modelli di periodo |


Periodo causale: è costituito da una proposizione principale e da una proposizione subordinata causale.


  • Forma normale: [Subordinata] + (のだ) から (no da) kara / ので no de + [Principale] + (のです) (no desu).


Kōhī ga suki dewa nai kara, nomimasen, Poiché non mi piace il caffè, non lo bevo.

  • Forma invertita: [Principale] + (のです) (no desu). [Subordinata] からです kara desu / のです no desu.


Kōhī o nomimasen. Suki dewa nai no desu, Non bevo caffè. Il fatto è che non mi piace.

Proposizione finale: quella che in italiano è una proposizione finale si traduce in giapponese con una proposizione seguita dal termine ために tame ni o semplicemente に ni qualora il verbo della reggente sia un verbo di movimento.




  • Aiko ni hanasu tame ni denwa shita: Ho telefonato per parlare con Aiko, (Aiko ni: ad Aiko, hanasu: parlare, tame ni: per, indica la finale, denwa shita: aver telefonato).


  • Shinbun o kai ni deta: Sono uscito a comprare il giornale, (Shinbun o: giornale [complemento oggetto], kai: comprare, ni: particella usata in questo caso per formare la subordinata finale, deta: essere uscito).


Proposizione relativa: a differenza delle lingue indoeuropee che fanno frequente uso di pronomi relativi, il giapponese non ne fa uso e la proposizione relativa precede immediatamente il sostantivo al quale si riferisce, la funzione logica che dovrebbe essere ricoperta dal pronome relativo è spesso deducibile dal contesto:




  • Kinō anata ga mita neko wa kuroi desu: Il gatto che hai visto ieri è nero,(kinō: ieri, anata ga: tu [soggetto della relativa], mita: aver visto, neko wa: gatto [tema della frase principale], kuroi: nero, desu: è, in questo caso nella funzione di ausiliare di cortesia).


  • Uchi ni kaeru densha ga nai: Non c'è un treno con cui tornare a casa, (uchi ni: a casa, kaeru: ritornare, densha ga: treno [soggetto della proposizione principale], nai: non c'è).


  • Watashi ga kita machi wa Tōkyō desu: La città dalla quale sono venuto è Tokyo, (watashi ga: io [soggetto della relativa], kita: essere venuto, machi wa: città [tema della principale], Tōkyō: Tokyo, desu: è).



Sistema di scrittura |






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Lo stesso argomento in dettaglio: sistema di scrittura giapponese.

Il sistema di scrittura giapponese si basa sui due kana (hiragana e katakana), alfabeti sillabici creati — secondo la tradizione — intorno al IX secolo dal monaco buddhista giapponese Kūkai (Kōbō Daishi), e sui kanji' (caratteri di origine cinese), i sinogrammi.


I primi due alfabeti sono composti ciascuno da 45 sillabe (che comprendono le vocali) e da una consonante, la N. Oltre a questi suoni seion, puri, ci sono venti suoni dakuon o impuri (ottenuti dalla nigorizzazione, ovvero dall'aggiunta di due trattini chiamati nigori a destra dei caratteri, che sonorizza le consonanti), cinque suoni handakuon o semipuri (con un cerchietto, maru, a destra dei caratteri) e trentasei suoni yōon o contratti, derivati dalla combinazione di alcuni dei precedenti.



Kana |






















































































































Sillabario Hiragana
(a)
(i)
(u)
(e)
(o)
(ka)
(ki)
(ku)
(ke)
(ko)
(ga)
(gi)
(gu)
(ge)
(go)
(sa)
(shi)
(su)
(se)
(so)
(za)
(ji)
(zu)
(ze)
(zo)
(ta)
(chi)
(tsu)
(te)
(to)
(da)
(ji)
(zu)
(de)
(do)
(na)
(ni)
(nu)
(ne)
(no)
(ha)
(hi)
(fu)
(he)
(ho)
(ba)
(bi)
(bu)
(be)
(bo)
(pa)
(pi)
(pu)
(pe)
(po)
(ma)
(mi)
(mu)
(me)
(mo)
(ya)
(yu)
(yo)
(ra)
(ri)
(ru)
(re)
(ro)
(wa)
(wo)
(n)


Lo hiragana è impiegato specialmente per i prefissi, i suffissi, le particelle (o posposizioni) — parti grammaticali giapponesi che non si rappresentano con i kanji. Viene usato inoltre per trascrivere la pronuncia dei kanji (prendendo il nome di furigana), sia per motivi didattici (nel caso di kanji rari) sia per scrivere sul computer (ogni ideogramma è scritto inizialmente come sequenza di segni hiragana e poi sostituito da uno dei kanji che hanno quella pronuncia).






















































































































Sillabario Katakana
(a)
(i)
(u)
(e)
(o)
(ka)
(ki)
(ku)
(ke)
(ko)
(ga)
(gi)
(gu)
(ge)
(go)
(sa)
(shi)
(su)
(se)
(so)
(za)
(ji)
(zu)
(ze)
(zo)
(ta)
(chi)
(tsu)
(te)
(to)
(da)
(ji)
(zu)
(de)
(do)
(na)
(ni)
(nu)
(ne)
(no)
(ha)
(hi)
(fu)
(he)
(ho)
(ba)
(bi)
(bu)
(be)
(bo)
(pa)
(pi)
(pu)
(pe)
(po)
(ma)
(mi)
(mu)
(me)
(mo)
(ya)
(yu)
(yo)
(ra)
(ri)
(ru)
(re)
(ro)
(wa)
(wo)
(n)


Il katakana, in alcuni casi simile allo hiragana, ma più rigido e squadrato, è attualmente impiegato soprattutto per trascrivere le parole di origine straniera (adattate naturalmente alla fonotassi giapponese: non tutti i suoni stranieri sono infatti presenti nell'alfabeto katakana, per esempio a causa del rotacismo). Inoltre può essere usato quando si vuol dare una maggior enfasi a determinati termini giapponesi all'interno di un testo. Fra i giovani è sempre più diffuso l'uso dei katakana per scrivere sostantivi giapponesi dai kanji troppo difficili o antiquati. Vengono infine usati per la scrittura delle voci onomatopeiche.


Per molti aspetti l'uso del katakana rispetto allo hiragana ha funzioni analoghe a quello del corsivo latino rispetto al tondo.


I tre sistemi di scrittura hiragana, katakana e kanji vengono utilizzati contemporaneamente nello stesso testo: i kanji per le radici della maggior parte dei verbi, degli aggettivi, dei pronomi, dei sostantivi e dei nomi propri giapponesi; lo hiragana per suffissi, desinenze, ausiliari e posposizioni, ma può essere usato anche in sostituzione dei kanji, soprattutto nel caso di testi informali o destinati ai bambini che ancora non hanno imparato molti dei kanji; il katakana è invece utilizzato per scrivere le onomatopee, le parole straniere e in certi casi le parole alle quali si desidera dare particolare rilievo all'interno di una frase. Per esempio si considerino i diversi modi in cui la frase Watashi wa Mirano e ikimasu ("Io vado a Milano") può essere scritta:


私はミラノへ行きます。


わたしはミラノへいきます。


Il pronome personale watashi (io) e la radice i del verbo iku (andare) possono essere scritti sia con i rispettivi kanji (私: watashi, 行: i) che con il loro equivalente hiragana (watashi: わたし, i: い) come nel secondo esempio perché sono rispettivamente un pronome e una radice verbale. La parola Mirano (Milano) va scritta in katakana in quanto parola straniera: ミラノ; mentre per scrivere la posposizione e (へ), la desinenza verbale ki (き) e l'ausiliare di cortesia masu (ます) si utilizza sempre e comunque lo hiragana.



Kanji |






Magnifying glass icon mgx2.svg
Lo stesso argomento in dettaglio: kanji.

I kanji (letteralmente "Caratteri della dinastia Han", dinastia cinese dal 206 a.C. al 200 d.C.) sono propriamente caratteri di origine cinese. Sono più di 50.000, ma quelli considerati di uso comune, gli shinjitai, sono solo 2238.[10] I kanji sono formati da uno dei 214 radicali e da altri elementi riconducibili ad altri kanji. I radicali, a loro volta, sono dei kanji a sé che solitamente non hanno molti tratti. È importante riconoscere i radicali perché aiutano nella comprensione dei kanji: infatti questi hanno un significato preciso e varie pronunce (di solito da una a tre) a seconda della loro posizione nelle parole. Adottando gli ideogrammi cinesi, i giapponesi hanno importato anche la loro pronuncia, detta on, modificata secondo la propria fonetica, specialmente per le parole composte, data la brevità di tali pronunce (la lingua cinese scritta di epoca classica era di fatto quasi totalmente monosillabica).


Esempio: la parola yasumi (休み) significa "riposo, vacanza", e il kanji è composto dal radicale di "persona" (人) e da "albero" (木), il secondo carattere (み) è la sillaba mi in hiragana.



Traslitterazione o rōmaji |


Il rōmaji (letteralmente "Segni di Roma") è il sistema di traslitterazione dal giapponese ai caratteri latini. Ci sono più tipologie di rōmaji: i più usati sono il sistema Hepburn e il sistema Kunrei. Qui viene usato il sistema Hepburn, che si differenzia dal Kunrei solo per qualche sillaba e per la scrittura dei suoni contratti. Il primo si avvicina di più alla pronuncia; il secondo è più schematico (dove lo Hepburn scrive ta, chi, tsu, te, to, il Kunrei scrive ta, ti, tu, te, to). Attenzione: i giapponesi non usano mai il rōmaji per scrivere (anche se da tempo si è diffuso il modo di scrivere occidentale in orizzontale "sinistra-destra" e "alto-basso", al posto del "classico" — e naturalmente tuttora impiegato — sistema di scrittura verticale "alto-basso" e "destra-sinistra". Il rōmaji è comunque insegnato nelle scuole perché attraverso la sillabazione in caratteri romani si possono scrivere i testi in giapponese su apparecchi elettronici, come computer e telefoni.



Convenzioni ortografiche |


Solo tre particelle hanno una pronuncia irregolare: は (ha) che si pronuncia wa, を (wo) che si pronuncia o e へ (he) che si pronuncia e. Queste letture irregolari si applicano solo quando il fonema è usato come particella. Nel caso di は ci sono anche altre poche eccezioni dovute a rimanenze arcaiche della particella d'argomento in parole ormai indipendenti, per esempio ではありません (dewa arimasen, "non è") o こんにちは (konnichiwa, "buongiorno"). La sillaba を è esclusivamente particella e non compare in nessun'altra parola giapponese.



Scrivere senza spazi |


Gli spazi nella lingua giapponese sono un'introduzione piuttosto recente ad uso dei bambini e di coloro che devono apprendere la lingua iniziando dagli alfabeti sillabici. A volte la divisione fra parola e parola si basa su metodi meramente convenzionali (alcuni legano le particelle ai nomi che li precedono, altri no, stesso discorso per la desinenza -masu dei verbi nella forma di cortesia). In realtà l'alternanza di kanji e hiragana fa sì che ci sia un'alternanza delle parti del discorso pienamente distinguibile. Dopo ogni sostantivo (scritto in kanji) segue una particella in hiragana; anche verbi e aggettivi hanno una prima parte in kanji e una desinenza in hiragana. Conoscendo questa struttura diventa semplice delimitare una parola dall'altra.



Altre particolarità della lingua giapponese |



  • Grande quantità di omofoni;

  • Gran numero di voci onomatopeiche;

  • Uso dei classificatori, unità di misura che cambiano a seconda dell'oggetto della conta;

  • Numero enorme di prestiti linguistici, la maggior parte derivati dal cinese, più recentemente dall'inglese americano;

  • Grande ricchezza e varietà di parole con sfumature di significato diverse (dovuto appunto all'importazione massiccia di parole anche da altre lingue straniere);

  • Sostantivi, verbi e aggettivi non distinguono tra genere, numero e persona;

  • Confine sfumato tra verbi e aggettivi;

  • Suddivisione delle voci verbali per basi;

  • Coniugazione positiva e negativa di tutte le forme verbali e aggettivali;

  • Divisione della lingua in livelli di cortesia, specialmente per i verbi, e di conseguenza gran numero di suffissi e di prefissi di genere onorifico;

  • Indicatore del tema o argomento della frase;

  • Soggetto quasi sempre sottinteso.

  • Si scrive dall'alto verso il basso ordinando le righe da destra verso sinistra, ma si può scrivere anche all'occidentale.



Premi Nobel per la letteratura di lingua giapponese |




  • Yasunari Kawabata (1968, Giappone Giappone)


  • Kenzaburō Ōe (1994, Giappone Giappone)



Note |




  1. ^ CIA - The World Factbook -- Field Listing :: Languages, Central Intelligence Agency. URL consultato il 17 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2010).


  2. ^ Lewis, Paul M. (ed), Languages of Palau, SIL International, 2009. URL consultato il 17 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2010).


  3. ^ Vedi bibliografia nella voce di dettaglio.


  4. ^ Nicholas Wade, Finding on Dialects Casts New Light on the Origins of the Japanese People, in The New York Times, 4 maggio 2011. URL consultato il 7 maggio 2011.


  5. ^ Shinkichi Hashimoto (3 febbraio 1918)「国語仮名遣研究史上の一発見―石塚龍麿の仮名遣奥山路について」『帝国文学』26–11(1949)『文字及び仮名遣の研究(橋本進吉博士著作集 第3冊)』(岩波書店)。


  6. ^ 大野 晋 (1953)『上代仮名遣の研究』(岩波書店) p. 126.


  7. ^ 大野 晋 (1982)『仮名遣いと上代語』(岩波書店) p. 65.


  8. ^ 有坂 秀世 (1931)「国語にあらはれる一種の母音交替について」『音声の研究』第4輯(1957年の『国語音韻史の研究 増補新版』(三省堂)


  9. ^ Akira Miura, English in Japanese, Weatherhill, 1998.


  10. ^ I nuovi caratteri sono dati dalla somma dei 1945 jōyō kanji e dei 293 jinmeiyō kanji usati per i nomi propri. A essere ormai desueti sono i circa 45,000 kyūjitai.



Bibliografia |



  • Claude Lévi-Strauss "Lezioni giapponesi", Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2010.

  • Paolo Calvetti, "Introduzione alla storia della lingua giapponese", Istituto Universitario Orientale-Dipartimento di Studi Asiatici, 1999.

  • Silvana De Maio, Carolina Negri, Junichi Oue (2007) "Corso di Lingua Giapponese" vol. 1. Hoepli. ISBN 978-88-203-3663-9

  • Silvana De Maio, Carolina Negri, Junichi Oue (2007) "Corso di Lingua Giapponese" vol. 2. Hoepli. ISBN 978-88-203-3664-6

  • Silvana De Maio, Carolina Negri, Junichi Oue (2008) "Corso di Lingua Giapponese" vol. 3. Hoepli. ISBN 978-88-203-3665-3

  • Matilde Mastrangelo, Naoko Ozawa, Mariko Saito (2006) "Grammatica Giapponese". Hoepli ISBN 88-203-3616-2

  • Kubota Yoko (1989). Grammatica di giapponese moderno. Libreria Editrice Cafoscarina. ISBN 88-85613-26-8

  • Mariko Saito (2001). Corso di lingua giapponese per italiani 1. Bulzoni. ISBN 88-8319-387-3

  • Mariko Saito (2003). Corso di lingua giapponese per italiani 2. Bulzoni. ISBN 88-8319-853-0

  • Makino Seiichi, Tsutsui Michio (1991). A dictionary of basic Japanese grammar. Japan Publications Trading Co. ISBN 4-7890-0454-6

  • Makino Seiichi, Tsutsui Michio (1995). A dictionary of intermediate Japanese grammar. Japan Publications Trading Co. ISBN 4-7890-0775-8

  • Andrew Nelson, a cura di John Haig (1996). The New Nelson Japanese-English Character Dictionary. Tuttle Publishing. ISBN 0-8048-2036-8

  • Mark Spahn, Wolfgang Hadamitzky (1996). The Kanji Dictionary. Tuttle Publishing. ISBN 0-8048-2058-9


  • Dizionario Shogakukan Italiano-Giapponese. Shogakukan. ISBN 4-09-515402-0. (1999)


  • Dizionario Shogakukan Giapponese-Italiano. Shogakukan. ISBN 4-09-515451-9. (1994)

  • Remembering the kanji, James W. Heisig (imparare i kanji in modo facile e veloce) non disponibile in italiano (traduzione in corso).

  • Kana Un libro di esercizio (PDF) (PDF), su brng.jp.



Voci correlate |




  • Kanji e bushu

  • Kana

  • Katakana

  • Hiragana


  • Hanzi e radicali Kangxi

  • Dizionario Kangxi

  • Cinese medio e varietà storiche di giapponese

  • Pinyin

  • Lingua coreana


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Collegamenti esterni |






  • Lingua giapponese, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Lingua giapponese, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata


  • http://impararegiapponese.blogspot.it/ Blog online con lezioni per lo studio della lingua giapponese.


  • Il Giapponese Lezioni online e strumenti per lo studio della lingua giapponese.


  • Imparare il giapponese Contiene lezioni sulla grammatica giapponese e sui kanji, materiale di studio e informazioni sulla lingua giapponese.


  • Lezioni di giapponese online, all'interno del sito Bandiere del Giappone. Il sito contiene anche lezioni sui kanji.

  • YYNIHONGO.JP.

  • Dizionari Elettronici italiano-giapponese, su it.denshi-jisho.com.


  • Esercizi per imparare il vocabolario di base del giapponese


  • Vocabolario gratuito quattro parole in giapponese ogni giorno


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    Sushi Test[collegamento interrotto], per verificare la conoscenza base della lingua mediante un divertente test che assegna i voti tramite varie tipologie di sushi.

  • Guida ai Jōyō kanji, su kanji.zinbun.kyoto-u.ac.jp.

  • (JA) Un dizionario giapponese in linea, su dictionary.goo.ne.jp.

  • Raccolta di dizionari italiano-giapponese, su lexicool.com.

  • (EN) Kanji Alive, una risorsa per lo studio dei kanji, disponibile in linea.

  • (EN) The Monash Nihongo ftp Archive, un interessante sito molto ricco di collegamenti a risorse utili per chi studia il giapponese.

  • (EN) Rikai Digitando l'indirizzo di una pagina web in giapponese, la apre aggiungendo dei tooltip di spiegazione per i kanji.

  • (EN) Dizionario giapponese in linea.

  • (EN) Dizionario in linea.

  • (EN) Japanese Course, su hesjapanese.com.

  • (EN) JWPce Programma gratuito di scrittura giapponese.


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