Architettura rinascimentale
L'architettura del Rinascimento è quella fase dell'architettura europea, ed italiana in particolare, che si sviluppò agli inizi del Quattrocento a Firenze, principalmente grazie all'operato di alcuni artisti e intellettuali come Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti.[1]
Fra i fattori politici e culturali che influenzarono questo nuovo indirizzo delle arti vi furono senz'altro l'affermazione delle signorie e lo sviluppo dell'Umanesimo, con il conseguente gusto antiquario e filologico, che in architettura si traduce nello studio delle belle forme degli edifici antichi, cioè romani.
Benché il movimento sia temporalmente ben definito, al suo interno è possibile individuare diversi momenti stilistici, che la critica identifica nel "primo Rinascimento", appartenente al XV secolo, nel "Rinascimento classico" e nel Manierismo, questi ultimi entrambi coincidenti col Cinquecento.[2]
Se il primo Rinascimento segna punto di svolta rispetto all'architettura gotica, le seconde fasi si pongono in continuità con la precedente, pur arricchendosi di molteplici motivi volumetrici e decorativi.
Indice
1 Contesto storico
2 Caratteristiche dell'architettura rinascimentale
2.1 Il palazzo e la villa
2.2 La chiesa
2.3 La biblioteca
2.4 La città
3 Gli artisti e le opere paradigmatiche
3.1 Il primo Rinascimento
3.1.1 Filippo Brunelleschi e l'architettura lineare
3.1.2 Leon Battista Alberti
3.1.3 La seconda metà del Quattrocento
3.2 Il Rinascimento classico
3.2.1 Da Bramante a Michelangelo
3.2.2 Andrea Palladio
3.3 Il Manierismo
3.4 La diffusione del Rinascimento in Europa
4 Elenco dei principali architetti del Rinascimento
5 Altre immagini
6 Note
7 Bibliografia
8 Voci correlate
9 Altri progetti
Contesto storico |
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Il Rinascimento fu un fenomeno strettamente italiano; occorre perciò concentrare la trattazione del contesto storico sull'evoluzione dell'assetto politico, economico e culturale della Penisola.
All'inizio del XV secolo l'Italia era suddivisa in cinque stati maggiori (Regno di Napoli, Stato Pontificio, Repubblica Toscana, Repubblica di Venezia, Ducato di Milano), contornati da numerosi ducati e repubbliche minori (come il Ducato di Urbino, il Ducato di Mantova e la Repubblica di Siena).
Firenze, nel Quattrocento, consolidò il proprio potere economico mediante un dinamismo basato su una innovativa organizzazione produttiva di tipo industriale, mercantile e bancaria.
Ben presto la città, caratterizzata ancora da numerose case-torri, cambiò la propria fisionomia; infatti, l'ascesa della borghesia portò alla definizione di nuovi gusti e tendenze, che si concretizzarono nell'edificazione di imponenti palazzi signorili. Pertanto, Firenze fu la città della svolta tardo-gotica verso un nuovo linguaggio dell'arte, definito da Filippo Brunelleschi in architettura, da Masaccio in pittura e da Donatello in scultura, grazie anche al mecenatismo di famiglie come quella dei Medici.
Dal punto di vista culturale, all'affermazione del Rinascimento contribuirono gli studi classici avviati nel XIV secolo da Francesco Petrarca e continuati da altri letterati, generalmente di formazione fiorentina. Gli umanisti, a differenza dei monaci medioevali che concentravano le loro attenzioni sugli aspetti teologici delle opere, riscoprirono interamente i testi del passato e tentarono una loro interpretazione ed analisi critica.
Nel Cinquecento, invece, il Rinascimento trova terreno fertile nella Roma papalina, in un contesto completamente diverso da quello fiorentino.
La fine della Cattività avignonese (1377) ed il ritorno del papa a Roma, coincise con un vasto programma di riorganizzazione e restauro della città, avviato da Martino V (1368-1431) e continuato sotto i suoi successori, come Niccolò V (1397-1455) e Giulio II (1443-1513).
Il sacco del 1527, che precedette di alcuni anni le riforme del Concilio di Trento, segnò un primo momento di crisi; tuttavia, nel 1534 Michelangelo Buonarroti si trasferì definitivamente a Roma, avviando la realizzazione di importanti opere, come la piazza del Campidoglio e gli affreschi del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
Caratteristiche dell'architettura rinascimentale |
Il termine Rinascimento fu utilizzato già dai trattatisti dell'epoca per evidenziare la riscoperta dell'architettura romana, di cui nel Quattrocento sopravvivevano integre diverse vestigia.[3]
Principale indice di questa riscoperta fu la ripresa degli ordini classici, l'uso di forme geometriche elementari per la definizione delle piante, la ricerca di articolazioni ortogonali e simmetriche, nonché l'impiego della proporzione armonica nelle singole parti dell'edificio.[3]
Fu privilegiato l'impiego di volte a vela su pianta quadrata (ad esempio nello Spedale degli Innocenti) e di volte a botte (come nella copertura della basilica di Sant'Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti), senza l'uso dei costoloni e dei contrafforti gotici.
In ogni caso, la sensibilità degli artisti rinascimentali non si esaurì solo nella riscoperta dell'architettura romana: infatti, i primi architetti toscani accolsero lo stile romano rifacendosi essenzialmente al protorinascimento romanico, riscontrabile ad esempio nelle forme chiare del Battistero di San Giovanni e nella basilica di San Miniato al Monte, la cui eredità classica aveva in qualche modo influenzato anche il gotico fiorentino.[3]
Del resto, lo storico dell'arte Bruno Zevi ha definito il Rinascimento come una riflessione matematica svolta sulla metrica romanica e gotica, evidenziando la ricerca, da parte degli architetti dei secoli XV e XVI, di una metrica spaziale basata su rapporti matematici elementari.[4] In altre parole, la grande conquista del Rinascimento, rispetto al passato, è stata quella di aver creato negli spazi interni quello che i greci antichi avevano realizzato per l'esterno dei loro templi, dando vita ad ambienti regolati da leggi immediatamente percepibili e facilmente misurabili dall'osservatore.[4]
In questo ebbe certamente un peso determinante anche lo studio della prospettiva da parte di Filippo Brunelleschi; il Brunelleschi introdusse una visione d'interno totalizzante, elevando la prospettiva a struttura spaziale globale.[5]
Il palazzo e la villa |
I nuovi palazzi costruiti intorno alla metà del Quattrocento dovettero conciliare le esigenze di vita degli abitanti al rinnovamento del volto urbano delle città, avvicinandosi, al contempo, ai prototipi dell'antichità.
Tuttavia, a differenza di alcuni templi, nel XV secolo nessun antico palazzo era sopravvissuto integro, tanto che alla conoscenza delle planimetrie si contrapponeva la mancanza di modelli relativi all'articolazione delle facciate.
Neanche Vitruvio e gli altri autori del periodo romano avevano fornito indicazioni precise, concentrando le loro attenzioni soprattutto sulla disposizione in pianta e non sull'alzato.[6]
L'introduzione del cortile al centro dell'edificio, derivata dai modelli planimetrici del passato, divenne pertanto il principale elemento caratterizzante la nuova disposizione all'antica.
Questa tipologia prevedeva un complesso edilizio chiuso attorno ad un cortile, con piccole aperture al piano terreno e finestre regolari, di dimensioni più ampie, nei registri superiori.
Il rivestimento parietale, nel primo Rinascimento, è costituito dal bugnato e dai semipilastri; ad esempio, al primo caso, legato alla tradizione di Palazzo Vecchio e del Bargello, è riconducibile il Palazzo Medici Riccardi di Michelozzo, mentre al secondo è ascrivibile il prospetto del Palazzo Rucellai, ideato da Leon Battista Alberti.
Un caso particolare è rappresentato dai palazzi veneziani, la cui costruzione fu condizionata innanzitutto dalla scarsa superficie dei lotti a disposizione. Ciò determinò la formazione di edifici a blocco unico, privi di un cortile centrale aperto. I palazzi subirono l'influenza del modello tardo-gotico di Palazzo Ducale e vennero dotati di eleganti facciate traforate, a partire dalla Ca' d'Oro, all'inizio del Quattrocento, sino ad arrivare ai più tardi palazzi Corner Spinelli e Vendramin Calergi.[7]
A Roma Bramante (Palazzo Caprini) e Raffaello proposero nuovi modelli in cui furono combinati bugnato al piano terra e scansione della facciata con ordini in rilievo.
Palazzo Farnese a Roma, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e Michelangelo, costituì un'ulteriore evoluzione, che darà vita a un modello molto duraturo, caratterizzato dal rifiuto sia del bugnato che degli ordini a favore di una facciata liscia percorsa da membrature orizzontali (marcapiano, marcadavanzali), su cui si stagliano finestre ad edicola, con timpani triangolari e curvilinei alternati, che al piano terra diventano inginocchiate.
Nel pieno Rinascimento, su influenza di Vitruvio, si ebbe una maggiore attenzione verso la simmetria, oltre che delle facciate e della corte interna, anche della configurazione planimetrica, come nel caso di Palazzo Valmarana, costruito da Andrea Palladio intorno al 1565.
Nelle residenze di campagna, la centralizzazione della casa divenne un principio fondamentale.[8]
Un primo esempio è rappresentato dalla Villa medicea di Poggio a Caiano, innalzata su progetto di Giuliano da Sangallo verso la fine del Quattrocento. Qui, la disposizione degli ambienti interni, distribuiti a croce attorno ad una sala centrale, ricalca sostanzialmente quanto illustrato da Leon Battista Alberti nel trattato De re aedificatoria, nel tomo dedicato alle "case signorili". Altra particolarità della villa è l'inserimento di un frontone classico in facciata, che anticipa le soluzioni palladiane del secolo successivo.[9]
Infatti, la scena cinquecentesca è dominata dalle ville che il Palladio realizzò in Veneto; tra queste, un'intensa fortuna ebbe il progetto della cosiddetta Rotonda (villa Almerico Capra), che fu imitato da diversi artisti appartenenti alla corrente del palladianesimo internazionale.[8]
La chiesa |
La predilezione per le forme geometriche elementari e per l'armonia tra le parti portò alla costruzione di numerose chiese a pianta centrale. Tra il 1420 ed il 1436, Filippo Brunelleschi innalzò la cupola della cattedrale fiorentina, il più grande organismo a pianta centrale dall'epoca del Pantheon; allo stesso architetto sono riconducibili diversi edifici centralizzati, come la Sagrestia Vecchia, la Cappella dei Pazzi e la Rotonda di Santa Maria degli Angeli. In questa scia si inseriscono, ad esempio, la basilica di Santa Maria delle Carceri a Prato, di Giuliano da Sangallo, ed alcuni progetti teorici di Leonardo da Vinci.
Il tempietto rotondo di Bramante nella chiesa di San Pietro in Montorio in Roma esprime una nuova concezione nella tipologia di complessi a pianta centrale, mostrando una maggiore derivazione dai modelli dell'antichità.
A Bramante si deve anche il disegno originario per la basilica di San Pietro in Vaticano, un imponente complesso a croce greca, dominato al centro da una colossale cupola semisferica. Da essa e dalla sua versione michelangiolesca discesero ad esempio Santa Maria di Carignano a Genova di Galeazzo Alessi, il Gesù Nuovo di Napoli e la chiesa del Monastero dell'Escorial presso Madrid.
La pianta longitudinale non fu messa da parte.
Nella prima metà del XV secolo, Brunelleschi ideò le chiese fiorentine di San Lorenzo e Santo Spirito, ricorrendo, in entrambi i casi, ad uno schema a croce latina.
Sempre longitudinale è lo sviluppo della basilica di Sant'Andrea a Mantova, di Leon Battista Alberti, e delle chiese veneziane del Redentore e di San Giorgio Maggiore, opera di Andrea Palladio.
Invece, a Venezia l'architettura ecclesiastica fu condizionata delle forme della basilica di San Marco: ad esempio, la pianta longitudinale di San Salvador è composta da tre campate indipendenti coperte da quattro cupole minori, secondo uno schema riconducibile proprio ai modelli bizantini.
Le facciate riscoprono i motivi dell'antichità, come pronai, frontoni e archi trionfali. Tra i primi esempi sono da ricordare le facciate di Santa Maria del Popolo a Roma e Santa Maria Novella, quest'ultima disegnata sempre dall'Alberti.[10] Diversamente, il Palladio innalzò dei prospetti fondendo insieme due facciate derivate dai templi classici, poste rispettivamente a chiusura della navata centrale e dinnanzi a quelle laterali.
La biblioteca |
La soluzione a tre navate con volta, adottata per la Malatestiana di Cesena e per quella di San Marco a Firenze, divenne un modello per la successiva costruzione di rinomate biblioteche monastiche italiane; per citarne alcune, si tratta delle biblioteche del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano (1469),[11] di San Domenico a Perugia (1474)[12] e del monastero benedettino di San Giovanni a Parma (1523).[13]
Il successo di questa forma continuò fino al momento in cui l'evoluzione dei canoni rinascimentali impose, nei primi decenni del Cinquecento, una soluzione che privilegiasse l'unità dello spazio e la diffusione uniforme dell'illuminazione, con conseguente rinuncia alla ripartizione in navate (Biblioteca Laurenziana di Michelangelo a Firenze).
La città |
Nel periodo medievale l'urbanistica aveva un'impostazione molto pragmatica; invece, nel Rinascimento essa assume un carattere scientifico-teorico, sforzandosi di unire tra loro le esigenze umane, quelle difensive (si veda la voce sulle fortificazioni alla moderna), l'estetica, la simbologia ed il centralismo signorile.[14]
Alla base delle esperienze urbanistiche del XV secolo vi è la metodologia stabilita da Leon Battista Alberti nel De re aedificatoria. Per Alberti la città costituiva un oggetto complesso, la cui costruzione non poteva essere assimilabile a quella dei singoli edifici, ma era influenzata dai vincoli e dalle proprietà dell'ambiente. Per questo la cerchia muraria poteva essere diversa secondo la varietà dei luoghi, mentre le strade principali, larghe e dritte nelle grandi città, potevano seguire un percorso incurvato nei piccoli centri. Diverso il discorso per gli spazi pubblici, che Alberti considerava come singole opere di architettura, dall'aspetto unitario, con piazze circondate da loggiati e portici.
Alberti giunse ad una mediazione tra la città medievale e quella rinascimentale, integrando cioè i nuovi organismi nei nuclei urbani preesistenti; un'influenza riscontrabile nei piccoli centri, come Pienza e Urbino, ma meno nelle grandi città, come Roma o Milano, dove le iniziative rinascimentali ruppero la coerenza dei vecchi nuclei, aprendo però la strada a importanti trasformazioni.[15]
A partire dal XV secolo[16], in Italia e gradualmente in tutta Europa furono comunque progettate numerose città fortificate con piante regolari e bastioni di forma triangolare. La pianta stellare, derivata dalle strutture centralizzate del Rinascimento, è presente nel disegno di Sforzinda, la città ideale descritta dal Filarete nel suo trattato d'architettura. La figura di base è una stella con otto punte inscritta in un fossato circolare; dal centro dell'abitato si irradiano sedici vie, unite da un anello viario intermedio, mentre la piazza principale è ancora legata alla tradizione medioevale, con il castello e la chiesa che si fronteggiano in uno spazio di forma rettangolare.
Nel 1480, Francesco di Giorgio Martini presentò un disegno per una città ideale posta simmetricamente attorno ad un canale rettilineo; il complesso è riconducibile ad un ottagono allungato, con due possenti bastioni destinati alla difesa dell'abitato. In ciascuna parte della città è situata una piazza rettangolare, chiusa su ogni lato e senza alcun affaccio diretto sul fiume.
Poche città fortificate secondo il modello sforzindo vennero edificate in senso stretto (conformazione a stella ecc.): fra queste vale la pena citare la città di Palmanova, del tardo Cinquecento.
Una fusione tra la visione utopica rinascimentale ed uno schema più funzionale si registra ad Amsterdam solo all'inizio del Seicento, quando, attorno alla vecchia città, vennero realizzati una serie di canali poligonali, attorno ai quali sorsero strette case a schiera e magazzini, protetti da una cinta fortificata lunga circa otto chilometri.
Gli artisti e le opere paradigmatiche |
Il primo Rinascimento |
Filippo Brunelleschi e l'architettura lineare |
Il punto di svolta, che segna il passaggio dall'architettura gotica a quella rinascimentale, coincide con la realizzazione della cupola del Duomo di Firenze.[17] Eppure l'opera non può essere considerata veramente rinascimentale, poiché alla base della sua concezione sono presenti gran parte di quei principi costruttivi ereditati dal secolo precedente.[18]
La cupola, a pianta ottagonale, avrebbe dovuto completare la cattedrale fiorentina, la cui ricostruzione era cominciata nel 1296 sotto Arnolfo di Cambio; tuttavia, l'impossibilità di disporre di robuste centine e travi di legno in grado di sostenerne l'enorme peso della volta durante la fase realizzativa, impedirono per lungo tempo la conclusione dell'opera.
Filippo Brunelleschi, che aveva fatto pratica come orafo e aveva lavorato come scultore, cominciò ad interessarsi alla questione sin dal 1404, quando fu chiamato per la prima volta a riflettere sul cantiere della cattedrale, ma fu solo nel 1417 che dedicò gran parte dei suoi studi alla risoluzione del problema.[19]
L'analisi dell'architettura romana e la diretta conoscenza delle tecniche costruttive gotiche, permisero a Brunelleschi di portare a termine, tra il 1420 ed il 1436, la più grande cupola in muratura mai costruita fino ad allora.
La struttura della cupola è costituita da una serie di costoloni verticali a sesto di quinto acuto, uniti trasversalmente da otto costole orizzontali; al fine di alleggerire il peso della muratura, l'intero organismo è formato da due calotte sovrapposte, che furono eseguite orizzontalmente, circolo dopo circolo, secondo una tecnica desunta dall'osservazione delle rovine romane.[17]
Nel 1446 iniziarono i lavori della lanterna, per la quale Brunelleschi aveva vinto un concorso dieci anni prima. L'opera, portata a termine dopo la morte dell'architetto, è in qualche modo ispirata a quella del vicino Battistero di San Giovanni, ma ha un aspetto decisamente più classico: i costoloni della cupola vengono raccordati al corpo ottagonale della torretta mediante una sorta di archi rampanti sormontati da volute. A Brunelleschi si devono anche le piccole esedre costruite tra il 1439 e il 1445 alla base del tamburo.[20]
La prima opera pienamente rinascimentale è comunque lo Spedale degli Innocenti di Firenze, progettato dallo stesso Brunelleschi e cominciato nel 1419.[21]
La facciata, che ricorda vagamente quella dello Spedale di Sant'Antonio di Lastra a Signa, è composta da un leggero colonnato al piano inferiore, con colonne corinzie che sostengono, mediante archi a tutto sesto, il piano superiore, dove si aprono finestre sormontate da timpani modanati. L'esigenza di garantire un'adeguata illuminazione degli ambienti posti al piano terreno si concretizzò nella riduzione delle strutture portanti del loggiato, secondo un modulo campata basato sul cubo e sull'impiego di volte a vele. Se i timpani del registro superiore mostrano una derivazione dal repertorio romano (ma anche dal Battistero di San Giovanni)[22], le proporzioni snelle delle colonne e degli archi sono assai distanti da quelle del Colosseo, pur differenziandosi nettamente dalle forme delle arcate gotiche; la loro origine è da ricondursi ai modelli protorinascimentali di San Miniato al Monte, dello stesso Battistero di San Giovanni o della chiesa dei Santi Apostoli, che, in pieno Medioevo, avevano già accolto alcuni caratteri riconducibili all'epoca romana.[23]
Lo schema adottato nel portico dello Spedale degli Innocenti si ripete anche lungo le navate della basilica fiorentina di San Lorenzo, eseguita sotto la direzione di Brunelleschi contemporaneamente all'annessa Sagrestia Vecchia. La pianta di San Lorenzo deriva dai modelli medioevali di Santa Croce e Santa Maria Novella[24]; essa è a croce latina, con tre navate e cappelle laterali poco profonde, terminanti in un coro quadrato affiancato da altre cappelle disposte secondo l'uso gotico. Ancora una volta, i colonnati delle navate sostengono una teoria di volte a vela, che, essendo prive di costoloni sulle diagonali, esaltano la leggerezza della struttura portante e migliorano la visione prospettica dell'insieme.
Direttamente collegata a San Lorenzo è basilica di Santo Spirito, progettata dal Brunelleschi tra il 1428 ed il 1432. Qui l'impianto è ancora a croce latina, ma il classicismo, basato su un rigoroso rapporto tra le parti, si fa più avanzato. Le cappelle laterali assumono una forma semicircolare e si estendono uniformemente fino a chiudere il coro della chiesa, cancellando così ogni traccia goticizzante. La sinuosa conformazione interna avrebbe dovuto essere mostrata anche all'esterno, ma essa, dopo la morte dell'architetto, fu celata all'interno di muraglioni rettilinei.
Un legame altrettanto forte intercorre tra la Sagrestia Vecchia e la Cappella dei Pazzi, due sistemi a pianta centrale che Brunelleschi ideò prima di dedicarsi a Santa Maria degli Angeli (incompleta).
La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo è costituita da un invaso cubico, coperto da una cupola emisferica e affiancato da una sorta di coro che riprende le forme, in scala minore, dello spazio principale.
Una conformazione simile si ritrova nella Cappella dei Pazzi, presso Santa Croce, dove la figura di pianta è però un rettangolo. Malgrado ciò, l'ambiente interno è ricondotto al quadrato mediante la formazione di profonde arcate laterali sulle quali è impostata la cupola su pennacchi.
In entrambi i casi, le decorazioni sono affidate ad elementi in pietra serena, posti cromaticamente a contrasto col candore delle superfici, in uno stile che rifiuta ogni contaminazione con pittura e scultura (ad eccezione dell'apporto della terracotta invetriata di Luca della Robbia) e che la critica ha definito come "lineare".[25]
La Rotonda di Santa Maria degli Angeli, iniziata nel 1434 e lasciata incompiuta nel 1437, avrebbe dovuto essere il primo vero edificio a pianta centrale del Quattrocento.[26]
Derivata direttamente dal tempio di Minerva Medica, presenta una pianta ottagonale con cappelle radiali. L'idea è completamente nuova rispetto alla Sagrestia Vecchia e alla Cappella Pazzi: mentre le due opere più antiche erano pensate in termini di superfici piane correlate una all'altra, senza alcun gioco plastico, Santa Maria degli Angeli fu concepita come una massa solida scavata all'interno.
Gli imitatori di Brunelleschi non furono capaci di cogliere le novità dei suoi ultimi lavori e si limitarono a scegliere, come modello di riferimento, quelle del primo periodo, come lo Spedale degli Innocenti.[27]
Il linearismo non si limitò alle sole opere del Brunelleschi e dei suoi seguaci minori, ma influenzò profondamente i maggiori architetti del secolo, come Michelozzo, Filarete, Giuliano da Maiano, Antonio da Sangallo il Vecchio ed altri.[28]
Nel Michelozzo la componente lineare è riscontrabile nella Biblioteca del Convento di San Marco, una struttura a tre navate sorretta da archi a tutto sesto. Inoltre, il tema del portico degli Innocenti torna nel cortile di Palazzo Medici Riccardi, che Michelozzo iniziò nel 1444. Il colonnato è a pianta quadrata, con gli angoli che si congiungono sopra un'unica colonna, mentre le finestre dei piani superiori si aprono in corrispondenza del centro delle arcate. La facciata principale invece fu risolta con l'applicazione di un bugnato rustico, di intensità decrescente verso la sommità.
Ricollegabili a questi schemi sono numerosi palazzi dell'epoca, come il Palazzo Strozzi (il cui disegno è stato attribuito a Benedetto da Maiano), il Palazzo Pazzi-Quaratesi ed il Palazzo Gondi, tutti risalenti alla seconda metà del XV secolo; invece, un diverso paramento esterno si preannuncia già nel 1446 nella facciata del Palazzo Rucellai, di Leon Battista Alberti, alla quale si rifà il Palazzo della Cancelleria di Roma, compiuto tra il 1486 ed il 1496.[29]
Leon Battista Alberti |
L'Alberti, di quasi trent'anni più giovane di Filippo Brunelleschi, era nato a Genova da una famiglia fiorentina in esilio; umanista e profondo conoscitore del latino, si recò presto a Firenze, dove conobbe i più importanti artisti del primo Rinascimento, come lo stesso Brunelleschi, Donatello e Masaccio, così da poter scrivere un trattato sulla pittura. Studiò Vitruvio e le antiche rovine romane; queste conoscenze lo indussero a cominciare, verso il 1443, un proprio trattato d'architettura: il De re aedificatoria. Non sorprende allora che il prospetto di Palazzo Rucellai scaturisca dall'osservazione del Colosseo, con tre ordini di semipilastri addossati alla parete che ripropongono la successione degli ordini classici (dorico, ionico, corinzio, nel caso romano). In realtà, le lesene del piano terreno non sono né doriche né tuscaniche, mentre quelle dei registri superiori sono riconducibili al corinzio.
Nello stesso periodo lavorò alla ricostruzione della chiesa di San Francesco, a Rimini, nota come Tempio Malatestiano. Ispirandosi agli archi di Costantino a Roma e di Augusto a Rimini, Alberti applicò in facciata il tema dell'arco trionfale.[30] Il progetto non fu eseguito interamente; la chiesa avrebbe dovuto essere coronata da una grande cupola, non eseguita, ed i lavori furono interrotti quando la parte superiore del prospetto era stata appena sbozzata. Nel raccordo tra la navata maggiore e quelle laterali, più basse, Alberti avrebbe applicato due volute, in una soluzione non distante da quella che lo stesso architetto impiegò per il completamento della facciata di Santa Maria Novella, a Firenze. Malgrado le complesse vicende realizzative, il prospetto dell'Alberti per il Tempio Malatestiano influenzò profondamente Mauro Codussi (chiese di San Zaccaria e di San Michele in Isola, a Venezia), che fu tra i protagonisti del Rinascimento veneziano.
A partire dal 1460 l'Alberti si occupò della costruzione di due chiese mantovane: San Sebastiano e Sant'Andrea.
Nella prima introdusse una croce greca, desunta dalla tradizione paleocristiana e da alcune tombe romane; tuttavia l'edificio non fu portato a termine secondo il disegno albertiano e l'attuale facciata risulta profondamente alterata.
Maggiore importanza assunse il cantiere di Sant'Andrea, il cui prospetto principale fu schermato con un arco trionfale sormontato da un frontone. L'interno perde ogni riferimento all'architettura del Brunelleschi e a quella paleocristiana: lo spazio è articolato da possenti arcate laterali, ove sono collocate le cappelle, che sostengono la volta a botte di copertura, in una configurazione simile a quelle proposte negli edifici termali e nelle basiliche di epoca romana.
Sempre dell'Alberti è il Tempietto del Santo Sepolcro nella chiesa fiorentina di San Pancrazio, ultimato nel 1467 e realizzato su incarico della famiglia Rucellai; esso costituisce un'interpretazione classica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Inoltre, i Rucellai incaricarono l'architetto del completamento della facciata di Santa Maria Novella (ultimata nel 1470). Fortemente condizionato dalla preesistenza medievale, l'Alberti suddivise la facciata in parti elementari, con rapporti di 1:1, 1:2 e 1:4, coronando il prospetto con un frontone triangolare classico e raccordando le navate laterali a quella centrale mediante ampie volute.[31]
L'influenza dell'Alberti nel campo dell'architettura civile è evidente negli edifici di Pienza, dove papa Pio II (al secolo Enea Silvio Piccolomini) avviò, sotto la direzione di Bernardo Rossellino, uno dei primi riassetti architettonici ed urbanistici della storia del Rinascimento[32] (si veda la voce Urbanistica di Pienza).
Al centro dell'abitato è situata una piazza di forma trapezoidale, dominata, sul lato maggiore, dalla cattedrale; il Palazzo Piccolomini si erge alla sua destra, mentre sugli altri lati si trovano il Palazzo Vescovile ed il Municipio. Se la cattedrale rimanda a influenze gotiche, una maggiore adesione ai temi albertini si ritrova nel Palazzo Piccolomini, che segue il modello del citato Palazzo Rucellai seppur con alcune differenze, soprattutto sul retro, dove fu costruito, su indicazione dello stesso pontefice, un loggiato su tre ordini aperto sul giardino e sullo sconfinato paesaggio delle colline toscane. La corte interna è conforme allo schema adottato da Michelozzo nel suo Palazzo Medici, presentando quindi finestre troppo ravvicinate in prossimità degli angoli.[33]
L'opera dell'Alberti influenzò anche l'architettura di Roma, città che fino all'ultimo scorcio del secolo visse un periodo di declino politico e culturale. Oltre al citato Palazzo della Cancelleria, occorre ricordare il Palazzo Venezia, vale a dire il primo importante edificio civile costruito a Roma dopo moltissimo tempo.[34] Inoltre, la fabbrica assume particolare importanza per l'introduzione di finestre a croce e per la messa in opera, per la prima volta dalla fine dell'epoca romana, del calcestruzzo.[35]
Il cortile del palazzo, seppur incompleto, è tipicamente albertiano per la sua derivazione da un prototipo classico, come, ad esempio, il Colosseo e il Teatro di Marcello. Rispetto ai cortili del passato, presenta inoltre una migliore soluzione al problema della conformazione del cortile, ai cui angoli le esili colonne dei prototipi fiorentini sono sostituite da robusti pilastri a "L", con semicolonne poste su alti basamenti.
La seconda metà del Quattrocento |
Se la linea fiorentina fu l'elemento portante dell'architettura italiana, Urbino rappresentò comunque un miracolo di elevata civiltà architettonica; un miracolo frutto dell'intuizione di Federico da Montefeltro, che affidò a Luciano Laurana il progetto del Palazzo Ducale. Laurana fu il primo a rilevare il punto critico della struttura di un cortile ad arcate: rispetto alle soluzioni basate sullo schema di Palazzo Medici descritte nel paragrafo precedente, i quattro angoli del cortile del Palazzo Ducale (1465-1479 circa) poggiano su pilastri ad "L", affiancati da semicolonne dalle quali partono gli archi del porticato. Un altro punto nevralgico sono le torrette che affiancano il prospetto principale, collegate da loro da una serie di logge sovrapposte: fra le torrette si apre l'appartamento di Federico, in basso si trova il bagno (il primo del Rinascimento),[36] mentre sopra trova posto lo Studiolo affiancato dalla cappella del Perdono e dal Tempietto delle Muse.
Ritroviamo questo motivo nell'arco che Alfonso d'Aragona volle erigere sulla facciata del Mastio Angioino a Napoli. L'opera, attribuita ancora a Laurana, ebbe una notevole influenza sull'architettura napoletana dell'epoca, tanto che Giuliano da Maiano progettò la Porta Capuana ricorrendo ancora al tema dell'arco trionfale, in quella che alcuni hanno definito la più bella porta del Rinascimento insieme alla Porta di San Pietro a Perugia.[37] Nella città partenopea, ancora a Giuliano sono attribuiti il Palazzo Como e soprattutto la scomparsa Villa di Poggioreale, la cui configurazione planimetrica, basata su un quadrato con una torre su ogni angolo, fu un paradigma per numerose ville, non solo in Italia.[38]
Altra figura di grande rilievo degli ultimi decenni del XV secolo fu Francesco di Giorgio Martini, che proprio all'Alberti e a Vitruvio si ispirò nella stesura del suo trattato di architettura ed ingegneria militare. Tra i pochi edifici attribuitigli, merita di essere ricordata la chiesa di Santa Maria del Calcinaio, nei pressi di Cortona, commissionatagli nel 1484. È caratterizzata da una perfetta corrispondenza tra l'interno e l'esterno; inoltre, la pianta, a croce latina, è una diretta applicazione delle proporzioni antropomorfe esposte da Francesco di Giorgio nel suo trattato.
Tuttavia, le proporzioni interne della chiesa del Cacinaio non reggono il confronto con quelle della chiesa di Santa Maria delle Carceri a Prato, di Giuliano da Sangallo.[39] Fiorentino, Giuliano da Sangallo lavorò anche Roma, dove si vide preferire Bramante per l'esecuzione della nuova basilica vaticana. Le sue opere principali, oltre alla suddetta chiesa, sono la Villa medicea di Poggio a Caiano e la Sagrestia di Santo Spirito a Firenze. In particolare, Santa Maria delle Carceri mostra una pianta a croce greca, reintrodotta dall'Alberti in San Sebastiano, mentre le decorazioni interne sono ereditate dallo stile di Brunelleschi. All'esterno invece, mancando un precedente brunelleschiano, il Sangallo introdusse uno schema su due ordini, lievemente compresso data l'altezza limitata delle pareti, che comunque mal si sarebbero adattate all'impiego di un solo ordine.[40]
Gli ultimi anni del Quattrocento offrono un notevole esempio di concezione urbanistica nella città di Ferrara, il cui piano di espansione fu progettato da Biagio Rossetti per volontà di Ercole I d'Este.
A partire dal 1471, il Rossetti diresse la realizzazione di una serie di nuovi assi quasi ortogonali tra loro, fondendo insieme la città vecchia con le nuove addizioni. A margine del punto d'incontro di due arterie principali, costruì il Palazzo dei Diamanti, che contrappone, alla compattezza dell'esterno, un'articolata volumetria interna. Il rivestimento esterno è affidato ad un caratteristico bugnato a forma di punte di diamante, un elemento che ritroviamo ad esempio nel Palazzo Sanseverino a Napoli, poi trasformato nella chiesa del Gesù Nuovo, e a Sciacca nel coevo Palazzo Steripinto.
Il Rinascimento classico |
Da Bramante a Michelangelo |
Se il primo Rinascimento fu fondamentalmente toscano, il Rinascimento classico divenne essenzialmente romano grazie all'opera di Bramante, Raffaello e Michelangelo.[41]
Tra essi il più anziano era Bramante, che, prima di trasferirsi a Roma, si era formato come pittore ed aveva lavorato a Milano. L'architettura lombarda, fino alla metà del XV secolo, era ancora influenzata dallo stile gotico, ma l'arrivo di artisti quali Michelozzo, Filarete e Leonardo da Vinci aveva determinato una progressiva svolta. Ad esempio, tra il 1461 ed il 1470, Filarete aveva eseguito il progetto dell'Ospedale Maggiore di Milano, un vasto edificio dotato di cortili regolari, nei cui alzati sussistevano però alcuni dettagli medioevali; analoghi giudizi possono essere formulati per alcune opere di Giovanni Antonio Amadeo, ovvero la Cappella Colleoni di Bergamo e la Certosa di Pavia, dove l'architetto aveva lavorato verso la fine del Quattrocento.
Bramante era giunto a Milano intorno al 1477, dedicandosi quindi al coro di Santa Maria presso San Satiro (che lo mostra pienamente padrone del linguaggio prospettico quattrocentesco) ed innalzando la Tribuna di Santa Maria delle Grazie (1492). Quest'ultima ha una pianta centrale e ripropone, in diversa scala, i motivi della Sagrestia Vecchia di Filippo Brunelleschi; tuttavia, l'eccessivo sviluppo in altezza e l'esuberanza decorativa di gusto lombardo, quest'ultima presumibilmente imputabile alle maestranze che eseguirono i lavori dopo la partenza dell'architetto per Roma, contrastano con la razionalità dell'impianto brunelleschiano.[42]
Quando Bramante si trasferì a Roma, nel 1499, il suo stile, influenzato dalle antiche vestigia della città, mutò radicalmente, assumendo un carattere più austero, riscontrabile sin nelle prime opere, come il Chiostro di Santa Maria della Pace ed il Tempietto di San Pietro in Montorio.
Il chiostro, pur derivando da quello milanese di Sant'Ambrogio, presenta, al pian terreno, pilastri con lesene e archi a tutto sesto che rimandano al Teatro di Marcello, mentre, al piano superiore, è impostata una loggia architravata sostenuta da agili colonne ioniche.[43]
Invece, il Tempietto di San Pietro in Montorio, risalente al 1502, è il "primo monumumento del pieno rinascimento in contrasto col protorinascimento, ed è un vero monumento, cioè una realizzazione più plastica che strettamente architettonica".[44]
Esso fu costruito nel luogo in cui, secondo la tradizione, era stato crocifisso san Pietro; il piccolo edificio fu quindi concepito come una sorta di martyrium paleocristiano e progettato su modello dei templi peripteri a pianta centrale dell'antichità.
Il disegno originario, non portato a termine, prevedeva la formazione di un cortile porticato, di forma circolare, tutto intorno al tempietto, con una serie di nicchie e cappelle ricavate lungo il perimetro del colonnato.
Dopo essersi occupato della sistemazione del cortile del Belvedere, in Vaticano (in seguito alterato), Bramante fu impegnato nella ricostruzione della basilica di San Pietro. Egli non lasciò un progetto definitivo della basilica, ma è opinione comune che le sue idee originarie, influenzate dagli studi intrapresi da Leonardo da Vinci sulle chiese a pianta centrale, prevedessero un rivoluzionario impianto a croce greca con quattro absidi, così simmetrico che in pianta non è indicata neanche la presenza dell'altare maggiore. Al centro del complesso doveva sorgere una cupola, affiancata da quattro cupole minori e da altrettanti campanili; all'interno, le cappelle laterali vengono pensate come ulteriori organismi a croce greca, posti lungo il percorso dell'ambulacro ricavato tra il perimetro della chiesa ed i pilastri di sostegno della cupola maggiore.
Alla morte del Bramante (1514) furono avanzate due diverse proposte per il compimento dell'opera: Raffaello Sanzio sosteneva il ritorno all'impianto longitudinale della basilica paleocristiana, invece Baldassarre Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione della pianta centrale.
L'incertezza instauratasi sul completamento della basilica derivava dal molteplice utilizzo di forme diverse, sperimentate dallo stesso Bramante e da altri progettisti in numerosi edifici religiosi.[45]
A questi modelli sono riconducibili le chiese di Sant'Eligio degli Orefici in Roma, San Biagio a Montepulciano e Santa Maria della Consolazione a Todi.[46] La prima, alla quale è collegato spesso il nome di Raffaello, probabilmente fu cominciata dal Bramante nel 1509 con l'aiuto del primo, data la somiglianza del soggetto con la Scuola di Atene.
Strettamente legata a San Pietro è la chiesa di San Biagio, progettata da Antonio da Sangallo il Vecchio ed innalzata a partire dal 1518. Due campanili sarebbero dovuti sorgere sui fianchi della facciata, ma solo il primo fu portato a termine ed il secondo fu solo avviato. Anche in questo caso la pianta è una croce greca, lievemente allungata presso l'abside.
Ancor più semplice è l'impostazione del Tempio della Consolazione, la cui pianta è assai simile ad un disegno di Leonardo da Vinci; l'edificio fu realizzato sotto la direzione di Cola da Caprarola, ma la paternità del progetto è stata attribuita, non senza incertezze, a Bramante.
Ma l'influenza del San Pietro bramantesco è percepibile anche in organismi minori, come la Cappella Chigi, situata nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Progettata da Raffaello, essa rappresenta una variante in piccolo del nucleo centrale della basilica vaticana.[47]
Una mediazione tra gli schemi centralizzati e quelli longitudinali appare nel disegno di Antonio da Sangallo il Giovane per il compimento della basilica vaticana. Sangallo, nominato da papa Paolo III architetto capo della fabbrica, innestò, davanti ad un impianto centralizzato, un avancorpo affiancato da due altissime torri campanarie che inquadravano la cupola a doppio tamburo. Il disegno, tradotto in un grandioso modello ligneo (1539), non fu concretizzato.
Nel 1546 Michelangelo Buonarroti subentrò alla direzione dei lavori e, volendo sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, tornò alla pianta centrale, annullando però la perfetta simmetria studiata da Bramante. Michelangelo, secondo la presunta ricostruzione del suo progetto eseguita da Étienne Dupérac in una serie di incisioni, concepì una croce centrata su un ambulacro quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno; in questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola, ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. Ciononostante, le vicende legate al cantiere della basilica trovarono soluzione solo nel XVII secolo, in epoca barocca, quando Carlo Maderno mutò la pianta michelangiolesca in uno spazio longitudinale.[48]
Durante la sua attività Bramante si interessò anche ai temi dell'architettura civile.
Il suo Palazzo Caprini (distrutto), noto anche come Casa di Raffaello, risale al 1508; esso può essere considerato uno dei paradigmi del palazzo cinquecentesco.[49]
L'opera riprende le caratteristiche dei modelli fiorentini, ovvero il bugnato di Palazzo Medici Riccardi e gli ordini architettonici di Palazzo Rucellai, ponendoli rispettivamente al primo e al secondo piano della facciata; le bugne sono disposte intorno alle aperture ad arco del registro inferiore, mentre l'ordine architettonico si traduce in una serie di colonne binate che sorreggono la trabeazione.
Questo schema fu imitato in diversi edifici, tra i quali occorre ricordare alcuni palazzi di Raffaello e dei suoi allievi (Palazzo Vidoni Caffarelli in Roma), di Michele Sanmicheli (palazzi Pompei e Canossa a Verona) e Andrea Palladio (palazzi Civena, Porto e Thiene, a Vicenza).
Un'altra tipologia di edifici residenziali è riconducibile al Palazzo Farnese, eseguito in gran parte da Antonio da Sangallo il Giovane e completato da Michelangelo. Il palazzo, libero su quattro lati, rifiuta sia il bugnato che gli ordini architettonici, ma riprende le aperture sormontate da architravi e timpani proposte da Bramante nella Casa di Raffaello. Al centro della pianta si apre un cortile quadrato, che mostra, in alzato, i primi due ordini del Teatro di Marcello; il progetto iniziale prevedeva tre serie di arcate sovrapposte, ma quelle del terzo piano furono abolite e quelle intermedie chiuse per l'intervento di Michelangelo. L'accesso al cortile avviene mediante un androne a tre navate, con quella centrale coperta da una volta a botte, tale da far assumere alla galleria la forma in sezione di una serliana.[50]
Lo stesso Michelangelo, dopo il 1538, iniziò ad interessarsi della sistemazione di piazza del Campidoglio, i cui lavori cominciarono nel 1546. Nella figura in pianta dovette però tener conto degli edifici preesistenti, che lo indussero ad ideare un impianto di forma trapezia, delimitato verso il Foro Romano dal Palazzo Senatorio e, lungo i lati inclinati, dal Palazzo Nuovo e da quello speculare dei Conservatori. Malgrado le modifiche apportate da Giacomo Della Porta, nel paramento dei due edifici minori Michelangelo introdusse il motivo dell'ordine gigante al fine di legare insieme i due piani delle costruzioni.
Invece, la tipologia della villa di campagna trova un importante paradigma nella Villa Madama, iniziata intorno al 1517[51]; attribuita a Raffaello, essa è il frutto di molteplici interventi condotti da Antonio da Sangallo il Giovane, Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano ed altri. Il progetto originario prevedeva un grande muro di cinta, desunto dalle costruzioni termali romane, all'interno del quale avrebbero dovuto inserirsi i vari ambienti della residenza, le terme, il teatro, il giardino, la peschiera ed i magazzini. Il piano non fu attuato interamente, ma nonostante ciò costituì un modello per diverse ville romane, per l'opera di Giulio Romano e per le ville palladiane.
Andrea Palladio |
Chiudono il classicismo cinquecentesco alcune architetture di Andrea Palladio.
Nato a Padova nel 1508, Palladio divenne il progettista più importante della Repubblica di Venezia, dove costruì ville, palazzi e chiese in uno stile altamente personale, basato sull'impiego di un ricco repertorio classico che oscurò l'autorità romana in campo architettonico.[52] Pubblicò il trattato I quattro libri dell'architettura (1570) e le sue fabbriche ispirarono edifici anche nei secoli seguenti, fino all'Ottocento (Palladianesimo).
Della sua vasta produzione è utile ricordare innanzitutto il restauro del Palazzo della Ragione di Vicenza, oggi noto col nome di Basilica Palladiana.
L'edificio era stato compiuto nel 1460 e nel 1494 era stato aggiunto un portico esterno simile a quello del Palazzo della Ragione di Padova. A seguito del crollo parziale del lato di sud-ovest, per il suo restauro furono interpellati i più importanti architetti della regione, fino a quando, nel 1546 fu definitivamente approvato il progetto di Andrea Palladio, che si limitava al rifacimento del loggiato esterno, lasciando immutato il nucleo preesistente. La soluzione proposta da Palladio, messa in atto dal 1549, è una struttura in grado di tener conto dei necessari allineamenti con le aperture e i varchi originari; il sistema si basa su due ordini di serliane, composte da archi a luce costante affiancati da aperture laterali rettangolari di larghezza variabile e quindi in grado di assorbire le differenze di ampiezza delle campate, ereditata dai cantieri precedenti.
Vicina alla basilica vicentina è un'altra opera che Palladio innalzò nella medesima città nel 1550: il Palazzo Chiericati.
La facciata è schermata da due colonnati sovrapposti, raccordati all'edificio per mezzo di arcate laterali a tutto sesto; nella concezione originaria del complesso edilizio, la parte centrale del loggiato superiore avrebbe dovuto essere vuota, ma nell'edificio realizzato fu chiusa con una sottile membratura, lasciando solo i vuoti per le finestre a timpano. L'invenzione palladiana sta nella presenza di una specie di avancorpo, ottenuto raddoppiando, in senso trasversale e longitudinale, le colonne laterali della parte centrale.
Quanto alle ville, la produzione dell'architetto veneto trae origine da una residenza progettata dal suo mecenate, Gian Giorgio Trissino.[53]
Analizzando le numerose residenze di campagna ideate da Palladio, lo storico Ackermann ha individuato tre tipologie di ville: quelle prive di portico e disadorne, risalenti agli anni giovanili (ad esempio le ville Pojana, Forni Cerato e Godi); quelle con blocco alto due piani, ornate con portico a due ordini chiuso da un frontone (come le ville Pisani e Cornaro); infine quelle formate da un fabbricato centrale contornato da ali per usi agricoli (come le ville Barbaro, Badoer ed Emo).
Certamente, indipendentemente dalla classificazione, la più significativa realizzazione palladiana è la Villa Almerico Capra, costruita a Vicenza nella seconda metà del Cinquecento.
Si tratta di un edificio a pianta quadrata, perfettamente simmetrico ed inscrivibile in un cerchio. Essa fu tra le prime costruzioni profane dell'era moderna ad avere come facciata un fronte di un tempio classico[54]; infatti, ognuno dei quattro prospetti è dotato di un pronao con un loggiato esastilo posto su un alto podio, così da far assumere alla villa anche la forma di una croce greca.
Negli ultimi anni di vita Palladio si dedicò alla progettazione di due grandi chiese veneziane: la basilica di San Giorgio Maggiore e la Chiesa del Redentore. A queste opere si sommano il disegno per la facciata di San Francesco della Vigna e la chiesa, poi ampiamente rimaneggiata, delle Zitelle.
Caratteristiche di queste fabbriche religiose sono le facciate cosiddette a "doppio tempio", che offrono una soluzione al duplice problema di adattare una basilica antica in un luogo di culto cristiano e di raccordare le navate laterali a quella centrale, più alta.[55]
Come è stato osservato precedentemente, nel primo Rinascimento alcune soluzioni furono indicate da Leon Battista Alberti nelle basiliche di Sant'Andrea e Santa Maria Novella. In seguito, nel progetto di Santa Maria presso San Satiro, Bramante propose di unire le navate mediante due timpani, secondo uno schema però ancora difforme da quello ideato da Palladio; quest'ultimo attuò una maggiore fusione tra le parti, collocando il fronte di un primo tempio classico dinnanzi alla navata centrale ed un secondo tempio, di altezza inferiore, davanti alle navate laterali.
Questo schema risulta particolarmente evidente nelle chiese di San Giorgio Maggiore (1565) e San Francesco della Vigna (1562); invece, nel Redentore l'elevata altezza della navata centrale e la presenza di contrafforti lungo i fianchi determinarono la presenza di un attico alla sommità della facciata.
Il Manierismo |
Il Manierismo è considerato dagli storici l'ultima fase del Rinascimento, preceduta da quelle dell'Umanesimo fiorentino e del Classicismo romano; tuttavia, se le prime due fasi sono temporalmente distinguibili, altrettanto non può dirsi per il Classicismo ed il Manierismo, che coesistettero sin dagli inizi del XVI secolo.[56]
Caratteristiche dell'architettura manierista sono il rifiuto dell'equilibrio e dell'armonia classica, mediante la contrapposizione tra norma e deroga, natura e artificio, segno e sottosegno.[57]
Le leggi elementari perdono significato: il carico non ha peso, mentre sul sostegno non grava alcunché; la fuga prospettica non si conclude in un punto focale, come nel barocco, ma termina nel nulla; infine, gli organismi verticali simulano un equilibrio che in realtà è "oscillante".[58]
Dal punto di vista decorativo, il Manierismo segna il ritorno in auge delle grottesche, pitture incentrate su rappresentazioni fantastiche di epoca romana; riscoperte durante alcuni scavi archeologici nella Domus Aurea, divennero fonte d'ispirazione per l'apparato ornamentale di numerosi edifici e influenzarono anche l'architettura (Palazzo Zuccari a Roma, Parco dei Mostri a Bomarzo ed altre).
Il punto di partenza dell'architettura manierista è la Villa Farnesina, in Roma, costruita da Baldassarre Peruzzi intorno al 1509, dove un fregio riccamente ornato posto alla sommità dell'edificio preannuncia un primo mutamento dei gusti.
Dello stesso Peruzzi è il disegno del Palazzo Massimo alle Colonne (1532), con una facciata dall'andamento curvilineo ed uno oscuro portico d'accesso che contrasta con il candore del registro superiore del prospetto.
Pure in alcune opere Michele Sanmicheli, Jacopo Sansovino e Andrea Palladio la critica ha colto una componente manierista, ma i principali esponenti della corrente furono Giulio Romano e Michelangelo Buonarroti.[59]
Al primo si deve il Palazzo Te a Mantova, caratterizzato da elementi rustici che si uniscono agli ordini architettonici nelle facciate laterali.
Altra sua opera significativa è il cortile della Cavallerizza nel Palazzo Ducale di Mantova, con pareti rustiche e colonne tortili.
Le opere di Michelangelo che meglio illustrano le caratteristiche del Manierismo sono la Sagrestia Nuova (terminata nel 1534) e la Biblioteca Medicea Laurenziana (progetto del 1523), entrambe a Firenze. La prima riprende la pianta della vicina Sagrestia Vecchia, ma gli elementi brunelleschiani sono elaborati in senso plastico, fondendosi con l'apparato scultoreo.
Invece, nella Biblioteca Laurenziana, alla luminosa e misurata sala di lettura è anteposto un vestibolo in cui si ribaltano le proporzioni, con alte pareti configurate come facciate di palazzo rivolte verso l'interno.
Come Michelangelo, altri artisti toscani produssero fabbriche di stampo manierista, tra cui il cortile di Palazzo Pitti di Bartolomeo Ammannati, la Grotta Grande del Buontalenti ed il complesso degli Uffizi di Giorgio Vasari.
Una fusione tra temi classicisti e manieristi si avverte nell'architettura di Jacopo Barozzi da Vignola, che nel 1550 realizzò una piccola chiesa romana a pianta ellittica lungo la via Flaminia (Sant'Andrea sulla via Flaminia). In seguito lavorò alla Villa Giulia e, intorno al 1558, trasformò un fortilizio iniziato da Antonio da Sangallo il Giovane in una delle più interessanti creazioni dell'epoca: il Palazzo Farnese di Caprarola. La sua opera più celebre resta comunque la chiesa del Gesù di Roma, dove, rifacendosi alla basilica mantovana di Sant'Andrea, realizzò un'architettura destinata ad "esercitare un'influenza forse più ampia di qualunque altra chiesa costruita negli ultimi quattrocento anni".[60]
La diffusione del Rinascimento in Europa |
Nel resto d'Europa il Rinascimento si manifestò prevalentemente nella sua variante manierista[54], alla quale pertanto si rimanda per un maggiore approfondimento.
Infatti, l'Europa quattrocentesca fu prevalentemente gotica, anche se alcune tracce dell'influenza italiana si trovano in Ungheria ed in Russia.[61]
Tuttavia, anche nel Cinquecento, fuori d'Italia i principi più genuini dell'arte rinascimentale non furono quasi mai compresi pienamente, se si escludono alcuni edifici di Philibert Delorme, il Palazzo di Carlo V di Granada e pochi altri esempi.[62]
Nella Francia cinquecentesca, lo stile italiano inizialmente si limitò al solo apparato decorativo di numerosi castelli.[63] Ad esempio, nel rinnovo e nell'ampliamento del Castello di Blois (1515-1524, furono realizzate finestre a croce (tipiche del Quattrocento italiano) e mansarde in stile manierista; invece, ancora alla tradizione medioevale francese si rifanno la copertura fortemente inclinata e la struttura della scala esterna (che fu però decorata secondo il gusto rinascimentale).
Analoghe considerazioni possono essere espresse per il Castello di Fontainebleau (1528) e per il Castello di Chambord (1519-1547). Invece, Sebastiano Serlio, tra i maggiori trattatisti del Cinquecento, prestò la sua opera nel Castello di Ancy-le-Franc e, ispirandosi alla citata villa napoletana di Giuliano da Maiano, progettò un edificio quadrato affiancato da torri angolari, mentre sui fronti del cortile interno impiegò il motivo delle nicchie e dei pilastri binati proposti da Bramante nel Cortile del Belvedere a Roma.[64]
A questo schema planimetrico è riconducibile anche la Cour Carrée del Louvre, di Pierre Lescot, i cui fronti furono arricchiti dalle decorazioni di Jean Goujon.
In Spagna, uno degli esempi più significativi d'arte rinascimentale si riscontra nel Palazzo di Carlo V di Granada (1526). Il disegno originario si deve a Pedro Machuca, anche se furono interpellati, senza alcun esito, Andrea Palladio, Galeazzo Alessi, Pellegrino Tibaldi e Vignola. Il palazzo, caratterizzato da una facciata rustica e da un cortile circolare su due ordini di colonnati, si rifà al prospetto del Palazzo Caprini di Bramante e alla corte, mai completata, della Villa Madama.
Inoltre, ascrivibile al Manierismo è il Monastero dell'Escorial di Madrid, la cui pianta è riconducibile a quella dell'Ospedale Maggiore di Milano; al suo interno sorge una chiesa ispirata allo schema centralizzato di San Pietro in Vaticano.
Nei paesi fiamminghi, elementi nordici e rinascimentali, derivati dal Bramante e da Serlio, confluirono nel Municipio di Anversa, edificato tra il 1561 ed il 1566, che divenne il modello per diversi palazzi europei, in particolare olandesi e tedeschi. Ad esso infatti si rifà il Municipio di Augusta, costruito nei primi anni del XVII secolo su progetto di Elias Holl.
Nel Seicento l'Inghilterra volse al classicismo con Inigo Jones, che introdusse lo stile palladiano nella nazione.[65]
In precedenza, dettagli rinascimentali erano stati applicati in alcune residenze di campagna, come Longleat House, Wollaton Hall e Hardwick Hall, ma fu solo con Jones che il classicismo fu pienamente assimilato mediante la costruzione di edifici quali la Queen's House, Banqueting House e la Queen's Chapel.
Elenco dei principali architetti del Rinascimento |
Filippo Brunelleschi (1377-1446)
Michelozzo (1396-1472)
Filarete (1400-1469)
Leon Battista Alberti (1404-1472)
Bernardo Rossellino (1409-1464)
Luciano Laurana (1420-1479)
Guiniforte Solari (1429-1481)
Giuliano da Maiano (1432-1490)
Francesco di Giorgio Martini (1439-1501)
Mauro Codussi (1440-1504)
Benedetto da Maiano (1442-1497)
Bramante (1444-1514)
Giuliano da Sangallo (1445-1516)
Biagio Rossetti (1447–1516)
Giovanni Antonio Amadeo (1447-1522)
Baccio Pontelli (1450-1494 circa)
Giovanni Francesco Mormando (1450-1530 circa)
Leonardo da Vinci (1452-1519)
Antonio da Sangallo il Vecchio (1455-1534)
Michelangelo Buonarroti (1475-1564)
Sebastiano Serlio (1475–1554)
Baldassarre Peruzzi (1481-1536)
Raffaello Sanzio (1483-1520)
Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546)
Michele Sanmicheli (1484-1559)
Jacopo Sansovino (1486-1570)
Giulio Romano (1499-1546)
Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573)
Galeazzo Alessi (1508-1572)
Andrea Palladio (1508-1580)
Bartolomeo Ammannati (1511-1592)
Giorgio Vasari (1511-1574)
Bernardo Buontalenti (1536-1608)
Altre immagini |
Palazzo Strozzi, Firenze
Palazzo Giraud-Torlonia, Roma
Palazzo Ducale, Urbino
Casa del Mantegna, Mantova
Ospedale Maggiore, Milano
Porta Capuana, Napoli
Tempio Malatestiano, Rimini
Santa Maria del Calcinaio, Cortona
San Zaccaria, Venezia
Bramante, cupola di San Pietro, Roma
Teatro Olimpico, Vicenza
Villa Foscari, Mira (Italia)
Note |
^ N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino, Einaudi, 1981, voce Rinascimento.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari, Laterza, 1999, p. 135.
^ abc N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Rinascimento.
^ ab B. Zevi, Saper vedere l'architettura, Torino 2012, pp.76-77.
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, Roma 2013, p. 107.
^ F.P. Fiore, Leon Battista Alberti, palazzi e città, in Leon Battista Alberti e l'architettura, Cinisello Balsamo 2006, p. 99.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, Bari, Laterza, 2007, pp.98-103.
^ ab W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura. Storia dell'architettura dalle origini all'età contemporanea. Tavole e testi, Rozzano (Milano), Hoepli, 1997, p. 425.
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, cit., p. 120.
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, cit., pp. 122, 153.
^ J.F. O'Gorman, The Architecture of the monastic Library in Italy, New York, 1972, p. 64.
^ J.F. O'Gorman, The Architecture of the monastic Library in Italy, cit., p. 66.
^ J.F. O'Gorman, The Architecture of the monastic Library in Italy, cit. p. 69.
^ W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura, cit., p. 399.
^ L. Benevolo, Storia dell'architettura del Rinascimento, Bari 2017, pp. 115-123.
^ N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Urbanistica.
^ ab R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 158.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, Martellago, Electa, 2000, p. 12.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., pp. 23-25.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 29.
^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, Bari 1998, p. 107.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 32.
^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, p. 108.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 18.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 152.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., pp. 40-41.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 45.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 173.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 89.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 29.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 55.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 36.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 175.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 88.
^ Pier Nicola Pagliara, Antico e medioevo in alcune tecniche costruttive del XV e XVI secolo, in particolare a Roma (PDF), su cisapalladio.org. URL consultato il 23-09-2007 (archiviato dall'url originale il 19 dicembre 2007).
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, cit., p. 135.
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, cit., p. 130.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., pp. 319-320.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 45.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 53.
^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, cit., p. 126.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 203.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 135.
^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, cit., p. 129.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 79.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., p. 151.
^ C. Brandi, Disegno dell'architettura italiana, cit., p. 195.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., pp. 155-159.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 220.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento italiano, cit., pp. 189-193.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 211.
^ N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, cit., p. 138.
^ R. Wittkower, Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Torino, Einaudi, 1964, p. 72.
^ ab R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 235.
^ P. Murray, Architettura del Rinascimento, cit., p. 156.
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari, Laterza, 1999, p. 243
^ R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 254.
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Voci correlate |
- Storia di Firenze
- Rinascimento
- Arte del Rinascimento
- Architettura manierista
- Architettura neorinascimentale
- Architettura italiana
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