Gaio Veturio Crasso Cicurino
Gaio Veturio Crasso Cicurino | |
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Tribuno consolare della Repubblica romana | |
Nome originale | C. Veturius Crassus Cicurinus |
Gens | Veturia |
Tribunato consolare | 377 a.C., 369 a.C. |
Gaio Veturio Crasso Cicurino (latino: Gaius Veturius Crassus Cicurinus; floruit 377-369 a.C.; ... – ...) è stato un politico romano legato alla gens Veturia.
Indice
1 Primo tribunato consolare
2 Secondo tribunato consolare
3 Note
4 Collegamenti esterni
Primo tribunato consolare |
Nel 377 a.C. fu eletto tribuno consolare con Lucio Emilio Mamercino, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino, Publio Valerio Potito Publicola, Servio Sulpicio Pretestato, Gaio Quinzio Cincinnato[1].
Durante il tribunato Roma dovette far fronte alla solita minaccia dei Volsci, cui questa volta si erano uniti i Latini.
Organizzata la leva, l'esercito fu diviso in tre parti, uno a difesa della città, una a difesa della campagna romana, e il grosso fu inviato a combattere i nemici, agli ordini di Lucio Emilio e Publio Valerio.
Lo scontro campale si svolse nei pressi di Satricum e fu favorevole ai romani, nonostante la forte resistenza dei Latini, che dai romani avevano adottato le tecniche di battaglia. Mentre i Volsci si ritirarono ad Anzio, dove trattarono la resa, consegnando la città e le sue campagne ai romani[1], i Latini diedero fuoco a Satrico, e attaccarono Tuscolo, secondo loro doppiamente colpevole, perché città latina che aveva ottenuto la cittadinanza romana.
Mentre i Latini occupavano la città, i Tuscolani si ritirarono nella rocca, ed inviarono una richiesta d'aiuto ai romani. Questi inviarono immediati rinforzi agli ordini di Lucio
Quinzio e Servio Sulpicio, riuscendo a sconfiggere i Latini, ed a liberare la città alleata[2].
Secondo tribunato consolare |
Nel 369 a.C. fu eletto tribuno consolare con Quinto Servilio Fidenate, Quinto Quinzio Cincinnato, Marco Cornelio Maluginense, Marco Fabio Ambusto, Aulo Cornelio Cosso[3].
Anche quest'anno i romani cercarono di portare l'assedio a Velletri, ma come nell'anno precedente, i nemici di Roma riuscirono a resistere.
Intanto in città i tribuni della plebe, Gaio Licinio Calvo Stolone e Lucio Sestio Laterano, continuavano nel portare avanti le loro proposte a favore della plebe, ed i patrizi iniziavano a perdere il controllo degli altri tribuni, tramite il quale erano riusciti a bloccare le iniziative di Licinio e Sestio[4].
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«E nessuno poteva ritenere sufficiente il fatto che i plebei fossero ammessi come candidati nelle elezioni consolari: nessuno di essi avrebbe mai ottenuto la nomina fino a quando non fosse stato stabilito per legge che uno dei due consoli dovesse comunque essere plebeo.» |
(Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4, 37) |
Note |
^ ab Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 3, 32.
^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 3, 33.
^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4, 36.
^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4, 36-37.
Collegamenti esterni |
- (LA) Ad Urbe Condita, su thelatinlibrary.com.