Filioque
L'espressione latina Filioque significa "e dal Figlio".[1] Nel contesto della frase qui ex Patre Filioque procedit (che procede dal Padre e dal Figlio), essa esprime la dottrina della Chiesa cattolica per la quale lo Spirito Santo proviene dal Padre e dal Figlio congiuntamente, provenienza che secondo la stessa dottrina può essere descritta anche come qui ex Patre per Filium procedit (che procede dal Padre per mezzo del Figlio).[2][3][4]
A tale dottrina si dà il nome di filioquismo, mentre alla dottrina contraria, secondo la quale lo Spirito Santo procede unicamente dal Padre, si dà il nome di monopatrismo.[5][6][7][8][9][10][11]
Indice
1 Dottrina
2 Aggiunta al Simbolo niceno-costantinopolitano
3 Carlo Magno e Leone III
4 Fozio
5 Causa di scisma
6 Attuale inclusione nel Credo
7 Sviluppi recenti
8 Note
9 Voci correlate
10 Collegamenti esterni
Dottrina |
La dottrina secondo la quale lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio fa parte della tradizione latina sin dal III-IV secolo. Ne danno testimonianza Tertulliano (160 circa – 220 circa), Novaziano (220 circa – 258), Ilario di Poitiers (315 circa – 367) Sant'Ambrogio (338 circa – 397), San Girolamo (347–420) e Sant'Agostino (354–430).[12][13][14]
Tale dottrina (che doveva più tardi essere espressa anche nel Simbolo atanasiano, probabilmente dell'anno 500 circa)[13] è stata confessata dogmaticamente dal papa San Leone Magno nel 447, quattro anni prima del Concilio di Calcedonia, nel quale ha avuto un ruolo decisivo il suo Tomus ad Flavianum.[15] Nella sua Epistola XV egli infatti ha condannato la negazione da parte dei Priscilliani, della distinzione tra le tre Persone della Trinità: il Padre che ha generato, il Figlio che è stato generato, e lo Spirito proceduto da entrambi.[16]
Così, quando il patriarca Paolo II di Costantinopoli, sostenitore del monotelismo, motivo per il quale il papa Teodoro I (642–649) l'ha scomunicato nel 647, ha lanciato accuse contro Teodoro o papa Martino I (649–653) per avere espresso la tradizione latina, san Massimo il Confessore ha scritto che "i romani si sono appellati alle testimonianze unanimi dei Padri latini, come pure a quella di Cirillo di Alessandria nel sacro studio che egli fece sul vangelo di san Giovanni".[17][18]
Infatti, anche Cirillo di Alessandria dichiara: "Lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio; è evidente che esso è di sostanza divina, procedendo sostanzialmente in essa e da essa."[19][20]
Uno studio sulla questione aggiunge: «San Cirillo testimonia con ciò di una dottrina trinitaria comune a tutta la scuola d'Alessandria da sant'Atanasio, il quale scriveva: "Come il Figlio dice "tutto quello che il Padre possiede è mio" (Gv 16,15), così troveremo che, per mezzo del Figlio, tutto ciò è anche nello Spirito»
(Lettere a Serapione, III, 1, 33, PG 26, 625B). Sant'Epifanio di Salamina (Ancoratus, VIII, PG 43, 29C) e Didimo il Cieco (Trattato dello Spirito Santo, CLIII, PG 34, 1064A) coordinano il Padre e il Figlio con la stessa proposizione ἐκ nella comunicazione allo Spirito Santo della divinità consustanziale."[20]
È da notare che simili affermazioni dei Padri greci, secondo i quali lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio usano il verbo πρόειμι, il cui significato, come pure quello del verbo latino procedo, è più generico di quello del verbo προέρχομαι, che "può caratterizzare soltanto una relazione d'origine al principio senza principio della Trinità: il Padre", e che perciò non è mai usato in relazione alla provenienza dello Spirito Santo dal Figlio.[20]
È il verbo προέρχομαι che si usa della processione dello Spirito Santo dal Padre nel testo originale greco del Credo niceno-costantinopolitano. Così la Chiesa cattolica, che dichiara corretto aggiungere "e dal Figlio" alla professione di fede in congiunzione con il verbo procedo, esclude tale aggiunta in combinazione con il verbo προέρχομαι. Perciò la versione greca del Messale romano in uso in Grecia non contiene il Filioque.[20][21] Similmente i papi Pio XI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno personalmente omesso tale frase in celebrazioni pubbliche in lingua greca.[22][23]
Infatti, come dichiara il Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, nella dottrina della Chiesa cattolica, "soltanto il Padre è il principio senza principio (ἀρχὴ ἄναρχος) delle due altre persone trinitarie, l'unica fonte (πηγή) e del Figlio e dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo trae dunque la sua origine soltanto dal Padre (ἐκ μόνου τοῦ Πατρός) in modo principiale, proprio e immediato."[20]
Aggiunta al Simbolo niceno-costantinopolitano |
Un simbolo della fede adottata nel 410 da un concilio tenuto a Seleucia-Ctesifonte, allora capitale dell'Impero persiano sasanide, è trasmesso in due versioni. Quello che sembra essere il testo originale dichiara che lo Spirito Santo è "dal Padre e dal Figlio". La versione più tardiva attribuisce allo stesso concilio l'adozione senza alterazioni del Simbolo niceno-constantinopolitano.[24]
L'inserzione dell'espressione Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano nell'Occidente è spesso attribuita al Concilio di Toledo III del 589, che ordinò che nelle liturgie eucaristiche si cantasse il Credo, come era già l'uso in Oriente. Non tutti i manoscritti degli atti di questo concilio inseriscono tale espressione nel testo del Simbolo, mentre tutti la mettono nella professione di fede pronunciata dai convertiti dall'arianesimo al cattolicesimo. In relazione ai Concili di Toledo VIII (653) e successivi, tutti i relativi manoscritti includono il Filioque nel testo del Simbolo.[25] Non è chiaro se il Filioque sia stato discusso al Concilio di Gentilly nel 767.[26] Così, la prima indiscutibile testimonianza dell'inserimento del Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano (da distinguere da altre professioni fede nella processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, come, per esempio, il Simbolo atanasiano) risale solo al Concilio di Cividale del Friuli nel 796/797.[27]
La frase Filioque inserita nel Credo è la seguente[28]:
Testo originale del Simbolo niceno-costantinopolitano in greco:
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(EL) «Καὶ εἰς τὸ Πνεῦμα τὸ Ἅγιον, τὸ κύριον, τὸ ζωοποιόν, τὸ ἐκ τοῦ Πατρὸς ἐκπορευόμενον» | (IT) «E [crediamo] nello Spirito Santo, il Signore, il vivificatore, dal Padre procedente.» |
Versione latina:
(LA) «Et in Spiritum Sanctum, Dominum, et vivificantem: qui ex Patre Filioque procedit» | (IT) «E [credo] nello Spirito Santo, Signore, e vivificatore, che dal Padre e dal Figlio procede.» |
Con il Filioque, si dice che lo Spirito Santo procede da ambedue il Padre e il Figlio. Il testo del Concilio del 381 dichiara che lo Spirito procede dal Padre, senza aggiungere né "e dal Figlio" né "solo".[29]
Inoltre, come già osservato, i due verbi qui tradotti con l'unico termine "procedere" hanno significati alquanto diversi.
Sulla processione dello Spirito anche dal Figlio si insisteva prima contro il modalismo di Priscilliano e poi, nei Concili di Toledo del VII secolo, contro l'arianesimo che veniva allora eliminato dal regno visigoto a seguito della conversione del re Recaredo I al cattolicesimo nel 587.[30][31] Il Filioque infatti insisteva che il Figlio non è né inferiore al Padre né di diversa natura, come sostenevano gli ariani.[12]
Carlo Magno e Leone III |
Nell'809, Papa Leone III (795–816) ricevette una lettera con la quale dei monaci latini di Gerusalemme l'informavano di essere stati accusati di eresia dal monaco Giovanni di un vicino monastero greco a motivo del loro uso del Filioque nel canto del Credo. Essi controbatterono che con simile accusa Giovanni stava accusando di eresia anche la Santa Sede apostolica. Chiesero dunque al papa di investigare fra i Padri greci e latini la fonte dell'espressione "che procede dal Padre e dal Figlio". Lo pregavano anche di informarne l'imperatore Carlo Magno, nella cui cappella avevano sentito cantare il Credo con tale frase.[32] Infatti Carlo Magno lo faceva cantare così dal 794.[33] Ai monaci latini Leone III inviò una professione di fede, Symbolum orthodoxae fidei Leonis papae, diretta "a tutte le Chiese orientali", e contenente la frase Spiritum sanctum a Patre et a Filio aequaliter procedentem[34], mentre rimetteva la documentazione per informazione all'imperatore senza formulare alcuna richiesta al riguardo.[13][35][36][37][38][39]
Nel novembre dello stesso anno 809, Carlo Magno convocò un concilio ad Aquisgrana, che dichiarò il Filioque dottrina della Chiesa e ordinò il canto del Credo con tale inciso nella messa.[40]
Una delegazione inviata dall'imperatore arrivò a Roma nel 810 per chiedere l'approvazione papale per le decisioni del Concilio di Aquisgrana. Leone III affermò l'ortodossia del Filioque e il suo uso nella catechesi e nelle professioni di fede personali, ma si oppose chiaramente alla sua inclusione nel Simbolo niceno-costantinopolitano. Dichiarò facoltativa la recita del Credo nella messa, ma raccomandò alla corte imperiale di non usarla al fine di evitare scandalo. Per sottolineare il suo atteggiamento sulla questione, mise nella Basilica di San Pietro due targhe di argento recanti in greco e in latino il testo del Simbolo del 381 senza il Filioque.[13][38][41]
Fozio |
Nel dicembre 858, l'imperatore Michele III esiliò il patriarca Ignazio I di Costantinopoli, nominando al suo posto Fozio I di Costantinopoli. Il papa Niccolò I dichiarò anticanonica tale azione e riconosceva ancora Ignazio come patriarca legittimo. Complicava la situazione anche la rivalità fra Roma e Costantinopoli per la giurisdizione sulla nuova Chiesa cristiana della Bulgaria, dove erano attivi missionari latini che adoperavano un testo del Simbolo niceno-costantinopolitano con il Filioque. Nell'867 Fozio tenne un sinodo a Costantinopoli, che scomunicò e depose il papa, ma nello stesso anno Michele III fu assassinato e il nuovo imperatore depose Fozio e reinstallò Ignazio, situazione confermata dal Concilio di Costantinopoli dell'869-870. Alla morte di Ignazio nell'877 Fozio diventò di nuovo patriarca di Costantinopoli, riconosciuto come tale da papa Giovanni VIII. Nell'886 un nuovo imperatore rimosse Fozio e lo esiliò in Armenia, dove morì nell'893.[42][43][44][45]
Fozio si oppose fortemente sia alla dottrina del Filioque sia all'inserimento dell'espressione nel Simbolo niceno-costantinopolitano, praticato dai missionari latini in Bulgaria ma non ancora accettato a Roma. In una enciclica diretta ai patriarchi orientali, Fozio denunciò l'inserimento come una bestemmia.[46] La dottrina, a suo parere, presupponeva per lo Spirito Santo due cause, diminuiva la "monarchia" (unica origine, ἀρχή)[47] del Padre e la distinzione tra le Persone della Trinità, delle quali confondeva le mutue relazioni. In una lettera dell'883 o dell'884 al patriarca di Aquileia, come pure nella sua Mistagogia dello Spirito Santo, egli elaborò ulteriormente le sue obiezioni teologiche.[13][48] La dottrina filoquista – egli affermava – è una forma di modalismo: Sabellio confondeva tutte e tre le Persone della Trinità, il filoquismo ne confonde due: il Padre e il Figlio, e così può essere chiamato semisabellianismo.[49]
Fozio non dimostrò di conoscere la tradizione patristica latina sottostante la dottrina del Filioque.[13] Sostenne che lo Spirito Santo procede solo dal Padre, rigettando la dottrina di altri Padri greci che lo Spirito Santo procede dal Padre mediante il Figlio.[37][50]
L'attribuzione a Fozio di trattati bizantini anti-romani di epoca posteriore gli hanno aumentato la fama presso alcuni circoli greci e allo stesso tempo l'hanno denigrato presso certi occidentali.[51]
Alcuni studiosi caratterizzano il Concilio di Costantinopoli dell'879-880, che annullò la condanna di Fozio nel concilio di dieci anni prima, come un modello di equilibrio. Senza menzionare esplicitamente l'espressione Filioque, descritta come forma infelice di esprimere la fede trinitaria ma nondimeno suscettibile di un'interpretazione ortodossa, esso definì inaccettabile aggiungere qualunque testo al Simbolo niceno-costantinopolitano, mentre dichiarava accettabile una diversità di usi locali dentro della Chiesa.[52] Non condannò l'uso del Filioque fuori del Simbolo niceno-costantinopolitano.[53]
A questo concilio parteciparono legati di papa Giovanni VIII (872–882), che desiderava ristabilire l'unità,[51][54] desiderio anche del patriarca. Così il testo greco delle lettere del papa fu redatto di comune accordo fra Fozio e i legati, per adattarlo alle sensibilità greche.[51][55]
Si conserva inoltre come appendice agli atti conciliari il testo in greco di una presunta lettera di Giovanni VIII diretta a Fozio sulla questione del Filioque.[51] Francis Dvornik, i cui studi hanno dimostrato che l'immagine negativa di Fozio che da secoli prevaleva nell'occidente era basata su interpretazioni errate dei documenti storici,[56] considera del tutto improbabile che Giovanni VIII abbia scritto tale missiva e ha dichiarato che, al massimo, il testo conservato, anche se eventualmente basato su una genuina lettera del papa, è stato alterato a fondo da un polemista del XIV secolo.[57] Il teologo ortodosso John S. Romanides, al contrario, ne afferma l'autenticità.[58]
Nella presunta lettera, Giovanni VIII avrebbe scritto: "La tua fraternità sa che, quando a noi è giunto colui che recentemente essa ha inviato, egli ci ha interpellato riguardo al sacro Simbolo, e ha trovato che lo conserviamo inalterato, tale quale ci è stato consegnato dall'inizio, senza aggiungervi né togliervi nulla, sapendo con esattezza che per quelli che osano agire in tale maniera è riservata una condanna pesante che li attende. E perciò, affinché la tua reverenza abbia di nuovo informazioni su di noi riguardo a questa espressione, a causa della quale sono sorti scandali in mezzo alle chiese di Dio, dichiariamo che non solo non la pronunciamo ma consideriamo quelli che prima nella loro sciocchezza hanno osato farlo come trasgressori delle parole divine e falsari della dottrina di Cristo il Signore e degli Apostoli e degli altri Padri che riuniti in concilio hanno consegnato il Simbolo. Noi li classifichiamo con Giuda perché hanno osato agire come lui: anche se non hanno consegnato alla morte il corpo del Signore, hanno diviso e frazionato i fedeli, che sono le membra del suo corpo. Così hanno spedito alla morte eterna per strangolamento quelli, e soprattutto se stessi, come ha fatto il menzionato ingiusto discepolo. Ma pensiamo che anche la tua sacralità, così intelligente e piena di saggezza, non ignora che persuadere gli altri vostri vescovi a pensarla così ci presenta grande difficoltà, perché nessuno potrebbe con facilità accettare una cosa più sacra così rapidamente, anche se si trattasse di qualcosa iniziato da poco e non consolidato da molti anni. Perciò ci è parso bene che nessuno sia da noi costretto ad abbandonare l'inserimento da lui già aggiunto al Simbolo, ma piuttosto preparare tali persone con mitezza e discernimento, esortandoli gradualmente ad astenersi dalla bestemmia".[59]
In effetti, nonostante le intenzioni di papa Giovanni VIII, in varie parti dell'Europa occidentale si continuava a cantare il Credo con il Filioque.[13]
Causa di scisma |
Nel 1014, per decisione di un sinodo tenuto a Roma dopo l'incoronazione dell'imperatore germanico Enrico II il Santo, il Credo fu per la prima volta cantato in una messa papale, e il testo usato includeva il Filioque.[12][13][60] Nello stesso secolo sopraggiunge il tuttora perdurante Grande Scisma fra la Chiesa occidentale e quella orientale, per il cui inizio si indica convenzionalmente l'anno 1054. Già prima di queste due date, nel 1009, il patriarca Sergio II di Costantinopoli aveva escluso dai dittici costantinopolitani (la lista dei patriarchi, vivi o defunti, riconosciuti come ortodossi) il nome di papa Sergio IV, apparentemente per avere espresso nella lettera con la quale egli annunciava la sua elezione la sua adesione alla dottrina del Filioque, come avevano fatto anche diversi suoi predecessori nei secoli anteriori.[61][62][63]
Il teologo ortodosso[64] A. Edward Siecienski osserva che nell'occidente si può rintracciare indietro almeno fino al V secolo la dottrina del Filioque intesa come affermazione esplicita della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, ma che solo nel VII secolo è stata mossa da monoteliti la prima obiezione orientale, da san Massimo il Confessore giudicata infondata, che solo nel IX secolo sono state formulate le prime risposte teologiche orientali, e che solo nell'XI secolo Costantinopoli ha interrotto la comunione con un papa per avere dato espressione a tale dottrina.[61]
All'inizio del Grande Scisma, destinato ad essere consolidato soprattutto a seguito della Quarta Crociata,[13] il patriarca Michele I Cerulario di Costantinopoli trattava la questione del Filioque, così centrale al tempo di Fozio, meramente come una delle tante pratiche scorrette dei latini, non come la più importante.[65][66]
Il problema del Filioque cominciò ad essere visto come centrale solo intorno al tempo del Concilio di Lione II (1274) e continua ad essere trattato così ancora oggi.[67]
A tale concilio, per l'insistenza dell'imperatore Michele VIII Paleologo, una delegazione della Chiesa orientale dovette accettare, senza discussione, una professione di fede che conteneva il Filioque e, a condizione di poter continuare nelle proprie liturgie a recitare il Credo come prima, i membri cantarono tre volte di seguito la relativa clausola inserita nel Simbolo niceno-costantinopolitano.[68] Però la chiesa orientale non accolse la decisione di Lione e nel 1285 sotto il successore di Michele, Andronico II Paleologo, un concilio tenuto nel suo Palazzo delle Blacherne dichiarò che in nessun senso il Figlio è causa dello Spirito Santo ma lo manifesta eternamente.[69]
Si svilupparono fra i bizantini tre diversi atteggiamenti riguardanti il Filioque. Quello unionista, rappresentato da Giovanni XI Bekkos, patriarca di Costantinopoli dal 1275 al 1282, considerava equivalenti nella sostanza l'espressione διὰ τοῦ Υἱοῦ (per mezzo del Figlio) usata da molti Padri greci e l'espressione Filioque (e dal Figlio). La veduta anti-unionista, di gran lunga maggioritaria, insisteva semplicemente sulla processione ἐκ μόνου τοῦ Πατρός (da solo il Padre). La terza opinione, quella di Gregorio II di Cipro, patriarca dal 1283 al 1289 e autore della dichiarazione adottata dal Concilio di Blacherne del 1285, e di Gregorio Palamas (1296–1359), mentre escludeva qualsiasi ruolo causativo del Figlio nell'origine ipostatica dello Spirito, ammetteva una possibile interpretazione ortodossa del Filioque come espressione dell'effusione o manifestazione eterna – e non solo nell'economia della salvezza – dello Spirito per mezzo del Figlio o dal Figlio.[70][71][72][73][74]
Al Concilio tenutosi a Ferrara e a Firenze nel 1438–1439, si ebbe una lunga e accanita discussione teologica tra i più alti rappresentanti della Chiesa cattolica e di quella ortodossa sulla dottrina del Filioque e sull'inserimento dell'espressione nel Simbolo.[75] Da parte ortodossa erano presenti, oltre all'imperatore Giovanni VIII Paleologo (1425–1448), il patriarca Giuseppe II di Costantinopoli, vescovi, dotti e teologi del suo patiarcato, e rappresentanti degli altri tre patriarchi d'Oriente.[76][77]
Nel corso della discussione, i greci negarono che, nel dire che lo Spirito procede dal Padre escludessero il Figlio. Affermarono di astenersi dal dire che lo Spirito proceda dal Padre e dal Figlio perché tale espressione pareva loro indicare una processione come da due principi e due spirazioni. Da parte loro i latini affermarono che nel dire che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio non intendevano negare né che il Padre sia fonte e principio di tutta la deità, cioè del Figlio e dello Spirito Santo, né che sia dal Padre che il Figlio riceve che lo Spirito procede da Lui. Affermarono inoltre di non postulare due principi o due spirazioni ma di sostenere invece esserci come un solo principio e una sola spirazione dello Spirito Santo.[78]
La discussione si concluse con la firma di un accordo che, riguardo alla processione dello Spirito Santo, dichiarava equivalenti la formula latina "e dal Figlio" e quella greca "mediante il Figlio".[77][79] E riguardo all'inserimento della clausola Filioque nel Credo, esso fu dichiarato lecito e ragionevole come affermazione della verità in vista dell'imminente necessità al tempo dell'aggiunta.[15][78]
Il documento di unione delle Chiese in data 6 luglio 1439 recava le firme del papa, dell'imperatore, dei rappresentanti di tutti i patriarchi orientali con eccezione di quello di Costantinopoli, morto il precedente 10 giugno, e di tutti i vescovi greci presenti con l'unica eccezione di Marco di Efeso (1392–1444), noto anche come Marco Eugenico.[77][80]
In oriente l'unione incontrò accanita opposizione soprattutto da parte dei monaci, mentre l'imperatore, tornato da Firenze solo il 1º febbraio 1440 e in profondo lutto per la morte della sua sposa, rimaneva inattivo senza mai promulgare il decreto. Una cerimonia di promulgazione si ebbe sotto il suo successore, Costantino XI Paleologo, il 12 dicembre 1452, pochi mesi prima della caduta della città nelle mani degli ottomani il 29 maggio 1453. Poi sotto la dominazione turca (e per insistenza turca)[81] un sinodo tenuto a Costantinopoli nel 1472, rigettò ufficialmente l'unione delle Chiese.[80][82][83]
Attuale inclusione nel Credo |
Attualmente, il Filioque fa parte del Credo recitato nelle liturgie della Chiesa latina dovunque non si adopera la lingua greca. Nelle Chiese cattoliche orientali generalmente non viene incluso. La Santa Sede incoraggia quelle che avevano introdotto il Filioque a "ritornare alle proprie radici", che non significa negare la dottrina di cui il Filioque è espressione.[84]
Le altre Chiese cristiane orientali, sia quelle di tradizione bizantina sia le Chiese ortodosse orientali sia la Chiesa assira d'Oriente, non adoperano il Filioque. Quella armena però non parla affatto della processione dello Spirito Santo nella sua versione del Simbolo niceno-costantinopolitano,[85] ma ci inserisce molte altre frasi: "Crediamo anche nello Spirito Santo, l'increato e perfetto, che ha parlato nella Legge e nei Profeti e nei Vangeli, che discese sul Giordano, predicò negli apostoli e dimorò nei santi".[86][87] Tutte le Chiese ortodosse orientali, e non solo quella armena, conservano la forma originale plurale dei verbi "Crediamo", "Confessiamo", "Aspettiamo", senza modificarli in "Credo", "Confesso", "Aspetto", come fanno le Chiese calcedoniane sia ortodossa che cattolica.[88]
Le Chiese della Riforma protestante e affini generalmente includono il Filioque nella recita del Credo[89][90][91]
La Chiesa anglicana include il Filioque nel Credo, ma ne permette l'omissione "in occasioni ecumeniche appropriate".[92] Le Conferenze Lambeth decennali di tutti i primati anglicani tenute nel 1978 e nel 1988 raccomandarono alle singole Chiese anglicane di omettere il Filioque. Quelle del 1998 e del 2008 non ne hanno parlato.
Nel 1875, i vetero-cattolici accettarono la posizione della Chiesa ortodossa negando che lo Spirito Santo proceda dal Figlio.[93]
Sviluppi recenti |
Il teologo ortodosso Siecienski osserva che negli ultimi decenni si notano significativi passi verso una situazione in cui il Filioque non sia più un ostacolo alla piena comunione fra le Chiese cattolica e ortodossa. Il Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani pubblicò nel 1995 il documento Le tradizioni greca e latina riguardo alla processione dello Spirito Santo,[20] generalmente ben accolto in ambienti ortodossi, che forniva chiarimenti della posizione cattolica e ne spiegava il contesto. Poi, nel 2003, una Dichiarazione congiunta di teologi cattolici e ortodossi degli Stati Uniti,[13] oltre a ripetere che con il Filioque i cattolici non intendono la ἐκπόρευσις dello Spirito uscito dal Padre fonte unica della Trinità, ma la sua προϊέναι (processio) nella comunione consostanziale del Padre e del Figlio, domandò se la Chiesa ortodossa non potesse accettare la legittimità di tale interpretazione della processio e se la Chiesa cattolica non potesse accettare di omettere il Filioque dalla recita del Credo.[94]
Nello stesso libro che riporta queste affermazioni di Siecienski, Steven R. Harmon menziona inoltre lo spazio dedicato in un simposio vaticano del 1982 a tale idea di omettere il Filioque, come hanno concretamente fatto alcuni papi recenti nella recita in greco, e il fatto che per i cattolici latini in Grecia il testo del Simbolo niceno-costantinopolitano in greco è identico a quello degli ortodossi greci.[95]
Nell'Encyclopedia of Eastern Orthodox Christianity Marcus Plested osserva che i teologi ortodossi, mentre si oppongono unanimemente all'inclusione del Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano, hanno scoperto possibili maniere di riavvicinamento in materia di dottrina e di fraseologia.[41]
Già Sergej Nikolaevič Bulgakov (1871–1944) dichiarò che il Filioque non deve essere considerato né un dogma, né una eresia, ma un "theologoumenon", ovvero un'ammissibile opinione teologica.[96] Sia Karl Barth che Yves Congar affermano che questa opinione è condivisa dalla maggioranza dei teologi ortodossi.[97][98]
Non tutti i teologi ortodossi sono di questo avviso. Oltre alle numerose "colombe" ci sono anche – osserva il vescovo ortodosso Kallistos (Timothy) Ware[99][100][101] – i "falchi", per i quali il Filioque è eresia.[71] Uno dei più prominenti di questi è stato Vladimir Nikolaevič Losskij (1903–1958), il quale nel Filioque vedeva la radice di tutta la problematica dogmatica delle relazioni fra Oriente e Occidente[102] e dichiarò che la questione della processione dello Spirito Santo è l'unica ragione dogmatica per la separazione fra l'Oriente e l'Occidente; gli altri dissensi dottrinali non ne erano che la conseguenza.[103][104]
Note |
^ Conoscere le religioni e le loro feste - Pascal Marson - Google Books Pascal Marson, Conoscere le religioni e le loro feste (Paoline 2001 ISBN 978-88-315-2191-8), p. 97
^ Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, 1300–1301
^ La somma teologica. Testo latino e italiano - Tommaso d'Aquino (san) - Google Books Tommaso d'Aquino, La somma teologica. Testo latino e italiano, Volume 3 (Studio Domenicano 1985 ISBN 978-88-7094-067-1), p. 199
^ Chiesa cattolica romana e Chiesa ortodossa - C. Boyer - Google Books Carlo Boyer, Chiesa cattolica romana e Chiesa ortodossa (Università Gregoriana Editrice 1977 ISBN 978-88-7652-269-7), p. 10
^ Lo Spirito Santo nella Trinità. Il Filioque nella prospettiva teologica di ... - Andrea Pacini - Google Books Andrea Pacini, Lo Spirito Santo nella Trinità (Città Nuova 2004 ISBN 978-88-311-3273-2), p. 99
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^ ab Catechismo della Chiesa Cattolica, 247–248
^ Primo itaque capitulo demonstratur quam impie sentiant de Trinitate divina, qui et Patris, et Filii, et Spiritus sancti unam atque eamdem asserunt esse personam, quamquam idem Deus nunc Pater, nunc Filius, nunc Spiritus sanctus nominetur; nec alius sit qui genuit, alius qui genitus est, alius qui ex utroque procedit (Patrologia Latina 54, col. 680–681).
^ Συμφώνους παρήγαγον χρήσεις τῶν Ῥωμαίων Πατέρων· ἔτι γε μὴν τοῦ Κυρίλλου Ἀλεξανδρείας ἐκ τῆς πονηθείσης αὐτῷ εἰς τὸν εὐαγγελιστὴν ἅγιον Ἰωάννην ἱερᾶς πραγματείας (Migne, Patrologia Greca 91, 136A)
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^ Eastern Orthodox Theology: A Contemporary Reader - Google Books Daniel B. Clendenin, Eastern Orthodox Theology: A Contemporary Reader (Baker Academic 2003 ISBN 978-0-8010-2651-5)
Voci correlate |
- Simbolo niceno-costantinopolitano
- Concilio di Costantinopoli I
- Credo (liturgia)
- Simbolo degli apostoli
- Simbolo atanasiano
- Arianesimo
- Santissima Trinità (cristianesimo)
- Rito bizantino
Collegamenti esterni |
- Giovanni G. Romanides, "Il Filioque", su myriobiblos.gr.
Storia della controversia sul «Filioque» (da fonte evangelica-luterana)
Perché la fede cattolica sullo Spirito Santo non si oppone a quella ortodossa (dall'Osservatore Romano del 13 settembre 1995)
Grande scissione d'Oriente (1054) e filioque (dal sito Eresie.it)- (EN) La voce Filioque della Catholic Encyclopedia, su newadvent.org.
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