Storia della Sicilia borbonica





1leftarrow blue.svgVoce principale: Storia della Sicilia.








La Storia della Sicilia borbonica iniziò nel 1734, allorché Carlo di Borbone mosse alla conquista delle Due Sicilie sottraendole alla dominazione austriaca. Tale periodo storico si concluse nel luglio 1860, quando, in seguito alla spedizione dei Mille, si ebbe il ritiro delle truppe borboniche e l'instaurazione del governo dittatoriale di Giuseppe Garibaldi, che portò alla successiva annessione dell'isola al costituendo Regno d'Italia.




Stemma del Regno di Sicilia voluto da Ferdinando III




Indice






  • 1 Storia


    • 1.1 I Borbone a Palermo


      • 1.1.1 La Costituzione del 1812




    • 1.2 Moti del 1820


    • 1.3 Moti del 1837


    • 1.4 Moti del 1848


    • 1.5 I Mille e la fine del periodo borbonico




  • 2 Situazione economica


  • 3 Note


  • 4 Bibliografia


  • 5 Voci correlate





Storia |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia (1734-1816).

Nel 1734 il Regno di Sicilia fu invaso dalle truppe di Carlo di Borbone, che aveva già conquistato il Regno di Napoli. L'infante di Spagna, senza incontrare forti resistenze, sconfisse gli austriaci sottraendo la Sicilia al controllo degli Asburgo. La costituzione della nuova monarchia borbonica liberò la Sicilia dalla condizione di viceregno. Nel 1735 Carlo divenne sovrano di Sicilia e l'isola ritornò ad essere uno stato indipendente, sebbene di fatto fosse unita a Napoli.



I Borbone a Palermo |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Ferdinando III di Sicilia.

Il 22 dicembre 1798 il re Ferdinando III di Sicilia abbandonò Napoli, rifugiandosi a Palermo. I siciliani, inizialmente soddisfatti delle assicurazioni date da Ferdinando nel discorso di apertura della sessione parlamentare del 1802 riguardo alla sua intenzione di mantenere la corte a Palermo, concessero al sovrano donativi ingenti. In realtà Ferdinando e la sua corte non desideravano altro che tornare a Napoli e, nel giugno del 1802, appena gli accordi con Napoleone lo resero possibile, partirono alla volta del continente. Quando però i reali di Borbone ritornarono a Palermo nel 1806 a causa dell'invasione francese, l'atmosfera che li accolse fu tutt'altro che festosa, non volendo il popolo siciliano sottostare al loro predominio.



La Costituzione del 1812 |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Costituzione siciliana del 1812.

Ferdinando, nel 1810, riunì il Parlamento siciliano, domandando personalmente aiuti adeguati per la salvaguardia del regno minacciato dai francesi, ma la rivolta esplose nell'isola.
Lord William Bentinck, comandante delle truppe britanniche in Sicilia, impose a Ferdinando di promulgare la Costituzione, mentre il figlio Francesco venne nominato reggente, il 16 gennaio 1812, e un nuovo governo fu insediato con i notabili siciliani.


Dopo il Congresso di Vienna del 1815, con la restaurazione dei monarchi europei sui troni che avevano perduto durante l'epoca napoleonica, Ferdinando ottenne la restituzione del Regno di Napoli che aveva perduto nel 1806. Il sovrano, l'8 dicembre 1816, unì il regno continentale a quello siciliano e istituì, così, il Regno delle Due Sicilie, assumendo il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie; poco dopo, però, la capitale del nuovo stato fu spostata a Napoli.
Il figlio Francesco restò come luogotenente del Regno, carica che mantenne fino al 1820.




L'insurrezione di Palermo nel 1820



Moti del 1820 |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Moti del 1820-1821 e Regno delle Due Sicilie.

La soppressione formale del Regno di Sicilia e la soppressione della Costituzione fece nascere in tutta l'isola un movimento di protesta e il 15 giugno del 1820 gli indipendentisti insorsero (nelle mani degli insorti caddero circa 14.000 fucili dell'arsenale di Palermo). Il principe Francesco di Borbone, duca di Calabria, figlio primogenito di re Ferdinando e dal 1817 Luogotenente generale di Sicilia, il 27 giugno è costretto a lasciare la Sicilia per Napoli.


Venne istituito un governo a Palermo (23 giugno), guidato dal principe Luigi Moncada Paternò Castello e da Giuseppe Alliata di Villafranca[1], che ripristinò la Costituzione siciliana del 1812.


Il 23 luglio fu inviata una delegazione a Napoli per chiedere il ripristino del Regno di Sicilia, sempre sotto la monarchia borbonica, e della costituzione del 1812.
Il re Ferdinando rifiutò e il 30 agosto inviò un esercito (circa 6.500 soldati i quali si aggiunsero agli altrettanti di guarnigione alla cittadella di Messina non in rivolta) agli ordini del generale Florestano Pepe che, dopo alcuni scontri, il 22 settembre a Termini Imerese stipulò un accordo con il governo siciliano che rimetteva la decisione di istituire il Parlamento ai rappresentanti dei comuni che stavano per essere eletti. L'accordo fu ratificato il 5 ottobre anche dalle maestranze di Palermo, ma il neo parlamento napoletano appena eletto a Napoli rifiutò e il 14 ottobre richiamò Pepe e inviò il generale Pietro Colletta che riconquistò la Sicilia con lotte sanguinose e ristabilì il 7 novembre la monarchia, risottomettendo l'isola.[2].



Moti del 1837 |




I soldati borbonici a Siracusa durante i giorni della rivolta del 1837


Nel 1837 nell'isola, in particolare nel siracusano e nel catanese, scoppiano rivolte popolari detti moti del colera, poiché alimentati dal malcontento creatosi a seguito dell'omonima epidemia, che esplosa a Palermo, si propagò presto nelle aree orientali della Sicilia. Tumulti scoppiarono a Siracusa, a Catania, a Biancavilla, a Paternò e in altri centri, alimentati anche dalla propaganda dei liberali antiborbonici. A Catania furono scacciate le truppe borboniche[3], fino a quando truppe inviate da Napoli al comando del generale Francesco Saverio Del Carretto soppressero le rivolte[4]. Furono arrestate 750 persone di cui 123 furono condannate a morte[5].



Moti del 1848 |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione siciliana del 1848.



I moti del 1848 a Palermo


Un altro moto rivoluzionario scoppiò a Palermo nel gennaio 1848, con una rivolta popolare contro l'oppressione borbonica guidata da Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa, il primo in ordine cronologico di quella che in Europa fu chiamata la Primavera dei popoli.


Cacciati i Borbone, il nuovo Stato fu sostenuto anche dalla massoneria, che assunse in quel frangente un aspetto liberale combattente l'assolutismo monarchico, e dagli interessi britannici che miravano ad avere uno stato liberale amico nel Mediterraneo e condotto da Vincenzo Fardella di Torrearsa, Ruggero Settimo e Francesco Paolo Perez.
Fu ricostituito il Parlamento siciliano, che proclamò la rinascita del Regno di Sicilia da affidare a un principe italiano, con un nuovo governo e una nuova costituzione, e fu istituita la Guardia nazionale.


Il re Ferdinando II bombardò nel settembre 1848 la città di Messina e nel maggio del 1849 si riappropriò dell'intera Sicilia dopo varie lotte e spargimenti di sangue, per questo motivo fu soprannominato "re Bomba", mentre i leader siciliani come Ruggero Settimo, Vincenzo Fardella, La Masa e Crispi vennero esiliati.
Con un decreto del re di Napoli del 15 dicembre 1849 venne imposto all'isola un debito pubblico di 20 milioni di ducati.



I Mille e la fine del periodo borbonico |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Spedizione dei Mille.



I garibaldini entrano a Messina


I baroni siciliani coveranno da allora un odio ancora verso i Borbone, rei di aver cancellato l'antico Regno di Sicilia, per farlo diventare, una provincia del Regno di Napoli (anche se il nuovo Stato aveva assunto il nome di Regno delle Due Sicilie). Altre rivolte, sempre represse con l'esercito, avvennero nel 1853 e 1856, sotto la guida di Francesco Bentivegna e Salvatore Spinuzza, che furono giustiziati. Nell'aprile 1860 la ribellione riprese sotto la guida di Francesco Riso nella rivolta della Gancia.


Subito dopo i siciliani appoggiarono Garibaldi e la spedizione dei Mille, sbarcata l'11 maggio a Marsala, a cui si unirono nella marcia su Palermo i patrioti guidati da Rosolino Pilo. Tre giorni dopo lo sbarco Garibaldi formò un governo dittatoriale. Il 30 maggio fu conquistata Palermo, e il 27 luglio i garibaldini entrarono a Messina, città dalla quale mossero per lo sbarco in continente.


Il 21 ottobre, con il Plebiscito delle province siciliane del 1860, la Sicilia fu annessa al nuovo Regno d'Italia.



Situazione economica |


Dal punto di vista economico in quegli anni i Borbone non associarono la Sicilia alle attività industriali che iniziarono in Campania e in Calabrie. Ferrovia e industria, infatti, nacquero solo nel napoletano (inteso come regione continentale del Regno e quindi nel territorio "al di qua del faro" che andava dagli Abruzzi alle Calabrie). In Sicilia, comunque, si sviluppò la produzione e il commercio dello zolfo, del sale, dei marmi, degli agrumi, del grano (la Sicilia, sin dal tempo degli antichi Romani, era il "granaio d'Europa"). L'emigrazione in Sicilia, come del resto anche nel meridione, era ancora un fenomeno pressoché assente[6].


Si svilupparono invece i commerci marittimi: le Flotte Riunite Florio furono una compagnia di navigazione nata a Palermo nel 1840 come Società dei battelli a vapore, ad opera dell'imprenditore Vincenzo Florio.



















































Imbarcazioni registrate presso le Commissioni Marittime siciliane al 1859
Bastimenti suddivisi per Commissione Marittima

Commissione
marittima
Numero

Tonnellaggio (t)


Palermo
256
20.492

Messina
279
14.036

Catania
254
11.551

Noto
136
2.512

Girgenti
313
2.765

Caltanissetta
69
1.129

Trapani
517
8.970

TOTALE

1.814

61.455

La società Sicula Transatlantica, dagli armatori palermitani Luigi e Salvatore De Pace, si dotò del "Sicilia", un piroscafo a vapore di costruzione scozzese, che dal 1854 collegò Palermo a New York in 26 giorni, divenendo la prima nave a vapore italiana a giungere nelle Americhe.[7]



Note |




  1. ^ Giuseppe Alliata nell'Enciclopedia Treccani


  2. ^ Antonio Maria Orecchia, La difficile unità, 2012, pagina 45 Archiviato l'11 aprile 2016 in Internet Archive.


  3. ^ Copia archiviata, su archivio.siciliainformazioni.com. URL consultato il 25 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2014).


  4. ^ Ruggiero Settimo, Documenti sulla insurrezione Siciliana del 1848


  5. ^ Antonio Coppi, Annali d'Italia dal 1750. Roma : Salviucci, 1851, Tomo VIII (dal 1830 al 1845) p. 357 [1]


  6. ^ Massimo Viglione, Francesco Mario Agnoli, La rivoluzione italiana: storia critica del Risorgimento, Roma, 2001, p. 98


  7. ^ il piroscafo Sicilia



Bibliografia |



  • Romualdo Giuffrida, Nel Palazzo dei Normanni di Palermo: ritratti di viceré, presidenti del regno e luogotenenti generali di Sicilia (1747-1840), Accademia nazionale di scienze, lettere e arti, 1985


  • Francesco Renda, La Sicilia nel 1812, Salvatore Sciascia Editore, 1963.


  • Pasquale Hamel, La Sicilia al Parlamento delle due Sicilie 1820/21, Palermo, Thule editore, 1986.


  • Rosario Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Bari, 1950

  • Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli (1825-1861), Giunti, 1997


  • Nicolò Palmieri, Storia della rivoluzione di Sicilia nel 1820, Palermo, 1848

  • Salvatore Santuccio, Governare la città. Territorio, amministrazione e politica a Siracusa (1817-1865), Ed. Franco Angeli, Milano, 2010 , ISBN 9788856830828



Voci correlate |



  • Storia della Sicilia austriaca

  • Costituzione siciliana del 1812

  • Rivoluzione siciliana del 1848

  • Regno di Sicilia (1734-1816)

  • Regno di Sicilia (1848-1849)

  • Dittatura di Garibaldi

  • Sovrani di Sicilia

  • Spedizione dei Mille

  • Storia della Sicilia nel Regno d'Italia






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